Aspra critica contro un collega avvocato via Facebook: non è diffamazione

Con la pronuncia in esame, il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Taranto ha confermato la richiesta di archiviazione del P.M. in relazione all’ipotesi di diffamazione ascritta a carico di un avvocato, accusato di aver leso la reputazione di un proprio collega per averne aspramente criticato la condotta professionale sul social network Facebook”.

Accadeva, infatti, che il denunciante fosse stato nominato difensore di fiducia di un uomo accusato di omicidio della figlia minore dopo aver assistito all'udienza di convalida dell'arresto nel carcere di Taranto, l'avvocato incontrava i giornalisti, ai quali annunciava di aver inteso rinunciare alla difesa, sostanzialmente per ragioni morali” e personali”, ossia per la disapprovazione intima della efferata azione criminosa compiuta dal proprio cliente e per il fatto che egli stesso, essendo padre di un figlio di sette anni, dunque di un'età vicina a quella della bambina vittima del reato, non avrebbe potuto svolgere il proprio ruolo di patrocinatore con la dovuta serenità. Tale scelta professionale veniva fatta oggetto di una severa critica su Facebook da parte dell'indagato, che nel corso di una discussione online – alla quale avevano preso parte svariati utenti, esprimendo opinioni divergenti – invitava il collega, senza tuttavia mai nominarlo espressamente, a cambiare professione per non aver compreso il proprio mestiere o quantomeno a dedicarsi a branche del diritto diverse dal penale e a ricominciare da zero i suoi studi , augurandosi anche un intervento disciplinare nei suoi confronti, ritenendo inaccettabile che il motivo della sua rinuncia sia la gravità del reato , per essere simili comportamenti contrari alla nostra etica professionale. Soprattutto quando sono in ballo i principi fondamentali del nostro sistema . Il GIP procedente, prendendo atto della delicatezza del tema aperto e suscettibile di opinioni difformi – in ragione del fatto che il codice deontologico non vieta, né consente espressamente di rinunciare al mandato per ragioni morali o personali – ha ritenuto che le opinioni espresse dall'indagato non paiono gratuitamente lesive, non trasmodano nell'insulto gratuito, nel dileggio, nello scherno puramente rivolto alla persona in quanto tale, ma rimangono pur sempre entro i confini di una censura fortemente polemica circa l'opportunità e la giustezza della condotta professionale tenuta dall'interessato , vieppiù in considerazione della circostanza che proprio quest'ultimo avesse conferito pubblica rilevanza alla questione, accettando di colloquiare con i giornalisti fuori dall'istituto detentivo e comunicando loro i motivi della rinuncia al mandato, suscitando così una vasta eco anche sui social network , con lo scatenarsi di un vivo ed acceso dibattito connotato come detto da opinioni contrapposte circa la legittimità di una simile scelta . Dalla lettura del provvedimento di archiviazione emerge, in definitiva, che le espressioni dall'indagato, pur obiettivamente forti , non risultano aver trasceso nel mero e gratuito insulto personale , nel dileggio , nell' attacco immotivato alla persona dell'Avv. omissis in quanto tale peraltro mai espressamente nominato , essendosi mantenuta nei limiti di un severo e netto dissenso rispetto alla legittimità e correttezza di una simile scelta di rinunciare al mandato per ragioni quali quelle sopra descritte una critica, dunque, non alla persona, ma alla condotta tenuta dal difensore, ritenuta non conforme ai doveri deontologici della difesa . L'ordinanza si pone nel solco tracciato dall'esegesi di legittimità, alla stregua del quale il diritto di critica , quale estrinsecazione della libera manifestazione del pensiero, ha rango costituzionale al pari del diritto all'onore e alla reputazione, sul quale tuttavia prevale vd. Cass. Civ., Sez. VI, 3.12.2021, n. 