Da quando decorre il termine per la riassunzione del processo interrotto per intervenuto fallimento?

Qual è il dies a quo del termine trimestrale per la riassunzione del giudizio ai sensi dell’art. 305 c.p.c.? Per il suo decorso è necessaria la dichiarazione giudiziale di interruzione o è sufficiente anche la comunicazione del fallimento fatta dal procuratore della società e depositata in cancelleria?

In sede di opposizione a decreto ingiuntivo per fatture non pagate, veniva dichiarato il fallimento della Società creditrice il procuratore della stessa depositava in Tribunale una nota informativa con allegata suddetta sentenza di fallimento e il Tribunale provvedeva ad anticipare l'udienza fissata al fine di dichiarare l' interruzione del giudizio dandone comunicazione alle parti. All'udienza veniva dichiarata l'interruzione e la Società ingiunta opponente il decreto ingiuntivo riassumeva il giudizio di opposizione, ma tuttavia il Tribunale ne dichiarava la tardività. La Corte d'appello respingeva altresì il gravame proposto affermando che il termine dei tre mesi doveva farsi decorrere dalla data in cui la Società ingiunta aveva avuto conoscenza legale dell'evento interruttivo , ovverosia dalla data in cui ricevette comunicazione dell'anticipazione di udienza volta a far dichiarare l'interruzione, non invece dal giorno dell'udienza in cui l'interruzione fu effettivamente dichiarata. Ricorreva per la cassazione della sentenza la Società ingiunta opponente il decreto ingiuntivo denunciando l'inesatta individuazione del dies a quo ai fini dell' art. 305 c.p.c. La Suprema Corte ritiene meritevoli di accoglimento le doglianze della ricorrente e cita le Sezioni Unite intervenute con la sentenza Cass. civ., sez. unite, 7 maggio 2021, n. 12154 , che ha di recente affrontato il tema della decorrenza del termine per la riassunzione del giudizio interrotto dal fallimento di una delle parti. In quella sede la Cassazione individuava quale elemento costitutivo del dies a quo quello della dichiarazione giudiziale . Sempre in quel caso era stato affermato il principio che qui si richiama per il quale in caso di apertura del fallimento, ferma l'automatica interruzione del processo con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale che ne deriva ai sensi dell' art. 43, terzo comma, l.f. , il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all' art. 305 cod. proc. civ. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l.f. per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell'interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte tale dichiarazione, ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell' art. 176, secondo comma, cod. proc. civ. , va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata ai predetti fini anche dall'ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d'ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l'avvenuta dichiarazione di fallimento medesima . In ragione di ciò, l'atto di riassunzione della Società avrebbe dovuto considerarsi tempestivo in quanto il termine era da calcolarsi dalla data di dichiarazione giudiziale dell'interruzione. Pertanto, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rinvia alla Corte d'appello.

Presidente Frasca Relatore Condello Fatti di causa 1. A.F. s.r.l. ha proposto appello avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano n. 6887 del 2018 che aveva rigettato l'opposizione a decreto ingiuntivo - dalla stessa proposto nei confronti della omissis s.r.l. in liquidazione, che aveva chiesto il pagamento della somma di Euro 19.099,10, oltre interessi, per mancato pagamento di una fattura - rilevando la tardività della riassunzione del giudizio avvenuta in violazione dei termini di cui all' art. 305 c.p.c. . Nel corso del giudizio di opposizione, e precisamente in data 12 ottobre 2016, il procuratore della omissis s.r.l. in liquidazione aveva depositato presso la cancelleria del Tribunale di Milano una nota informativa alla quale aveva allegato la sentenza dichiarativa del fallimento della società da lui rappresentata con provvedimento del 13 ottobre 2016, il Tribunale aveva anticipato l'udienza già prevista per il 24 marzo 2017 al 25 novembre 2016 per la dichiarazione di interruzione del giudizio , dandone comunicazione alle parti all'udienza del 25 novembre 2016 il Tribunale di Milano aveva dichiarato interrotto il processo e, con ricorso depositato in data 18 gennaio 2017, A.F. s.r.l. aveva riassunto il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il Tribunale di Milano aveva rigettato l'opposizione a decreto ingiuntivo, ritenendo fondata l'eccezione di tardività della riassunzione sollevata dalla controparte in comparsa di risposta. 