Il professionista responsabile per illecito aquiliano deve risarcire i costi per la realizzazione e l’eliminazione dell’opera

Sono invece escluse dall’ambito del danno risarcibile a titolo di illecito aquiliano, le spese che il danneggiato-creditore deve sostenere per il rifacimento dell’opera a regola d’arte.

Un geometra veniva convenuto in giudizio da una società per cui aveva progettato e realizzato un impianto di riscaldamento per il risarcimento del danno da illecito aquiliano cagionato. In primo grado la domanda veniva rigettata, ma in sede di appello la domanda di risarcimento veniva parzialmente accolta, liquidando il danno subito in relazione alle spese indicate dal CTU per lo smantellamento ed il rifacimento completo dell'impianto. Il professionista ha impugnato la pronuncia dinanzi alla Cassazione. Il ricorso trova accoglimento quanto alla liquidazione del danno. Risulta infatti fondata la censura relativa alla violazione dell'articolo 1223 c.c. «norma che, laddove individua il danno nella perdita subita e nel mancato guadagno, riflette una prospettiva differenzialista, alla stregua della quale, il danno è il pregiudizio economico che si riflette in un'effettiva diminuzione del patrimonio, diminuzione data dalla differenza tra il valore attuale del patrimonio del creditore-danneggiato ed il valore che presenterebbe se l'obbligazione fosse stata tempestivamente ed esattamente adempiuta o se il fatto illecito non fosse stato realizzato» v. Cass. sez. I, ord. 29251/2021 . Precisa inoltre la Corte che deve escludersi, salvo diversa previsione legislativa, che il danno risarcibile possa avere funzione “ultracompensativa”, posto che il nostro ordinamento non consente l'arricchimento in assenza di una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale. In conclusione, la Corte cristallizza il principio di diritto secondo cui «il danno derivante dalla condotta illecita di un professionista, che erri nella progettazione e realizzazione di un “opus”, del quale sia necessario il rifacimento ex novo, consiste nei costi sopportati per la realizzazione dello stesso e nella sua eliminazione, ma non pure in quelli che sarebbero occorsi, ed occorreranno, per la esecuzione a regola d'arte».  

Presidente Cirillo – Relatore Guizzi Ritenuto in fatto - che C.C. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza numero 2190/21, del 23 agosto 2021, della Corte di Appello di Bologna, che - accogliendo parzialmente il gravame esperito dalla società B. S.r.l. avverso la sentenza numero 655/18, del 20 aprile 2015, del Tribunale di Parma - lo ha condannato a risarcire alla predetta società il danno da illecito aquiliano alla stessa cagionato, liquidato in E 357.600,00, oltre interessi e rivalutazione - che, in punto di fatto, l'odierno ricorrente riferisce di essere stato convenuto in giudizio - unitamente ad altro professionista, Geom. P.P.E. , nonché all'impresa S.F. - dalla predetta società B. S.r.l., che lamentava loro concorrenti inadempimenti nella progettazione e realizzazione di un impianto di riscaldamento, insistente in un proprio immobile destinato ad uso industriale - che, radicato il giudizio risarcitorio innanzi al Tribunale di Parma, all'esito di accertamento tecnico preventivo svoltosi innanzi allo stesso ufficio giudiziario, i due professionisti chiamavano in causa le rispettive compagnie di assicurazione, per essere da esse manlevate - che, per quanto qui ancora di interesse, il giudizio di primo grado si concludeva con il rigetto della domanda risarcitoria proposta nei confronti del C. , essendosi ritenuto nullo l'incarico conferitogli, per violazione del R.D. 11 febbraio 1929, numero 274, articolo 16, lett. l e m , travalicando lo stesso le sue competenze di geometra - che esperito gravame dall'attrice soccombente, il giudice di appello lo accoglieva parzialmente, rilevando che il primo giudice aveva omesso di statuire sulla domanda di risarcimento danni da illecito aquiliano pure proposta contro il C. , liquidando il pregiudizio subito dall'attrice in Euro 357.600,00 oltre accessori , sulla scorta delle risultanze della consulenza espletata in sede di ATP - che avverso la sentenza della Corte felsinea ricorre per cassazione il C. , sulla base - come detto - di due motivi - che il primo motivo denuncia - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 , - violazione e falsa applicazione degli articolo 115 e 116 c.p.c., nonché dell'articolo 2697 c.c., censurando la sentenza impugnata in quanto, nel liquidare il danno in favore dell'appellante, ha fatto proprie le conclusioni, che si assumono errate, della consulenza tecnica d'ufficio - che essa, in particolare, quanto all'impianto realizzato e installato nella parte preesistente del fabbricato industriale ritenendo lo stesso irrecuperabile, donde la necessità di smantellarlo per procedere al suo totale rifacimento, con i materiali e costi indicati dalla stessa c.t.u. , ha calcolato l'importo dovuto all'attrice/appellante in E 338.600,00 - che tale somma, tuttavia, secondo il ricorrente, non rappresenta il danno effettivo patito dalla società B., ma un costo che questa avrebbe comunque dovuto, comunque, sostenere - fin dal principio - per ottenere un impianto dotato delle caratteristiche necessarie per l'uso in quello stabilimento industriale - che nella specie, pertanto, non si sarebbe raggiunta alcuna prova che il danno lamentato consistesse in quello individuato dal consulente, donde la violazione degli articolo 