Giornata internazionale contro la violenza sulle donne: una riflessione sullo strumento del Codice Rosso

In occasione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il dott. Agnino ci offre una riflessione sullo strumento introdotto dal legislatore nel 2019 per contrastare il fenomeno, il c.d. Codice Rosso.

Introduzione. La l. 19 luglio 2019, n. 69 , intitolata Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere ”, è la risposta fornita dal legislatore italiano per contrastare gravi fenomeni delittuosi nei confronti dei soggetti vulnerabili. Tale intervento normativo si è reso necessario a seguito dell'allarme sociale suscitato dall'elevato numero di reati commessi con violenza alla persona e la complessità investigativa relativa alle nuove forme di aggressione che si manifestano nello spazio virtuale dei social network. La legge si compone di 21 articoli che riflettono un approccio interdisciplinare , poiché il legislatore ha modificato il codice penale, il codice di procedura penale, ed anche la disciplina non direttamente penalistica, ma connessa alla salvaguardia delle persone offese da tale tipologia di delitti, che la legge vuole tutelare in modo severo ed in tempi rapidi. La legge n. 69/2019 tenta di adeguare il nostro ordinamento ai livelli richiesti dalla normativa sovranazionale soprattutto, dalla Convenzione di Istanbul e dalla dir. 2012/29/UE, in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato” e alla decisione del 2 marzo 2017, resa dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo nel caso Talpis contro Italia, che aveva condannato il nostro Paese per non aver assicurato una tutela effettiva alla ricorrente - vittima di ripetute violenze da parte del marito, sfociate nell'omicidio del figlio e nel tentato omicidio della stessa ricorrente - a causa dei ritardi nella procedura e della mancata adozione di misure idonee a prevenire il ripetersi delle aggressioni denunciate dalla donna. Le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza, che in fine hanno condotto al tentato omicidio della ricorrente e alla morte di suo figlio. In tale pronuncia, il giudice europeo ha evidenziato che il semplice passare del tempo può nuocere all'inchiesta, ma anche compromettere definitivamente la possibilità che questa sia portata a termine , considerato che il passare del tempo intacca inevitabilmente la quantità e la qualità delle prove disponibili . D'altro canto, aggiungono i giudici europei, l'apparenza di una mancanza di diligenza porta a dubitare della buona fede con cui vengono condotte le indagini e fa perdurare lo stato di prostrazione cui sono sottoposti i denunciati . Il requisito della tempestività ragionevole è, quindi, implicito nel contesto di un'indagine efficace ai sensi dell'art. 2 Cedu . In ogni caso, fra i diversi atti un ruolo assolutamente centrale è svolto dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 2011, meglio nota come Convenzione di Istanbul cui è, univocamente, riconosciuta come il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante il cui principale obiettivo è quello di creare un quadro globale e integrato che consenta la protezione delle donne contro qualsiasi forma di violenza, nonché prevedere la cooperazione internazionale e il sostegno alle autorità e alle organizzazioni a questo scopo deputate. Particolarmente rilevante è il riconoscimento espresso della violenza contro le donne quale violazione dei diritti umani. Con l'espressione violenza nei confronti delle donne'' si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata. L'espressione violenza domestica'' designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima. Con il termine genere'' ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini l'espressione violenza contro le donne basata sul genere'' designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato e per vittima'' si intende qualsiasi persona fisica che subisce gli atti o i comportamenti menzionati. Si tratta di una violenza che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini ed anziani, ai quali si estendono le medesime norme di tutela. La Convenzione individua negli Stati le prime istituzioni a dover rispettare gli obblighi da essa imposti, i cui rappresentanti, intesi in senso ampio, dovranno garantire comportamenti privi di ogni violenza nei confronti