Abbracci prolungati, carezze e toccamenti alle allieve di scuola media: bidello condannato per violenza sessuale

Respinta la tesi difensiva, mirata a presentare i comportamenti dell’uomo come un mero eccesso di confidenza. Inequivocabile, invece, secondo i Giudici, la modalità dei toccamenti , idonea a rivelarne la natura erotica.

Condannato per violenza sessuale il bidello di scuola media che ha dedicato a diverse allieve abbracci, carezze e toccamenti assolutamente esecrabili. A rendere inequivocabile il comportamento dell’uomo sono state non solo le zone del corpo delle ragazze che l’uomo ha raggiunto con le proprie mani ma anche le modalità da lui utilizzate, rivelatrici, secondo i Giudici, di una palese natura erotica. Impensabile parlare di mero eccesso di confidenza. A finire sotto processo è un uomo, accusato di una pluralità di abusi sessuali, posti in essere con atti repentini ai danni di due bambine dell’età di neppure 5 anni che frequentavano l’asilo dove egli svolgeva mansioni di bidello, nonché , in epoca successiva, nei confronti di talune allieve, minori di 14 anni, della scuola media inferiore dove egli era stato trasferito . Il quadro probatorio è ritenuto chiarissimo dai giudici di merito, i quali condannano l’uomo, sia in primo che in secondo grado, per il reato di violenza sessuale, con pena fissata in Appello in cinque anni e otto mesi di reclusione . Centrale nel ricorso in Cassazione, proposto dal legale dell’uomo, è il riferimento agli episodi verificatisi nel contesto della scuola media. Su questo punto, difatti, l’avvocato osserva che dalle dichiarazioni rese dalle ragazze della scuola media emerge che non è accaduto nulla di grave mentre la maggior parte dei fatti delittuosi è stata riferita solo de relato da altre compagne . Ciò che conta, però, secondo il legale, è che non vi è alcun presupposto per la configurabilità delle condotte come violenza sessuale . Ciò perché, sostiene, le zone corporee attinte dai toccamenti contestati non possono essere inquadrate fra quelle erogene, mancando la prova che si trattasse di glutei, fianchi, fondo schiena ed interno non è stato posto in essere alcun gesto di costrizione o di induzione, essendo le condotte avvenute all’aperto, in luoghi pubblicamente frequentati non vi è prova che l’uomo abbia appagato un desiderio sessuale, essendo i suoi gesti espressione del comportamento amichevole da sempre tenuto nei confronti delle scolaresche come accertato da una perizia psichiatrica , comportamento che, seppure improntato ad un’eccessiva confidenza, non può perciò soltanto essere caratterizzato da malizia . Per i Giudici di Cassazione, però, le obiezioni difensive sono assolutamente fragili. A inchiodare l’uomo sotto processo sono, innanzitutto, gli episodi delittuosi commessi ai danni di diverse ragazze frequentanti la scuola media. Su questo fronte è inequivocabile l’attenta e particolareggiata analisi delle singole dichiarazioni rese dalle ragazze, dapprima alle insegnanti, poi al pubblico ministero e infine in incidente probatorio, dichiarazioni in cui ognuna di loro riferisce nel dettaglio quanto accaduto a sé, unitamente al disagio provato di fronte alle anomale condotte del bidello , e quanto appreso dalle compagne in relazione ad analoghi fatti che intanto erano stato oggetto di reciproche confidenze, in quanto tutte ne avevano percepito l’equivocità . Per maggiore chiarezza, poi, viene respinta la presunta natura non erogena delle zone corporee oggetto dei toccamenti, delle pacche e delle carezze dell’uomo , a fronte di quanto emerso dalle plurime dichiarazioni testimoniali acquisite , dichiarazioni che hanno riferito di toccamenti ai glutei, alla schiena o ai fianchi. Ma, a prescindere da tutto, ciò che conta è la modalità dei toccamenti , idonea a rivelarne la natura erotica , poiché i gesti compiuti dall’uomo sono consistiti in abbracci prolungati, con le mani che si allungavano lungo il corpo delle ragazze oppure che si infilavano sotto le magliette da loro indossate, in un contesto di regolare andamento scolastico che certamente non giustificava simili effusioni, in alcun modo provocate o ricambiate dalle ragazze . Sacrosanta, quindi, la condanna dell’uomo per il reato di violenza sessuale. Anche tenendo presente il principio secondo cui rientra nell’accezione di atto sessuale non soltanto ogni forma di congiunzione carnale, ma altresì qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgente la corporeità sessuale del soggetto passivo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale , non avendo, invece, rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità del soggetto attivo e l’eventuale soddisfacimento del piacere sessuale .

