In costanza di rinuncia all’assegno divorzile, il Giudice non può riconoscerlo, incorrendo altrimenti nel vizio dell’ultrapetizione.
Il riconoscimento di una somma a titolo di assegno divorzile postula necessariamente una specifica domanda del coniuge che lo richiede. A maggior ragione il Giudice non può attribuirla quando vi sia stata un'espressa rinuncia alla stessa. In un recente caso giunto fino in Cassazione, la moglie aveva espressamente rinunciato all'assegno divorzile, chiedendo il versamento dello stesso solo a seguito del suo pensionamento tuttavia il giudice di prime cure riconosceva, pur in assenza di domanda, tale assegno. Entrambi gli ex coniugi proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale censurando la statuizione sulla somma. La Corte, pur dichiarando l'ultrapetizione della sentenza nella parte in cui riconosceva comunque un assegno non richiesto, riconosceva alla donna una somma richiesta dalla stessa nell'appello incidentale a titolo di rifusione del canone di locazione sino al momento del pensionamento. La somma veniva qualificata dalla Corte territoriale come contributo al mantenimento e, quindi, come assegno di divorzio, nonostante fosse nuova, tardivamente proposta e per giunta contro l'espressa rinuncia a mantenimenti prima di andare in pensione. Il marito ricorreva pertanto per la cassazione della sentenza avverso la sentenza della Corte d'appello nella misura in cui ha accolto tale nuova domanda e abbia comunque riconosciuto l'assegno in costanza di rinuncia. La Suprema Corte chiarisce che benché la statuizione che ponga a carico dell'ex coniuge il canone di locazione sia legittima Cass. civ. numero 2932/1991 , la quantificazione commisurata al canone richiede comunque un'espressa domanda dell'ex coniuge sull'assegno Cass. civ. numero 29920/2021, Cass. civ. numero 3925/2012, Cass. civ. numero 16066/2002 . Aggiungono i Giudici che «la sostanziale qualificazione della domanda, come diretta ad ottenere l'assegno divorzile, effettuata dalla Corte di merito si pone, dunque, in contrasto con l'espressa enunciazione della corrispondente pretesa, che riguardava solo il pagamento del canone di locazione fino al pensionamento» della signora, «la quale riconosceva di aver rinunciato a chiedere l'assegno divorzile per quel periodo». La Corte di Cassazione accoglie quindi il ricorso del marito e cassa la sentenza rinviando la causa alla Corte d'appello competente.
Presidente Valitutti – Relatore Parise Fatti di causa 1. Con sentenza definitiva in data 14-1-2019, all'esito di sentenza non definitiva di dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio tra Z.P. e F.V. , il Tribunale di Trento, per quanto ancora di interesse, ha posto a carico dell'ex marito l'assegno divorzile in favore dell'ex moglie di Euro400,00 mensili, oltre Istat, e della somma di Euro600,00 oltre Istat, dovuta con decorrenza dal momento del pensionamento della F. . 2. Con sentenza depositata il 18-12-2019 la Corte d'appello di Trento, in parziale accoglimento dell'appello principale proposto da Z.P. e dell'appello incidentale proposto da F.V. , ha determinato in Euro650,00, rivalutabili annualmente secondo indici Istat, la somma che Z.P. deve versare a F.V. entro il giorno 5 di ogni mese, rigettando le ulteriori domande proposte dalle parti e condannando lo Z. alla rifusione delle spese di primo grado e a due terzi di quelle del secondo grado. 3. Avverso questa sentenza Z.P. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti di F.V. , che resiste con controricorso. 4. Il ricorso è stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375 c.p.c., u.c., e articolo 380 bis 1 c.p.c Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente denuncia i con il primo motivo la violazione dell'articolo 345 c.p.c., ex articolo 360 numero 4, c.p.c., per non avere la Corte d'appello emesso alcuna pronuncia in ordine alla novità della domanda proposta con l'appello incidentale dalla F. , la quale, dopo aver rinunciato alla domanda di assegno divorzile prima del suo pensionamento, in primo grado aveva chiesto disporre a carico del ricorrente il pagamento del canone di locazione dell'immobile di residenza della signora F. , qualsiasi sia la soluzione abitativa della medesima signora F. e invece in secondo grado aveva chiesto in via incidentale di accertare il diritto della signora F. sino al suo pensionamento, a percepire dall'avv. Z. la somma di C650 per pagamento del canone di locazione e condannare in tal senso l'avvocato Z. , anche con refusione di arretrati ed interessi a decorrere dal mese di febbraio 2019 , rilevando che la prima domanda era nulla per indeterminatezza del petitum, poiché legata ad un'arbitraria scelta abitativa dell'ex coniuge, e la seconda formulata in appello era nuova, perché mai espressa nel precedente grado, e pertanto inammissibile ii con il secondo motivo la violazione o falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 6, in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 3, per avere la Corte d'appello stabilito l'assegno divorzile in favore dell'ex moglie in assenza della sua domanda, avendo la F. espressamente rinunciato a quella domanda ed avendo, anzi, contraddittoriamente la Corte di merito da un lato accolto l'appello dell'odierno ricorrente in punto di vizio di ultrapetizione e dall'altro erroneamente di seguito sussunto la domanda, nuova, della F. nella fattispecie di cui al citato articolo 5, neppure precisando, peraltro, in forza di quale titolo la somma di Euro650,00 di cui al dispositivo fosse dovuta all'ex moglie iii con il terzo motivo la nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione in violazione dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 4, per aver pronunciato oltre i limiti della domanda proposta in appello di pagamento del canone di locazione di Euro650,00 , che la F. aveva