L’onere della prova per ottenere la restituzione di beni confluiti nell’attivo fallimentare

L’accoglimento della domanda di restituzione presentata ai sensi dell’art. 103 l. fall. impone al giudice di verificare l’avvenuta dimostrazione, anche secondo i principi di efficacia del regime concorsuale, da un lato del titolo dell’affidamento del bene al fallito e dall’altro del titolo della disponibilità attuale del bene in capo all’istante, tale da giustificare la restituzione in suo favore e con prevalenza rispetto al curatore.

Il Giudice delegato al fallimento di una S.r.l. respingeva la richiesta di restituzione dei beni avanzata da un'altra società in forza di un contratto di comodato. Secondo il giudice delegato, l'istante non aveva fornito la prova della proprietà dei beni oggetto di rivendicazione. Il Tribunale di Brescia confermava la decisione. La società ha proposto ricorso per cassazione. La Corte ricorda che secondo l' art. 103 l. fall . ai procedimenti che hanno ad oggetto domande di restituzione o di rivendicazione, si applica il regime probatorio previsto nell' articolo 621 del codice di procedura civile . Il riferimento a domande di restituzione o di rivendicazione” non contiene un'endiadi, ma contempla due domande di natura diversa, l'una la rivendicazione tesa a far valere la proprietà o un differente diritto reale, l'altra la restituzione riguardante un diritto personale fondato su un titolo contrattuale ovvero sul venir meno degli effetti di un contratto entrambe, comunque, recano un titolo del terzo incompatibile con la prosecuzione della disponibilità del bene in capo alla procedura . Ciò posto, la norma prevede in entrambi i casi il medesimo regime probatorio di cui all' art. 621 c.p.c. . In generale, secondo la giurisprudenza di legittimità, posto che la dichiarazione di fallimento comporta un pignoramento generale dei beni del fallito, la rivendica di beni inventariati ha la stessa natura e risponde alle stesse regole dell' opposizione di terzo all'esecuzione artt. 619 e ss. c.p.c. , cfr. Cass. 12684/2004 Cass. 7078/1997 . Da tale affermazione discende che, come l'opposizione ex art. 619 cod. proc. civ. dà vita a un ordinario giudizio di cognizione in cui il fatto costitutivo della pretesa è il diritto del terzo opponente di sottrarre il bene pignorato all'esecuzione e non costituisce una rivendicazione in senso stretto, ma un'azione di accertamento dell'illegittimità dell'esecuzione così la domanda di rivendicazione o restituzione presentata ai sensi dell' art. 103 l. fall . intende sollecitare una corretta individuazione del diritto, reale o personale , su beni che, in quanto appartenenti o spettanti all'istante, al momento di avvio della procedura concorsuale erano soltanto nella disponibilità materiale del fallito, ma non facevano parte del suo patrimonio e dunque non devono essere ricompresi nell'attivo concorsuale . In entrami i casi, l' onere della prova incombe su chi da una propria affermazione pretende di far derivare conseguenze giuridiche a sé favorevoli. In conclusione, la Corte cristallizza il principio secondo cui per cui l'accoglimento della domanda di restituzione presentata ai sensi dell' art. 103 l. fall . impone al giudicante di verificare l' avvenuta dimostrazione , anche secondo i principi di efficacia del regime concorsuale, da un lato del titolo dell'affidamento del bene al fallito, dall'altro del titolo della disponibilità attuale del bene in capo all'istante, tale da giustificare, con la prevalenza rispetto al curatore, la restituzione in suo favore . Nel caso di specie, avendo correttamente affermato che l'opponente non aveva dimostrato il titolo di proprietà a giustificazione della restituzione dei beni oggetto della domanda, la pronuncia impugnata si sottrae alle censure mosse dalla società ricorrente e il ricorso viene dunque rigettato.

