«Debbono ritenersi suscettibili di confisca diretta le somme di denaro presenti sui conti correnti di una società che ha tratto profitto dalla condotta illecita dei suoi legali rappresentanti, evadendo le imposte, anche se le rimesse su tali rapporti siano di provenienza lecita e siano pervenute dopo la commissione del reato».
La Terza Sezione Penale della Cassazione torna sulla discussa questione chiarendo, altresì, che deve ritenersi legittima l'apposizione del sequestro preventivo a fini di confisca di somme di denaro presenti sui conti correnti dopo la notificazione del provvedimento e la prima dichiarazione di giacenza della banca, sulla base di una o più nuove dichiarazioni di questa, fino al raggiungimento della misura indicata nella statuizione giudiziaria. Sequestro in danno di una società La sentenza in commento tra origine da un corposo sequestro di denaro operato sui conti correnti di una società, a seguito di contestazioni di reati tributari a carico dei legali rappresentanti della medesima. La peculiarità del caso in esame si rinviene nel fatto che il sequestro aveva inizialmente attinto somme relativamente modeste tale essendo la disponibilità al momento della notifica del provvedimento di sequestro all'Istituto di credito , per poi estendersi a somme ben più consistenti, oggetto di successive rimesse sui medesimi conti correnti già bloccati dalla Banca. Non solo, dunque, le somme oggetto del sequestro erano di comprovata provenienza lecita successiva alla commissione dei reati contestati, ma erano confluite sui conti correnti dopo la prima notificazione alla Banca del sequestro e, quindi, dopo che lo stesso Istituto di credito aveva reso la prima dichiarazione relativa alla consistenza patrimoniale in essere su quei conti. Nel dettaglio, a marzo 2021, al momento della notifica del sequestro alla Banca, il provvedimento cautelare aveva attinto una somma di circa 150.000,00 euro a giugno dello stesso anno la GdF redigeva verbale di sequestro di oltre 900.000,00 euro colpendo successive rimesse pervenute su quei conti correnti. Avverso il provvedimento di rigetto con cui il GIP aveva respinto l'istanza di dissequestro proponeva appello il difensore e contro la successiva ordinanza di conferma del Tribunale del Riesame veniva proposto ricorso per Cassazione. Le ragioni a supporto dell'istanza di dissequestro Nei motivi di ricorso si evidenziava come, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, non fosse legittimo il sequestro delle somme di denaro entrate nel patrimonio del reo in base ad un credito sorto dopo la commissione del reato e aventi, dunque, certa origine lecita. Si sottolineava, altresì, che pur avendo il sequestro di denaro natura diretta e non per equivalente, stante la natura di bene fungibile per eccellenza, i casi esaminati dalle SS.UU. numero 42415/2021 avevano ad oggetto situazioni in cui il denaro, seppur di provenienza lecita, giaceva sui conti correnti da data anteriore alla commissione del reato, mentre nel caso in esame era stato oggetto di rimesse ben successive. Nel dettaglio, sosteneva il ricorrente, secondo costante giurisprudenza, in tema di reati tributari è consentita la confisca diretta delle somme presenti sui conti correnti solo laddove si provi che le somme stesse costituiscono il risparmio di spesa conseguito con l'omesso versamento delle imposte avente penale rilevanza. Con altro motivo, il ricorrente si doleva del fatto che al momento della notifica del sequestro la banca aveva evidenziato una disponibilità di poco superiore ai 150.000,00 euro, mentre il verbale di esecuzione, redatto quattro mesi dopo, aveva attinto oltre 900.000,00 euro, valendosi di rimesse pervenute successivamente, con violazione del dettato degli articolo 543 e 547 c.p.c. applicabili ai sensi dell' articolo 104 disp. att. c.p.p. . La posizione della giurisprudenza Nell'affrontare la questione, gli Ermellini ripercorrono le principali pronunce di legittimità sul punto. Ricorda la Cassazione che, sin dal 2013, le SS.UU. Adami 18374/2013 hanno chiarito che, anche in tema di reati tributari, costituisce profitto confiscabile anche il risparmio dovuto dal mancato pagamento di imposte, interessi e sanzioni costituenti il delitto tributario. Più articolata, invece, la posizione della giurisprudenza sul tema della confiscabilità diretta delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità