Raffica di parole al telefono e l’anziana signora sigla il contratto: 500mila euro di multa per Vodafone

Accolta l’istanza presentata dal figlio della donna. Palese la mancanza di regolarità nella procedura seguita dall’operatore del call center per arrivare alla chiusura del contratto.

Raffica di parole per frastornare un'anziana signora – oltre 80 anni di età – e spingerla così, tramite telefono, a dare il proprio via libera a un nuovo contratto telefonico. Condotta censurabile che, seppur messa in atto da un operatore di un call center, costa a Vodafone una multa salata Ordinanza numero 379 del 10 novembre 2022 del Garante per la protezione dei dati personali . Contatto. A segnalare il caso al Garante per la privacy è stato il figlio dell'anziana signora – ben 85 anni –, il quale ha raccontato, in sintesi, che la madre «è stata contattata, nei primi giorni di dicembre 2020, da un call center della rete di vendita di Vodafone con cui ella ha concluso, a suo dire senza avvedersene, un contratto per l'attivazione di servizi telefonici di linea fissa e correlata portabilità della numerazione in Vodafone». A seguito di quell'episodio, poi, la donna, preso coscienza di quanto accaduto, ha prontamente «richiesto il recesso dal contratto» ma si è ritrovata sul groppone «una richiesta di recupero spese , pari a 173 euro e 49 centesimi, inviatale da parte di una società su incarico di Vodafone». A quel punto, è stato inevitabile chiedere l'intervento del Garante per la privacy, sostenendo che «Vodafone, nel corso del contatto telefonico finalizzato alla vendita di un servizio e nel riscontro alla richiesta di accesso, non abbia posto in essere condotte» regolari. Registrazione. A seguito di approfondita istruttoria, dal Garante per la privacy hanno rilevato, innanzitutto, che «le informazioni a disposizione e i documenti raccolti hanno confermato la versione della anziana signora, che ha sempre negato di aver contattato autonomamente un call center di Vodafone per fornire il proprio consenso a un ricontatto a scopo promozionale». Di conseguenza, è palese, secondo il Garante, «l'impossibilità di ricondurre i trattamenti operati dalla società ad un idoneo consenso prestato dalla donna». Per meglio inquadrare la vicenda, poi, viene anche rilevato che «dall'esame della registrazione vocale della vendita del servizio di telefonia alla donna è emerso che l'operatore ha sottoposto alla signora la seguente formula di consenso “Nel rispetto della legge sulla privacy i dati personali raccolti durante la registrazione saranno utilizzati da Vodafone e comunicati ad altri operatori di telecomunicazioni per attivare il servizio da lei richiesto. Ci autorizza inoltre a trattare i suoi dati per inviare materiale pubblicitario su iniziative o offerte Vodafone tramite posta, e-mail, telefono, sms, mms, push notification, via app e invio con modalità similari”». E «tale formula risulta, in taluni punti della registrazione, difficilmente comprensibile e comunque solamente dopo numerosi riascolti , atteso che l'operatore è riuscito a pronunciare ben 63 parole nell'arco di 16 secondi», e peraltro essa «prevedeva l'acquisizione di un consenso indifferenziato e univoco, sia per le comunicazioni dei dati ad altri operatori telefonici, al fine dell'attivazione del servizio, sia per altre molteplici modalità di contatto della donna». E sempre l'esame della registrazione vocale ha fatto emergere «ulteriori elementi di criticità connessi alla scelta dell'operatore di call center di sottoporre alla donna il contratto per l'attivazione dei servizi mediante una lettura svolta ad una velocità stimata di circa 200 parole al minuto per oltre sei minuti di registrazione, tecnica che rendeva il contratto medesimo incomprensibile e invalutabile, con conseguente lesione del principio di correttezza e trasparenza del trattamento dei dati personali», chiarisce il Garante. Parole. Per smentire la difesa proposta da Vodafone il Garante cataloga come «inverosimile» l'assunto che «qualcuno, peraltro appartenente ad una fascia di clientela non caratterizzata, per età e caratteristiche sociali, da particolare propensione alla migrazione da un gestore telefonico all'altro, possa decidere motu proprio di contattare un call center la cui numerazione non è dato sapere in quale