115 e 116 c.p.c. e dell'articolo 2697 c.c. - che il secondo motivo denuncia - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 , - violazione degli articolo 1223 e 2056 c.c., sempre in relazione a quella stessa statuizione - che ha resistito all'impugnazione, con controricorso, la società B. S.r.l., chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata - che sono rimasti solo intimati il P. , nonché S.R. ed E. e D.L. tutte eredi di S.F. , oltre che Generali Italia Assicurazioni S.p.a. e Reale Mutua Assicurazioni - che la proposta del relatore, ai sensi dell'articolo 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio per il 14 giugno 2022 - ambo le parti hanno depositato memoria. Considerato in diritto - che il ricorso va accolto, sebbene nei limiti di cui appresso - che ritiene, infatti, questo Collegio che le conclusioni in tal senso rassegnate nella proposta del Consigliere relatore non siano state superate dai rilievi svolti dalla controricorrente nella memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 2 - che il primo motivo è inammissibile, in ognuna delle censure in cui si articola - che tale esito s'impone, innanzitutto, quanto alla denunciata violazione dell'articolo 115 c.p.c., norma che sancisce il principio secondo cui il giudice decide iuxta alligata et probata partium , giacché essa può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori. dei poteri officiosi riconosciutigli Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, numero 11892, Rv. 640192-01 - che inammissibile è anche la censura di violazione dell'articolo 116 c.p.c., norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, essendo la stessa ravvisabile solo quando - il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all'opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, numero 11892, Rv. 640193-01, nello stesso, più di recente, in motivazione, Cass. Sez. 6-2, ord. 18 marzo 2019, numero 7618, non massimata sul punto, nonché Cass. sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, numero 18092, Rv. 658840-09 , mentre ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 , solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione Cass. Sez. Unumero , sent. 30 settembre 2020, numero 20867, rv. 659037-09 , ovvero evidenziandola presenza, nella motivazione, di profili di irriducibile contraddittorietà cfr. Cass. Sez. 3, sera. 12 ottobre 2017, numero 23940, Rv. 645828-01 Cass. Sez. 6-3, ord. 25 settembre 2018, numero 22598, Rv. 650880-01 o di inconciliabilità logica da ultimo, Cass. Sez. 6-lav., ord. 25 giugno 2018, numero 16111, Rv. 649628-01 , tali da rendere le sue argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento Cass. Sez. Unumero , sent. 3 novembre 2016, numero 22232, rv. 641526-01, nonché, più di recente, Cass. Sez. 6-5, ord. 23 maggio 2019, numero 13977, Rv. 654145-01 - che si tratta di principi ancora di recente ribaditi da questa Corte, essendo stato chiarito che la violazione dell'articolo 116 c.p.c. non è denunciabile quale apprezzamento non prudente della prova da parte del giudice, e cioè quale cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove e ciò posto che le prove devono essere dal giudice valutate secondo il suo - precisa l'articolo 116 - prudente apprezzamento così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 17 novembre 2021, numero 34786, Rv. 663118-01 - che, difatti, se è vero che l'uso nella disposizione dell'aggettivo possessivo suo non ha il senso del rimando ad un'arbitrarietà soggettiva , perché si tratta pur sempre dell'attributo di un parametro di riferimento, e cioè quello del prudente apprezzamento visto che, con riferimento a quello compiuto dal giudice, la legge non parla di suo apprezzamento , ma di suo prudente apprezzamento resta, nondimeno, inteso che è proprio da tale declinazione in termini soggettivi del prudente apprezzamento della prova che deriva il fondamento della libertà, e non sindacabilità in sede di legittimità, della funzione giudiziale prevista dall'articolo 116 , con l'ulteriore conseguenza che il controllo sul giudizio di fatto resta affidato all'impugnazione di merito che caratterizza il giudizio di appello, il quale costituisce, come è noto, non un sindacato sull'atto il provvedimento giurisdizionale di primo grado , ma un giudizio direttamente sul rapporto dedotto in giudizio così in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. numero 34786 del 2021, cit. - che, in conclusione, l'articolo 116 c.p.c. fonda l'autonomia del giudizio del giudice di merito in ordine ai fatti della causa, quale corollario, nel processo civile, dei valori costituzionali di autonomia e indipendenza dell'autorità giudiziaria articolo 104 Cost. ” così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. numero 34786 del 2021, cit. - che, per concludere nello scrutinio del primo motivo di ricorso, deve rilevarsi, quanto alla violazione del precetto di cui all'articolo 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 , che essa è configurabile soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, numero 13395, Rv. 649038-01 Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, numero 18092, Rv. 658840-01 , evenienza, quella appena indicata, che non risulta lamentata nel caso di specie, restando, invece, inteso che laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti , essa può essere fatta valere ai sensi del medesimo articolo 360, numero 5 Cass. 3, sent. 17 giugno 9013, numero 