Il quadro probatorio consente di ritenere certo che tra l’uomo e la donna vi erano rapporti sentimentali burrascosi, segnati da reciproche aggressioni ed offese, maturate da sentimenti di gelosia nutriti da entrambi. Irrilevante il fatto che l’uomo si sia reso colpevole anche di appostamenti e inseguimenti ai danni della donna.
I continui “alti e bassi” della coppia, con litigi, offese reciproche e repentine riconciliazioni sono sufficienti ad escludere la condanna dell'uomo, finito sotto accusa per il reato di molestie dopo la denuncia presentata dalla compagna. Il quadro non può essere modificato, secondo i giudici, neanche dalla constatazione che l'uomo si è reso protagonista di pedinamenti e di inseguimenti ai danni della donna Cass. penumero , sez. I, ud. 11 ottobre 2022 dep. 18 novembre 2022 , numero 43871 . Rapporti conflittuali. Ricostruita la delicata vicenda, i giudici di primo grado ritengono l'uomo colpevole di molestie ai danni della compagna. A sorpresa, però, in Appello, l'accusa viene ritenuta priva di fondamento ciò alla luce anche dei «rapporti conflittuali» tra l'uomo e la donna e frutto della «interruzione non proprio definitiva» del loro «rapporto sentimentale». In particolare, i giudici sottolineano che «dopo una apparente rottura della relazione, i due hanno continuato ad avere frequentazioni , anche intime» e aggiungono che «i comportamenti offensivi, di varia intensità, contestati all'uomo sono frutto di forme reattive per gli speculari atteggiamenti ingiuriosi e latamente aggressivi della donna. Per completare il quadro, poi, i giudici rilevano che «i due avevano frequenti litigi che sfociavano in pesanti offese reciproche con conseguenti periodi di allontanamento, che erano posi seguiti da riconciliazioni». Di conseguenza, alla luce della « reciprocità delle molestie , senza possibilità di stabilire chi dei due avesse svolto il ruolo iniziale», è impossibile, secondo i giudici d'appello, ritenere l'uomo colpevole di molestie ai danni della compagna. Offese reciproche. Col ricorso in Cassazione la donna, costituitasi parte civile, contesta fortemente la decisione con cui i giudici hanno assolto il compagno. Nello specifico, ella ritiene palese la gravità del comportamento tenuto dall'uomo, concretizzatosi, spiega, anche in « continui appostamenti » sotto la sua abitazione o davanti al suo luogo di lavoro e in veri e propri «inseguimenti» ai suoi danni. E poi, osserva ancora la donna, è illogico basare la decisione assolutoria sulla «reciprocità delle offese», reciprocità che «non è dalla legge considerata quale causa di non punibilità del reato di molestie». Le obiezioni proposte dalla donna non convincono però i giudici della Cassazione, i quali mostrano di condividere le valutazioni compiute in Appello e basate sulle «risultanze dell'attività istruttoria». In sostanza, «tra l'uomo e la donna vi erano rapporti sentimentali burrascosi, segnati da reciproche aggressioni ed offese, maturate da sentimenti di gelosia nutriti da entrambi», e, quindi, logicamente si può concludere che « le molestie mediante offese verbali furono poste in essere reciprocamente », e perciò «è impossibile individuare in uno dei due protagonisti di questa turbolenta relazione la responsabilità per l'iniziale comportamento aggressivo». In questo quadro, poi, gli ulteriori comportamenti dell'uomo, ossia «gli appostamenti sotto la casa della donna» o «gli inseguimenti» ai danni della donna, non incidono sulla correttezza dell'inquadramento dei fatti all'interno di «una reciprocità di atteggiamenti aggressivi e molesti» nell'ambito della coppia. Legittima, quindi, l'assoluzione dell'uomo, anche alla luce del principio secondo cui «non è configurabile il reato di molestia o di disturbo alle persone allorché vi sia reciprocità o ritorsione delle molestie», concludono i giudici.