Presidente Ferro – Relatore Pazzi Rilevato che 1. Il giudice delegato al fallimento di omissis s.r.l. respingeva la domanda di restituzione dei beni indicati nel contratto di comodato datato 9.11.2015 e registrato in pari data presso l'Agenzia delle Entrate di omissis v. pag. 1 del decreto impugnato presentata da T. s.r.l., ritenendo che l'istante non avesse fornito la prova della proprietà dei beni rivendicati. 2. Il Tribunale di Brescia, a seguito dell'opposizione proposta da T. s.r.l., ricordava che colui che agisce in rivendica deve provare di essere proprietario dei beni di cui chiede la restituzione e la sussistenza del titolo in forza del quale i beni sono stati affidati al fallito, mentre nel caso di specie le fatture di acquisto prodotte dall'opponente erano prive di data certa e risultavano, comunque, inidonee a provare la proprietà dei beni. Osservava, inoltre, che oggetto della domanda di rivendica erano beni fungibili privi di matricola o di altri elementi idonei a identificarli con certezza, sicché, anche tenendo conto delle fatture prodotte, non vi era prova che i beni ivi descritti fossero quelli indicati nella domanda restitutoria. 3. Per la cassazione del decreto di rigetto dell'opposizione, depositato in data 20 aprile 2021, ha proposto ricorso T. s.r.l. prospettando tre motivi di doglianza. L'intimato fallimento di omissis s.r.l. non ha svolto difese. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c Considerato che 4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell' art. 112 c.p.c. , in quanto il tribunale, intendendo la domanda quale mera istanza di rivendica, non si è avveduto dell'ulteriore richiesta di restituzione dei beni avanzata da T. s.r.l., che prescindeva dall'esistenza di un diritto reale in capo all'istante, e ha omesso di pronunciarsi a questo proposito. 4.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione della L. fall. artt. 2704 c.c., 45, 93 e 103 e l'omesso esame di un fatto decisivo il tribunale, focalizzando la propria attenzione sulla domanda di rivendica, non ha considerato che, ai fini dell'accoglimento della diversa domanda di restituzione, occorreva far riferimento al solo contratto di comodato stipulato con la fallita piuttosto che alle fatture di acquisto dei beni, contratto la cui data certa era dimostrata dalla registrazione effettuata quattro anni prima della dichiarazione di fallimento. 4.3 Il terzo motivo di ricorso si duole dell'omesso esame di un fatto decisivo nonché della violazione e falsa applicazione dell' art. 1803 c.c. il tribunale, nel ritenere che la domanda presentata riguardasse beni privi di matricola o di altri elementi idonei a identificarli con certezza, ha omesso di tenere conto del contenuto del contratto di comodato e della perizia di stima redatta per conto del fallimento, al cui interno erano indicati i numeri di matricola identificativi dei beni chiesti in restituzione. 5. I motivi, da esaminare congiuntamente, risultano - a giudizio di questo Collegio - il secondo non fondato, gli altri, di conseguenza, inammis sibili. 5.1 Il tribunale, pur qualificando la domanda proposta quale istanza di rivendica , ha comunque aggiunto che il suo oggetto era la restituzione dei beni indicati nel contratto di comodato datato 9.11.2015 pag. 1 del decreto impugnato . L'istanza presentata conteneva, dunque, anche una domanda di restituzione, come dimostra il contenuto dell'atto di opposizione - il cui tenore può essere esaminato da questa Corte, quale giudice del fatto processuale - ove T. s.r.l. aveva così formalizzato la propria richiesta nel merito, in accoglimento della presente opposizione ed a modOcazione dello stato passivo delle rivendiche, per le ragioni tutte esposte in narrativa, autorizzare l'opponente T. SRL a rientrare nel pieno possesso dei propri beni, come indicati nel contratto di comodato datato 09/ 11 / 201 5, registrato in pari data presso l'Agenzia delle Entrate di omissis al numero 2102 Serie 3 e meglio identificati in narrativa, disponendone la restituzione e la consegna in favore della opponente . Rispetto a questa seconda domanda il tribunale, in effetti, ha omesso di adottare un'espressa statuizione, soffermandosi soltanto sulla richiesta di rivendica. 5.2 Il disposto dell'art. 103 1. fall. prevede, testualmente, che ai procedimenti che hanno ad oggetto domande di restituzione o di rivendicazione, si applica il regime probatorio previsto nell' art. 621 del codice di procedura civile . La dizione domande di restituzione o di rivendicazione non contiene un'endiadi, ma fa riferimento a due domande di natura diversa, l'una la rivendicazione tesa a far valere la proprietà o un differente diritto reale, l'altra la restituzione riguardante un diritto personale fondato su un titolo contrattuale ovvero sul venir meno degli effetti di un contratto entrambe, comunque, recano un titolo del terzo incompatibile con la prosecuzione della disponibilità del bene in capo alla procedura. 5.3 La norma, inoltre e però unitariamente, prevede l'applicazione del medesimo regime probatorio previsto dall' art. 621 c.p.c. Una simile previsione normativa, essendo stata introdotta dal d. lgs. 5/2006 sulla scorta della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, poiché la dichiarazione di fallimento attua un pignoramento generale dei beni del fallito, le rivendiche dei beni inventariati proposte nei confronti del fallimento hanno la stessa natura e soggiacciono alla stessa disciplina delle opposizioni di terzo all'esecuzione, regolate per l'esecuzione individuale dagli artt. 619 e ss. c.p.c. cfr. Cass. 12684/2004 , Cass. 7078/1997 , Cass. 6482/1984 , deve essere intesa come richiamo non solo dello specifico disposto dell' art. 621 c.p.c. , ma, più in generale, anche dei principi che regolano l'opposizione di terzo all'esecuzione. E ciò con riguardo, per esplicita volontà del legislatore, sia alle domande di rivendica che a quelle di restituzione. 