della persona giuridica quale profitto del reato tributario commesso dai suoi legali rappresenti. Se infatti, sin dalle SS.UU. Gubert 10561/2014 , non si è mai messo in discussione il sequestro diretto del profitto rimasto nella disponibilità della persona giuridica, non potendosi la stessa ritenersi terza rispetto al reato commesso dal suo legale rappresentante, più articolato è il tema della confiscabilità diretta di denaro rinvenuto nella disponibilità dell'ente. Da un lato, infatti, sin dalle SS.UU. Lucci numero 31617/2015 si è affermato che la confisca del denaro presente su un conto corrente rappresenta sempre una forma di confisca diretta, in considerazione della natura di bene fungibile per eccellenza del denaro, non occorrendo dunque la prova di alcun nesso fra la somma ablata ed il reato contestato. Diverse pronunce successive della terza Sezione penale avevano, tuttavia, limitato la portata di detto principio, chiarendo che non era consentito il sequestro diretto delle somme depositate sul conto corrente di una società solo successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante dell'ente. Dopo le SS.UU. numero 42415/2021, che avevano ribadito che anche nei reati tributati l'accrescimento del patrimonio e il mancato decremento sono concetti equivalenti, pronunce delle Sezioni semplici avevano comunque rimarcato che il profitto consiste di sovente in un risparmio di spesa e, quindi, non è un aumento di patrimonio, ma una mancata decurtazione dello stesso, per cui il denaro acquisito successivamente alla commissione del reato costituisce una unità di misura equivalente al risparmio fiscale e, dunque, confiscabile solo nei limiti in cui sia possibile la confisca per equivalente e non quella diretta. La soluzione dei Giudici di legittimità Ritiene la Cassazione non condivisibile il predetto orientamento delle Sezioni semplici, in quanto non esiste alcun principio normativo per distinguere l'accrescimento patrimoniale dal risparmio di spesa. Il denaro, si sottolinea, non solo è il bene fungibile per essenza, ma anche l'archetipo di bene corrispettivo del valore, in quanto parametro di valutazione unificante del valore di cose diverse tra loro. Pertanto, anche nel risparmio di spesa, viene in rilievo il denaro quale somma non versata in conseguenza del reato. Diversamente pensando – prosegue la Corte – si dovrebbe affermare che il risparmio di spesa non può mai essere costituito da denaro, perché non vi è mai una somma di denaro fisicamente identificata che entra nel patrimonio del beneficiato. Se così fosse si dovrebbe escludere la confisca diretta tutte le volte in cui il profitto del reato sia integrato da un risparmio di spesa. Al contrario, osserva la Corte, vi è un preciso dato normativo rappresentato dall'articolo 12- bis del d.lgs. numero 74/2000 che prevede come misura ordinaria la confisca diretta proprio per quei reati – quali sono i delitti tributari – in cui normalmente il profitto è rappresentato da un risparmio di spese. Ne consegue, conclude la Corte, che debbono ritenersi suscettibili di confisca diretta le somme di denaro presenti sui conti correnti di una società che ha tratto profitto dalla condotta illecita dei suoi legali rappresentanti, evadendo le imposte, anche se le rimesse su tali rapporti siano di provenienza lecita e siano pervenute dopo la commissione del reato. Quanto alla seconda doglianza, osserva la Corte che il richiamo operato dall' articolo 104 disp. att. c.p.p. alle norme del c.p.c. è limitato alle stesse “in quanto compatibili” e che, comunque, nulla preclude al terzo pignorato nel caso di specie la Banca di rendere più dichiarazioni, con la conseguenza che anche le somme pervenute sul c/c dopo la notifica del sequestro alla Banca ed alla sua prima dichiarazione sono suscettibili di sequestro. Un sequestro diretto senza limiti Non si può non notare come la pronuncia in commento non esiti a travolgere quei pochi argini che la giurisprudenza di legittimità aveva conservato al sempre più ampio campo di applicazione della confisca diretta, finendo per tradirne la natura con il riconoscere alla stessa, invero, quella natura sanzionatoria e punitiva che invece spetterebbe ontologicamente solo alla confisca per equivalente.