13107, numero 626907 - 01 , ovviamente entro i limiti ristretti del nuovo suo testo Cass. Sez. 3, ord. numero 13395 del 2018, cit. - che il secondo motivo è, invece, fondato, ancorché nei termini di seguito precisati - che, diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente, il motivo innanzitutto, ammissibile perché - come osservato di recente da questa Corte - quando si denunci l'erroneità dei criteri seguiti per la liquidazione del danno, la questione posta dal motivo non attiene al giudizio di fatto ma alla delimitazione del danno risarcibile dal punto di vista del diritto così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 17 giugno 2021, numero 17453, non massimata sul punto - che, nella specie deve ritenersi integrata la violazione dell'articolo 1223 c.c., norma che, laddove individua il danno nella perdita subita e nel mancato guadagno, riflette una prospettiva differenzialista , alla stregua della quale, il danno è il pregiudizio economico che si riflette in un'effettiva diminuzione del patrimonio, diminuzione data alla differenza tra il valore attuale del patrimonio del creditore-danneggiato ed il valore che presenterebbe se l'obbligazione fosse stata tempestivamente ed esattamente adempiuta o il fatto illecito non fosse stato realizzato da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 1, ord. 20 ottobre 2021, numero 29251, non massimata, nello stesso senso - e con specifico riferimento al danno aquiliano - si veda, sempre in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 18 luglio 1989, numero 3352, Rv. 46339901 - che, in altri termini, nell'ipotesi di responsabilità aquiliana non meno che in quella di responsabilità contrattuale, il danno è la differente situazione patrimoniale in cui il soggetto danneggiato si sarebbe trovato se il tatto in questione non si fosse verificato”, con la ulteriore precisazione che il danno come diminuzione patrimoniale, secondo la Differenztheorie che ha ispirato tutte le codificazioni mitteleuropee, presuppone che il patrimonio vada valutato non dal punto di vista giuridico, come complesso di diritti valutabili in danaro spettanti ad un soggetto, ma dal punto di vista economico, come complesso i beni o di utilità, costituendo in definitiva il danno un detrimento economico così già Cass. Sez. 1, sent. numero 3352 del 1989, cit., ripresa testualmente da Cass. Sez. 1, ord. numero 29251 del 2021, cit. - che, pertanto, l'accoglimento della “Differenztheorie” che individua il danno in relazione alla variazione in pejus della situazione patrimoniale del danneggiato accertata ante e post eventum lesivo comporta che venga tenuto conto anche degli eventuali vantaggi collaterali che siano pervenuti al danneggiato in dipendenza del medesimo evento lesivo, secondo un criterio di adeguatezza causale così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 8 aprile 2021, numero 9380, non massimata - che, d'altra parte, deve escludersi - salvo diversa, specifica, previsione legislativa, così come imposto dagli articolo 23 e 25 Cost. per i cd. punitive damages Cass. Sez. Unumero , sent. 5 luglio 2017, numero 16601, Rv. 644914-01 - che il danno risarcibile possa avere funzione ultracompensativa , in quanto lo stesso ordinamento non consente l'arricchimento ove non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro nemo locupletari potest cum aliena iactura ” così, in motivazione Cass. Sez. Civ., sent. 12 giugno 2008, numero 15814, non massimata sul punto , tale essendo, del resto, la logica sottesa alla stessa configurazione della c.d. compensatio lucri cum damno quale mera difesa, come tale, rilevabile d'ufficio dal giudice per tale configurazione, da ultimo, Cass. Sez. 3., sent. 24 novembre 7070, numero 76757, Rv. 659865-04 - che a questi criteri, con tutta evidenza, non si è attenuta la sentenza impugnata, nel liquidare il danno ascrivibile alla condotta illecita del C. - che la Corte territoriale, infatti, non ha tenuto conto che la società B. sarebbe stata tenuta ab initio e sarà, comunque, tenuta a sopportare un certo costo per lo conseguimento di un impianto di riscaldamento confacente alle esigenze del suo stabilimento industriale, costituendo, per essa, un danno - in senso proprio - solo i mai, lori costi che ha dovuto sopportare per la progettazione ed esecuzione, prima, e dovrà sopportare, poi, per l'eliminazione dell'errato intervento ascrivibile alla condotta del C. , ma non certo la spesa che avrebbe, comunque, dovuto sostenere per garantirsi la utilitas avuta di mira, ovvero un impianto di riscaldamento confacente alle caratteristiche del suo stabilimento industriale - che il secondo motivo di ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, per la decisione nel merito oltre che sulle spese processuali, ivi comprese elude del presente giudizio di legittimità , da assumersi nel rispetto del seguente principio di diritto il danno derivante dalla condotta illecita di un professionista, che erri nella progettazione e realizzazione di un opus , del quale sia necessario il rifacimento ex novo , consiste nei costi sopportati per la realizzazione dello stesso e nella sua eliminatone, ma non pure in quelli che sarebbero occorsi, ed occorreranno, per la sua esecuzione a regola d'arte . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo, cassando in relazione, per l'effetto, la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, per la decisione nel merito oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.