5.4 Allora, come l'opposizione ex art. 619 c.p.c. dà vita a un ordinario giudizio di cognizione in cui il fatto costitutivo della pretesa è il diritto del terzo opponente di sottrarre il bene pignorato all'esecuzione e non costituisce una rivendicazione in senso stretto, ma un'azione di accertamento dell'illegittimità dell'esecuzione si veda, per tutte, Cass. 40751/2021 e i richiami ivi contenuti a Cass. 15278/2003 e Cass. 2639/1978 , così la domanda di rivendicazione o restituzione presentata ai sensi dell' art. 103 L. fall . intende sollecitare una corretta individuazione del diritto, reale o personale, su beni che, in quanto appartenenti o spettanti all'istante, al momento di avvio della procedura concorsuale erano soltanto nella disponibilità materiale del fallito, ma non facevano parte del suo patrimonio e dunque non devono essere ricompresi nell'attivo concorsuale cfr. Cass. 2737/2021 . In ambedue i contesti l'iniziativa processuale assunta dal soggetto estraneo alla procedura resta soggetta al generale principio per cui l'onere della prova incombe su chi da una propria affermazione pretende di far derivare conseguenze giuridiche a sé favorevoli, cosicché grava sull'istante l'onere di provare il fatto giuridico dal quale egli fa discendere il suo preteso diritto sui beni mobili sottoposti ad esecuzione, individuale o collettiva Cass. 1506/1972 . 5.5 Ne discende che anche colui che chiede la restituzione ex art. 103 1. fall. non può limitarsi a dare prova del titolo in base al quale il bene fu dato al fallito così giustificandone la mera detenzione , perché una simile prova, se è sufficiente all'accoglimento in sede di cognizione di un'azione personale di restituzione del bene in precedenza consegnato si veda, in tema di contratto di comodato, Cass. 21853/2020 , non basta in sede concorsuale a dimostrare che il diritto personale vantato dall'istante giustifichi altresì la sottrazione del bene all'esecuzione collettiva cfr. Cass. 4222/1998 , concernente un'opposizione ex art. 619 c.p.c. proposta dal comodante . Infatti, l'istante è chiamato a provare non soltanto, come detto, l'affidamento del bene al fallito, ma anche il suo diritto a riottenere la restituzione del bene con prevalenza sulle ragioni della procedura, per essere titolare di un diritto a disporne all'attualità. Va dunque affermato il principio per cui l'accoglimento della domanda di restituzione presentata ai sensi dell'art. 103 1. fall. impone al giudicante di verificare l'avvenuta dimostrazione, anche secondo i principi di efficacia del regime concorsuale, da un lato del titolo dell'affidamento del bene al fallito, dall'altro del titolo della disponibilità attuale del bene in capo all'istante, tale da giustificare, con la prevalenza rispetto al curatore, la restituzione in suo favore. 5.6 L'applicazione di questi principi conduce a ravvisare l'infondatezza del secondo motivo di ricorso. Invero, lo stesso odierno ricorrente sostiene di aver avuto la piena disponibilità dei beni concessi in comodato al fallito per averne acquistato la proprietà in epoca precedente v. pag. 5 del ricorso . Una simile prospettazione imponeva a chi domandava la restituzione di dare prova, attraverso documentazione avente data certa e perciò opponibile alla procedura ex art. 2704 c.c. , non solo del titolo di affidamento dei beni al fallito, ma anche del titolo di proprietà che giustificava la restituzione con prevalenza sulle ragioni della procedura. Prova, quest'ultima, che non poteva discendere dal contratto di comodato, il quale era inadatto a dimostrare il diritto di proprietà un simile negozio, infatti, prescinde dalla sussistenza del diritto di proprietà in capo al comodante e pertanto, se può valere a dimostrare, ove abbia data certa, l'affidamento al debitore, in una determinata epoca, da parte dell'istante, quale comodante, dei beni che ne costituiscono l'oggetto, non è invece di per sé idoneo a provare il suo diritto di proprietà sui medesimi beni v. Cass. 4222/1998 , Cass. 3664/1996 , Cass. 7564/1994 , Cass. 1478/86 . Perciò il tribunale, anche in funzione del vaglio della domanda di restituzione, doveva constatare che l'opponente non aveva adeguatamente assolto l'onere probatorio che su di lui incombeva, avendo fornito la dimostrazione, con documentazione dotata di data certa, soltanto del titolo di affidamento dei beni al fallito, ma non del titolo di proprietà che, a suo dire, giustificava la restituzione accertamento rimasto incontestato da parte di T. s.r.l. 5.7 Ne discende l'inammissibilità delle altre censure, per mancanza di decisività, dato che da un lato l'esame della domanda di restituzione non avrebbe, comunque, potuto condurre ad un accoglimento dell'opposizione, in ragione del deficit probatorio che la inficiava, dall'altro la limitata documentazione di data certa che era stata prodotta, essendo inidonea ad assolvere appieno l'onere probatorio che incombeva su chi sollecitava la restituzione, non valeva di per sé ad accogliere la domanda. 6. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto. La mancata costituzione in questa sede della procedura concorsuale intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 30 maggio 2002, art. 13 , comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. numero 228 del 24 dicembre 2012, art. 1 , comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.