L’applicazione del contratto integrativo per implicita accettazione e comportamento concludente

Qualora il datore di lavoro abbia sempre ispirato i propri rapporti alle previsioni del contratto integrativo pur avendo dato disdetta all’associazione sindacale, tale comportamento è da interpretare come implicito recepimento dello stesso attraverso un comportamento concludente.

Oggetto della contesa è stato l'omesso riconoscimento al lavoratore di alcune somme a titolo di premio di produzione, somme previste dal contratto integrativo interaziendale del settore manifatturiero. La Società datrice di lavoro aveva già comunicato a Confindustria la disdetta dall'associazione di rappresentanza delle imprese del settore e tuttavia continuava a erogare ai lavoratori diverse voci retributive e indennitarie previste dal medesimo contratto, non riconoscendo esclusivamente le somme ivi previste a titolo di premio produzione. Un lavoratore impiegato nell'azienda otteneva un decreto ingiuntivo col quale la Società veniva condannata al pagamento di suddetta somma il decreto veniva positivamente opposto dal datore di lavoro, tuttavia la Corte d'appello riformava la sentenza dichiarando l'illegittima disapplicazione del contratto integrativo interaziendale. La Società ricorreva, pertanto, per la cassazione della sentenza e sosteneva che l'aver seguitato ad applicare alcune disposizioni sulla retribuzione di suddetto contratto non avrebbe comunque legittimato il lavoratore ad avere aspettative sull'applicazione dell'intera previsione contrattuale e quindi anche sul premio. Ciò posto, la formale disdetta indirizzata a Confindustria sarebbe stata sufficiente a disapplicare il contratto integrativo sul presupposto che i contratti collettivi sono contratti di diritto comune. A sostegno della corretta disapplicazione, sottolineava una tacita accettazione dello stesso e il mancato richiamo nei contratti di assunzione. La Corte di Cassazione non ritiene tuttavia fondate le doglianze, ravvedendo nel comportamento di entrambe le parti, Società compresa, l'implicita volontà di ispirare il proprio rapporto alla disciplina del contratto integrativo conteso il comportamento concreto del datore di lavoro ricorrente, pur in costanza di disdetta dall'associazione sindacale dei datori di lavoro Confindustria , va interpretato come implicito mantenimento della volontà di porlo alla base del rapporto col lavoratore, considerato anche che l'unico aspetto che il datore evitava di riconoscere era quello riguardante il premio di produzione. Ravvedendo nel comportamento del datore di lavoro la sua volontà di dar seguito alle disposizioni del contratto integrativo interaziendale, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso della Società.