38215 , scriminando l'illiceità dell'offesa, a condizione che siano rispettati i presupposti di cui all' art. 51 c.p. , ravvisabili nella verità del fatto storico posto a fondamento della elaborazione critica e nella c.d. continenza , ovvero nell'uso di modalità espressive che siano proporzionate e funzionali all'opinione dissenziente manifestata cfr., ex multis , Cass. Pen., Sez. V, 4.11.2014, n. 7751 Sez. I, 13.6.2014, n. 36045 Sez. V, 8.2.2005, n. 11950 . Per costante indirizzo ermeneutico, richiamato dal medesimo GIP, il requisito della continenza , al fine di ravvisare la sussistenza dell'esimente di cui all' art. 51 c.p. , ha necessariamente il carattere dell' elasticità cfr. Sez. 5, n. 11950 del 08/02/2005, dep. il 25/03/2005, Marcenaro e al., Rv. 231711 - 01 e, pertanto, al fine di ritenere o meno proporzionalmente e/o funzionalmente eccedenti i limiti del diritto di critica in relazione a tale requisito, occorre compiere non solo in astratto, ma soprattutto in concreto un ragionamento di tipo critico-logico che tenga conto di una serie di ‘parametri' quali, non solo il tenore letterale delle espressioni rese che ben potrebbero essere poste con coloriture ed iperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o gergale , ma anche il concetto o messaggio che si vuole esprimere o trasmettere, il contesto dialettico in cui le stesse dichiarazioni vengono rese p. es. in occasione di una discussione o in sede di dibattito e le modalità con cui esse sono manifestate e/o reiterate cfr., da ultimo, Cass. pen., Sez. V, 25.1.2022, n. 12186 . D'altronde, in un'ipotesi analoga a quella in esame – concernente, in particolare, le aspre critiche indirizzate da un avvocato nei confronti dell'operato di un collega, in sede di segnalazione al COA – la Suprema Corte aveva già ribadito con riferimento alla veridicità dei fatti oggetto di critica, che quest'ultima, a differenza della cronaca, del resoconto, della mera denunzia, concretizzandosi nella manifestazione di un'opinione meramente soggettiva di un giudizio valutativo , non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva e asettica cfr. ex multis Sez. 5, n. 25518 del 26/9/2016, Volpe, Rv. 270284 Sez. 5, n. 49570 del 23/9/2014, Natuzzi, Rv. 261340 Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010, Simeoni, Rv. 249239 . Ciò in quanto il giudizio critico è necessariamente influenzato , e non potrebbe essere altrimenti, dal filtro personale con il quale viene percepito il fatto posto a suo fondamento esso è, per sua natura, parziale, ideologicamente orientato e teso ad evidenziare proprio quegli aspetti o quelle concezioni del soggetto criticato che si reputano deplorevoli e che si intende stigmatizzare e censurare cfr. Cass. pen., Sez. V, 26.10.2020, n. 61 . Pertanto, sebbene il legittimo diritto di critica non possa mai trasmodare nella gratuita e immotivata aggressione dell'altrui reputazione, lo stesso, secondo l'orientamento di legittimità non è incompatibile con l'uso di termini che, pure oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico , per non esservi adeguati equivalenti Sez. 5, n. 11905 del 05/11/1997, G., Rv. 209647 . In realtà, secondo il consolidato canone ermeneutico di questa Corte, al fine di valutare il rispetto del canone della continenza, occorre contestualizzare le espressioni intrinsecamente ingiuriose, ossia valutarle in relazione al contesto spazio-temporale e dialettico nel quale sono state profferite, e verificare se i toni utilizzati dall'agente, pur forti e sferzanti, non risultino meramente gratuiti, ma siano invece pertinenti al tema in discussione e proporzionati al fatto narrato e al concetto da esprimere Sez. 5 n. 32027 del 23/03/2018, Rv. 273573 sono, in definitiva, gli interessi in gioco che segnano la ‘misura' delle espressioni consentite idem supra . Interessi in gioco che, nel caso di specie, non possono che considerarsi di primario rilievo.

