Condanna definitiva a sei mesi di reclusione a testa per due esponenti di un centro sociale colpevoli di avere preso d’assalto nel centro di Brescia un gazebo allestito da alcuni attivisti della Lega Nord per raccogliere firme a sostegno di un referendum per l’abrogazione della legge Merlin. Irrilevante la durata dell’azione violenta. Impossibile accettare la tesi difensiva mirata a sostenere una presunta motivazione politica alla base del blitz compiuto ai danni del gazebo e degli attivisti.
Prendere d'assalto un gazebo utilizzato per una raccolta di firme mirata alla proposizione di un referendum popolare è condotta che merita una condanna. Irrilevante il fatto che l'episodio sia durato solo pochi secondi . E assolutamente privo di fondamento il richiamo difensivo a un presunto senso di opposizione politica a caratterizzare la condotta incriminata. Per i giudici non ci sono dubbi è evidente come sia stato leso il diritto politico del cittadino a contribuire con la propria firma a proporre un referendum Cass. pen., sez. I, ud. 17 giugno 2022 dep. 9 novembre 2022 , n. 42512 . Raccolta firme. Scenario del fattaccio è la città di Brescia. Lì, in pieno centro, nel maggio del 2016, alcuni giovani esponenti di un centro sociale prendono d'assalto un gazebo utilizzato in strada da alcuni attivisti della Lega Nord per raccogliere firme a sostegno della proposizione di un referendum popolare per l'abolizione della legge Merlin. Inevitabile il processo penale, che si conclude, sia in primo che in secondo grado, con una pronunzia di condanna. I giudici riconoscono che due assalitori quelli che hanno portato il caso in Cassazione hanno impedito, in tutto o in parte, l'esercizio del diritto politico da parte delle persone impegnate nella raccolta di firme, nel corso di un'iniziativa politica avviata da attivisti della Lega Nord, finalizzata alla proposizione di un referendum popolare per l'abolizione della cosiddetta legge Merlin . Consequenziale la pena sei mesi di reclusione a testa per gli assalitori, ritenuti colpevoli di attentato contro i diritti politici del cittadino. Diritto politico. Col ricorso in Cassazione il legale che rappresenta i due giovani sotto processo prova a leggere in maniera diversa l'intera vicenda. In particolare, egli osserva che ai suoi clienti viene imputato di avere dapprima insultato i militanti della Lega Nord e di avere poi strappato le bandiere del partito politico e provocato la caduta del gazebo allestito per la raccolta delle firme , ma, aggiunge, si è trattato di azione, registrata da un sistema di videosorveglianza , durata poche decine di secondi nell' assenza di cittadini in prossimità del banchetto . Ciò significa che si è trattato di un mero turbamento, durato pochi secondi, dell'attività portata avanti dagli attivisti della Lega Nord, turbamento che non ha avuto alcuna ricaduta sul successivo esercizio del diritto di voto dei cittadini, aggiunge il legale. Peraltro, la condotta era diretta soltanto a contrapporsi alla posizione politica della Lega Nord, tanto che gli epiteti razzisti, fascisti pronunciati in quella occasione nulla avevano a che fare, sostiene il legale, con l'iniziativa proposta per il referendum. Quindi, la condotta non era rivolta, in nessun modo, alla raccolta di firme e ad impedirne lo svolgimento regolare , chiosa il legale. Prima di analizzare in dettaglio l'episodio oggetto del processo, i giudici di Cassazione precisano che l' elemento oggettivo del reato di attentato contro i delitti politici del cittadino consiste in una condotta connotata da violenza, minaccia o inganno che si traduce nell'impedimento all'esercizio dei diritti politici, in senso stretto, correlati al diritto di elettorato attivo e passivo e non di qualsiasi manifestazione del pensiero che possa riguardare scelte politiche, il cui impedimento integra gli estremi del reato di violenza privata . I giudici chiariscono poi che diritto politico, oggetto di attentato attraverso violenza, minaccia o inganno tale da determinarne l'impedimento dell'esercizio o l'opzione di esercitarlo in maniera difforme dalla sua volontà, è quello che permette al cittadino di partecipare all'organizzazione