Presidente Tria – Relatore Boghetich Rilevato che 1. Con sentenza numero 941 depositata il 13/3/2019 la Corte di appello di Roma, in riforma della pronuncia del Tribunale di Viterbo, ha dichiarato nell'ambito di una procedura di opposizione a decreto ingiuntivo l'illegittima disapplicazione del contratto integrativo interaziendale della società omissis nei confronti di D.V.M. , con conseguente condanna al pagamento della parte variabile del premio di partecipazione per i mesi di luglio e ottobre 2013 nonché di gennaio 2014. 2. La Corte territoriale ha ritenuto che gli elementi istruttori, di fonte documentale, dimostravano che la società - anche dopo l'anno 2010 e, comunque, successivamente all'atto di disdetta di adesione all'associazione nazionale di rappresentanza delle imprese manifatturiere e di servizi Confindustria - aveva continuato ad erogare ai lavoratori diverse voci retributive e/o incentivanti e/o indennitarie previste dal contratto integrativo interaziendale, sicché risultava illegittimo il rifiuto di pagare l'ulteriore voce inoltre, il contratto integrativo interaziendale aveva termine annuale di efficacia con clausola di rinnovo anno per anno, salvo disdetta , contratto a tempo determinato avverso il quale non era configurabile la libera recedibilità. 3. Per la cassazione della sentenza ricorre la società affidandosi a tre motivi di ricorso. Il lavoratore è rimasto intimato. Considerato che 1. Con il primo motivo di ricorso la società denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1322,1372,1373,1375 c.c. e 36 Cost. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 avendo, la Corte distrettuale, trascurato che i contratti collettivi sono contratti di diritto comune e che la formale disdetta all'iscrizione a Confindustria comportava una legittima disapplicazione del contratto integrativo interaziendale del 17/11/2004 che la società non aveva mai sottoscritto nè la continua applicazione di alcune voci retributive elementi fissi previste dal suddetto contratto integrativo interaziendale non legittimava il lavoratore ad avere aspettative sull'applicazione di tutte le clausole del contratto. L'erogazione della componente variabile del premio di partecipazione rappresentava esclusivamente un'adesione obbligata quale società iscritta a Confindustria, nè può ritenersi che tale componente costituisse la retribuzione minima sufficiente garantita dalla Costituzione. 2. Con il secondo motivo di ricorso la società denuncia nullità della sentenza ai sensi degli articolo 132 c.p.c. e articolo 111 Cost. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 avendo, la Corte distrettuale, trascurato di fornire la motivazione relativamente alla statuizione di accoglimento del motivo di appello del lavoratore in base alla quale la libera recedibilità dal contratto collettivo è configurabile solo se questo è a tempo indeterminato, non anche se è a tempo determinato. 3. Con il terzo motivo di ricorso la società ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli articolo 1175,1322,1363,1372,1373,1375,2070 c.c., 2 e 36 Cost. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 avendo, la Corte distrettuale, trascurato che, nel regime dei contratti di diritto comune come ampiamente esposto nel primo motivo , era sufficiente - al fine della disapplicazione del contratto integrativo - la disdetta data a Confindustria il 19/11/2008, non essendo intervenuta alcuna adesione tacita o clausola d'uso nè era rinvenibile nei contratti di assunzione alcun richiamo al contratto integrativo, con conseguente esplicita volontà di non voler più riconoscere la parte variabile del premio di produzione da giugno 2013. La Corte territoriale, inoltre, ha erroneamente ritenuto di applicare l'articolo 2070 c.c. considerando la parte variabile del premio di partecipazione un elemento minimo retributivo stabilito dalla contrattazione collettiva, trascurando che trattasi invece di un compenso aggiuntivo della retribuzione che non rientra dunque nei minimi retributivi di cui all'articolo 36 Cost. . 4. Le questioni esposte nel ricorso sono state decise da questa Corte, nei confronti della medesima società ricorrente, con numerose sentenze le prime, Cass. nnumero 27922 e 27923 del 2021 e, da ultimo, Cass. nnumero 73,74, 935 del 2022 che questo Collegio condivide e ritiene di confermare, non essendo stati avanzati motivi diversi da quelli già esaminati. 5. Deve, pertanto ritenersi che il primo ed il terzo motivo, che vanno trattati congiuntamente per stretta connessione, non sono fondati. Questa Corte ha ripetutamente affermato che i contratti collettivi postcorporativi di lavoro, che non siano stati dichiarati efficaci erga omnes ai sensi della L. numero 741 del 14 luglio 1959, costituiscono atti aventi natura negoziale e privatistica, applicabili esclusivamente ai rapporti individuali intercorrenti fra soggetti che siano entrambi iscritti alle associazioni stipulanti ovvero che, in mancanza di tale condizione, abbiano espressamente aderito ai patti collettivi oppure li abbiano implicitamente recepiti attraverso un comportamento concludente desumibile da una costante e prolungata applicazione, senza contestazione alcuna, delle relative clausole al singolo rapporto. Ne consegue che, ove una delle parti faccia riferimento, per la decisione della causa, ad una clausola di un determinato contratto collettivo di lavoro, non efficace erga omnes, in base al rilievo che a tale contratto entrambe le parti si erano sempre ispirate per la disciplina del loro rapporto, il giudice del merito ha il compito di valutare in concreto il comportamento posto in essere dal datore di lavoro e dal lavoratore, allo scopo di accertare, pur in difetto della iscrizione alle associazioni sindacali stipulanti, se dagli atti siano desumibili elementi tali da indurre a ritenere ugualmente sussistente la vincolatività della contrattazione collettiva invocata Cass. numero 10213 de 2000 Cass. numero 10375 del 2001 da ultimo, Cass. numero 24336 del 2013 Cass. numero 14944 del 2014 Cass. numero 18408 del 2015 Cass., Sezioni Unite, numero 2665 del 1997 Ebbene, la Corte di merito ha affermato che la società, anche dopo l'anno 2010, ha continuato ad erogare tante e significative voci retributive e/o incentivanti e/o indennitarie, previste proprio dal contratto integrativo interaziendale come ex ristrutturazione salariale , premio di produzione , premio di produttività e qualità , premio di partecipazione parte fissa , buoni pasto . Dalla costante e prolungata applicazione di tali istituti ha desunto che la ricorrente, pur avendo dato la disdetta dall'associazione sindacale dei datori di lavoro Confindustria , implicitamente avesse mantenuto l'applicazione della contrattazione collettiva. Tale decisione è rispettosa dei principi sopra richiamati e resiste alla censura della società ricorrente, tenuto pure conto che, come più volte affermato da questa Corte cfr. Cass. numero 24336 del 2013, 10213 del 2000, 10375 del 2001 la valutazione che porta a ritenere sussistente l'implicito recepimento di un contratto collettivo attraverso un comportamento concludente desumibile da una costante e prolungata applicazione delle relative clausole al singolo rapporto costituisce un accertamento di fatto spettante al giudice di merito, insindacabile in questa sede. Nel caso in esame, la Corte di merito ha compiuto siffatta valutazione, pervenendo alla conclusione della adesione implicita, da parte della società omissis , alla contrattazione collettiva. Peraltro, la società ricorrente nemmeno indica ulteriori istituti contrattuali del contrato integrativo interaziendale dalla medesima non applicati oltre al premio di partecipazione - parte variabile al fine di escludere tale adesione, limitandosi ad affermare che per conseguire tale effetto fosse necessaria una costante e prolungata applicazione di tutte le clausole pattizie. 6. Il secondo motivo, che attiene alla seconda ratio decidendi, è assorbito. 7. In conclusione, il ricorso va respinto nulla sulle spese a fronte della mancata costituzione del controricorrente. 8. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. numero 115 del 30 maggio 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. numero 228 del 24 dicembre 2012, articolo 1, comma 17 legge di stabilità 2013 pari a quello - ove dovuto - per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 30 maggio 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. numero 228 del 24 dicembre 20012, l'articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.