delle donne. La Convenzione stabilisce, inoltre, un chiaro legame tra l'obiettivo della parità tra i sessi e quello dell'eliminazione della violenza nei confronti delle donne. Di rilievo inoltre la previsione che stabilisce l'applicabilità della Convenzione sia in tempo di pace sia nelle situazioni di conflitto armato, circostanza, quest'ultima, che da sempre costituisce momento nel quale le violenze sulle donne conoscono particolare esacerbazione e ferocia. Gli obiettivi della Convenzione sono quello di proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica A. Marandola, Codice rosso profili processual-penalistici , in Dir. Pen. e Processo , 2021, 965 . Pertanto, la ratio della nuova normativa, finalizzata a incrementare la tutela offerta dallo Stato alle vittime di delitti univocamente individuati come di violenza domestica e violenza di genere, prende le mosse dalle numerose istanze sovranazionali in materia di protezione di soggetti vulnerabili . Le modifiche di rilevanza penale. Il legislatore è intervenuto, da un lato, sulla disciplina del codice penale, introducendo determinate fattispecie di reato e inasprendo le pene di delitti già esistenti e, da un altro lato, sul procedimento penale in modo da predisporre meccanismi di pronta risposta al fenomeno della violenza di genere. Con tale legge il legislatore non solo ha aumentato le pene per alcuni reati tipici della violenza di genere maltrattamenti, atti persecutori , ma ha anche introdotto nuove fattispecie di reato art. 583 quinquies rubricato Deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso art. 558- bis c.p. Costrizione o induzione al matrimonio art. 612 ter c.p. Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza consenso delle persone rappresentate e violazione dei provvedimenti di allontanamento della casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa . Il Codice Rosso contiene, in particolare, interventi sul codice di procedura penale volti a soddisfare l'esigenza di evitare che eventuali dilatazioni temporali relative all'acquisizione e all'iscrizione delle notizie di reato e, in generale, allo svolgimento delle indagini preliminari, possano pregiudicare la tempestività di interventi, cautelari o di prevenzione, a tutela della vittima dei reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate in quanto commesse in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza. Il fenomeno della prevenzione alla violenza importa che è fatto obbligo all'autorità di rispondere adeguatamente a tutti i casi di violenza di genere contro le donne, per portare i presunti autori a processo in modo tempestivo ed efficace, anche con la dovuta diligenza sul piano investigativo. Una tale attività deve portare, infatti, all'identificazione, all'azione penale e alla punizione del reo il tutto al fine di rafforzare il livello di protezione delle vittime a cui va, anche, assicurato il diritto di essere informate sullo stato del procedimento. La volontà del legislatore è, dunque, quella di creare una vera e propria corsia preferenziale per la gestione investigativa in via assolutamente prioritaria dei casi in cui la vittima deve essere sentita in tempi rapidi per poter predisporre, altrettanto rapidamente, presidi di tutela a garanzia della persona offesa. La rapidità , in ossequio alle indicazioni emerse dal caso Talpis, è finalizzata non solo ad accelerare i tempi per la verifica della responsabilità dell'autore del reato, ma anche - e soprattutto - a tutelare l'incolumità della persona offesa mediante l'applicazione di misure cautelari o anche di prevenzione L. Algeri, Il c.d. codice rosso tempi rapidi per la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere , in Dir. Pen. e Processo , 2019, 10, 1363 . Un ulteriore settore che è stato rivisitato è quello relativo agli avvisi alla persona offesa in materia di scarcerazione, sostituzione o revoca delle misure cautelari. È stato introdotto l'obbligo di comunicazione immediata alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, dei provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, nei casi in cui si proceda per i reati previsti dagli artt. 572, 609-bis , 609-ter , 609-quater , 609-quinquies , 609-octies e 612-bis c.p. , nonché dagli artt. 