Presidente Ramacci Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 7.1.2022 la Corte di Appello di Roma ha confermato la penale responsabilità di P.P. per una pluralità di abusi sessuali, posti in essere con atti repentini ai danni di due bambine dell'età di neppure cinque anni che frequentavano l'asilo dove svolgeva mansioni di bidello in epoca antecedente al giugno 2018, nonché nel successivo novembre 2018 nei confronti di talune allieve della scuola media inferiore dove era stato trasferito, minori degli anni quattordici, tutti tra loro avvinti dal vincolo della continuazione, ma ha, a parziale modifica della pronuncia di primo grado, ridotto la pena inflittagli a cinque anni ed otto mesi di reclusione. 2. Avverso il suddetto provvedimento l'imputato l'indagato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all' art. 173 disp. att. c.p.p. . 2.1. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio di 7Violazione di legge riferito all'art. 525 c.p.p., comma 2, art. 511 c.p.p. e art. 111 Cost. , la nullità della sentenza di primo grado in ragione delle plurime variazioni dell'organo giudicante succedutesi nel processo, svoltosi fino all'ammissione delle prove dichiarative e all'escussione di una parte relativi testi innanzi al medesimo Collegio, al quale era poi subentrato, nonostante l'opposizione formalizzata dalla difesa, un Collegio precario per l'escussione dei restanti testimoni, nonché una terza triade che aveva rigettato la richiesta di perizia psichiatrica dell'imputato ed infine un ulteriore Collegio che aveva emesso la sentenza, presieduto da un Presidente che non aveva assistito all'assunzione di alcuna prova. Contesta l'applicabilità al caso di specie dei principi fissati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 41736 del 30.5.2019, che fornisce un'interpretazione sostanzialmente abrogatrice dell' art. 525 c.p.p. , onerando le parti che intendano richiedere la rinnovazione delle prove dichiarative precedentemente assunte di indicare le circostanze decisive poste a fondamento della richiesta e attribuendo al giudice una facoltà di apprezzamento discrezionale a fronte della ritenuta irrilevanza o superfluità dell'istanza, di talché l'intervenuto mutamento del giudice non sarebbe più condizione sufficiente a produrre la nullità prevista dalla norma. Rileva come con la suddetta pronuncia il supremo consesso abbia di fatto annullato l'interpretazione fino ad allora data fornita dalle stesse Sezioni Unite a partire dalla sentenza n. 2 del 15.2.1999 secondo la quale l'utilizzo delle precedenti dichiarazioni rese innanzi ad un giudice diverso possa avvenire, in assenza di consenso delle parti, all'esclusiva condizione che venga rinnovato l'esame dei testimoni che le hanno rese, non essendo utilizzabile per la decisione assunta dal mutato organo giudicante la semplice lettura della prova già espletata. Così argomentando secondo la difesa viene al contempo 7Violato sia il diritto dell'imputato di essere giudicato dallo stesso giudice che ha assunto le prove che trova il suo fondamento nel principio del giusto processo sancito dall'art. 111 della Carta Costituzionale sia la regola generale affermata dalla Corte Europea secondo la quale deve essere salvaguardata la possibilità per l'accusato di essere messo a confronto con i testimoni in presenza del giudice che da ultimo decide che deve poter percepire la prova al momento della sua formazione, così da poterne cogliere tutti i connotati espressivi anche non verbali. 2.2. Con il secondo motivo lamenta l'insufficienza delle risultanze processuali in ordine all'affermazione della responsabilità oltre il principio del ragionevole dubbio, rilevando come sia stata attribuita dalla Corte di appello valenza alle sole dichiarazioni di contenuto acccusatorio peraltro decontestualizzate, laddove, quanto agli episodi relativi alle due bambine dell'asilo, le minori avevano riferito spontaneamente solo del fatto che venivano lavate male , essendo compito degli operatori scolastici quello di accompagnare i minori al bagno ed aiutarli nelle operazioni di pulizia, ed erano state invece sollecitate a diverse affermazioni per effetto delle domande suggestive loro poste nell'incidente probatorio, dalle quali comunque era emerso, quanto a M., che l'uomo era cattivo perché dava pizzicotti sulle braccia a tutti i bambini , affermazioni che nulla avevano a che fare con le condotte lesive della sfera sessuale delle vittime, oltre all'evidente condizionamento subito dalle plurime interferenze con gli adulti di riferimento genitori, nonni ed insegnanti antecedenti alla loro audizione, come si evince dall'affermazione di V. che nel parlare del bidello lo definisce quello in gabbia dalla quale traspare come sapesse che l'uomo era stato arrestato. Sostiene la difesa, quanto agli ulteriori episodi di abuso in contestazione, che dalle