ed al funzionamento dello Stato e degli altri enti di rilevanza costituzionale, ai quali è attribuita la funzione di indirizzo politico in relazione ad un determinato aggregato di persone stanziate su una parte del territorio. Esso inerisce nell'ordinamento democratico vigente, con l'impianto costituzionale che ne determina le linee portanti a una serie di facoltà inviolabili, riconosciute al cittadino, il cui libero esercizio è coordinato al suo concorso all'organizzazione ed al funzionamento dello Stato che da esso promana . Di conseguenza, diritti politici vanno sicuramente considerati il diritto all'elettorato attivo e passivo , il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, il diritto di rivolgere petizioni alle Camere, il diritto di esercizio dell'iniziativa legislativa, il diritto di referendum , ma, aggiungono i giudici di Cassazione, diritto politico è anche quello del cittadino di partecipare, attraverso la propria libera sottoscrizione, a proporre un referendum . Quest'ultimo chiarimento è fondamentale nella lettura della vicenda oggetto del processo. Difatti, l'azione violenta compiuta dai due esponenti del Centro sociale, ha inciso, al di là dell'effettiva durata, inciso sul regolare svolgimento dell'iniziativa, tanto da indurre alcuni cittadini a non sottoscrivere la proposta di referendum abrogativo, poiché spaventati da quanto accaduto , ossia dall'aggressione al gazebo allestito dagli attivisti.
Presidente Bricchetti Relatore Calaselice Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello di Brescia ha confermato la condanna pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia, in data 27 gennaio 2016, nei confronti di E.L. e V.G., alla pena di mesi sei di reclusione ciascuno, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, concessa la sospensione condizionale della pena, in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 294 c.p. . 1.1. Gli imputati sono stati condannati per avere, assieme ad altri coimputati, non ricorrenti, in tutto o in parte impedito l'esercizio del diritto politico da parte di soggetti intenti nella raccolta di firme, nel corso di un'iniziativa politica avviata da attivisti della Omissis , finalizzata alla proposizione di un referendum popolare per l'abolizione della cd. legge Merlin. 2. Avverso il provvedimento descritto propone ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del difensore, avv. S. P., deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell' art. 294 c.p. e vizio di motivazione. 2.1. Si sostiene che E. ha dapprima insultato i militanti della Omissis e poi, assieme a V., ha strappato le bandiere e provocato la caduta del gazebo allestito per la raccolta delle firme. Si tratterebbe, però, di azione, registrata dal sistema di videosorveglianza, durata poche decine di secondi nell'assenza di cittadini in prossimità del banchetto. Tanto, diversamente dalla ricostruzione della Corte d'appello che assume la durata dell'interruzione essere stata corrispondente ad alcuni minuti. Si tratta, per la difesa, di mero turbamento dell'attività della durata di pochi secondi che, soprattutto, non ha avuto alcuna ricaduta sul successivo esercizio del diritto di voto, cui fa riferimento la norma. 2.2. Quanto all'elemento soggettivo del reato, si deduce vizio di motivazione, tenuto conto che la condotta era diretta soltanto a contrapporsi alla posizione politica della Omissis , tanto che gli epiteti razzisti, fascisti pronunciati nella specie, nulla avevano a che fare con l'iniziativa proposta per il referendum, quindi la condotta non era rivolta, in nessun modo, alla raccolta di firme e ad impedirne lo svolgimento regolare. 3. Il S. Procuratore generale presso questa Corte, A. Picardi, ha fatto pervenire requisitoria scritta, stante la mancata richiesta delle parti, di discussione orale D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 , prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza del D.L. 1 aprile 2021, n. 44, art. 1 come convertito, con la quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi. Considerato in diritto I ricorsi sono inammissibili. 