Amministrazione di sostegno: il diritto di autodeterminazione prevale sulle mere esigenze patrimoniali

Il parere negativo del beneficiario circa l’applicazione dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, qualora l’interessato sia una persona pienamente lucida e versi in una situazione di ridotta autonomia derivante da menomazioni esclusivamente fisiche, dev'essere tenuto in considerazione, rischiandosi altrimenti di ledere il diritto di autodeterminazione.

Il principio, già espresso precedentemente dalla Corte di Cassazione Cass. civ. n. 22602/2017 è stato recentemente posto alla base di due provvedimenti con cui la Suprema Corte ha accolto le istanze degli amministrati , ricorrenti avverso i provvedimenti di rigetto dei reclami proposti contro la sottoposizione alla forma di tutela in questione. In entrambi i casi giunti all'attenzione dei giudici, gli amministrati lamentavano una violazione dei principi di autodeterminazione e rispetto della vita privata nel primo caso Cass. civ., sez. I, ord., 4 novembre 2022, n. 32542 , destinataria di ads era una signora ritenuta eccessivamente fragile e in difficoltà economiche , nel secondo Cass. civ., sez. I, ord., 4 novembre 2022, n. 32623, testo in calce l'amministrato era affetto da sclerosi multipla e aveva una grave esposizione debitoria. In comune avevano che a nessuno era mai stata accertata alcuna menomazione della capacità di intendere e di volere, ma la misura tutelare era stata attuata per mere esigenze patrimoniali . L'amministrazione di sostegno presuppone, ricorda la Corte, comunque una condizione di - seppur non necessariamente totale - menomazione della capacità di intendere e volere, dalla quale deriva l'impossibilità di provvedere ai propri interessi, mentre è da escludersi che a tale forma di tutela possa ricorrersi nei casi in cui vi sia piena capacità di autodeterminarsi , ma la menomazione sia esclusivamente fisica e venga applicata per esigenze di gestione patrimoniale tale utilizzo limiterebbe ingiustificatamente il diritto di agire, a maggior ragione nel caso in cui la volontà contraria sia anche stata manifestata dal soggetto pienamente lucido Cass. civ. n. 29981/2020 . In sostanza, l'istituto in questione non può essere piegato” ad assicurare la tutela di interessi esclusivamente patrimoniali, ma deve essere impiegato per persone fragili e limitando comunque al minimo necessario l'ingerenza nel diritto di agire senza mortificare la persona. Qualora una persona lucida e affetta esclusivamente da patologie fisiche manifesti contrarietà all'applicazione , tale manifestazione di volontà deve essere considerata, altrimenti si incorre in una limitazione della libertà di autodeterminarsi. In entrambi i casi in questione, i giudici hanno ritenuto che i provvedimenti di nomina di amministratore si sostegno per i ricorrenti, adottati contra voluntatem , siano stati emanati in violazione dei principi di autodeterminazione, di dignità dell'interessato e, pertanto, la Corte di Cassazione ha accolto le doglianze dei ricorrenti e ha annullato i provvedimenti con i quali erano stati rigettati i reclami avverso la misura.