modo sia conoscibile per ricevere offerte promozionali in successive comunicazioni telefoniche». A maggior ragione, poi, quando, come in questa vicenda, la persona contattata dichiara di «non avere mai rilasciato, nel passato, alcun consenso al trattamento dei propri dati a Vodafone né per fini contrattuali né, tantomeno, per fini di marketing». Dal Garante ritengono poi necessario «collocare l'elemento della formula del consenso nel contesto del complessivo vocal order che, sebbene sia considerato da Vodafone alla stregua di una ratifica formale dell' incontro delle volontà della compagnia telefonica e del cliente nell'ambito della vendita di un servizio, deve essere considerato come l'unico elemento documentale in grado di cristallizzare il momento decisionale del cliente sia in ordine al consenso per il trattamento dei propri dati personali, sia, più complessivamente, per ciò che riguarda la decisione di aderire alle offerte di Vodafone. Ridurre tale documento ad una mera formalità, priva di significato sostanziale, può favorire un uso distorto dello strumento del vocal order , nonostante esso sia ormai riservato, per esplicita ammissione di Vodafone, a categorie di clienti più anziani o comunque poco avvezzi all'uso di strumenti tecnologici, con la conseguenza, rappresentata in tutta la sua evidenza nel caso in esame, che le diverse e complesse opzioni contrattuali, oltre che le diverse finalità e modalità del trattamento dei dati personali, sono state elencate in rapidissima sequenza da parte dell'operatore di call center circa 200 parole al minuto per oltre sei minuti , sottoponendo quindi l'anziana signora ad un insostenibile bombardamento concettuale che è ragionevole ritenere le abbia impedito di avere piena contezza della portata delle proprie scelte». E sotto questo profilo «l'analisi della cosiddetta formula del consenso , costituita da oltre 60 parole pronunciate dall'operatore in circa 16 secondi, appare essere un esercizio di scarsa utilità, se si considera che, sopra ogni altra considerazione, prevale la constatazione che tale formula è risultata a malapena comprensibile soltanto dopo ripetuti ascolti» della registrazione della telefonata. Per spazzare via ogni dubbio, poi, il Garante precisa che «la scelta dell'operatore di call center, evidentemente autorizzato da una prassi comune ben nota a Vodafone che dispone delle registrazioni vocali dei contratti e dovrebbe sottoporli a controlli di qualità, di sottoporre alla donna il contratto per l'attivazione dei servizi mediante una lettura svolta ad una velocità stimata di circa 200 parole al minuto per oltre sei minuti di registrazione, cosicché l'intero contratto risulta del tutto incomprensibile e, soprattutto, invalutabile da parte di chi deve decidere se aderire o meno, rende l'intero trattamento , e non soltanto la prodromica parte promozionale, illegittimo ». E in questa ottica «non le caratteristiche soggettive della anziana signora ma le oggettive anomalie della vendita telefonica, suggellata da un documento audio che costituisce a tutti gli effetti la base contrattuale e che risulta in massima parte incomprensibile ad un normale ascoltatore, rende ogni trattamento svolto, in relazione a tale contratto, irrimediabilmente viziato proprio in quegli elementi di correttezza che dovrebbero rappresentare la prima e insostituibile garanzia nell'accordo che intercorre fra una grande azienda di servizi ed il consumatore». In sostanza, «la condotta di Vodafone nella vendita del servizio telefonico operata nei confronti della signora appare ampiamente lacunosa e giustifica la reazione della donna che, nonostante avesse ormai ottenuto dalla compagnia telefonica il ripristino della situazione quo ante e lo storno degli addebiti per il recesso dal contratto, si è rivolta al Garante per la privacy per una questione di principio legata alla corretta declinazione del rapporto fra titolare e consumatore, questione che, alla luce delle evidenze istruttorie connesse in particolare alla formazione della volontà della donna così come documentata nel vocal order , deve ritenersi ampiamente fondata». Evidente, quindi, la responsabilità di Vodafone, conclude il Garante, sanzionando la società con una multa di 500mila euro.

Garante Privacy, ordinanza 10 novembre 2022, numero 379