2. La Corte d'appello di Milano ha rigettato il gravame, osservando che ai fini della individuazione del momento da quale far decorrere il termine di riassunzione ex art. 305 c.p.c. doveva aversi riguardo al momento in cui la parte aveva avuto legale conoscenza dell'evento interruttivo e, quindi, nel caso di specie, al momento in cui il difensore della società opponente aveva ricevuto la comunicazione a mezzo p.e.c., ad opera della cancelleria del Tribunale, del provvedimento di anticipazione dell'udienza 13 ottobre 2016 , a nulla rilevando che il deposito della nota, da parte del difensore della società fallita, non fosse idoneo ad assicurare una conoscenza di fatto di quanto oggetto di deposito. Ha inoltre escluso che il termine ex art. 305 c.p.c. potesse farsi decorrere dall'udienza di dichiarazione dell'interruzione del procedimento, ossia dal 25 novembre 2016, richiamando la pronuncia di questa Corte n. 7443/2008, che ha affermato che, nel caso di eventi con effetti interruttivi operanti ipso iure, si verifica l'effetto automatico dell'interruzione del processo dal momento della dichiarazione o notificazione , cosicché il termine per la riassunzione decorre dal momento in cui è intervenuta la dichiarazione del procuratore o la notificazione dell'evento, ad opera dello stesso, nei confronti delle altre parti, senza che possa assumere rilievo, a tal fine, il momento nel quale viene adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione pronunziato successivamente. 3. Ricorre per la cassazione della suddetta decisione A.F. s.r.l., sulla base di tre motivi. La Curatela del Fallimento omissis s.r.l. in liquidazione non ha svolto attività difensiva in questa sede. 4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.1. cod. proc civ Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero. In prossimità dell'adunanza camerale la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo d'impugnazione, deducendo la violazione o falsa applicazione dell' art. 132 c.p.c. , comma 2, n. 4, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 la società ricorrente assume che la sentenza gravata sarebbe affetta da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, poiché nell'individuare l'inizio del decorso dei termini ex art. 305 c.p.c. avrebbe sostenuto due diverse tesi, tra loro incompatibili, oltre che contrastanti con il principio della certezza del diritto. La Corte d'appello, in particolare, ha in un primo momento affermato che la riassunzione del giudizio a seguito di fallimento avrebbe dovuto essere operata con ricorso da depositarsi entro tre mesi dalla comunicazione, a mezzo posta elettronica certificata, ad opera della cancelleria del provvedimento di anticipazione dell'udienza, poiché da tale data era stata raggiunta la legale conoscenza dell'evento interruttivo immediatamente dopo, tuttavia, richiamando la sentenza delle Sezioni Unite n. 7443/2008, aveva osservato che il termine per la riassunzione decorreva dal momento in cui era intervenuta la dichiarazione del procuratore o la notifica dell'evento. 2. Con il secondo motivo, censurando la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell' art. 43 legge fallimentare , artt. 300 e 305 c.p.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 4, la ricorrente contesta alla Corte territoriale di avere erroneamente ritenuto tardiva la riassunzione del giudizio operata con ricorso depositato in data 18 gennaio 2017, sul presupposto che il termine ex art. 305 c.p.c. avesse iniziato a decorrere in data 13 ottobre 2016, dalla data di comunicazione alle parti del provvedimento d'anticipazione dell'udienza, anziché a partire dalla data del provvedimento interruttivo reso all'udienza del 25 novembre 2016. 3. Con il terzo motivo, rubricato violazione e/o falsa applicazione degli artt. 300-305 c.p.c. , art. 136 c.p.c. e art. 45 disp. att. c.p.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 , la ricorrente sostiene che la sentenza d'appello è ulteriormente viziata nella parte in cui ha affermato che la conoscenza legale dell'evento interruttivo si sarebbe avuta a partire dalla data in cui la cancelleria del Tribunale di Milano aveva notificato a mezzo posta elettronica certificata la comunicazione di anticipazione dell'udienza. A supporto della censura evidenzia che, come ai sensi dell' art. 133 c.p.c. , la comunicazione del biglietto di cancelleria non è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione anche quando contiene l'intera trascrizione del provvedimento giudiziale, allo stesso modo la comunicazione del biglietto di cancelleria, ai sensi dell' art. 136 c.p.c. , non può considerarsi idonea a far decorrere i termini di riassunzione del giudizio, poiché non proviene dalla parte onerata dall'obbligo di fornire la notizia dell'evento interruttivo. 