Presidente Rosi – Relatore Corbo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 23 marzo 2022, e depositata il 31 marzo 2022, il Tribunale di Pescara, pronunciando in materia di misure cautelari reali, ha respinto l'appello proposto dalla società Angolana s.r.l. avverso il provvedimento con il quale il G.i.p. del Tribunale di Pescara aveva rigettato la richiesta di restituzione delle somme di denaro sequestrate su un conto corrente e su due carte prepagate, rapporti bancari tutti intestati alla precisata società. Il sequestro, disposto in data 8 ottobre 2020 con riferimento a reati tributari che si ipotizzano commessi negli anni 2016, 2017 e 2018, riguarda - le liquidità della società Angolana s.r.l. per un importo fino a 2.855.453,00 Euro - le liquidità della società Angolana Carni s.r.l. per un importo fino a 246.446,00 Euro - in subordine, i beni nella disponibilità degli indagati per importi diversi. La misura cautelare, alla data del 4 marzo 2021, con riferimento alla società Angolana s.r.l. , attingeva somme pari a 158.521,94 Euro, di cui 151.762,12 presenti su un conto corrente presso Intesa San Paolo, già UBI Banca, 3.063,60 Euro presenti su una prima carta prepagata e 3.696,22 Euro presenti su una seconda carta prepagata. Successivamente, in data 24 giugno 2021, la polizia giudiziaria redigeva verbale di sequestro, e, nell'occasione, le somme sottoposte vincolo erano pari a 937.198,49 Euro, in ragione degli afflussi di ulteriori somme sul conto corrente sopra indicato, giunto ad avere un attivo di 930.438,67 Euro. 2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza indicata in epigrafe la società Angolana s.r.l. , con atto sottoscritto dall'avvocato Sabatino Ciprietti, articolando due motivi, preceduti da una premessa sui fatti del procedimento. 2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli D.Lgs. numero 74 del 2000 articolo 12-bis nonché articolo 240 e 322-ter c.p., avendo riguardo ai limiti di applicazione della confisca diretta e del correlato sequestro preventivo. Si deduce che la confisca diretta può avere ad oggetto solo il saldo positivo del conto corrente nella disponibilità del contribuente alla scadenza del termine per l'obbligazione tributaria, e che, però, nella specie, le somme sottoposte al sequestro sono affluite sul rapporto bancario molto tempo dopo tale data. Si precisa, innanzitutto, che il principio enunciato da Sez. U, numero 42415 del 2021 per quanto si evince dal p. 1 del Ritenuto in fatto, si riferisce a fattispecie in cui il sequestro aveva interessato somme che, sebbene provenienti da causa lecita, giacevano sul conto corrente da data anteriore alla commissione del reato. Si rappresenta, poi, che, come evidenziato dagli estratti conto prodotti al G.i.p., gli accrediti sono tutti di provenienza lecita, e sono stati ricevuti a partire dal 30 aprile 2018, ossia in epoca successiva ai reati in contestazione, e che, anzi, al 31 dicembre 2020, il saldo attivo era pari a soli 46.774,49 Euro. Si richiama, quindi, l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale è illegittima l'apprensione diretta delle somme di denaro entrate nel patrimonio del reo in base ad un credito sorto dopo la commissione del reato si cita, in particolare, Sez. 6, numero 6816 del 29/01/2019 . Si segnala, inoltre, che, dopo Sez. U, numero 42415 del 2021, la successiva giurisprudenza di legittimità ha comunque affermato che, in tema di reati tributari, ai fini della confisca diretta delle somme sequestrate sul conto corrente bancario dell'imputato, la natura fungibile del denaro non è sufficiente per qualificare come profitto de reato l'oggetto del sequestro, essendo necessario anche provare che la disponibilità delle somme, successivamente sequestrate, costituisca un risparmio di spesa conseguito con il mancato versamento dell'imposta si cita Sez. 3, numero 36215 del 2021 . 