dichiarazioni rese dalle ragazze della scuola media era emerso che non fosse accaduto nulla di grave e che la maggior parte dei fatti delittuosi fosse stato riferito solo de relato dalle altre compagne. Deduce in ogni caso che non sussiste alcun presupposto per la configurabilità delle condotte come violenza sessuale atteso che 1 le zone corporee attinte dai toccamenti contestati non potevano essere inquadrate fra quelle erogene, mancando la prova che si trattasse di glutei, fianchi, fondo schiena ed interno coscia come riportato dalla sentenza impugnata attraverso la tecnica del copia incolla dei capi di imputazione 2 non era stato posto in essere alcun gesto di costrizione o di induzione, essendo le condotte avvenute all'aperto in luoghi pubblicamente frequentati 3 non vi era prova che l'imputato avesse appagato un desiderio sessuale, essendo i suoi gesti espressione del comportamento amichevole da sempre tenuto nei confronti delle scolaresche come accertato dalla perizia psichiatrica del Prof. F., comportamento che, seppure improntato ad un'eccessiva confidenza, non poteva perciò soltanto essere caratterizzato da malizia. 2.3. Con il terzo motivo contesta, invocando il vizio di manifesta illogicità motivazionale, la valutazione di attendibilità delle persone offese rilevando come i giudici del gravame si fossero limitati a recepire le valutazioni del Tribunale sulla base delle sole dichiarazioni delle vittime e dei loro genitori, queste ultime soltanto de relato, senza né fornire alcuna risposta alle plurime censure articolate con l'atto di appello, né esplicitare il fondamento del proprio ragionamento nello scartare le alternative decisorie che avrebbero condotto se non all'assoluzione piena dell'imputato quanto meno alla configurabilità del ragionevole dubbio. 3. Con memoria in data 17.11.2022 il difensore di M.S. e P.M.P., costituite parti civili in qualità di genitori della minore M.M., ha chiesto, nel riportarsi alla memoria depositata nel giudizio di appello e nel sottolineare come la compiutezza dell'attività istruttoria svolta trovasse dimostrazione nella decisione dei giudici di appello di disporre perizia sulla capacità di intendere e di volere dell'imputato, la conferma della sentenza impugnata e la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese processuali, precisando che i propri assistiti erano stati ammessi al gratuito patrocinio. 4. Con memoria in data 18.10.2022 anche F.V. e I.V. hanno, in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale su F.V., richiesto per il tramite del proprio difensore la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la rifusione delle spese processuali. Considerato in diritto 1. Il primo motivo si compendia nel dissenso dell'interpretazione dell'art. 525 c.p.p., comma 2, resa dalla recente sentenza delle Sezioni Unite secondo cui l'intervenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere sia prove nuove sia, indicandone specificamente le ragioni, la rinnovazione di quelle già assunte dal giudice di originaria composizione, fermi restando i poteri di valutazione del giudice di cui agli artt. 190 e 495 c.p.p. e la necessaria previa indicazione, da parte delle stesse, dei soggetti da riesaminare nella lista ritualmente depositata di cui all' art. 468 c.p.p. Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, PG c. Bajrami, Rv. 276754 -04 . Tuttavia le contestazioni sollevate si appuntano nei confronti della pretesa contraddittorietà rispetto ai principi dalle precedenti pronunce a Sezioni Unite sul tema, nonché dell'assunta illegittimità costituzionale della lettura della norma data dal supremo consesso che risultano ampiamente superate dalle copiose argomentazioni rese dalla suddetta decisione alla quale non può che farsi rinvio per relationem, e che perciò si rilevano manifestamente infondate, ma non si confrontano con la specifica omissione rilevata dalla Corte territoriale da parte della difesa che non soltanto non aveva fatto menzione in dibattimento delle ragioni che avrebbero resa necessaria la rinnovazione delle prove assunte dal Collegio in diversa composizione, ma neppure aveva indicato alcun teste, fra quelli compresi nella propria lista, da escutere ex novo, ad eccezione di due minori di età non inserite nella propria lista e già sentite in una precedente udienza. Rispetto a tale richiesta, che risponde al consolidato principio in tema di diritto alla prova secondo il quale, quando una parte rinuncia all'esame di un proprio testimone, le altre hanno diritto a procedervi solo se questo era inserito nella loro lista testimoniale, valendo altrimenti la loro richiesta come mera sollecitazione all'esercizio dei poteri officiosi del giudice ex art. 507 c.p.p. Sez. 5, Sentenza n. 39764 del 29/05/2017, Rhafor, Rv. 271848 , assorbente è il rilievo, rispetto al quale il ricorso non prende posizione, che si vertesse nell'ambito della preclusione sancita dall' art. 190 bis c.p.p. , a tutela dei soggetti meritevoli di peculiare tutela, che non ne consente una nuova audizione se non su fatti o circostanze diverse da quelle oggetto delle precedenti dichiarazioni oppure in presenza di specifiche esigenze delle parti. Il motivo in esame deve pertanto essere dichiarato inammissibile. 2. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche per il secondo motivo in relazione a tutti i profili di censura con esso devoluti. Quanto alla valutazione di attendibilità delle p.o., la doglianza è inammissibile non soltanto perché meramente ripetitiva di rilievi già esaminati e motivatamente disattesi in primo e secondo grado, ma soprattutto perché sostanzialmente diretta ad ottenere da questa Corte non un giudizio sulla tenuta logico-argomentativa della sentenza impugnata, ma semplicemente una nuova valutazione dei fatti posti a base della decisione. Al riguardo è sufficiente rilevare come nell'ambito di tale valutazione, naturalmente rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, vengano escluse con riferimento alle due bambine dell'asilo suggestioni di cui le stesse avessero potuto essere inconsapevoli vittime viene infatti evidenziato come le prime dichiarazioni accusatorie della piccola V. fossero state rese nel corso dell'audizione protetta svoltasi innanzi alla PG senza che i genitori sapessero alcunché degli abusi subiti a scuola dalla figlia e come, quanto a M., l'emersione della notitia criminis, ovverosia la sua prima rivelazione fatta alla madre, avesse fatto seguito a segnali di inequivoco disagio della bambina, confermati dalla diagnosi del medico ospedaliero cui i genitori si erano rivolti di sospetto abuso precedente alla formalizzazione di ogni denuncia. Viene altresì sottolineato con riferimento ad entrambe le vittime che le dichiarazioni rese nel corso delle audizioni fossero rimaste nel loro nucleo essenziale chiare ed immutate e che la l'anomalia del comportamento tenuto dal bidello nei confronti delle due minori fosse stato autonomamente constatato e riferito al Dirigente scolastico da parte di maestre diverse, che neppure si erano parlate fra loro. Valutazione questa che la difesa tenta di sovvertire attraverso una lettura non soltanto alternativa, ma altresì frazionata delle emergenze istruttorie venendo messe in evidenza singole frasi o particolari comportamenti avulsi dal complessivo contesto di riferimento, nonché mediante l'asserita natura suggestiva delle domande poste alle bambine, di cui non solo non viene indicata a quale audizione siano riferite, né il soggetto interrogante, ma neppure il contenuto, venendo in tal modo imbastita un'operazione censorea che, in ragione della sua stessa genericità, non può trovare ingresso nella presente sede di legittimità. Siffatta indeterminatezza permea con ancora maggior evidenza le contestazioni indirizzate ai restanti episodi delittuosi commessi ai danni di una pluralità di ragazze frequentanti la scuola media inferiore all'interno del plesso scolastico, contestazioni che la difesa fonda su una pretesa irrilevanza della condotta dell'imputato accreditandola alle stesse vittime, nonché a dichiarazioni soltanto de relato, a dispetto dell'attenta e particolareggiata analisi delle singole dichiarazioni rese dalle p.o. dapprima alle insegnanti, poi al Pubblico Ministero e infine in incidente probatorio, in cui ognuna riferisce nel dettaglio quanto accaduto a sé, unitamente al disagio provato di fronte alle anomale condotte dell'imputato, e a quanto appreso dalle compagne in relazione ad analoghi fatti che intanto erano stato oggetto di reciproche confidenze in quanto tutte ne avevano percepito l'equivocità. Quanto agli elementi costitutivi del reato, le censure si risolvono nella prospettazione di enunciati in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata interpretazione resa al riguardo dalla giurisprudenza. Mentre l'assunta natura non erogena delle zone corporee oggetto dei toccamenti, delle pacche o delle carezze dell'imputato contrasta all'evidenza con l'accertamento compiuto da entrambi i giudici di merito, essendo emerso dalle plurime dichiarazioni testimoniali acquisite che si trattasse per lo più dei glutei, risulta in ogni caso, quando si trattava di parti differenti, quali la schiena o i fianchi, come fossero le stesse modalità della loro estrinsecazione a rivelare la natura erotica dei gesti, consistiti in abbracci prolungati con le mani che si allungavano lungo il corpo delle vittime oppure che si infilavano sotto le magliette da costoro indossate, in un contesto di regolare andamento scolastico che certamente non giustificava simili effusioni, in alcun modo provocate o ricambiate dalle ragazze. Tanto premesso, occorre ribadire che secondo l'univoca interpretazione di questa Corte rientra nell'accezione di atto sessuale rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all' art. 609 bis c.p. , non soltanto ogni forma di congiunzione carnale, ma altresì qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgente la corporeità sessuale di quest'ultimo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell'agente e l'eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale Sez. 3, n. 33464 del 15/06/2006 - dep. 05/10/2006, Beretta, Rv. 234786 Sez. 3, n. 21020 del 28/10/2014 - dep. 21/05/2015, Rv. 263738 . Essendo il reato in esame posto a presidio della libertà personale dell'individuo che deve poter compiere o ricevere atti sessuali in assoluta autonomia e libertà, contro ogni possibile condizionamento, fisico o morale, e contro ogni non consentita e non voluta intrusione nella propria sfera intima, tale configurazione si riflette non solo sulla condotta materiale ma altresì sull'elemento psicologico del delitto che, in ragione dell'assolutezza del diritto tutelato, non tollera, nella chiara volontà del legislatore, possibili attenuazioni che possano derivare dalla ricerca di un fine ulteriore e diverso dalla semplice consapevolezza di compiere un atto sessuale, fine estraneo alla fattispecie e non richiesto dall' art. 609-bis c.p. per qualificare la penale rilevanza della condotta. L'atto materiale deve essere, in altri termini, definito come sessuale sul piano obiettivo, non su quello soggettivo, riguardato cioè in relazione alle intenzioni dell'agente, che è sufficiente sia consapevole della natura sessuale dell'atto posto in essere con la propria condotta cosciente e volontaria, sicché non è necessario che detto atto sia diretto al soddisfacimento dei desideri dell'agente né rilevano possibili fini ulteriori - di concupiscenza, di gioco, di mera violenza fisica o di umiliazione morale - dal medesimo perseguiti Sez. 3, n. 33464 del 15/06/2006 - dep. 05/10/2006, Rv. 234786 Sez. 3, n. 36758 del 02/07/2003 - dep. 25/09/2003, Rv. 226072 Sez. 3, n. 4913 dei 22/10/2014 - dep. 03/02/2015, Rv. 262470 . 3. L'ultimo motivo si destina infine di per sé all'inammissibilità, non venendo con esso individuati né gli specifici punti o capi della pronuncia oggetto delle contestazioni difensive, né gli elementi di fatto o le ragioni di diritto poste a fondamento delle doglianze che non possono ritenersi integrati dal generico riferimento ai motivi di appello neppure succintamente riprodotti. E' in tal caso la sua stessa formulazione ad incorrere nella V.zione dell' art. 581 c.p.p. , precludendone conseguentemente la disamina. 4. A tale esito segue, a norma dell' art. 616 c.p.p. , l'onere delle spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata come in dispositivo. A carico del ricorrente devono essere altresì poste, in ragione del principio della soccombenza, le spese sostenute nel presente grado di giudizio dalle parti civili M.S. e P.M.P. in relazione alle quali, essendo stati costoro ammessi al gratuito patrocinio, può essere pronunciata nella presente sede di legittimità la sola condanna generica in favore dell'Erario, ai sensi dell' art. 541 c.p.p. e il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 110, mentre è rimessa al giudice che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato, la liquidazione dei relativi importi mediante l'emissione del decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 del citato D.P.R. Sez. U, n. 5464 del 26/09/2019, De Falco, Rv. 277760 . Non può invece essere ritenuta dovuta la richiesta di rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili F.V. e I.V. atteso il mancato apporto sul piano contenutistico di alcun contributo utile al tema della decisione per essersi il difensore limitato, con la memoria trasmessa via Pec a questa Corte, a richiedere la declaratoria di inammissibilità del ricorso unitamente alle spese di rappresentanza e difesa, senza confutare le singole doglianze difensive, come sopra passate in rassegna che, ancorché cadute nella censura di inammissibilità, interessavano una pluralità di profili, tanto di diritto, quanto di fatto, devoluti alla cognizione di questa Corte, invece integralmente tralasciati. Non ha perciò illustrato in alcun modo le rassegnate conclusioni, omettendo di svolgere l'attività defensionale necessaria a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, così da offrire un concreto apporto alla decisione sulle questioni contestate ex multis Sez. 5, n. 31983 del 14/03/2019, Di Cioccio, Rv. 277155 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parti civili M.S. e P.M.P. ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di Appello di Roma con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2000, artt. 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato. Nulla per le spese delle parti civili F.V. e I.V In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 , in quanto imposto dalla legge.