Il terzo cessionario di buona fede del credito fiscale generato da fattispecie di truffa aggravata nell’ambito della disciplina del bonus facciate, non può sottrarsi al sequestro preventivo del cassetto fiscale.
Nell'ambito delle indagini disposte per alcune fattispecie di truffa aggravata ai danni di Poste Italiane s.p.a. nell'ambito delle procedure relative al c.d. “bonus facciate”, il GIP del Tribunale di Treviso convalidava il sequestro preventivo d'urgenza disposto sulle somme giacenti su un conto corrente intestato alle ditte individuali degli indagati, nonché dei loro “cassetti fiscali” e dei crediti d'imposta. Secondo l'accusa, i crediti erano del tutto fittizi e gli indagati avevano conseguito o tentato di conseguire l'ingiusto profitto costituito dall'accredito sui propri conti delle somme versate da Poste Italiane quale corrispettivo per l'acquisto dei crediti stessi, poi utilizzabili dal cessionario per la compensazione fiscale. Il Tribunale, in sede di riesame, annullava il decreto del GIP limitatamente al sequestro eseguito nei confronti di Poste Italiane, sottolineando che la circolazione dei crediti fiscali era lecita laddove non era dimostrato che il cessionario/acquirente fosse coinvolto nella violazione della normativa sul c.d. bonus facciate. La questione è giunta all'attenzione della Corte di legittimità su ricorso del Procuratore della Repubblica che ribadisce che i crediti d'imposta ceduti, ritenuti pacificamente inesistenti, costituiscono profitto o quantomeno prodotto del reato. Secondo la pronuncia impugnata, la buona fede di Poste Italiane, in qualità di cessionario dei crediti e persona offesa dei reati di truffa, consentirebbe alla società di far circolare i crediti fiscali o di portarli in compensazione con i crediti dell'Erario. La Cassazione non condivide però tale affermazione. In virtù della normativa che disciplina il bonus facciate, non è possibile ammettere uno scollamento tra il presupposto per l'insorgenza del credito e il credito stesso «quest'ultimo, frutto di false fatturazioni, sarebbe azionabile e liberamente circolabile ovvero potrebbe essere portato in compensazione pur in assenza del primo». Richiamando la disciplina prevista dal decreto rilancio d.l. numero 34/2020, conv. in l. numero 77/2020 , la Corte ricorda che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi edilizi, invece di utilizzare interamente la detrazione spettante, possono scegliere di ottenere lo sconto in fattura o cedere un credito di imposta di pari ammontare ad altri soggetti, tra cui istituti di credito ed intermediari finanziari. L'Agenzia delle Entrate, laddove riscontri l'insussistenza anche parziale dei requisiti che danno diritto alla detrazione potrà recuperarla, non solo nei confronti del beneficiario ma anche del fornitore che ha applicato lo sconto e del cessionario, solidalmente responsabili. Resta escluso il cessionario in buona fede che non abbia concorso alla violazione dell'originario beneficiario, ma egli non è comunque legittimato ad utilizzare crediti di imposta inesistenti in quanto privi di un legittimo titolo originario. In conclusione, i crediti ceduti originati da fatture false, costituiscono il profitto di reati di truffa, nel cui perimetro rientrano non solo i beni che l'autore del reato apprende nella sua disponibilità per effetto diretto ed immediato dell'illecito ma anche ogni altra conseguente utilità. Posto che il sequestro impeditivo richiede solo la prova di un legame pertinenziale tra la res e il reato, non invece tra il reato e il suo autore, la buona fede di Poste Italiane non preclude l'applicazione della misura. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e annulla l'ordinanza impugnata con rinvio.
