Proseguono gli appuntamenti di approfondimento con l'avv. Paolo Grillo dedicati alle modifiche apportate dalla Riforma Cartabia in tema di giustizia penale.
Prima di entrare nel vivo, il rinvio pregiudiziale sulla competenza per territorio. Anche se l'argomento non fa parte del settore della riforma dedicato alle impugnazioni, abbiamo scelto di parlarvene qui perchè – comunque – la protagonista del nuovo istituto è la Corte di Cassazione, solitamente interessata dai ricorsi di legittimità avverso le sentenze di merito. L'istituto in oggetto è una new entry e sarà disciplinato dall' articolo 24- bis c.p.p. , che si intitolerà « rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione per la decisione sulla competenza per territorio ». L'obiettivo del riformatore è quello di individuare un giudice “ufficiale” e un momento processualmente dedicato alla questione sulla competenza per territorio. La norma stabilisce che prima della conclusione dell'udienza preliminare oppure, se essa non si celebra, prima dell'esaurimento delle questioni preliminari di cui all' articolo 491 c.p.p. , la questione sulla competenza per territorio può essere rimessa, anche di ufficio, alla Corte di cassazione. Il giudice redigerà un'apposita ordinanza e rimetterà gli atti nelle mani degli Ermellini, che decideranno secondo le regole del rito camerale disciplinato dall' articolo 127 c.p.p. . Se la questione è accolta, la Cassazione trasmetterà gli atti al pubblico ministero presso il giudice competente. Chiude le fila un comma – il sesto – dal significato piuttosto dubbio la parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio senza chiedere la trasmissione degli atti alla corte di cassazione non potrà più riproporre la questione nel corso del procedimento. Se a questo uniamo il verbo “può” che, in apertura, rende a questo punto non può che essere così facoltativo rimettere la decisione sulla questione sulla competenza per territorio alla Corte di Cassazione, ne ricaviamo che l'istituto in esame ha introdotto una sorta di secondo canale per la decisione sulla competenza territoriale e quindi ci chiediamo chi decide di avvalersi della Cassazione come e in che modo potrà riproporre la questione? La domanda discende dal fatto che – sembrerebbe – preclusa la riproposizione dell'eccezione soltanto a chi non abbia chiesto la trasmissione degli atti al giudice di legittimità. Sarà la prassi applicativa, forse, a dare una risposta al nostro interrogativo. Le impugnazioni agli effetti civili come cambia il sistema. Cambia nel senso di dirottare presso i giudici civili le impugnazioni che coinvolgono gli effetti civili. Vediamo subito in che modo. Dice il nuovo comma 1- bis dell' articolo 573 c.p.p. che se la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di Cassazione rinviano per la prosecuzione del giudizio davanti al giudice o alla sezione civile competente. Quest'ultimo, cioè un giudice civile, deciderà la questione utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel processo civile. Il problema è però quello di comprendere se nel giudizio civile occorrerà seguire le regole probatorie e i canoni di valutazione delle stesse propri del processo penale o di quello civile. Anche l' articolo 578 c.p.p. subisce una radicale modifica. Esso è interamente riscritto al comma 1- bis , che assume un volto del tutto nuovo. Si prevede oggi che se è pronunciata condanna dell'imputato anche generica al risarcimento del danno a favore della parte civile, se l'azione penale fosse improcedibile per superamento dei termini di cui all' articolo 344-bis c.p.p. , il giudice di secondo o di terzo grado dovranno rinviare per la prosecuzione del giudizio dinanzi il giudice civile. Anche in questo caso vale la regola precedentemente illustrata si utilizzeranno le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel processo civile. A norma dell'articolo 578- ter , di nuovo conio, si prevede che nel caso in cui l'azione penale dovesse divenire improcedibile per superamento dei termini di durata massima dei giudizi di impugnazione, si dovrà disporre la confisca obbligatoria anche se non è stata pronunciata condanna. E il sequestro che fine farà? Secondo la nuova normativa contestualmente alla declaratoria di improcedibilità dell'azione penale si disporrà la trasmissione degli atti al pubblico ministero che potrà proporre l'adozione delle misure patrimoniali di cui al d.lgs 159/11 . Se entro novanta giorni dalla trasmissione non accade nulla il sequestro perde ogni effetto. Le nuove norme in tema di inammissibilità dell'appello. All'evidente scopo di contenere il numero dei giudizi di appello e di sfoltire i ruoli delle corti di secondo grado è introdotto un comma 1- bis nell' articolo 