2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli articolo 104 disp. att. c.p.p. , 543 e 547 c.p.c., nonché 125, comma 2, c.p.p., avendo riguardo alla apposizione del vincolo sui beni prevenuti sul conto in data successiva al 22 febbraio 2021, data in cui la banca aveva provveduto al blocco dei rapporti bancari. Si premette che, ricevuta notifica via p.e.c. del decreto di sequestro emesso dal G.i.p. in data 22 febbraio 2022, la banca Intesa San Paolo aveva proceduto al blocco dei rapporti bancari, rinvenendo un saldo attivo di 158.521,94 Euro, dandone comunicazione alla polizia giudiziaria, e che, però, il verbale di sequestro è stato redatto solo in data 24 giugno 2021, allorché il saldo attivo era divenuto pari a 937.198,49 Euro. Si osserva, poi, che il sequestro preventivo sui crediti deve essere eseguito secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il terzo in quanto applicabili , a norma dell' articolo 104 disp. att. c.p.p. , e, quindi, si perfeziona quando si verificano le condizioni previste dagli articolo 543 e 547 c.p.c. , ossia la notificazione al terzo e la dichiarazione di quest'ultimo sulle somme in suo possesso che sono di pertinenza del debitore. Si rileva, quindi, che, nella specie, il sequestro è da ritenere perfezionato alla data del 22 febbraio 2022, perché a quella data ricorrevano le condizioni previste dagli articolo 543 e 547 c.p.c. , ossia la notificazione al terzo e la dichiarazione di quest'ultimo sulle somme del debitore, ed in suo possesso. Si conclude che l'apposizione del vincolo cautelare sulle somme pervenute successivamente sul conto non può essere legittimata da un immotivato ritardo nella redazione del verbale di sequestro, come avvenuto nella specie, in cui il verbale è stato formato ben quattro mesi dopo il perfezionamento della fattispecie del pignoramento presso terzi. 3. La requisitoria scritta del Procuratore generale presso la Corte di cassazione chiede il rigetto del ricorso. Nell'atto, si rappresenta, innanzitutto, che secondo quanto affermato da Sez. U, numero 42415 del 2021, la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell'autore della condotta, va sempre qualificata come diretta e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene. Si aggiunge, poi, che il principio enunciato da Sez. U, numero 42415 del 2021, è stato in seguito applicato dalla giurisprudenza di legittimità anche in materia di reati tributari e di risparmio di spesa si citano Sez. 3, numero 3575 del 26/11/2021, dep. 2022, Commisso, e Sez. 3, numero 30710 del 2022 . 4. Ha presentato memoria la società Angolana s.r.l. , con atto sottoscritto dall'avvocato Sabatino Ciprietti. La.memoria, o tre a ribadire gli argomenti già esposti nel ricorso, cita Sez. 3, numero 11086 del 04/02/2022, secondo la quale, nei reati tributari, le somme percepite dopo la commissione del reato, in quanto conseguite in epoca successiva al momento in cui il risparmio di spesa si è determinato, non sono suscettibili di confisca diretta, ma rappresentano solo un'unità di misura equivalente al debito fiscale scaduto e non onorato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito precisate. 2. Infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano la legittimità del sequestro in atto, avente ad oggetto somme di denaro per un importo complessivo di 930.438,67 Euro, deducendo l'inammissibilità della confisca diretta, e quindi della misura cautelare funzionale all'ablazione, delle somme di denaro percepite da una società dopo la commissione, da parte dei suoi legali rappresentanti, di un reato tributario, a titolo di profitto dello stesso, in quanto dette somme sono state acquisite successivamente al risparmio di spesa, ossia all'utile procurato da tale tipologia di illeciti penali. 3. Appare innanzitutto utile precisare, in via preliminare, che è ampiamente consolidato il principio secondo cui è configurabile il profitto del reato anche in termini di risparmio di spesa, in particolare con riguardo ai reati tributari. Una fondamentale indicazione in materia è stata fornita da Sez. U, numero 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036-01, la quale ha affermato, per quello che interessa in questa sede, che, in tema di reati tributari, il profitto confiscabile è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario. Il principio appena indicato non è stato mai messo in discussione. Anzi, secondo la consolidatissima elaborazione giurisprudenziale, il risparmio di spesa è utilità idonea ad integrare il profitto del reato in linea generale, in relazione a tutte le fattispecie di illecito penale e non solo con riferimento a quelle di diritto penale tributario cfr., a titolo di esempio, Sez. U, numero 38342 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261117-01, in materia di responsabilità da reato degli enti, affermata in relazione a delitti-presupposto costituiti da reati colposi di evento, nonché Sez. 4, numero 29397 del 08/06/2022, Torregrossa, Rv. 283388-02, la quale, in tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, ha ribadito che il profitto confiscabile può consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario . 4. Il tema della ammissibilità della confisca diretta delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità di una persona giuridica quale profitto del reato commesso a suo vantaggio dai suoi rappresentanti è invece oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale. 4.1. In una prima fase, dopo alcune iniziali decisioni, è intervenuta Sez. U, numero 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648-01. Sez. U, Gubert, cit., muovendosi in linea con precedenti decisioni, come ad esempio Sez. 3, numero 33182 del 14/05/2013, De Salvia, Rv. 255871-01, ha affermato che è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l'ente una persona estranea al detto reato. 4.2. Il principio enunciato da Sez. U, numero 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648-01, per una parte, quella relativa alla posizione dell'ente rispetto al reato tributario commesso a suo vantaggio ed alla conseguente ammissibilità di una confisca diretta del profitto nei confronti dell'ente, risulta essere stato più volte ribadito e mai messo in discussione. Reiteratamente, infatti, si è precisato che, in tema di reati tributari, ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, l'ente che trae profitto dall'altrui condotta illecita non può mai essere considerato terzo estraneo al reato così, in particolare, Sez. 3, numero 17840 del 05/10/2018, Limetti, Rv. 275599-02, e Sez. 3, numero 6205 del 29/10/2014, dep. 2015, Mataloni, Rv. 262770-01, nonché Sez. 3, numero 19113 del 10/06/2020, Pignata, non massimata . 4.3. L'altra parte del principio enunciato da Sez. U, numero 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648-01, quella relativa all'ammissibilità della confisca diretta di somme di denaro nei confronti dell'ente, ha costituito invece oggetto di ampia discussione. 4.3.1. In linea generale, si è contestato che le somme di denaro possano sempre e comunque costituire oggetto di confisca diretta, anche quando non sia ravvisabile un legame tra le stesse ed il reato, o, anzi, sia accertata la loro provenienza lecita. In argomento, però, sono intervenute nuovamente e ripetutamente le Sezioni Unite. Segnatamente, Sez. U, numero 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264437-01, ha enunciato il principio secondo cui qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato. Di recente, il principio appena indicato è stato ribadito e puntualizzato da Sez. U, numero 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01. La decisione appena citata ha enunciato il principio di diritto così riportato nella massima ufficiale La confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell'autore della condotta, e che rappresenti l'effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l'allegazione o la prova dell'origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione . 4.3.2. Con specifico riferimento ai reati tributari, poi, si è contestata l'ammissibilità della confisca diretta di somme di denaro acquisite da una società successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante della stessa. In particolare, a partire da Sez. 3, numero 8995 del 30/10/2017, Barletta, Rv. 272353-01, si era consolidato l'orientamento secondo cui, in tema di reati tributari, la natura fungibile del denaro non consente il sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta delle somme depositate sul conto corrente bancario di una società successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante dell'ente, in quanto esse, non derivando dal reato, non ne possono costituire il profitto cfr., per la più recente massimata, Sez. 3, numero 31516 del 29/09/2020, Casa di cura Trusso s.p.a. in liquidazione, Rv. 280152-01 . Un ripensamento è avvenuto dopo la sentenza Sez. U, numero 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01. Invero, secondo diverse decisioni, il principio di diritto enunciato da Sez. U, numero 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, deve ritenersi applicabile anche ai reati tributari, e perciò in tutti i casi in cui il profitto consista in un risparmio di spesa, atteso che - ai fini del vantaggio conseguito, siccome in ciò si risolve