L’avvocato deve mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per questa e deve rendergliene conto sollecitamente, a pena di illecito deontologico. Quest’ultimo prescinde dalla sussistenza o meno di eventuali rilievi della condotta dal punto di vista penalistico appropriazione indebita o civilistico compensazione , posto che l’ordinamento forense è solo in minima parte influenzato dagli altri ed ha nella propria autonomia meccanismi diversi per valutare il disvalore attribuito alla condotta e la sua gravità.
Lo ha affermato il CNF con la sentenza numero 104 dello scorso 25 giugno 2022, con la quale ha accolto il gravame del COA di Venezia avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina di non luogo a procedere nei confronti di un avvocato tratto a giudizio per aver trattenuto la somma di 150mila euro riscossa per conto del cliente. In particolare, l'avvocato ammetteva il ricevimento di una somma addirittura superiore, ma eccepiva l'avvenuta compensazione con propri crediti professionali. Ricostruita la vicenda, il CNF ha sottolineato che la condotta costituisce violazione degli articolo 9 ex 5,6, 10 , 30.1 ex 41.1 , 31.1 ex 44 cod. deont. forense. Fermo restando infatti che l'avvocato può in via eccezionale ed in casi tassativamente previsti ovvero quando vi sia il consenso del cliente e della parte assistita quando si tratti di somme liquidate giudizialmente a titolo di compenso a carico della controparte e l'avvocato non le abbia già ricevute dal cliente o dalla parte assistita quando abbia già formulato una richiesta di pagamento del proprio compenso espressamente accettata dal cliente trattenere le somme ricevute a titolo di compensazione del compenso, negli altri casi il legale è sempre tenuto a mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse o detenute per suo conto. La giurisprudenza ha poi rimarcato come i principi dettati dalla norma deontologica e l'individuazione della corrispondente condotta violativa non possano subire condizionamenti dalla possibile applicazione delle norme civilistiche sulla compensazione, che non hanno infatti alcuna valenza scriminante sul pianto deontologico. Nel caso di specie è dunque ravvisabile l'illecito consistente «nella mancata immediata restituzione delle somme ricevute dall'avvocato in deposito fiduciario e nel trattenimento nel tempo delle stesse in assenza dei requisii dettati dalla norma deontologica per operare la compensazione. Tale illecito ha natura permanente che cessa solo nel momento in cui l'importo trattenuto illecitamente viene restituito all'avente diritto». Esclusa dunque l'intervenuta prescrizione, il CNF accoglie il ricorso del COA di Venezia e applica all'avvocato la sanzione della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per 6 mesi.
CNF, sentenza del 25 giugno 2022, numero 104