Presidente Verga – Relatore D'Agostini Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 10-13 dicembre 2021 il G.i.p. del Tribunale di Treviso convalidava il sequestro preventivo d'urgenza ed emetteva decreto di sequestro preventivo delle somme giacenti sui conti correnti postali intestati a D.B. , C.E. e H.I. nonché dei loro cassetti fiscali e dei crediti d'imposta, anche già ceduti a terzi, vantati dagli stessi soggetti oltre che dalla Mary Low s.r.l. , sottoposti a indagini per più reati di truffa aggravata, consumati o tentati, in danno di Poste Italiane s.p.a., istituto presso il quale avevano aperto un conto corrente intestato alle rispettive ditte individuali, attivando poi la procedura on line per la cessione di crediti d'imposta, secondo quanto previsto dalla normativa sul cosiddetto bonus facciate . Secondo la ipotesi accusatoria, detti crediti erano del tutto fittizi e gli indagati avevano conseguito o cercato di conseguire l'ingiusto profitto costituito dall'accredito sui propri conti correnti delle somme versate da Poste Italiane s.p.a. quale corrispettivo per l'acquisto dei crediti stessi, poi utilizzabili dal cessionario per ottenere la compensazione in relazione alle imposte sui redditi dallo stesso dovute. Con ordinanza del 25 febbraio 2022 il Tribunale di Treviso, accogliendo la richiesta di riesame proposta nell'interesse di Poste Italiane s.p.a., annullava il decreto del G.i.p. limitatamente al sequestro eseguito nei confronti della stessa società, e ordinava che le fossero restituiti i crediti d'imposta originariamente vantati da D.B. , C.E. , H.I. e dalla Mary Low s.r.l. e poi ad essa ceduti in via diretta o previa cessione ad altri soggetti terzi . Il Tribunale osservava che all'epoca dei fatti, in base alla normativa vigente, la circolazione dei crediti fiscali era consentita che non era emersa alcuna condotta illecita tenuta da Poste Italiane s,p.a., indicata quale persona offesa dalle truffe contestate che conseguentemente non era applicabile il sequestro impeditivo o quello finalizzato alla confisca ex articolo 322-ter e 640-quater c.p. che i crediti fiscali non erano compresi neppure fra le cose indicate dall'articolo 240, comma 2, numero 2, del codice penale. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Treviso, chiedendone l'annullamento per violazione di legge articolo 253, comma 2, 324, comma 7, e 321, comma 1 c.p.p. . I crediti d'imposta ceduti, ritenuti pacificamente inesistenti sulla base degli elementi indiziari emersi nel corso delle indagini, costituiscono profitto o quantomeno prodotto del reato essi sono anche compresi fra i beni dei quali è vietata la restituzione, ai sensi dell'articolo 240, comma 2, numero 2, c.p., in quanto la naturale destinazione dei crediti d'imposta è la compensazione e l'utilizzo in compensazione di crediti inesistenti costituisce reato ex D.Lgs. numero 74 del 2000 articolo 10-quater. La buona fede dei cessionari - nel caso di specie Poste Italiane s.p.a. non può far sorgere in capo agli stessi un credito inesistente nè legittimerebbe la circolazione o la compensazione dei fittizi crediti fiscali. La ulteriore circolazione dei crediti, che sarebbe impedita dal sequestro, aggraverebbe le conseguenze del reato, rendendo difficoltosi i controlli da parte dei soggetti cessionari. 3. Il difensore di Poste Italiane s.p.a. ha depositato una memoria con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso. Sulla base di articolate argomentazioni, la difesa sostiene che - il Tribunale ha rilevato che il decreto di sequestro emesso dal G.i.p. non conteneva alcuna motivazione nè un'autonoma valutazione delle esigenze cautelari specificamente sottese all'apposizione del vincolo sui crediti d'imposta nella disponibilità del cessionario Poste Italiane s.p.a., espressamente qualificato come persona offesa dalle contestate truffe - il dato della inesistenza dei crediti d'imposta sottoposti a sequestro nel cassetto fiscale di Poste Italiane S.p.A., che il Pubblico Ministero assume quale presupposto della lamentata violazione di legge, non può affatto ritenersi acquisito - in ogni caso la tesi della inesistenza dei crediti d'imposta originati da cessioni che si assumono effettuate da chi non aveva diritto alla detrazione non trova fondamento nelle disposizioni del D.L. numero 19 maggio 2020, numero 34 al contrario, una interpretazione sistematica di tali disposizioni consente di rilevare l'assoluta correttezza della conclusione raggiunta dal Tribunale del riesame in ordine alla legittima utilizzabilità dei crediti d'imposta da parte del cessionario che li abbia acquistati in buona fede, essendo rimasto estraneo alla violazione delle norme che attribuiscono al contribuente il diritto di fruire di un bonus fiscale, sotto forma di detrazione d'imposta, a fronte del sostenimento delle spese per determinati