4. I motivi dedotti possono essere scrutinati unitariamente in quanto involgono la medesima questione, ossia l'individuazione della decorrenza del termine per la riassunzione del giudizio interrotto dal fallimento di una delle parti, che è stata affrontata e risolta dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 12154 del 7 maggio 2021 che, attraverso una ricognizione sistematica dell'istituto, ha individuato il dies a quo di decorrenza del termine e, quindi, gli atti idonei a concretizzarlo. La ricostruzione delle Sezioni Unite, prendendo le mosse dall' art. 43 L. Fall ., commi 3 e 4 rispettivamente introdotti con il D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e con il D.L. 27 giugno 2015, n. 83 , poi convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132 , che avevano l'evidente finalità, da un lato, di attenuare con l'automaticità dell'interruzione dei processi pendenti i costi del contenzioso non endoconcorsuale ed indirettamente la durata dei fallimenti e, dall'altro, di istituire regole di trattazione selettiva per tutti i processi in cui la qualità di parte era assunta dall'organo concorsuale, addivengono ad affermare che la presa di conoscenza in forma legale dell'evento interruttivo automatico costituisce il fatto cui ancorare il dies a quo del termine per la riassunzione o prosecuzione del processo , evidenziando però che dall'analisi della giurisprudenza di legittimità non era dato rinvenire una univoca definizione delle relative forme di produzione in capo alle varie parti del processo interrotto della citata conoscenza legale. La Corte ha, quindi, posto la propria attenzione sull'accento assunto progressivamente dalla connotazione quale legale della conoscenza, rilevando che, oltre alla effettività della conoscenza dell'evento interruttivo comunque conseguita, devono essere valorizzate non tanto le forme di produzione ex ante idonee a documentare in modo certo o attendibile la conoscenza dell'evento, quanto piuttosto il loro contenuto, indagando anche sul contesto processuale in cui l'evento interruttivo opera e non solo l'evento in sé. Tale ricerca, secondo le Sezioni Unite, conduce ad individuare le forme di produzione della conoscenza più congrue in quell'indirizzo che collega l'onere di riassunzione o prosecuzione del processo interrotto alla dichiarazione giudiziale di interruzione per intervenuto fallimento della parte. L'individuazione da parte delle Sezioni Unite della dichiarazione giudiziale quale elemento costitutivo del dies a quo di decorrenza per la riassunzione è stato spiegato sia alla luce di una maggiore compatibilità di tale strumento con l' art. 43, comma 3, L. Fall ., così considerando la specialità della norma rispetto all' art. 299 c.p.c. , art. 300 c.p.c. , comma 3, e art. 301 c.p.c. , comma 1, sia in quanto essa appare più idonea a realizzare gli obiettivi di affidabilità, prevedibilità e uniformità delle norme processuali costituenti un imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini e di giustizia del processo . Considerato, peraltro, che la dichiarazione di interruzione della lite operata dal Giudice è idonea ad esprimere un dato di idoneità rappresentativa assoluta rispetto ad ogni altro mezzo partecipativo dell'evento interruttivo del processo, poiché riunisce le qualità istituzionali della fonte privilegiata il soggetto emittente alla certezza dell'inerenza del fallimento esattamente al processo su cui incide affermata proprio dal giudice che ne è singolarmente investito , le Sezioni Unite hanno enunciato il principio di diritto secondo cui in caso di apertura del fallimento, ferma l'automatica interruzione del processo con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale che ne deriva ai sensi dell' art. 43, comma 3, l.f. , il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all' art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l.f. per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell'interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte tale dichiarazione, ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell' art. 176 c.p.c. , comma 2, va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata - ai predetti fini - anche dall'ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d'ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l'avvenuta dichiarazione di fallimento medesima . In applicazione del principio sopra espresso, nel caso in esame, l'atto di riassunzione depositato in data 18 gennaio 2017 avrebbe dovuto essere considerato tempestivo, in quanto il dies a quo avrebbe dovuto essere calcolato dalla dichiarazione giudiziale di interruzione pronunciata all'udienza del 25 novembre 2016. 5. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, in accoglimento del ricorso, con rinvio alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione perché provveda all'esame delle ulteriori questioni ritenute assorbite, nonché alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.