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt. 576, comma 1, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1, n. 1, e comma 2, c.p. art. 90-ter, comma 1-bis, c.p.p. mod. dalla l. n. 69 del 25 luglio 2019 . In relazione alla revoca o alla sostituzione in melius delle misure cautelari applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona è in ogni caso previsto che l'eventuale provvedimento emesso dal giudice - d'ufficio o su richiesta di parte - sia immediatamente comunicato, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socio-assistenziali, alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato art. 299, comma 2 bis, mod. dalla l. n. 69 del 25 luglio 2019 . Le comunicazioni al giudice civile. Nell'ottica e al fine ultimo di dare compiuta attuazione alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica entrata in vigore nel nostro ordinamento il 1° agosto 2014, cruciale questione è il coordinamento tra le diverse autorità giudiziarie che del problema possono essere investite. Il problema del coordinamento tra autorità giudiziarie e provvedimenti, sul versante penale, è stato affrontato dalla l. n. 69/2019 per effetto della quale, per quanto specificamente e direttamente ci occupa, è stato inserito nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale l'art. 64- bis c.p.p. che prevede che nel caso siano pendenti procedimenti di separazione dei coniugi o siano in corso cause relative all'affidamento dei minori o alla responsabilità genitoriale, il giudice penale deve trasmettere obbligatoriamente senza ritardo al giudice civile copia dei provvedimenti adottati nell'ambito del procedimento penale aperto per il delitto di violenza domestica o di genere. Senza indugio o dilazione il giudice penale deve trasmettere anche le ordinanze relative a misure cautelari personali, avviso di conclusione delle indagini preliminari, provvedimento di archiviazione e sentenze di condanna. La disposizione è stata recentemente modificata dall' art. 2 comma 12 della legge 29 settembre 2021 n. 134 , che ha esteso l'obbligo anche alle fattispecie di tentativo di reato, aggiungendo altresì il delitto di cui all' art. 575 c.p. Da ultimo, anche la Risoluzione del Parlamento europeo del 5 aprile 2022 sulla tutela dei diritti dei minori nei procedimenti di diritto civile, amministrativo e di famiglia 2021/2060 INI sottolinea la necessità di riconoscere lo stretto legame tra procedimenti penali, civili e altri procedimenti giudiziari al fine di coordinare le risposte giudiziarie e le altre risposte legali alla violenza sui minori e alla violenza da parte del partner, invitando gli Stati membri ad adottare misure per collegare i procedimenti penali e civili che coinvolgono una singola famiglia e i minori, al fine di evitare efficacemente discrepanze tra le decisioni giudiziarie e le altre decisioni legali che danneggiano i minori. La legge operando lungo un itinerario integrato lascia trasparire come le iniziative in questo settore vanno nella direzione di adottare un approccio integrato alla protezione della vittima della violenza di genere, al cui interno il sistema giudiziario sia consapevole di rappresentare un attore fondamentale, ma non isolato nel contrasto al fenomeno. Tale approccio, richiesto dalla stessa Convenzione di Istanbul es. artt. 1, 18, 20-26, 56 e dalla dir. 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, e sollecitato dal piano nazionale anti-violenza adottato ex art. 5, comma 1, d.l. 93/2013 , conv. in legge 119/2013 , può sostanziarsi nella promozione e nella effettiva implementazione, da parte delle Procure e dei Tribunali, di forme di raccordo e collaborazione sia interne al sistema giudiziario favorendo in particolare l'interazione tra il settore penale, quello civile e quello minorile , sia esterne, in particolare, con istituzioni pubbliche forze dell'ordine, enti locali, strutture sanitarie, servizi sociali, centri anti-violenza e con soggetti del terzo settore attivi nella protezione della vittima e nel recupero dei maltrattanti centri antiviolenza privati, case rifugio, associazioni professionali . Il rischio di vittimizzazione secondaria. A tali problematiche si affianca il fenomeno cd. della vittimizzazione secondaria” di chi subisca violenza. L'espressione vittimizzazione secondaria” è già stata utilizzata nella Convenzione di Istanbul sopra menzionata in particolare agli artt. 15 e 18 e