prevalentemente il profitto del reato - l'accrescimento patrimoniale e il mancato decremento delle risorse monetarie nella disponibilità del soggetto che ha tratto profitto dall'illecito, rappresentano concetti equivalenti così Sez. 3, numero 3575 del 26/11/2021, dep. 2022, Commisso, poi ripresa da Sez. 3, numero 11630 del 02/02/2022, Boca s.r.l., e da Sez. 3, numero 30710 del 23/06/2022, Progresso s.r.l. . Nel medesimo senso, sia pure con enunciazioni di principio meno esplicite, sembrano essersi orientate anche altre pronunce che hanno ritenuto applicabile la confisca diretta, a titolo di profitto di un reato tributario, nei confronti delle somme di denaro comunque entrate nel patrimonio dell'ente cfr. Sez. 3, numero 25317 del 31/05/2022, Ciurmino, e Sez. 3, numero 12934 del 24/02/2022, Biavati, le quali hanno specificamente richiamato Sez. U, numero 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, nonché Sez. 3, numero 31921 del 04/05/2022, Fall. Tradeco s.r.l. . Un divergente arresto della giurisprudenza di legittimità, invece, ha affermato che, in tema di reati tributari, le somme di denaro affluite sul conto corrente della gestione commissariale di una società ammessa a procedura di amministrazione straordinaria in data successiva alla consumazione del delitto ad opera del suo amministratore non sono suscettibili di confisca diretta, in quanto, non derivando da reato, non ne costituiscono il profitto così Sez. 3, numero 11086 del 04/02/2022, Pulvirenti, Rv. 283028-01 . A base di questo principio, si è evidenziato, fondamentalmente, che Sez. U, numero 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, fa riferimento all'ablazione della somma che sia già entrata nel patrimonio dell'autore del reato a causa della commissione dell'illecito ed ivi sia ancora rinvenibile, e che, però, nei reati tributari, il profitto è essenzialmente costituito da un risparmio di spesa, e, quindi, si caratterizza non per un incremento del patrimonio, bensì per una mancata decurtazione dello stesso. Si è quindi concluso che, nel caso di risparmio di spesa, proprio perché la somma non può ritenersi già entrata nel patrimonio dell'autore a causa della commissione dell'illecito, il denaro acquisito successivamente a tale momento rappresenta un'unità di misura equivalente al debito fiscale scaduto e non onorato, confiscabile se ricorrono i presupposti per la confisca per equivalente . Per completezza, occorre aggiungere che la decisione, a suo fondamento, ha anche valorizzato un elemento proprio della fattispecie esaminata il denaro oggetto di sequestro era pervenuto sui conti della società non solo a distanza di tempo dalla commissione del reato, ma per effetto della vendita di cespiti aziendali effettuata dalla gestione commissariale di una società ammessa a procedura di amministrazione straordinaria, ossia una procedura proiettata verso il salvataggio dell'impresa . 5. Il Collegio ritiene di condividere l'orientamento che risulta accolto dalla maggior parte delle più recenti decisioni, secondo cui il principio di diritto enunciato da Sez. U, numero 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, deve ritenersi applicabile anche ai reati tributari, e in tutti i casi in cui il profitto consista in un risparmio di spesa. Invero, Sez. U, numero 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, ha enunciato un principio di carattere generale, senza operare alcuna espressa distinzione tra profitto costituito da accrescimento patrimoniale e profitto integrato da risparmio di spesa . Ora, la distinzione tra profitto costituito da accrescimento patrimoniale e profitto integrato da risparmio di spesa , pur ragionevole sotto il profilo empirico e classificatorio, non risulta recepita da disposizioni normative in materia di confisca, sì da far rilevare un'indicazione del legislatore favorevole a differenziare il regime giuridico applicabile alle due categorie. E la precisata distinzione non sembra dirimente neppure nella prospettiva di quello che appare essere l'argomento centrale esposto da Sez. U, numero 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, a fondamento delle proprie conclusioni. In effetti, le Sezioni Unite, per affermare che, nel caso in cui il prezzo o il profitto del reato siano originariamente costituiti da numerarlo, quest'ultimo esorbita dal sistema della confisca per