Presidente Mogini – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Cagliari ha assolto, perché il fatto non sussiste, B.E. dal reato di cui all' articolo 660 c.p. in danno di I.E., costituitasi parte civile. La Corte di appello ha rilevato che il giudizio di responsabilità, pronunciato in primo grado, si è fondato sulle dichiarazioni di I.E. e degli altri testimoni, nonché della documentazione e trascrizione, mediante perizia, degli sms presenti sul telefono cellulare dell'imputato e sulle sue dichiarazioni spontanee. I rapporti conflittuali tra imputato e parte civile scaturirono dalla interruzione di un rapporto sentimentale, che non fu proprio definitiva. Dopo una apparente rottura della relazione, i due avevano continuato ad avere frequentazioni, anche intime. La Corte ha quindi rilevato che i comportamenti offensivi di varia intensità, contestati all'imputato, erano frutto di forme reattive per gli speculari atteggiamenti ingiuriosi e latamente aggressivi della parte civile. I due avevano frequenti litigi che sfociavano in pesanti offese reciproche con conseguenti periodi di allontanato, che erano posi seguiti da riconciliazioni. Sull'evidenza delle reciprocità delle molestie, senza possibilità di stabilire chi dei due avesse svolto il ruolo iniziale, la Corte ha concluso per l'insussistenza del fatto. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso, agli effetti civili, il difensore della parte civile I.E., che ha articolato più motivi. 2.1. Con il primo motivo ha dedotto difetto di motivazione per carenza di motivazione rafforzata a fronte della condanna irrogata in primo grado. Il giudice di appello non si è confrontato con tutti gli elementi illustrati dal primo giudice, e che avevano condotto alla condanna, trascurando le risultanze certe in ordine ai continui appostamenti sotto l'abitazione o davanti al luogo di lavoro della parte civile e agli inseguimenti. 2.2. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge per la parte in cui ha fondato l'assoluzione sulla reciprocità delle offese, perché la reciprocità delle offese non è dalla legge considerata quale causa di non punibilità del reato di cui all' articolo 660 c.p. . 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso non merita accoglimento, per le ragioni di seguito esposte. 2. La Corte di appello ha preso in esame le risultanze dell'attività istruttoria e ha tenuto conto dell'ampia motivazione della sentenza di primo grado, rilevando come tra l'imputato e la parte civile vi fossero rapporti sentimentali burrascosi, segnai da reciproche aggressioni ed offese, maturate da sentimenti di gelosia nutriti da entrambi. Ha quindi logicamente concluso che le molestie mediante offese verbali furono poste in essere reciprocamente e che è impossibile individuare in uno dei due attori di questa turbolenta relazione la responsabilità per l'iniziale comportamento aggressivo. In tale contesto, l'esistenza di comportamenti dell'imputato di appostamento sotto l'abitazione della parte civile o di inseguimento della stessa non incide sulla correttezza dell'inquadramento dei fatti all'interno di una reciprocità di atteggiamenti aggressivi e molesti. 3. Alla luce di questa ricostruzione delle vicende, confermativa di quanto accertato nell'istruttoria di primo grado, la conclusione tratta dalla Corte di appello non merita le invocate censure, perché si risolve nell'applicazione del principio di diritto, fissato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è configurabile il reato di molestia o disturbo alle persone previsto dall' articolo 660 c.p. allorché vi sia reciprocità o ritorsione delle molestie, in quanto in tal caso non ricorre la condotta tipica descritta dalla norma, e cioè la sua connotazione per petulanza o altro biasimevole motivo, cui è subordinata l'illiceità penale del fatto - Sez. 1, numero 23262 del 23/02/2016, Rv. 267221 v., in precedenza, Sez. 1, numero 26303 del 06/05/2004, Rv. 228207 -. 4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte civile ricorrente, I.E., al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna I.E., parte civile ricorrente, al pagamento delle spese processuali.