Compensi avvocato in gratuito patrocinio: cosa giustifica la riduzione della metà?

La Suprema Corte, pronunciandosi su un ricorso proposto dal professionista, mette sulla bilancia la riduzione prevista dall’art. 130 d.p.r. n. 115/2002 e la somma, non dimezzata, che la parte soccombente non ammessa al gratuito patrocinio deve versare all’Erario.

Il Tribunale in primo grado liquidava al difensore il suo compenso professionale per aver assistito la propria cliente ammessa al patrocinio a spese dello Stato in una causa di risarcimento danni. L'avvocato si opponeva al decreto di liquidazione contestandone la congruità, ma il medesimo Tribunale respingeva tale reclamo affermando il corretto calcolo delle spettanze ai sensi del d.m. n. 55/2014 e la giusta applicazione della riduzione prevista dall' art. 130 d.p.r. n. 115/2002 . Il professionista ricorreva per la cassazione del provvedimento lamentando l'errore nel calcolo e, in via principale, la necessaria coincidenza tra la somma che la parte soccombente deve esborsare all'Erario a titolo di spese processuali della parte vincente e quella liquidata al difensore della stessa parte ammessa al gratuito patrocinio. La Suprema Corte non ritiene fondato il ricorso dell'avvocato e precisa che la liquidazione ad opera dell'autorità giudiziaria avviene osservando la tariffa professionale in modo che la somma riconosciuta non superi i valori medi delle tariffe vigenti art. 82, d.p.r. n. 115/2002 gli importi sono del difensore sono poi ridotti della metà ai sensi del successivo art. 130, d.p.r. n. 115/2002 . Qualora la parte ammessa al gratuito patrocinio vinca la causa, il provvedimento che pone a carico del soccombente non ammesso la rifusione, dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato art. 133, d.p.r. n. 115/2002 . Con riferimento al vantaggio, lamentato dal difensore nel caso specifico, che lo Stato avrebbe nel percepire compensi doppi rispetto a quelli spettanti all'avvocato, il medesimo è giustificato dalla Corte dal fatto che tali somme compensino quelle liquidate ai difensori e che l'Erario non recupera tale meccanismo è necessario e contribuisce al funzionamento del sistema del gratuito patrocinio nella sua interezza si veda Cass. civ. n. 22017/2018 . La riduzione della metà del compenso liquidato non impone inoltre, prosegue la Corte, un sacrificio tale da risolvere il ragionevole legame tra l'onorario a lui spettante ed il relativo valore di mercato, trattandosi, semplicemente, di una parzialmente diversa modalità di determinazione del compenso medesimo, giustificata dalla considerazione dell'interesse generale . Ritenendo tali principi correttamente applicati dal Tribunale in sede di liquidazione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell'avvocato.

