La cancelleria non rilascia copia della sentenza: imputato restituito nei termini per forza maggiore

Il vano spirare del termine per l’impugnazione derivante dall’errata informazione della cancelleria circa l’omesso tempestivo deposito della sentenza può dar luogo a restituzione nei termini, a patto che venga rigorosamente provato, tramite attestazione di cancelleria o altro atto o fatto certo, il verificarsi della causa ostativa al mancato esercizio della facoltà di impugnare.

Nel caso in esame, l'imputato condannato con sentenza confermata in appello chiedeva, alla scadenza dei termini per il deposito, copia della sentenza al fine di proporre ricorso in Cassazione. Tuttavia, l'URP presso la Corte d'Appello rispondeva più volte che la medesima non risultava depositata . Solo successivamente, l'Ufficio, previa consultazione del registro informatico, rispondeva nuovamente informando l'imputato che la sentenza risultava essere depositata nei termini. Da ciò derivava però lo spirare del termine per l'impugnazione, dalla cui azione l'imputato era però ormai decaduto. Avverso tale sentenza proponeva quindi istanza di restituzione nei termini ai sensi dell' art. 175 c.p.p. lamentando come il mancato deposito dell'atto di impugnazione sarebbe derivato dalla forza maggiore consistente nel mancato rilascio della sentenza correttamente depositata. La Suprema Corte ritiene fondata la doglianza prospettata dal ricorrente, ribadendo il consolidato principio secondo il quale l'errata informazione ricevuta dalla cancelleria circa l'omesso deposito della sentenza può ammettere la restituzione nei termini a patto che venga dimostrata mediate attestazione di cancelleria o altro atto o fatto certo il verificarsi della circostanza ostativa al tardivo esercizio del diritto di impugnazione. La Corte di Cassazione ritiene quindi provati i fatti sulla base dell'allegazione da parte del ricorrente delle diverse risposte negative ricevute dall'URP e pertanto accoglie il ricorso restituendo l'imputato nel termine per impugnare la sentenza della Corte d'appello.

Presidente Sabeone Relatore Pilla Ritenuto in fatto 1.La Corte di appello di Firenze con sentenza del 5 ottobre 2021, in parziale riforma della sentenza pronunziata dal Tribunale di Grosseto in data 21 gennaio 2019, condannava O.M. alla pena di Euro 400,00 di multa per il reato di minaccia e dichiarava non doversi procedere per il reato di molestie di cui all' art. 660 c.p. per intervenuta prescrizione a seguito della derubricazione della originaria contestazione del reato di cui all' art. 612 bis c.p. , riducendo conseguentemente le statuizioni disposte in favore della costituita parte civile. Il dispositivo di sentenza indicava il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione. 2.Avverso tale sentenza ha proposto istanza di restituzione in termini ex art. 175 c.p.p. l'O.M. attraverso il difensore di fiducia, nonché procuratore speciale, avv. F.B Con l'unico motivo la difesa lamenta la violazione di legge in relazione all' art. 175 c.p.p. per essersi trovato nella impossibilità derivata da forza maggiore di impugnare nei termini di legge la sentenza della Corte di Appello. Evidenzia che all'esito della scadenza dei termini per il deposito della sentenza 3 gennaio 2022 , aveva più volte a mezzo mail allegate alla istanza chiesto all'Ufficio relazioni con il Pubblico della Corte di Appello di Firenze copia della stessa ai fini di proporre ricorso per cassazione con scadenza il 17 febbraio 2022, ma in più occasioni l'ufficio aveva risposto che dalla consultazione del registro informatico la sentenza non risultava ancora depositata questo sino al 28 febbraio 2022. Solo in data 24 marzo 2022 l'ufficio rispondeva che, previa consultazione del registro informatico, la sentenza risultava essere stata depositata nei termini e quindi in data 3 gennaio 2022 con la conseguente decadenza del ricorrente dal termine per proporre impugnazione. Ritenuto in diritto Il ricorso è fondato. 1. Va in primo luogo evidenziata la tempestività della proposizione. Al riguardo occorre osservare che, se il caso di forza maggiore, così inteso, è contemplato dall' art. 175 c.p.p. , comma 1, quale requisito per la restituzione nel termine per impugnare, tuttavia la stessa norma prevede il termine di decadenza di dieci giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente forza maggiore per la presentazione della richiesta. Nel caso di specie l'impedimento, come da documentazione allegata dalla difesa, è cessato in data 24 marzo 2022. Il ricorso, contenente la richiesta di restituzione nel termine per impugnare, è stato depositato in data 30 marzo 2022. La domanda è dunque tempestiva. 2. Quanto poi alla fondatezza della richiesta, è principio consolidato di questa Corte quello secondo il quale integra fatto costituente forza maggiore, che può giustificare la restituzione nel termine per l'impugnazione, l'errata informazione ricevuta dalla cancelleria circa l'omesso tempestivo deposito della sentenza nei termini di rito in tali casi, peraltro, l'istante ha l'onere di provare rigorosamente mediante attestazione di cancelleria o altro atto o fatto certo - il verificarsi della circostanza ostativa al tempestivo esercizio della facoltà di impugnazione e non può limitarsi ad allegare a sostegno del proprio assunto dichiarazioni provenienti da lui o da altri difensori interessati ex multis Sez. 2, n. 44509 del 07/07/2015, Rv. 264965 . 2.1. Nel caso in esame, l'istante ha dimostrato rigorosamente il verificarsi del fatto asseritamente ostativo al tempestivo esercizio della facoltà di impugnazione, avendo allegato elementi documentali idonei a consentire la verifica della tempestività della richiesta di rimessione in termini le numerose e-mail e lo scambio di corrispondenza con la cancelleria che aveva più volte assicurato il mancato deposito della motivazione nei termini per poi indicare, allorquando i termini per impugnare erano ormai decorsi, che in realtà la sentenza era stata depositata nei termini . L'istante va dunque restituito nei termini per impugnare la sentenza richiamata che va conseguentemente dichiarata non esecutiva. Il titolo di reato oggetto della pronuncia atti persecutori comporta l'oscuramento dei dati ai sensi dell' art. 52 D.Lgs. numero /03 , come imposto dalla legge. P.Q.M. Restituisce O.M. nel termine per impugnare la sentenza della Corte di appello di Firenze in data 5 ottobre 2021, n. 3959, che dichiara non esecutiva. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero del 2003 art. 5 2 in quanto imposto dalla legge.