espressamente limitato quanto a durata temporale sino al suo pensionamento , chiedendo solo per il periodo successivo al pensionamento l'assegno divorzile di Euro 800,00 comprensivo del canone di locazione futuro iv con il quarto motivo la violazione o falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 6, articolo 2729 c.c., e articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, per avere la Corte d'appello riconosciuto alla F. l'assegno divorzile in assenza di prova dei requisiti di cui alla sentenza delle S.U. numero 18287/2018, sia in ordine al suo contributo endofamiliare, sia alla consistenza economica del suo patrimonio, essendo ella proprietaria di svariati immobili ereditati nel corso del giudizio, nonché per avere quantificato l'importo di Euro650,00 in maniera incongrua, senza considerare che era il canone locatizio per l'abitazione di quattro persone, mentre di seguito era stato abitato solo dalla F. . 2. I motivi primo e secondo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono fondati. 2.1. La stessa Corte d'appello ha dato atto che il Tribunale aveva disposto - oltre all'assegno di mantenimento dei figli maggiorenni a carico del padre - un assegno di Euro 400,00, a carico del marito ed a favore della moglie, fino al pensionamento della medesima, aumentabile a 600,00 Euro al momento del pensionamento della moglie. Entrambe le parti - l'ex marito con l'appello principale, l'ex moglie con l'appello incidentale - avevano censurato la sentenza di prime cure, nella parte in cui aveva riconosciuto un assegno di mantenimento alla moglie prima del suo pensionamento. Ed invero, nella memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, la moglie aveva rinunciato al riconoscimento di un assegno divorzile prima del pensionamento, avendo richiesto un assegno di Euro 800,00 mensili a seguito del pensionamento, la cui debenza è stata motivatamente esclusa dalla Corte d'appello con statuizione non impugnata, nonché il pagamento del canone di locazione dell'immobile, senza indicazione del relativo importo, e senza determinazione temporale alcuna. Solo nelle conclusioni dell'appello incidentale - inammissibilmente ex articolo 345 c.p.c. - la moglie aveva richiesto il pagamento della somma di Euro 650,00, per pagamento del canone di locazione , ma sino al suo pensionamento . La novità della domanda veniva tempestivamente eccepita dall'ex marito e odierno ricorrente. Orbene, la Corte territoriale, pur avendo dato atto che entrambe le parti concordano nel ritenere la sentenza viziata da ultrapetizione nella parte in cui ha accordato un assegno divorzile che, prima del pensionamento della beneficiaria, non sarebbe stato richiesto , ha, di seguito, qualificato il pagamento della somma di Euro 650,00 per canone di locazione, sino al pensionamento della moglie, - peraltro tardivamente richiamato in appello -, come contributo al mantenimento della moglie, ossia come assegno divorzile, sebbene quest'ultima avesse - e la stessa Corte ne ha dato atto - rinunciato espressamente a tale assegno. A riguardo, è pur vero che - come in alcune risalenti pronunce di questa Corte si è affermato -, in tema di assegno di divorzio e di contributo per il mantenimento del figlio è legittima la statuizione del giudice del merito che disponga a carico dell'ex coniuge obbligato il pagamento del canone di locazione e degli oneri accessori relativi alla casa familiare a titolo di contributo per il mantenimento del figlio ed a titolo di assegno divorzile Cass. 2932/1991 . Tuttavia, non solo l'affermazione di detto principio precede la nuova configurazione dell'assegno divorzile operata dalle S.U., con la decisione numero 18287/2018, ma anche e soprattutto la quantificazione dell'assegno commisurata al canone di locazione postula pur sempre la domanda dell'ex coniuge, essendo il riconoscimento dell'assegno divorzile subordinato alla domanda di parte Cass. 16066/2002 Cass. 3925/2012 Cass. 29920/2021 , mancante nel caso di specie. Si è detto che, come esplicitato anche nella sentenza impugnata, nè in primo nè in secondo grado l'ex moglie aveva chiesto l'assegno divorzile per il periodo anteriore al suo pensionamento, ma l'aveva chiesto per il periodo successivo, e detta domanda è stata, correttamente, rigettata dalla Corte territoriale, con statuizione non impugnata. La sostanziale qualificazione della domanda, come diretta ad ottenere l'assegno divorzile, effettuata dalla Corte di merito si pone, dunque, in contrasto con l'espressa enunciazione della corrispondente pretesa, che riguardava solo il pagamento del canone di locazione fino al pensionamento della F. , la quale riconosceva di aver rinunciato a chiedere l'assegno divorzile per quel periodo. A ciò si aggiunga che manca la pronuncia della Corte d'appello sull'eccezione di novità della domanda come proposta in appello, nonché sull'eccezione di assoluta indeterminatezza della domanda proposta in primo grado dall'odierna controricorrente in primo grado l'ex moglie aveva chiesto disporre a carico del ricorrente il pagamento del canone di locazione dell'immobile di residenza della signora F. , qualsiasi sia la soluzione abitativa della medesima signora F. . 3. I restanti motivi restano assorbiti dall'accoglimento dei primi due. 4. In conclusione, vanno accolti i motivi primo e secondo, con il conseguente assorbimento dei restanti, la sentenza impugnata è cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione, cui è pure demandata la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità. Va disposto che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 numero 196, articolo 52. P.Q.M. La Corte, accoglie i primi due motivi di ricorso e dichiara assorbiti i restanti cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti rinvia la causa alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, numero 196, articolo 52.