Presidente Genovese – Relatore Caprioli Ritenuto che Con decreto datato 9.12.2020 nell'ambito del procedimento nr 649/2020 la Corte di appello di Ancona rigettava il reclamo proposto da C.M.T. avverso il provvedimento del giudice tutelare del Tribunale di Ancona in data 24.9.2020 con il quale aveva dichiarato l'apertura dell'amministrazione di sostegno in favore della reclamante. La Corte distrettuale riteneva corretta la misura alla luce della situazione concreta attentamente vagliata dal Giudice tutelare. Evidenziava al riguardo che la relazione dei servizi sociali aveva messo in luce le difficoltà economiche in cui versava la reclamante la quale, pur non essendo affetta da una patologia tale da privare o limitare la sua capacità cognitive presentava una fragilità incidente sull'autonomia medesima nel provvedere ai propri interessi sicché la misura appariva necessaria in considerazione delle conseguenze che tale deficit determina nella gestione concreta del patrimonio. Sottolineava che la C., pur rilevando di essere attenta alle proprie necessità, non era in grado di respingere le richieste del fratello con il quale aveva un rapporto caratterizzato da tensioni. La Corte di appello osservava inoltre che nel corso dell'esame diretto della reclamante era emersa l'incapacità di gestire le disponibilità finanziarie in relazione alle difficoltà economiche in cui la stessa si trovava. In questo quadro il giudice del reclamo riteneva che la reclamante a causa delle condizioni di fragilità e di incapacità poteva essere indotta a porre in essere attività prive di una adeguata giustificazione e gravemente lesive sul piano economico incapace di attendere autonomamente ai propri interessi. Avverso tale decreto C.M.T. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Considerato che Con il primo motivo si deduce la violazione dell' art. 404 c.c. in relazione all' art. 360 c.p.c. comma 1 nr 3 c.p.c. per avere la Corte d'appello tenuto in considerazione la relazione dei Servizi sociali senza neanche valorizzare la documentazione prodotta dalla beneficiaria. Sostiene di non essere in condizione economiche precarie vivendo in un palazzo di proprietà composto da 4 appartamenti come dà atto la stessa relazione dei servizi sociali riporta che la beneficiaria vive e in modo oculato il proprio patrimonio centellinando le spese per sé lamentando che ciò non sia stato considerato dalla Corte di appello. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell' art. 13 della Cost in relazione all'art. 360 comma 1 nr 3 c.p.c. per non avere la Corte di appello preso in considerazione la volontà contraria alla misura di protezione espressa dalla reclamante in violazione dei principi di autodeterminazione e rispetto della vita privata e familiare. Preliminarmente va affermata la ricorribilità in cassazione del decreto impugnato, stante il contenuto decisorio dello stesso, concernente l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto per l'apertura dell'amministrazione di sostegno ciò alla luce del recente arresto delle Sezioni Unite Cass. Sez. U. numero 21985/2021 che hanno precisato che i decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno sono reclamabili ai sensi dell' art. 720 bis c.p.c. , comma 2, unicamente dinanzi alla Corte d'appello, quale che sia il loro contenuto decisorio ovvero gestorio , mentre, ai fini della ricorribilità per cassazione dei provvedimenti assunti in tale sede, la lettera della legge impone in ogni caso la verifica del carattere della decisorietà, quale connotato intrinseco delle statuizioni suscettibili di essere sottoposte al vaglio del giudice di legittimità. I motivi da esaminarsi congiuntamente in quanto aventi ad oggetto la comune problematica riguardante la sostituzione dell'amministratore, sono fondati. La Corte di appello, sulla scorta della relazione redatta dai servizi sociali ha ritenuto che l'odierna ricorrente, pur non affetta da una patologia tale da privare o limitare la stessa della capacità di comprensione, presentava una fragilità incidente sull'autonomia della stessa nel provvedere ai propri interessi considerando pertanto necessaria la misura in considerazione delle conseguenze che tale deficit determinava nella gestione concreta del patrimonio. In questa prospettiva ha evidenziato che la C., pur rilevando di essere attenta alle proprie necessità non era in grado di respingere le richieste economiche del fratello con il quale aveva un rapporto quantomeno caratterizzato da tensioni. Ha poi sottolineato che in base all'esame diretto della beneficiaria era emersa l'incapacità di gestire le disponibilità finanziarie in relazione alle difficoltà economiche in cui la medesima si trovava. Tale motivazione concretizza la falsa applicazione dell' art. 404 c.c. e della ratio che presidia l'istituto in esame. Va ricordato che può essere assoggetta ad amministrazione di sostegno la persona che, per effetto di un'infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell'impossibilità anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi. L'amministrazione di sostegno, introdotta dalla L. numero 6 del 2004, art. 3 innovando il sistema delle tutele previste in favore dei soggetti deboli, persegue la finalità di offrire, a chi si trovi - all'attualità - nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi per una qualsiasi infermità o menomazione fisica non necessariamente di ordine mentale Cass. numero 12998/2019 , uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire e che - a differenze dell'interdizione e dell'inabilitazione - sia idoneo ad adeguarsi alle esigenze del beneficiario, in ragione della sua flessibilità e della maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Detta misura, ancorché non esiga che la persona versi in uno stato di vera e propria incapacità di intendere o di volere, nondimeno presuppone una condizione attuale di menomata capacità che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi, mentre è escluso il ricorso all'istituto nei confronti di chi si trovi nella piena capacità di autodeterminarsi, pur in condizioni di menomazione fisica, in funzione di asserite esigenze di gestione patrimoniale, in quanto detto utilizzo implicherebbe un'ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona, tanto più a fronte della volontà contraria all'attivazione della misura manifestata da un soggetto pienamente lucido Cass. numero 29981/2020 . La valutazione della congruità e conformità del contenuto dell'amministrazione di sostegno alle specifiche esigenze del beneficiario, riservata all'apprezzamento del giudice di merito, richiede che questi tenga essenzialmente conto, secondo criteri di proporzionalità e di funzionalità, del tipo di attività che deve essere compiuta per conto dell'interessato, della gravità e durata della malattia o della situazione di bisogno in cui versa l'interessato, nonché di tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie, in modo da assicurare che il concreto supporto sia adeguato alle esigenze del beneficiario senza essere eccessivamente penalizzante v. Cass. numero 13584/2006 , numero 22332/2011 Cass. numero 18171/2013 Cass. numero 6079/2020 nel senso che l'ambito dei poteri dell'amministratore debba puntualmente correlarsi alle caratteristiche del caso concreto, v. Corte Cost. numero 4 del 2007 . L'istituto dell'amministrazione di sostegno, in altre parole, non può essere piegato ad assicurare la tutela di interessi esclusivamente patrimoniali, ma deve essere volto, più in generale, a garantire la protezione alle persone fragili in relazione alle effettive esigenze di ciascuna, ferma la necessità di limitare nella minor misura possibile la capacità di agire v. Cass. numero 19866-18 . A tale considerazione va aggiunto che l' art. 408 c.c. consente allo stesso beneficiario di designare l'amministratore di sostegno, in previsione della eventuale propria futura incapacità e ciò è stato ritenuto da questa Corte indice del principio di autodeterminazione, in cui si realizza uno dei valori fondamentali della dignità umana cfr. Cass. numero 23707-12 . Ora, salvo che non sia provocata da una grave patologia psichica, tale da rendere l'interessato inconsapevole finanche del bisogno di assistenza, pure l'opposizione alla nomina costituisce espressione di autodeterminazione e come tale non può non essere considerata dal giudice nel contesto della decisione che a lui si richiede. In altri termini, la volontà contraria all'attivazione della misura, ove provenga da una persona pienamente lucida, non può non esser tenuta in debito conto v. in tal senso, in motivazione, Cass. numero 22602-17 il che giustappunto si trae dal fatto che la condizione di ridotta autonomia, che si colleghi a menomazioni soltanto fisiche, è ben compatibile con l'esplicazione di una volontà libera, consapevole e dunque, in base allo statuto dei diritti di ogni persona, non coercibile. La Corte d'appello ha omesso ogni considerazione di tale decisivi aspetti, così finendo per distorcere l'istituto rispetto alle sue intrinseche finalità visto che la scarsa cognizione delle possidenze patrimoniali non è stata paventata come conseguenza di una patologia psico-cognitiva, ma come il semplice effetto dell'organizzazione di vita già da tempo assunta. In tema di amministrazione di sostegno, l'equilibrio della decisione deve essere garantito dalla necessità di privilegiare il rispetto dell'autodeterminazione della persona interessata, così da discernere le fattispecie a seconda dei casi. In conclusione, il ricorso va accolto il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione per il riesame alla luce dei principi espressi, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente grado. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. numero 196 del 30 giugno 2003 art. 52 P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità. Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a nonna del D.Lgs. numero 196 del 30 giugno 2003 art. 5 2.