nella Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI , agli artt. 12, 18 e 22. Entrambi gli strumenti sovrannazionali impegnano gli Stati membri ad adottare misure che garantiscano la protezione delle vittime dalla vittimizzazione secondaria cfr., in particolare l'art. 12 della Direttiva 2012/29/UE e tuttavia non forniscono una definizione del fenomeno. La nozione è peraltro consolidata e di essa ha fatto ampio uso la CEDU nella sentenza J. L. c. Italia del 27 maggio 2021 per vittimizzazione secondaria” si intende la sofferenza inflitta alla vittima di una violenza conseguente al fatto stesso di avere denunciato la violenza subita, una sofferenza che frequentemente è causata dallo stesso processo originato dalla denuncia. La Convenzione di Istanbul, all'articolo 18, stabilisce infatti che gli Stati firmatari si impegnano ad evitare, forme di vittimizzazione secondaria, la quale consiste nel far rivivere le condizioni di sofferenza a cui è stata sottoposta la vittima di un reato, ed è spesso riconducibile alle procedure delle istituzioni susseguenti ad una denuncia, o comunque all'apertura di un procedimento giurisdizionale. In effetti, come anche sottolineato dalle Sezioni Unite civili della Suprema Corte di Cassazione, la vittimizzazione secondaria è una conseguenza spesso sottovalutata proprio nei casi in cui le donne sono vittima di reati di genere, e l'effetto principale è quello di scoraggiare la presentazione della denuncia da parte della vittima stessa Cass., Sez. U, 17 novembre 2021, n. 35110, Rv. 662942 – 04 . Nella Relazione del 20 aprile 2022 la Commissione al Senato sul femminicidio si prende specificamente carico, rammentando che una puntuale definizione di vittimizzazione secondaria si rinviene nella Raccomandazione n. 8 del 2006 del Consiglio d'Europa secondo la quale vittimizzazione secondaria significa vittimizzazione che non si verifica come diretta conseguenza dell'atto criminale, ma attraverso la risposta di istituzioni e individui alla vittima . Tale rischio può essere evitato con la formazione e preparazione degli operatori di polizia in ossequio a quanto richiesto dalle fonti sovranazionali che richiedono agli Stati di porre in essere tutte le misure necessarie per far sì che la persona offesa prenda parte al processo senza dover scontare la c.d. vittimizzazione secondaria'' che non può, evidentemente, prescindere da tecniche caratterizzate da un approccio non giudicante”.Analogamente, l'acquisizione tempestiva delle dichiarazioni da parte della persona offesa e/o denunciante secondo le procedure più adeguate al caso, documentata, anche, attraverso la videoregistrazione dell'atto, consente non solo di soddisfare esigenze investigative urgenti, ma anche di scongiurare il rischio della c.d. vittimizzazione secondaria della persona offesa. Conclusioni. La risposta del legislatore alle sollecitazioni sovranazionali, e in particolare a quelle derivanti dalla condanna della Corte europea nel caso Talpis ha comportato l'abbreviazione dei tempi investigativi. La nuova legge merita indubbiamente larga condivisione non solo per il fatto che ha lasciato emergere molti fatti di reato, ma ha permesso che gli uffici requirenti ed i presìdi di polizia del territorio nazionale si sono tempestivamente attrezzati per la migliore applicazione delle novità normative. La svolta normativa costituisce un punto di arrivo fondamentale che ha interessato, opportunamente, l'incipit dell'attività dell'autorità giudiziaria nella quale, sempre più, si avverte l'ampia sensibilità per la materia affrontata. Così come va apprezzato e, dunque, incoraggiato il sostegno e la promozione operata fin dall'entrata in vigore della nuova legge da parte degli uffici requirenti di attività di formazione a beneficio del personale delle forze dell'ordine assegnato agli uffici e, se istituito, ai magistrati del gruppo specializzato. Naturalmente, è opportuno che la stessa scelta degli agenti e degli ufficiali di polizia giudiziaria da assegnare all'assistenza del gruppo specializzato sia svolta in considerazione di eventuali pregresse attività di formazione svolta dai medesimi presso i rispettivi corpi di provenienza. Tuttavia, deve segnalarsi il mancato potenziamento delle strutture private come i centri Antiviolenza e le case rifugio ovvero di quelle pubbliche, come i servizi sociali e i consultori delle Asl.