Giudice Carriere A parere del giudicante, la richiesta di archiviazione formulata dal P.M. va sostanzialmente condivisa, con le seguenti aggiunte ed integrazioni motivazionali. Ed invero - dato per noto, per ragioni di sintesi, il contenuto della richiesta di archiviazione e del connesso atto di opposizione, così come quello delle frasi salienti pubblicate dall'attuale indagato sul social network omissis - è sufficiente ricordare, in punto di diritto, che, come stabilito dalla S.C., In tema di diffamazione per potere ravvisare la scriminante di cui all' articolo 51 del Cp del legittimo esercizio del diritto di critica, devono ricorrere i presupposti di tale causa di giustificazione quali la verità del fatto storico posto a fondamento della elaborazione critica e la c.d. continenza, ossia l'uso di modalità espressive che siano proporzionate e funzionali all'opinione dissenziente manifestata. A tal ultimo riguardo, il requisito della continenza, al fine di ravvisare la sussistenza dell'esimente, ha necessariamente il carattere dell'elasticità e, pertanto, al fine di ritenere o meno proporzionalmente e/o funzionalmente eccedenti i limiti del diritto di critica in relazione a tale requisito, occorre compiere non solo in astratto, ma soprattutto in concreto un ragionamento di tipo critico-logico che tenga conto di una serie di parametri quali, non solo il tenore letterale delle espressioni rese che ben potrebbero essere poste con coloriture ed iperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o gergale , ma anche il concetto o messaggio che si vuole esprimere o trasmettere, il contesto dialettico in cui le stesse dichiarazioni vengono rese per esempio, in occasione di una discussione o in sede di dibattito e le modalità con cui esse sono manifestate e/o reiterate Cassazione penale, sez. V, 25/01/2022, n. 12186 , in Guida al diritto 2022, 16 . In particolare, il requisito della continenza non può dirsi ricorrente solo allorquando la critica trascende nello scherno e nella derisione Cassazione penale, sez. V, 18/01/2022, n. 12826 , in Diritto & Giustizia 2022 confermata nella fattispecie la condanna per diffamazione nei confronti dell'imputato, atteso che appellare la persona offesa quale omissis nei messaggi rivolti agli oltre duemila appartenenti ad un gruppo omissis aveva significato additarlo come mentalmente ipodotato o nel dileggio o disprezzo personale Cassazione penale, sez. V, 14/10/2021, n. 320 , in CED Cass. pen. 2022, rv 282871-01 fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'esclusione dell'esimente nella condotta di un soggetto, destinatario di uno sfratto, che nel corso di una manifestazione pubblica contro le politiche abitative comunali aveva definito il sindaco della città omissis ispirandosi al cognome omissis del medesimo . Orbene, nel caso specifico ritiene il giudicante che non siano stati superati i limiti che consentono di ritenere sussistente la scriminante dell'esercizio del diritto di critica. Le espressioni adottate dall'attuale indagato si inserivano infatti nel contesto di un'accesa discussione - con opinioni divergenti espresse da vari utenti – sul social network omissis , in ordine alla condotta e alla scelta professionale dell'attuale opponente Avv. omissis il quale, all'uscita dal carcere di Taranto ove aveva assistito all'udienza di convalida dell'arresto, quale difensore di fiducia, un indagato accusato di tentato omicidio nei confronti della propria figlioletta, per averla gettata dal balcone , incontrando i giornalisti, oltre ad informarli che il proprio assistito si era avvalso della facoltà di non rispondere, aveva altresì annunciato di aver inteso rinunciare alla difesa [sostanzialmente per ragioni morali e personali - come si evince dal contenuto del link alla relativa intervista riportato nella memoria difensiva dell'indagato depositata all'udienza camerale - ossia per la disapprovazione intima della efferata azione criminosa compiuta dall'arrestato e per il fatto che il difensore, essendo padre di un figlio di sette anni, dunque di un'età vicina a quella della bambina vittima del reato, non avrebbe potuto svolgere il proprio ufficio difensivo con la dovuta serenità]. Tale scelta professionale dell'Avv. omissis veniva fatta oggetto di una severa critica su omissis da parte dell'Avv. omissis , la quale però, a parere del giudicante, pur se