Presidente Genovese – Relatore Caprioli Considerato che La Corte di Appello di Bologna ha rigettato il reclamo avverso il provvedimento del giudice tutelare che ha aperto il procedimento di amministrazione di sostegno in favore di R.M. con la nomina, come amministratore, della moglie di quest'ultimo, G.N., con poteri limitati alla cura della sua persona e co-amministratore l'avv C.F. , al quale era stata affidata la gestione patrimoniale La procedura è stata instaurata in virtù del ricorso proposto da R.I. e C.C., genitori del reclamante, affetto da sclerosi multipla. La Corte territoriale condivideva l'iter argomentativo che aveva condotto il giudice tutelare ad applicare la misura di protezione in favore del reclamante ritenendola rispondente alle esigenze economiche, personali ed esistenziali del beneficiario, sebbene l'indagine tecnica avesse escluso che la malattia del R. inficiasse la sua capacità di intendere e volere, nè la capacità di provvedere ai propri interessi. Il giudice del reclamo escludeva la strumentalità dell'apertura della procedura per l'ADS da parte dei genitori di R.M. sulla base di un risentimento verso la moglie del beneficiario sottolineando che i genitori invero proprio perché, preoccupati dall'ingente esposizione debitoria del figlio nonché dalla repentina partenza della moglie per far rientro nel paese d'origine, avevano chiesto una forma di assistenza per R.M. in modo che non vedesse pregiudicata la sua conduzione quotidiana di vita. Evidenziava poi che solo grazie all'intervento dell'avv C. era stata garantita una continuità di supporto e di servizio di assistenza domiciliare durante l'assenza della moglie, come si è detto, nominata amministratore di sostegno per la cura della persona. La Corte osservava che la capacità dell'amministrato di condurre l'attività lavorativa in ambito informativo svolta con dedizione e sacrificio, pur apprezzabile, non consentiva di giustificare la grave situazione di dissesto economico che si era creata negli anni circa Euro 40.000,00 di debiti che rischiava di portarlo alla perdita dell'alloggio Ater. Il giudice del reclamo, pertanto, riteneva che gli evidenti problemi di gestione patrimoniale potevano trovare una soluzione nell'aiuto del Co-ads figura che coinvolge il beneficio informandolo e consultandolo al fine di effettuare le migliori scelte. Avverso questa pronuncia R.M. . ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria, R.I. e C.C. . Ritenuto che Con un primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della normativa di cui alla L. 9 gennaio 2004 in relazione all'art. 360 comma 1 nr 1 c.p.c. per aver la Corte di appello riconosciuto nella figura dell'ADS un ausilio per una malattia invalidante a livello fisico e per una esposizione debitoria. Con un secondo motivo si denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ai sensi dell' art. 360 comma 1 nr 3 c.p.c. per avere la Corte fornito una motivazione illogica rispetto alle conclusioni della c.t.u. In via pregiudiziale, va osservato che il ricorso per cassazione è ammissibile, essendo certamente ricorribile per cassazione - per la sua incidenza in maniera definitiva su diritti personalissimi - il decreto della Corte d'appello che nega l'apertura dell'amministrazione di sostegno Cass., 20/07/2016, numero 14983 , essendo ricorribili, ex art. 720 bis c.p.c. , u.c., tutti i decreti aventi carattere decisorio - come quello che apre o denega l'apertura del procedimento in questione - poiché assimilabili, per loro natura, alle sentenze di interdizione ed inabilitazione Cass., 28/09/2017, numero 22693 Cass., 20/04/2018, numero 9839 . I motivi da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto la comune problematica riguardante la sostituzione dell'amministratore, sono fondati. La finalità cui tende l'amministrazione di sostegno è quella di proteggere le persone fragili, ovvero coloro che si trovano in difficoltà nel gestire le attività della vita quotidiana e i propri interessi, o che addirittura si trovano nell'impossibilità di farlo art. 1, della Legge istitutiva, numero 6 del 2004 