interventi di riqualificazione edilizia degli immobili - proprio perché al cessionario è riconosciuto un diritto diverso da quello del beneficiario e il riconoscimento di tale diritto non trova fonte in un atto negoziale di cessione, ma nella sua attribuzione a titolo originario ed ex Iege, per effetto dell'esercizio dell'opzione per la cessione da parte del beneficiario e dell'accettazione del cessionario, D.L. numero 34 del 2020 articolo 121 del non considera recuperabile il credito d'imposta attribuito al cessionario, neppure nel caso in cui al beneficiario non sarebbe spettata la detrazione - il D.L. 25 febbraio 2022, numero 13, emanato al fine di contrastare le frodi perpetrate nel settore delle agevolazioni fiscali introdotte con il decreto Rilancio del 2020, ha previsto che i crediti d'imposta ceduti, sottoposti a sequestro, una volta restituiti nella disponibilità del titolare, possano essere utilizzati secondo cadenze temporali che tengano conto del periodo in cui il titolare stesso è stato privato della possibilità di utilizzarli la norma, dunque, non condiziona tale riacquistata possibilità di utilizzo all'accertamento giudiziale dell'esistenza o della legittimità dei crediti nè alla sorte processuale del cessionario o del cedente di detti crediti, ma la riconnette unicamente alla cessazione degli effetti del sequestro. Considerato in diritto 1. Il ricorso va accolto, in ragione della fondatezza del motivo con il quale il Pubblico Ministero ha censurato l'ordinanza impugnata per violazione di legge. 2. Va rilevato in primo luogo che, con i motivi presentati a sostegno della richiesta di riesame, la difesa aveva lamentato il difetto di motivazione del decreto impugnato in ordine alla natura del sequestro disposto dal G.i.p. e, in particolare, ai presupposti previsti dall'articolo 321, comma 1, c.p.p., quanto al sequestro cosiddetto impeditivo. Il Tribunale, affermato che i crediti in oggetto non sono riconducibili alle cose soggette a confisca obbligatoria, ai sensi dell'articolo 240, comma 2, c.p., ha altresì escluso l'applicabilità del disposto vincolo preventivo, impeditivo, diretto o per equivalente non già per un difetto di motivazione del decreto, bensì perché, più radicalmente, ha ritenuto evidente come la possibile circolazione di tali crediti fiscali sia del tutto lecita, in mancanza della dimostrazione del coinvolgimento dei soggetti acquirenti/cessionari nella violazione delle norme che danno origine al c.d. bonus facciate pagg. 12-13 . Il decreto del G.i.p., quanto ai presupposti del sequestro impeditivo, aveva osservato che, nel caso di cessione dei crediti, potrebbero essere i terzi cessionari, anche ove eventualmente di buona fede, a trasferirli ulteriormente a terzi, verso corrispettivo, o a portarli in compensazione con crediti dell'Erario per imposte dovute, aggravando così notevolmente le conseguenze dei reati ipotizzati, e provocando un ingentissimo danno all'Erario pag. 7 . Non sussisteva, dunque, nel decreto, una totale carenza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari sottese all'adozione della misura cautelare nei confronti dei crediti d'imposta presenti nel cassetto fiscale di Poste Italiane s.p.a., lamentata ancora nella memoria difensiva della stessa società pag. 2 . Per altro verso, non risulta condivisibile il rilievo del Procuratore generale sulla genericità del ricorso del Pubblico Ministero, che si sarebbe limitato a rappresentare degli argomenti dai quali ragionevolmente ritenere sussistente il pericolo di aggravamento delle conseguenze dannose, senza, tuttavia, in alcun modo confrontarsi con il contenuto della impugnata ordinanza si è visto, infatti, che il Tribunale ha escluso in radice il pericolo di aggravamento del reato ritenendo la liceità di una eventuale successiva circolazione dei crediti, conclusione che - come si dirà a breve - non appare corretta. 