581 c.p.p. , che suona particolarmente sinistro alle orecchie dei difensori si prevede che l'appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi – scimmiottando un po' quello che accade con il ricorso per cassazione – tutte le volte in cui per ogni richiesta non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione. Insomma d'ora in avanti per introdurre il giudizio di seconda istanza occorrerà rispettare canoni impugnativi sostanzialmente identici a quelli del ricorso per cassazione. E allora viene da chiedersi ma l'appello non è un mezzo di impugnazione a critica libera? Come si concilia una struttura così stringente con la tradizionale impostazione del nostro giudizio di secondo grado? Temiamo che questo disposto possa agevolare e incrementare a dismisura le declaratorie di inammissibilità, costringendo gli impugnanti a ricorrere al giudice di legittimità per valutare se l'appello era ammissibile o meno. Sempre che il gioco, sotto tanti e variegati profili primo tra tutti quello economico , valga la candela. Altro paletto per l'ammissibilità dell'appello è quello che obbliga chi lo propone ad allegare all'atto di impugnazione la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. Se l'imputato è stato assente nel primo grado di giudizio, con l'atto di impugnazione del difensore è depositato, sempre a pena di inammissibilità, uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e contenente la dichiarazione di domicilio. Anche questa disposizione non ha altro senso se non quello di rendere difficile la vita del difensore dell'assente non si capisce a cosa debba servire un mandato specifico non si è avuto il coraggio di chiamarlo con il nome “procura speciale”, ma vi assomiglia senza esserlo , né a cosa debba servire l'elezione di domicilio se non a rendere più veloce e sicure le notificazioni. Si poteva piuttosto modificare la norma – e sarebbe stato già tanto – stabilendo che l'assente è domiciliato ex lege presso il proprio difensore. Ma il grosso dei problemi interesserà gli avvocati d'ufficio, che molto spesso non riescono mai ad avere un contatto diretto ed effettivo con il proprio assistito. Non vorremmo essere nei loro panni quando si tratterà di impugnare una sentenza. A poco vale, nel caso dell'impugnazione dell'assente, il contentino offerto dall'articolo 585 comma 1-bis, che concede graziosamente un aumento di quindici giorni per proporre l'atto di impugnazione dell'imputato assente si pensa, evidentemente, che in quelle due settimane l'avvocato debba dismettere la toga, indossare i panni dell'ufficiale d'anagrafe per lanciarsi nella ricerca dell'assente al quale far firmare il mandato specifico con l'elezione di domicilio . Inappellabilità & procedimento camerale la regola sarà questa. L'ottica deflattiva colpisce ancora saranno inappellabili le sentenze di condanna con cui si applica l'ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, nonché le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa. Rimarrà salva, quindi, soltanto la loro ricorribilità per cassazione. Andiamo adesso alla partecipazione delle parti al giudizio d'appello. Il nuovo articolo 598- bis c.p.p. Sembra aver scelto di invertire il rapporto regola-eccezione. La corte provvede sull'appello in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti. Fino a 15 giorni prima il Procuratore Generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e fino a cinque giorni prima, repliche. Insomma, ci si è fatti talmente inebriare dal principio di cartolarità del giudizio d'appello – ci sia consentita la battuta – da aver considerato di regola superflua la discussione orale delle parti. Queste ultime possono partecipare all'udienza soltanto se lo chiedono espressamente, e per farlo devono provvedere a pena di decadenza entro quindici giorni dalla notifica del decreto di citazione o dell'avviso della data fissata per il giudizio d'appello. La parte privata non può presentare la richiesta personalmente, ma deve farlo soltanto a mezzo del difensore. Soltanto in questo caso si apriranno le porte dell'udienza pubblica che è, in un sistema come quello che abbiamo rappresentato, appunto un'eccezione. Soltanto se le questioni sono particolarmente rilevanti la corte potrà disporre che si proceda con la presenza delle parti a prescindere dalla richiesta di parte, e specificherà in un proprio provvedimento se si procederà in camera di consiglio o meno. Non avrà scelta, la corte d'appello, soltanto in un caso se deve procedersi a rinnovazione dell'istruzione dibattimentale deve farsi luogo alla partecipazione delle parti. Sicuramente peccheremo di malignità, ma dietro questo complesso di norme aleggia l'aroma di un certo fastidio per la presenza in aula