espressa con toni forti polemici, non risulta aver trasceso nel mero e gratuito insulto personale, nel dileggio, nell'attacco immotivato alla persona dell'Avv. omissis in quanto tale peraltro mal espressamente nominato , essendosi mantenuta nei limiti di un severo e netto dissenso rispetto alla legittimità e correttezza di una simile scelta di rinunciare al mandato per ragioni quali quelle sopra descritte una critica, dunque, non alla persona, ma alla condotta tenuta dal difensore, ritenuta non conforme ai doveri deontologici della difesa. Si tratta in effetti di un tema aperto e suscettibile di opinioni difformi come in effetti verificatosi nell'ambito del relativo dibattito su omissis , sol che si pensi che il vigente codice deontologico forense v. ad es. art. 32, concernente la rinuncia al mandato , certamente non subordina l'esercizio della rinuncia al mandato a particolari condizioni se non quella di esercitare le cautele necessarie per evitare pregiudizi alla parte assistita” sotto tale profilo l'indagato evidenzia in effetti che l'arrestato si era avvalso della facoltà di non rispondere all'udienza di convalida dell'arresto, e che all'uscita dal carcere, colloquiando con i giornalisti e spiegando il senso della propria scelta, l'avv. omissis aveva fatto espresso riferimento alla efferata azione criminosa compiuta dal proprio assistito, così quindi accreditando o rafforzando nell'opinione pubblica un giudizio anticipato di colpevolezza il codice deontologico dunque certamente non vieta di rinunciare al mandato per ragioni morali e personali , ma neppure lo consente espressamente, restando dunque la questione, per l'appunto, opinabile e suscettibile di difformi valutazioni, anche fortemente critiche. In tale contesto, le espressioni usate dall'indagato, pur obiettivamente forti nella misura in cui omissis pur senza mai nominarlo espressamente, invitava l'avv. omissis a cambiare professione per non aver compreso il proprio mestiere o quantomeno a dedicarsi solo a branche del diritto diverse dal penale e/o a ricominciane da zero i suoi studi augurandosi anche un intervento disciplinare nei suoi confronti, e ritenendo inaccettabile che il motivo della rinuncia sia la gravità del reato , per essere simili comportamenti contrari alla nostra etica professionale. Soprattutto quando sono in ballo i principi fondamentali del nostro sistema , non paiono gratuitamente lesive, non trasmodano nell'insulto gratuito, nel dileggio, nello scherno puramente rivolto alla persona in quanto tale, ma rimangono pur sempre entro i confini di una censura fortemente polemica circa l'opportunità e la giustezza della condotto professionale tenuto dall'interessato, peraltro, come già anticipato, in un contesto cui lo stesso avv. omissis aveva conferito pubblica rilevanza accettando di colloquiare con i giornalisti all'uscita dal carcere, e comunicando loro, nei termini già illustrati, i motivi della propria rinuncia al mandato e in cui, di conseguenza, la questione aveva suscitato una vaste eco anche sui social network, con lo scatenarsi di un vivo ed acceso dibattito connotato come detto da opinioni contrapposte circa la legittimità di una simile scelta. In tale contesto abbastanza chiaro - relativo ad una questione acclarata e di pura valutazione in diritto -, appare pertanto manifestamente superfluo lo svolgimento delle attività investigative suppletive indicate nell'atto di opposizione e consistenti nell'ascolto di taluni dei lettori delle frasi incriminate e dall'intera discussione avvenuta su omissis , onde accertare, come si legge nell'atto di opposizione, se costoro avessero percezione della portata lesiva delle espressioni adoperate dall'indagato , giacché evidentemente ciò costituisce, e deve costituire, oggetto della valutazione dell'autorità giudiziaria che procede, condotta secondo i canoni giuridici in precedenza illustrati, irrilevante, e comunque non decisiva, restando la percezione soggettiva da parte dei singoli partecipanti al dibattito. Si impone allora l'archiviazione del procedimento, ai sensi dell' art. 125 disp. att. c.p.p. , in quanto gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari sono inidonei a sostenere l'accusa in giudizio. P.Q.M. visto l 'articolo 409 comma 5 c.p.p . dispone l'archiviazione del procedimento e ordina la restituzione degli atti al pubblico ministero richiedente.