3. Occorre prima dare conto di un'altra osservazione svolta nella memoria della società, là dove sostiene che il dato della ‘inesistenzà dei crediti d'imposta sottoposti a sequestro nel cassetto fiscale di Poste Italiane S.p.A., che il ricorrente assume quale presupposto della lamentata violazione di legge, non può affatto ritenersi acquisito . Il Tribunale, con ampie argomentazioni pagg. 3-6 , ha condiviso la motivazione e le conclusioni del G.i.p. in ordine alla gravità indiziaria quanto ai reati di truffa aggravata contestati a D.B. , C.E. e H.I. nei capi d'imputazione provvisoria, essendosi gli stessi procurati crediti fittizi nei confronti dell'erario , poi ceduti a Poste Italiane s.p.a., indotta in errore in ordine all'effettiva esistenza dei crediti d'imposta . La valutazione del giudice del riesame si è spinta anche oltre il necessario, dovendosi ricordare, in tema di fumus del reato contestato, che detto giudice deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell'effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile o meno l'impostazione accusatoria, ma non può sindacare la fondatezza dell'accusa v. Sez. 1, numero 18941 del 30/01/2018, Armeli, Rv. 269311 Sez. 6, numero 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, Polifroni, Rv. 272927 Sez. 6, numero 9991 del 25/01/2017, Bulgarella, Rv. 269311 Sez. 6, numero 49478 del 21/10/2015, Macchione, Rv. 265433 Sez. 5, numero 49596 del 16/09/2014, Armento, Rv. 261677 . Non è quindi sindacabile la conforme conclusione dei giudici della cautela circa il fatto che i crediti di imposta ceduti sono privi di titolo in quanto generati in assenza di una fonte dell'obbligazione. 4. L'ordinanza impugnata, tuttavia, ha affermato che la pacifica buona fede di Poste Italiane s.p.a., persona offesa dai reati di truffa, consentirebbe alla stessa società, così come a terzi cessionari incolpevoli, di far circolare i crediti fiscali ovvero di portarli in compensazione con i crediti dell'Erario . Si tratta di una valutazione non condivisibile, al pari della tesi sostenuta nella citata memoria difensiva, secondo la quale il vizio che inficia la detrazione fiscale spettante al beneficiario, anche laddove si risolva nella radicale nullità o inesistenza della stessa, difettando un presupposto essenziale come l'effettuazione dei lavori edili che darebbero diritto al beneficio, non si trasferisce sul credito d'imposta di cui il fornitore o il cessionario sia divenuto titolare per effetto dell'esercizio dell'opzione da parte del beneficiario stesso pag. 13 . Dalla normativa richiamata nell'ordinanza non si ricava affatto detta conclusione, che legittimerebbe un inammissibile scollamento tra il presupposto per l'insorgenza del credito e il credito stesso quest'ultimo, frutto di false fatturazioni, sarebbe azionabile e liberamente circolabile ovvero potrebbe essere portato in compensazione pur in assenza del primo. Con fondamento il Pubblico Ministero ricorrente ha sostenuto che tali disposizioni si riferiscono esclusivamente alle ipotesi in cui il bonus fiscale sia stato azionato per lavori realmente effettuati, spese realmente sostenute, ma, ad esempio, giudicate non tutte rientranti tra quelle per le quali, ai sensi del medesimo D.L. numero , il bonus è applicabile e non ad ipotesi del tutto patologiche, come quelle oggetto del presente procedimento, nelle quali i crediti d'imposta derivano da detrazioni d'imposta oggetto di pura invenzione pag. 10 . Va evidenziato, infatti, che l'articolo 121 del D.L. numero 34 del 2020, convertito con modificazioni nella L. 17 luglio 2020, numero 77, stabilisce che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi, invece di utilizzare direttamente la detrazione spettante, possono scegliere di ottenere lo sconto in fattura ovvero di cedere un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, fra i quali gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, che potrà essere nuovamente ceduto o portato in compensazione con debiti erariali. Le due opzioni in capo al beneficiario, alternative alla ipotesi ordinaria dell'utilizzo diretto della detrazione fiscale spettante, sono una derivazione dell'originario diritto, finalizzate a ottenere la immediata monetizzazione dello stesso, come si evince anche dal comma 3 dello stesso articolo 121 là dove prevede che i crediti d'imposta sono utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, numero 241, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite e che il credito d'imposta è usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione . Il comma 6 del medesimo articolo, poi, contempla la possibilità per l'Agenzia delle entrate, accertata la insussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, di recuperare l'imposta, in caso di concorso nella violazione, non solo nei confronti del beneficiario ma anche del fornitore che ha applicato lo sconto e del cessionario , solidalmente responsabili, previsione che conferma il nesso derivativo che il credito ceduto ha rispetto all'originario diritto alla detrazione. La stessa disposizione, nel disciplinare l'esercizio delle azioni di recupero da parte dell'Agenzia delle Entrate, le esclude nei confronti del cessionario in buona fede che non abbia concorso nella violazione dell'originario beneficiario della detrazione, ma non legittima lo stesso a detenere e utilizzare crediti d'imposta inesistenti in quanto privi di un legittimo titolo originario, generatore dei crediti poi ceduti. Inoltre, D.L. 27 gennaio 2022, numero 22 articolo 28-ter, convertito con modificazioni nella L. 28 marzo 2022, numero 25, contempla espressamente la possibilità del sequestro dei crediti d'imposta ceduti anche nei confronti del cessionario, secondo le regole generali, mentre l'articolo 28 del medesimo decreto prevede la nullità dei contratti di cessione qualora conclusi in violazione delle disposizioni di cui agli articolo 121, comma 1, 122, comma 1, e del comma 2 dello stesso articolo 28, così confermando ulteriormente il carattere derivativo dell'istituto. 5. I crediti ceduti, originati da emissioni di fatture per operazioni inesistenti, nella prospettiva del ricorrente costituiscono il profitto dei reati di truffa, considerato che in tale nozione vanno ricompresi non solo i beni che l'autore del reato apprende alla sua disponibilità per effetto diretto e immediato dell'illecito, ma anche ogni altra utilità che lo stesso realizza come effetto mediato e indiretto della sua attività criminosa Sez. U, numero 10280 del 25/10/2007, dep. 2008, Miragliotta, Rv. 238700 in senso conforme, di recente, Sez. 6, numero 25329 del 01/04/2021, Di Rubba, Rv. 281532 . In questa sede è sufficiente ricordare che il sequestro impeditivo richiede soltanto la prova di un legame pertinenziale tra la res e il reato, ossia un collegamento che comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato è stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa, non essendo invece sufficiente una relazione meramente occasionale tra la res e il reato commesso cfr. Sez. 4, numero 29956 del 14/10/2020, Valentino, non mass. sul punto Sez. 6, numero 5845 del 20/01/2017, F., Rv. 269374 Sez. 2, numero 28306 del 16/04/2019, Lo Modou, Rv. 276660 Sez. 3, numero 31415 del 15/01/2016, Ganzer, Rv. 267513 Sez. 3, numero 9149 del 17/11/2015, dep. 2016 Plaka, Rv. 266454 . Inoltre, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il sequestro preventivo di tipo impeditivo implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché possono essere oggetto del sequestro anche le cose in proprietà di terzo estraneo, se la loro libera disponibilità possa favorire la prosecuzione del reato stesso così Sez. 3, numero 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691 in senso conforme cfr., ad es., Sez. 3, numero 40480 del 27/10/2010, Orlando, Rv. 248741 Sez. 5, numero 11287 del 22/01/2010, Carlone, Rv. 246358 Sez. 3, numero 1806 del 04/11/2008, dep. 2009, Pepe, Rv. 242262 da ultimo v. Sez. 1, numero 31906 del 03/06/2022, Miraglia, non mass. . Lo stato di buona fede del terzo estraneo al reato rileva soltanto ove il sequestro sia stato disposto esclusivamente in quanto funzionale alla confisca, ai sensi dell'articolo 321, comma 2, del codice di rito. La buona fede di Poste Italiane s.p.a., persona offesa dalle truffe e cessionaria dei crediti, non preclude, dunque, il sequestro preventivo, dovendosi altresì rilevare che detto stato sussisteva indubbiamente solo al momento dell'acquisto dei crediti, quando la società non era al corrente della inesistenza di un legittimo titolo originario. 6. Il provvedimento impugnato, pertanto, va annullato con rinvio al competente Tribunale, che si atterrà ai principi sopra enunciati, verificando se sussistono tutti i presupposti per la conferma del sequestro disposto dal G.i.p. ai sensi dell'articolo 321, comma 1, del codice di rito. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Treviso competente ai sensi dell'articolo 324, comma 5, c.p.p.