Maestra aggressiva convinta di agire nell’interesse degli allievi: condannata per maltrattamenti

Impossibile ridimensionare i fatti e catalogarli come mero abuso dei mezzi di correzione. Irrilevante, in questa ottica, il fatto che alla maestra siano state riconosciute le attenuanti generiche poiché ella era intimamente convinta di operare nell’interesse degli alunni.

Il convincimento interiore della maestra finita sotto processo per i comportamenti aggressivi tenuti in classe di agire nell'interesse degli alunni non può ridimensionare l'accusa di maltrattamenti e tramutarla in quella di abuso dei mezzi di correzione. Ciò nonostante, però, la sua buonafede , abbinata alla oggettiva difficoltà nella gestione del gruppo di allievi, può consentirle di ottenere una pena meno severa Cass. pen., sez. VI, ud. 17 ottobre 2022 dep. 15 novembre 2022 , n. 43434 . In classe. A finire sotto processo è una donna. A pendere sulla sua testa è l'accusa di maltrattamenti, a fronte dei comportamenti aggressivi da lei tenuti in classe nei confronti dei suoi giovanissimi alunni . Per i giudici di merito non ci sono dubbi l'insegnante va condannata per i maltrattamenti compiuti ai danni di allievi minorenni a lei affidati. In appello, però, la pena viene rideterminata, con tanto di sospensione condizionale, soprattutto tenendo presente, precisano i giudici, il convincimento interiore della maestra di agire nell'interesse degli alunni . Quest'ultimo dettaglio costituisce fondamento del ricorso proposto in Cassazione dall'avvocato che rappresenta la maestra. Nello specifico, il legale sostiene vada messo in discussione il reato di maltrattamenti attribuito alla sua cliente, essendo plausibile, invece, catalogare i fatti oggetto del processo come mero abuso dei mezzi di correzione, proprio tenendo presente la buonafede della maestra. Aggressività. I giudici di Cassazione ribattono sottolineando la condotta maltrattante tenuta dalla donna ai danni dei minori affidati al suo compito educativo . Nello specifico è risultato accertato l'utilizzo di aggressività fisica , oltre che verbale quest'ultima manifestata con epiteti ingiuriosi gravi, anche di matrice razzista , volgari ritenuta incompatibile, correttamente, con la finalità educativa dedotta dalla difesa e da ritenersi abituale in relazione alla loro frequenza nell'arco temporale preso in esame. Impossibile, quindi, chiosano i magistrati, mettere in discussione il reato di maltrattamenti addebitato alla donna. E questa valutazione, aggiungono poi, non va in conflitto col riconoscimento delle attenuanti generiche , riconoscimento frutto della valorizzazione del convincimento interiore della maestra di agire nell'interesse dei minori oltre che delle non eccessive condotte reattive, in uno alle obiettive difficoltà di gestione del gruppo di alunni . Per maggiore chiarezza, infine, i magistrati di terzo grado ribadiscono che per la configurabilità del reato di maltrattamenti è richiesto il dolo generico , consistente nella coscienza e nella volontà di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalità . Di conseguenza, deve escludersi che l' intenzione di agire esclusivamente per finalità educative sia elemento dirimente per fare rientrare gli abituali atti di violenza nell'abuso dei mezzi di correzione , in quanto gli atti di violenza devono ritenersi oggettivamente esclusi dalla fattispecie dell'abuso dei mezzi di correzione, dovendo ritenersi tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tradiscano l'importante e delicata funzione educativa . Infine, sono irrilevanti, in ogni caso, le convinzioni soggettive di tipo culturale o anche religioso della persona , cioè genitore od educatore, che ha realizzato la condotta maltrattante in danno di minori.

Presidente Costanzo Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Trieste, a seguito di gravame interposto dall'imputata B.E. avverso la sentenza emessa in data 13 febbraio 2019 dal Tribunale di Udine, in parziale riforma della decisione, concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, ha rideterminato la pena inflitta in relazione al reato di cui agli artt. 61 c.p. , n. 11-ter, art. 61 c.p. , n. 11-quinquies, art. 572 c.p. , ai danni di minori a lei affidati in qualità di insegnante, disponendone la sospensione condizionale. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputata, a mezzo del difensore, deducendo con unico motivo manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di cui all' art. 572 c.p. tenuto conto delle ragioni per le quali sono state riconosciute sussistenti le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, direttamente incidenti sul profilo soggettivo, tale da escluderlo - o quantomeno, da farne dubitare. 3. Il procedimento si è svolto ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, commi 8 e 9, conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176 i cui effetti sono stati prorogati dal D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7 del convertito dalla L. 16 settembre 2021, n. 126 ed ancora, dal D.L. 30 dicembre 2021 n. 228, art. 16 convertito in L. 25 febbraio 2022, n. 15 . Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere respinto. 2. La sentenza ha riconosciuto sussistente la condotta maltrattante tenuta dalla imputata ai danni dei minori affidati al suo compito educativo e, segnatamente, il profilo soggettivo ritenendo accertato l'utilizzo di aggressività fisica, oltre che verbale - quest'ultima manifestata con epiteti ingiuriosi gravi, anche di matrice razzista, volgari - correttamente ritenuta incompatibile con la finalità educativa dedotta dalla difesa appellante e da ritenersi abituale in relazione alla loro frequenza nell'arco temporale considerato. Non risultano affatto illogiche rispetto a tale conclusione, e pertanto non ne inficiano la correttezza, le ragioni poste a base del diverso profilo riguardante il riconoscimento delle attenuanti generiche che valorizzano il convincimento interiore della imputata di agire nell'interesse dei minori - del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del dolo - oltre che le non eccessive condotte reattive in uno alle obiettive difficoltà di gestione del gruppo di alunni. Costituisce, invero, jus receptum che per la configurabilità del reato di maltrattamenti l' art. 572 c.p. richiede il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalità ne consegue che deve escludersi che l'intenzione dell'agente di agire esclusivamente per finalità educative sia elemento dirimente per fare rientrare gli abituali atti di violenza posti in essere in danno dei figli minori nella previsione di cui all' art. 571 c.p. , in quanto gli atti di violenza devono ritenersi oggettivamente esclusi dalla fattispecie dell'abuso dei mezzi di correzione, dovendo ritenersi tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tradiscano l'importante e delicata funzione educativa Sez. 6, n. 39927 del 22/09/2005, Agugliaro, Rv. 233478 e che, in ogni caso, siano irrilevanti le convinzioni soggettive - di tipo culturale o anche religioso del soggetto maltrattante cfr., ex multis, Sez. 6, n. 26153 del 26/04/2011, Rv. 250430 . 3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.