degli attori processuali. Magari sbaglieremo, e ne faremo ammenda. Anzi ci auguriamo di sbagliare. Saltiamo a piè pari le modifiche in tema di assenza dell'imputato e relative ricerche del medesimo , nonché quelle che riguardano le ipotesi ulteriori di procedibilità in camera di consiglio. Andiamo al comparto disciplinare della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale il comma 3 bis dell' articolo 603 c.p.p. riceve una nuova stesura. Vi si dice che nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi che attengono alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice disporrà la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale soltanto nel caso di prove dichiarative assunte nel giudizio dibattimentale di primo grado o frutto dell'integrazione probatoria dell'abbreviato insomma, si è voluto evitare – e questa volta il ritocco non cade a sproposito – che un primo grado celebrato nelle forme del giudizio abbreviato possa diventare dibattimenta durante il secondo, senza che le parti sin dall'inizio abbiano potuto sondare con gli strumenti della cross examination i dichiaranti. La nullità della sentenza di primo grado per erronea dichiarazione dell'assenza dell'imputato. Nell' articolo 604 c.p.p. è inserito un comma 5- bis che prevede una nuova ipotesi di nullità della sentenza di primo grado. Il presupposto è rappresentato dal fatto che la dichiarazione di assenza del medesimo sia stata pronunciata senza che ne ricorressero i presupposti. In questo caso il giudice d'appello dichiara la nullità della sentenza e trasmette tutto al giudice che procedeva quando il vizio è sorto. Quest'ultimo si sana se non viene eccepito nell'atto di appello e, in ogni caso, non potrà essere dedotto nel caso in cui dovesse pervenirsi alla conclusione che l'imputato comunque sapeva del processo che lo riguardava ed era in condizione di comparire prima della pronuncia della sentenza. Questa ipotesi di nullità consentirà all'imputato di chiedere la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale . E' poi disciplinata una mai vista prima d'ora restituzione all'imputato di tutte le facoltà processuali dalle quali è decaduto senza sua colpa. Tutti gli atti compiuti restano validi, ma l'imputato può godere di questa innovativa restituzione nel termine se fornisce prova che per caso fortuito o forza maggiore non è potuto comparire in tempo utile per esercitare quelle facoltà dalle quali è decaduto, né ha potuto trasmettere la prova dell'impedimento. La restituzione nel termine è possibile anche nel caso in cui l'imputato dimostri di non aver avuto effettiva conoscenza del processo senza sua colpa. In questi casi il giudice di secondo grado annullerà la sentenza e trasmetterà gli atti al giudice della fase in cui poteva essere esercitata quella determinata facoltà, a meno che l'imputato non chieda di patteggiare, o di accedere all'oblazione oppure, infine, di rinnovare l'istruzione dibattimentale. A queste incombenze provvederà il giudice d'appello e se le richieste di accesso ai riti alternativi saranno rigettate non potranno essere riproposte. Il giudizio di legittimità cambia volto. Anche per il terzo grado di giudizio il trend è esattamente lo stesso la partecipazione delle parti all'udienza deve considerarsi una circostanza del tutto eventuale. Non sappiamo se questo indirizzo sia figlio della pandemia – che ci ha abituato a fare tutto in solitudine e a distanza – oppure se risponda al preciso obiettivo di velocizzare i giudizi donde il tacito presupposto logico che la presenza delle parti sia un intralcio alla speditezza . Comunque il nuovo comma 1 dell' articolo 611 c.p.p. dice che il rito camerale non partecipato non contempla la presenza del procuratore generale e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell'udienza il procuratore generale presenta le proprie richieste e le parte possono presentare motivi nuovi. Fino a cinque giorni prima, invece, si possono inviare le memorie di replica. Compare, a mitigare un po' la solitudine degli Ermellini, un comma 1 bis che suona così nei soli casi in cui si impugna una sentenza nascente da un giudizio dibattimentale o abbreviato il procuratore generale e i difensori possono chiedere di procedere in pubblica udienza. Resta inteso che se nessuno chiede nulla, si procede a porte sprangate. E' presente anche una via di mezzo si può chiedere di procedere in camera di consiglio ma con la partecipazione delle parti in alcuni casi ben precisi. Si tratta dei ricorsi per i quali debba procedersi ai sensi dell' articolo 127 c.p.p. oppure quelli avverso sentenze pronunciate in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, a meno che l'appello abbia avuto ad oggetto soltanto la specie