Presidente Di Virgilio Relatore Falaschi Ritenuto che - il Tribunale di Taranto, con decreto del 13.02.2017, liquidava ex art. 82 D.P.R. n. 115 del 2002 - per quanto qui di interesse - all'avvocato D.C. la somma di Euro 6.596,00 per compensi professionali quale difensore di F.A.M. , in proprio e quale genitore esercente la potestà genitoriale per la minore C.L. , nel giudizio introdotto nei confronti della omissis Assicurazioni s.p.a. e di P.A. e A.A. per risarcimento dei danni, per essere la parte attrice ammessa al patrocinio a spese dello Stato - il medesimo Tribunale, adito dallo stesso difensore nominato in sede di gratuito patrocinio a seguito di opposizione, con successivo decreto, emesso in data 01.12.2017, respingeva il reclamo ritenendo congrua la liquidazione. Il giudice dell'opposizione, infatti, affermava che il primo giudice aveva determinato correttamente il compenso professionale adottando i valori medi relativi a ciascuna fase processuale ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 ed applicando la riduzione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002 art. 130 - avverso l'ordinanza del Tribunale di Taranto il D. propone ricorso per cassazione, fondato su tre motivi - il Ministero della giustizia e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto sono rimasti intimati - in prossimità dell'adunanza camerale è stata depositata memoria illustrativa dal ricorrente. Atteso che con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c. comma 1 n. 3 , in relazione al D.P.R. n. 115 del 2002 artt. 82, 131 e 133 stante la necessità della coincidenza fra la somma che la parte soccombente deve esborsare all'Erario a titolo di spese processuali della parte vincitrice e quella liquidata al difensore della stessa parte ammessa al gratuito patrocinio. Con il secondo motivo, formulato in via subordinata, il ricorrente denuncia la nullità del procedimento e dell'ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, per avere il giudice dell'opposizione rigettato l'istanza istruttoria di acquisizione del fascicolo relativo all'ammissione delle attrici al gratuito patrocinio. Ricorda il ricorrente che il Tribunale di Taranto aveva chiesto di voler disporre l'acquisizione del fascicolo formato dalla cancelleria relativo all'ammissione al gratuito patrocinio delle parti attrici nella sua qualità di genitore esercente la potestà genitoriale per la minore C.L. , nel procedimento definito con la sentenza 69/2015 - impugnata e quindi non passata in giudicato , ciò nonostante il Presidente del tribunale aveva disatteso tale richiesta decidendo il ricorso nel senso impugnato. Con il terzo motivo, anch'esso formulato in via subordinata, il ricorrente denuncia la violazione dell' art. 360 c.p.c. , comma 1 n. 3 e n. 5 per insufficiente motivazione circa l'omessa presentazione della nota spese parametrata ai criteri di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 art. 82 ed errata determinazione del compenso professionale con riferimento al valore della causa e all'applicazione dei parametri medi del D.M. n. 55 del 2014. Le censure - sebbene formulati in via subordinata il secondo ed il terzo motivo - vanno trattate unitariamente per la evidente connessione argomentativa venendo in rilievo la questione del dimezzamento. Esse sono infondate. La disciplina dettata del D.P.R. n. 115 del 2002 prevede che L'onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità art. 82 . L'art. 130 Compensi del difensore, dell'ausiliario del magistrato e del consulente tecnico di parte aggiunge Gli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono ridotti della metà . Quindi, onorario e spese del difensore della persona ammessa a al patrocinio a spese dello Stato sono liquidate con decreto del giudice, in base alla tariffa professionale vigente, non possono essere superiori ai valori medi e devono essere ridotti alla metà. Contro il decreto di pagamento è ammessa opposizione art. 84 . L'art. 133 si occupa, poi, del caso in cui la parte ammessa al patrocinio vinca la causa e quindi abbia diritto alla rifusione delle spese legali da parte del soccombente. La norma prevede Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato . La Corte con la sentenza 11 settembre 2018, n. 22017, modificando il precedente orientamento, nel premettere le affermazioni di principio fatte dalla Cassazione penale che si basano su di un'analisi del rapporto imputato - parte civile -Stato - difensore che è specifico del sistema processuale penale, nel cui ambito, peraltro, la liquidazione dei compensi e la condanna alla rifusione delle spese devono avvenire nel medesimo dispositivo, ha ritenuto di non condividere siffatto meccanismo per il sistema civilistico. Quanto poi al punto decisivo costituito dal vantaggio che lo Stato avrebbe nel percepire compensi doppi rispetto a quelli spettanti al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, la decisione del 2018 ha giustamente rilevato la circostanza che nella singola causa lo Stato possa incassare più di quanto liquida al singolo difensore compensa le situazioni in cui lo Stato non recupera quanto versa in favore dei difensori e contribuisce al funzionamento del sistema del gratuito patrocinio nella sua globalità . In tal modo, peraltro, si evita quella che sarebbe una grave incongruenza all'interno del sistema costituita dal fatto che la parte che perde verrebbe condannata al pagamento delle metà delle spese per il solo fatto, del tutto casuale, che la controparte è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato. D'altro canto la disposizione del D.P.R.n. 115 del 30 maggio 2002, art. 130, che stabilisce la riduzione alla metà degli importi spettanti al difensore in caso di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, non è stata implicitamente abrogata dalla previsione del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006 art. 2, comma 2, conv. in L. n. 148 del 4 agosto 2006, piuttosto integrandone il riferimento alla tariffa professionale , quale base di liquidazione del compenso. Per cui non si pone neanche una questione di legittimità costituzionale dell'art. 130 citato, in riferimento all' art. 117, comma 1, Cost. , atteso che la previsione dell'abbattimento nella misura della metà della somma risultante in base alle tariffe professionali non impone al professionista un sacrificio tale, da risolvere il ragionevole legame tra l'onorario a lui spettante ed il relativo valore di mercato, trattandosi, semplicemente, di una parzialmente diversa modalità di determinazione del compenso medesimo, giustificata dalla considerazione dell'interesse generale che il legislatore ha inteso perseguire, nell'ambito di una disciplina mirante ad assicurare al non abbiente l'effettività del diritto di difesa vd. Corte Cost., n. 350 del 2005 , n. 201 del 2006 , n. 270 del 2012 . Di siffatti principi il provvedimento il Tribunale ha fatto buon governo, per cui premessa la mancanza di una norma espressa che regoli il rapporto tra la quantificazione delle spese contenuta nel provvedimento conclusivo della fase del giudizio innanzi al giudice adito e la liquidazione a favore del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ha applicato la disposizione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 art. 130, secondo cui gli importi spettanti al difensore sono ridotti della metà . Il ricorso pertanto deve essere respinto. Nulla sulle spese perché le controparti sono rimaste intimate. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.