equivalente , sottolineano Il denaro rappresenta non solo cosa essenzialmente fungibile, ma anche l'archetipo di bene corrispettivo di valore. Esso e', infatti, parametro di valutazione unificante del valore di cose tra loro diverse cfr. p. 15 del Considerato in Diritto . Ora, anche nel profitto determinato da risparmio di spesa viene in rilievo il denaro, quale archetipo di bene corrispettivo di valore precisamente, in questa ipotesi, il denaro rileva quale somma non versata a causa della commissione del reato. Del resto, a non condividere questa ricostruzione ermeneutica, l'alternativa sembra essere quella di dover ritenere che il profitto del reato, quando consiste in un risparmio di spesa, non sarebbe mai costituito da denaro, perché non vi è mai una somma di denaro fisicamente identificabile che entra nel patrimonio del beneficiato. Ciò, però, comporterebbe la generale esclusione, per tutte le ipotesi di profitto integrato da risparmio di spesa, dell'ammissibilità della confisca diretta quindi, anche quando il denaro sia già presente sul conto corrente bancario al momento della commissione del reato. Tuttavia, l'ammissibilità della confisca diretta anche con riguardo all'ipotesi di profitto derivante da risparmio di spesa sembra discendere da un preciso elemento normativo, D.Lgs. numero 74 del 2000 articolo 12-bis ,, ossia proprio la disposizione che detta la disciplina relativa alla confisca nei reati tributari. Questa previsione normativa, infatti, recita al comma 1 In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell' articolo 444 c.p.p. , per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il prezzo o il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando questa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto , e al comma 2 La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta . In altri termini, questo essendo il dato testuale della disposizione appena citata, sembra che il legislatore, proprio con riferimento alle fattispecie di cui al D.Lgs. numero 74 del 2000 , pur statuendo per reati in relazione ai quali il profitto è generalmente determinato da risparmio di spesa , abbia previsto come misura ordinaria la confisca diretta. 6. Ciò posto, va inoltre ribadito l'insegnamento consolidato secondo cui, in caso di reati tributari, ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, l'ente che trae profitto dall'altrui condotta illecita non può essere considerato terzo estraneo al reato. Invero, non sono indicate, né si ravvisano allo stato ragioni per discostarsi da questo orientamento. Del resto, D.Lgs. numero 74 del 2000 articolo 12-bis , distingue nettamente, nel suo comma 1, tra persona non estranea al reato , la quale può subire solo la confisca diretta, e reo , potenziale destinatario anche di un provvedimento di confisca per equivalente, suggerendo come la prima nozione abbia una portata più ampia della seconda. 7. Infondate sono anche le censure formulate nel secondo motivo, che contestano la legittimità del sequestro in atto, in relazione alle somme di denaro affluite sui rapporti bancari della società in data successiva al 22 febbraio 2022, ossia dopo la notifica alla banca del decreto di sequestro e la prima comunicazione di questa di aver provveduto al blocco dei predetti rapporti bancari, deducendo la violazione disciplina di cui agli articolo 543 e 547 c.p.p. , in quanto richiamata dall' articolo 104 c.p.p. disp. att 7.1. L' articolo 104 disp. att. c.p.p. prevede che il sequestro preventivo è eseguito sui crediti, secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento . presso il terzo in quanto applicabili . L' articolo 543 c.p.c. dispone che il pignoramento dei crediti del debitore verso terzi si esegue mediante atto notificato al terzo e al debitore. Precisa, inoltre, e in particolare, che l'atto da notificare deve contenere l'indicazione del credito per il quale si procede nonché l'indicazione, almeno generica, . delle somme dovute e l'intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice . L' articolo 546 c.p.c. , poi, stabilisce, tra l'altro, che, d al giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'articolo 543, il terzo è soggetto relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode . L' articolo 547 c.p.c. recita, al comma 1, che c on dichiarazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna . L' articolo 553 c.p.c. statuisce al comma 1 Se il terzo si dichiara o è dichiarato debitore di somme esigibili immediatamente o in termine non maggiore di novanta giorni, il giudice dell'esecuzione le assegna in pagamento, salvo esazione, ai creditori concorrenti , e al comma 2 Se le somme dovute dal terzo sono esigibili in termine maggiore, o si tratta di censi o di rendite perpetue o temporanee, e i creditori non ne chiedono d'accordo l'assegnazione, si applicano le regole richiamate nell'articolo precedente per la vendita di cose mobili . 