o la misura della pena. Le richieste “di rito” o sarebbe meglio dire “sulla modalità del rito” , dice il futuro comma 1 ter, sono irrevocabili e vanno presentate entro un termine decadenziale di dieci giorni dalla ricezione dell'avviso d'udienza. E' prevista, come in appello, la possibilità che la corte disponga d'ufficio la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio “partecipata” quando le questioni prospettate siano particolarmente rilevanti. Se si procede ex articolo 127 c.p.p. L'avviso di fissazione dell'udienza è comunicato almeno venti giorni prima e i termini per presentare richieste, motivi nuovi, repliche e dichiarazioni di scelta del rito sono ridotti cinque giorni per la richiesta di intervenire in udienza, dieci giorni per le memorie e tre giorni per le repliche. Soltanto se ritiene di dare al fatto una diversa definizione giuridica, la corte di cassazione può disporre il rinvio del giudizio per la trattazione in udienza pubblica o camera di consiglio partecipata, indicandone la ragione. L'esecuzione delle decisioni della CEDU. Del tutto nuova è la disciplina per rendere esecutive le decisioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Il nuovo articolo 628- bis c.p.p. prevede che il condannato o il soggetto sottoposto a misura di sicurezza possa richiedere alla cassazione di revocare la sentenza penale o il decreto penale pronunciato nei loro confronti, oppure di disporre la riapertura del procedimento o, comunque, «di adottare i provvedimenti necessari per eliminare gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione accertata dalle Corte europea dei diritti dell'uomo». Il tutto presuppone che gli istanti abbiano proposto un ricorso per l'accertamento di tale violazione e che questo, naturalmente, sia stato accolto. La richiesta deve contenere l'indicazione specifica delle ragioni e deve essere presentata personalmente o, in caso di decesso di quest'ultimo, da un prossimo congiunto per il tramite di un procuratore speciale ma soltanto nel caso in cui l'interessato sia deceduto. Il ricorso va depositato presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza o il decreto penale entro novanta giorni dalla data di definitività della sentenza della corte europea. Atti, documenti, la sentenza della CEDU e la sentenza o il decreto penale “incriminati” devono essere depositati insieme al ricorso. La Cassazione decide in camera di consiglio e, se ne ricorrono i presupposti, può disporre la sospensione della pena o della misura di sicurezza. La richiesta viene accolta quando «la violazione accertata dalla Corte europea, per natura e gravità, ha avuto una incidenza effettiva sulla sentenza o sul decreto penale». Se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte di Cassazione assume i provvedimenti idonei a rimuovere gli effetti pregiudizievoli, disponendo, se occorre, la revoca della sentenza o del decreto penale di condanna. Altrimenti, trasmetterà gli atti al giudice dell'esecuzione o disporrà la riapertura del processo nel grado in cui si procedeva quando si è verificato l'intoppo. Potrà anche stabilire se e in quale parte gli atti compiuti conserveranno la loro efficacia. La riapertura del processo comporterà anche la riattivazione del cronometraggio della prescrizione, che riprenderà a scorrere da quel momento. Chiude la norma un principio importante queste norme si applicheranno anche se la violazione accertata riguarda il diritto dell'imputato a partecipare al processo. La rescissione del giudicato. L'assente dichiarato tale ingiustamente può comunque ambire, a norma dell' articolo 629 bis c.p.p. , alla rescissione del giudicato anche fuori dai casi precedentemente disciplinati. Così dice la nuova versione dell'articolo in esame. La richiesta va presentata alla corte di appello nel cui distretto si trova il giudice che ha emesso il provvedimento. A pena di inammissibilità la richiesta va presentata personalmente o per mezzo di un difensore con procura speciale entro trenta giorni dal momento dell'avvenuta conoscenza della sentenza. L'esito è disciplinato dall'ultimo comma se la corte d'appello accoglie la richiesta, disporrà la revoca della sentenza e la trasmissione degli atti al giudice che ha determinato la nullità. Per ulteriori approfondimenti. Per saperne di più sulla riforma Cartabia, vai a leggere La riforma della giustizia è legge come cambia il codice penale? Riforma penale e novità processuali elezione di domicilio, notificazioni e indagini preliminari L'eredità della pandemia raccolta dal legislatore le udienze da remoto e il processo penale telematico si innestano nel codice Le modifiche all'udienza preliminare e ai riti alternativi La Riforma Cartabia e la giustizia riparativa