1. Il primo motivo è genericamente prospettato. Invero, l'elemento oggettivo del reato di attentato contro i delitti politici del cittadino, previsto dall' art. 294 c.p. , consiste, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in una condotta connotata da violenza, minaccia o inganno che si traduce nell'impedimento all'esercizio dei diritti politici, in senso stretto, correlati al diritto di elettorato attivo e passivo e non di qualsiasi manifestazione del pensiero che possa riguardare scelte politiche, il cui impedimento integra gli estremi della fattispecie generica e sussidiaria del reato di violenza privata di cui all' art. 610 c.p. Cass. sez. 6, n. 51722 del 9/11/2016 , Camilletti, Rv. 268621 . Si sostiene in giurisprudenza che diritto politico, di cui all' art. 294 c.p. , oggetto di attentato attraverso violenza, minaccia o inganno tale da determinarne l'impedimento dell'esercizio o l'opzione di esercitarlo in maniera difforme dalla sua volontà, è quello che permette al cittadino di partecipare all'organizzazione ed al funzionamento dello Stato e degli altri enti di rilevanza costituzionale, ai quali è attribuita la funzione di indirizzo politico in relazione ad un determinato aggregato di persone stanziate su una parte del territorio Cass. sez. 1, n. 11055 del 14/10/1993 , Renna, Rv. 197546 . Esso inerisce - nell'ordinamento democratico vigente, con l'impianto costituzionale che ne determina le linee portanti - a una serie di facoltà inviolabili, riconosciute al cittadino, il cui libero esercizio è coordinato al suo concorso all'organizzazione ed al funzionamento dello Stato che da esso promana. Diritti politici, dunque, l'impedimento all'esercizio dei quali ricade nel fuoco dell'incriminazione dell' art. 294 c.p. , vanno sicuramente considerati il diritto all'elettorato, attivo e passivo art. 51 Cast. , il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale art. 49 Cost. , il diritto di rivolgere petizioni alle Camere art. 50 Cost. , il diritto di esercizio dell'iniziativa legislativa art. 71 Cost. , comma 2 , il diritto di referendum artt. 75,123,132 Cost. e art. 138 Cost. , comma 2 Sez. 1, n. 20755 del 27/10/2017, dep. 2018, Muscas, Rv. 273118 . Pertanto, va affermato senz'altro che diritto politico deve essere inteso quello del cittadino di partecipare, attraverso la propria libera sottoscrizione, a proporre un referendum. Tanto premesso, in punto di elemento materiale del reato, si osserva che la censura non è specifica, rispetto alla motivazione della sentenza impugnata, dalla quale risulta che l'azione violenta, al di là dell'effettiva durata contestata dalla difesa, ha, comunque, inciso sul regolare svolgimento dell'iniziativa, tanto da indurre alcuni degli eventuali aderenti a non sottoscrivere la proposta di referendum abrogativo, perché spaventati dall'accaduto, circostanza riportata a pag. 3 della sentenza con la quale i ricorrenti non si confrontano, compiutamente, risultando la censura sul punto aspecifica Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 . 2.1. Il secondo vizio dedotto, quanto all'elemento soggettivo del reato, risulta inammissibile. Il Collegio osserva che la censura presenta tratti di inammissibilità fin dall'impostazione dell'argomento di critica perché - senza le dovute specificazioni indica tutti i vizi di motivazione di cui all' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e . A questo riguardo, va ricordato che Cass. Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020 , Filardo non massimata sul punto ha puntualizzato che il ricorrente che intenda denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , ha l'onere - sanzionato a pena di aspecificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso - di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali sia manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, infatti, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione. 2. In conclusione i ricorsi vanno dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo i presupposti di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 , importo che si ritiene di determinare equitativamente, tenuto conto dei motivi devoluti. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.