7.2. Dal complesso delle disposizioni richiamate, appare ragionevole inferire che l'estensione del sequestro preventivo a fini di confisca di denaro costituente il saldo attivo di rapporti bancari anche alle somme pervenute dopo la notificazione del provvedimento e la prima dichiarazione relativa alle giacenze da parte della banca, sulla base di una o più nuove dichiarazioni di questa, fino al raggiungimento dell'importo indicato nella statuizione giudiziaria, non trovi ostacoli nella disciplina relativa alle forme di esecuzione della misura. Innanzitutto, l' articolo 104 disp. att. c.p.p. richiama le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili , e, quindi, prevedendone un adattamento alle forme dettate per il processo penale. In secondo luogo, poi, le disposizioni del codice di procedura civile non precludono al terzo di rendere più dichiarazioni, posta la notifica del provvedimento di sequestro con l'indicazione dell'importo sottoposto a vincolo ciò, tanto più che, a norma dell' articolo 546 c.p.c. , d al giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'articolo 543, il terzo è soggetto relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode . Inoltre, in ogni caso, non potrebbe ritenersi inibito all'autorità giudiziaria di procedere a nuove notifiche del provvedimento di sequestro, con conseguente obbligo per il terzo di rendere nuova dichiarazione, ed apposizione del vincolo sulle somme sopravvenute. Ciò posto, però, la necessità di una nuova notifica dell'atto impositivo del sequestro, quale pre-condizione perché la nuova dichiarazione del terzo sia efficace per l'apposizione del vincolo, configurerebbe una soluzione meramente formalistica, perché il terzo debitore, nella specie la banca, è già perfettamente a conoscenza del provvedimento cautelare e della somma che ne è oggetto, e, proprio perché a conoscenza di questi elementi, comunica la sopravvenienza di nuove giacenze alle autorità procedenti. 8. Applicando i principi precedentemente indicati, deve concludersi che legittimamente l'ordinanza impugnata ha respinto l'appello avverso il provvedimento con il quale il G.i.p. del Tribunale di Pescara aveva rigettato la richiesta di restituzione delle somme di denaro sequestrate alla società Angolana s.r.l. , e costituenti il saldo attivo di un conto corrente e di due carte prepagate intestate al medesimo ente. Invero, si è detto in precedenza che - debbono ritenersi suscettibili di confisca diretta le somme di denaro presenti sui conti correnti di una società che ha tratto profitto dalla condotta illecita dei suoi legali rappresentanti, evadendo le imposte, anche se le rimesse su tali rapporti siano di provenienza lecita e siano pervenute dopo la commissione del reato - deve ritenersi legittima l'apposizione del sequestro preventivo a fini di confisca su somme di denaro pervenute dopo notificazione del provvedimento e la prima dichiarazione relativa alle giacenze da parte della banca, sulla base di una o più nuove dichiarazioni di questa, fino al raggiungimento della misura indicata nella statuizione giudiziaria. Di conseguenza, correttamente è stata sottoposta a sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta la somma di 937.198,49 Euro, presente sul conto corrente intestato alla società Angolana s.r.l. presso Intesa San Paolo, già UBI Banca, e su due carte prepagate anch'esse intestate alla precisata società, sebbene le attività presenti su tali rapporti, al momento della commissione dei reati, fossero di consistenza inferiore, e parte degli importi assoggettati a vincolo abbiano costituito oggetto di dichiarazioni della banca successive a quella resa subito dopo la notifica del provvedimento cautelare. 9. Alla infondatezza delle censure, segue il rigetto del ricorso e la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.