tutelare le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana . . Tuttavia, nell'appena menzionato art. 1, si avvertono i destinatari delle prescrizioni normative che la tutela dell'amministrato deve avvenire con la minore limitazione possibile della capacità di agire A tal riguardo si è giustamente parlato dell'esistenza di una precisa direttiva tesa a - non mortificare la persona, da realizzare evitando o riducendo, quanto più possibile, la limitazione della capacità di agire dell'interessato così da non intaccare la dignità personale del beneficiario art. 2 Cost. , conservandogli il più possibile la capacità di agire. Non a caso questa Corte Cass. Sez. 1, Sentenza numero 23707 del 2012 ha chiarito che l' art. 408 c.c. , il quale ammette la designazione preventiva dell'amministratore di sostegno da parte dello stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, è espressione del principio di autodeterminazione della persona, in cui si realizza il valore fondamentale della dignità umana, ed attribuisce quindi rilievo al rapporto di fiducia interno fra il designante e la persona prescelta, che sarà chiamata ad esprimerne le intenzioni in modo vincolato . Tralasciando il caso in cui l'interessato rifiuti il consenso o, addirittura, si opponga alla nomina dell'amministratore di sostegno proprio a causa della patologia psichica da cui egli è afflitto, ciò che lo rende inconsapevole del bisogno di essere aiutato e, per tale ragione, riluttante all'ingerenza di altri nella propria quotidianità , diversamente la volontà contraria all'attivazione della misura di sostegno, ove provenga da persona pienamente lucida come si verifica allorquando la limitazione di autonomia si colleghi ad un impedimento principalmente o soltanto di natura fisica non può non essere tenuta in debita considerazione. In tali casi, il difficile equilibrio che il giudice chiamato a risolvere il conflitto dovrà trovare, deve essere guidato dalla necessità di privilegiare il rispetto dell'autodeterminazione dell'interessato, distinguendo il caso in cui la protezione sia già di fatto assicurata in via spontanea dai familiari o dal sistema di deleghe in precedenza attivato autonomamente dal disabile stesso da quello in cui la scelta della nomina dell'amministratore di sostegno s'imporrà perché non vi siano supporti e la riluttanza della persona fragile si fondi su un senso di orgoglio ingiustificato, con il rischio di non dare una adeguata tutela ai suoi stessi interessi. Alla luce di tali premesse, si comprende che le doglianze esposte con i due motivi, risultino fondati in quanto il provvedimento di assoggettamento del ricorrente all'amministrazione di sostegno, contra voluntatem suam, non risulta adottato nel solco dei principi anzidetti. Nessun accertamento infatti è stato svolto sulla potenzialità di una funzione vicariante della moglie o della predisposizione di un sistema di deleghe che possa supportare il ricorrente negli aspetti più complessi della gestione non ordinaria del suo patrimonio assicurando al medesimo soggetto il perseguimento dei propri interessi, secondo i principi di autodeterminazione e di rispetto della dignità dell'interessato. Le caratteristiche proprie dell'amministrazione di sostegno impongono che l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge sia compiuto in maniera specifica, circostanziata e focalizzata, sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario, sia rispetto alla incidenza della stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, verificando la possibilità, in concreto, che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio avvalendosi, in tutto o in parte, di un sistema di deleghe o di una rete familiare. La decisione va pertanto cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione perché proceda ad una nuova valutazione nei termini sopra esposti. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. numero 196 del 30 giugno 2003 art. 52 . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità. Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. numero 196 del 30 giugno 2003 art. 5 2.