L’età del minore nella sottrazione internazionale

La Corte di Cassazione numero 32194/2022 ha affermato che “in materia di sottrazione internazionale di minore, quando un bambino, in condizione non scolare, nei primi mesi di vita, sia effettivamente custodito dalla madre, in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede abitualmente il padre, ai fini dell’individuazione della residenza abituale del minore, concetto idoneo ad integrare il presupposto della fattispecie sottrattiva, occorre fare riferimento all’ambiente sociale e familiare e alla cerchia delle persone da cui lo stesso minore dipende e che egli necessariamente condivide, come rilevato dalla giurisprudenza eurounitaria […]».

«[…] Ai fini dell'accertamento di tale residenza abituale , occorre prendere in considerazione, da un lato, la regolarità, le condizioni e i motivi del pregresso soggiorno della genitrice nel territorio del primo Stato membro e, dall'altro, le relazioni familiari e sociali effettivamente intrattenuti da quest'ultima e dal minore, con essa convivente, nel medesimo Stato membro, verificando se,  al momento in cui è stato adito il giudice, la madre e il minore, che dipende da quest'ultima, fossero presenti in modo stabile nel territorio di quello Stato e se, in considerazione della sua durata, della sua continuità, delle sue condizioni e ragioni, tale soggiorno denoti una apprezzabile integrazione del genitore in questione in un ambiente sociale, perciò condiviso con il minore, pur non potendosi trascurare l'altro genitore con cui il minore mantenga contatti regolari». In fatto. La Corte di Cassazione si è pronunciata con sentenza sul ricorso iscritto dalla madre italiana avverso il decreto del Tribunale dei minorenni dello Stato in cui è avvenuto il trasferimento e che disponeva il ritorno immediato in Spagna del minore. Il Tribunale dei Minorenni, adito dal PM, su richiesta dell'Autorità Centrale Convenzionale Italiana, nell'ambito di un procedimento per sottrazione internazionale del minore , disponeva con decreto il ritorno immediato in Spagna del bambino. In particolare i giudici sostenevano che il minore, una volta cessata la relazione sentimentale tra i genitori, era stato condotto in Italia senza il consenso del padre e che, in ordine al presupposto della disciplina in materia di sottrazione internazionale del minore, rappresentato dalla residenza abituale del fanciullo prima del suo trasferimento o del mancato rientro, rilevava il fatto che questo era nato in Spagna, ove aveva continuato a vivere anche dopo la separazione dei genitori, e che il padre esercitava effettivamente il diritto di affidamento sul minore al momento del suo trasferimento in Italia insieme alla madre. I giudici rilevavano anche che, avverso tale pronuncia di rimpatrio immediato, non era ravvisabile, ai sensi dell'articolo 13 lett. B della Convenzione dell'Aja del 1980, neppure alcun rischio fondato per il minore di pericoli fisici e psichici, soprattutto considerato che il piccolo aveva un buon rapporto con il padre e con i parenti di quest'ultimo. Infine, il Tribunale sottolineava anche che la madre, in tale situazione, poteva decidere liberamente di fare ritorno in quella Nazione, nella quale aveva già vissuto, per stare assieme al figlio, nell'attesa che sulla questione della residenza abituale del bambino si fosse l pronunciata l'Autorità competente Giudiziaria. In realtà, poi, gli Ermellini, nel cassare il decreto del Tribunale rilevavano sulla fattispecie che il Tribunale dei minorenni avrebbe dovuto considerare il fatto che la madre si trovava in Spagna per un seguire il Progetto Erasmus e che nel Paese ospitante non aveva mai lavorato, né instaurato rapporti significativi eccetto la relazione sentimentale terminata. La stessa aveva inoltre convissuto con il padre del bambino per un solo mese e in casa della madre di lui e, dopo la rottura del rapporto sentimentale, sino al suo rientro in Italia, aveva preso in locazione un'abitazione, ove conviveva solo con il neonato. In Italia, invece, la madre aveva reperito un lavoro stabile, aveva una casa di proprietà e viveva un contesto familiare di origine sereno. In diritto residenza abituale nella Convenzione dell'Aja e nel Regolamento 2003. Il concetto di residenza abituale recepito dalla convenzione dell'Aja e dal regolamento EU 2003 non coincide con quello di domicilio accolto dal nostro codice civile e inteso come sede principale degli affari ed interessi di una persona. La residenza abituale del minore deve intendersi quel luogo in cui il bambino, grazie anche ad una durevole stabile permanenza ancorché di fatto, trovi riconosce il baricentro dei suoi legami affettivi , non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua vita quotidiana di relazione. Non rinveste invece alcuna importanza, in un giudizio finalizzato all'adozione del provvedimento d'urgenza, l'alibi di presunte radici culturali, la profondità e significatività del legame affettivo con l'adulto autore della sottrazione o l'avvenuto inserimento scolastico nella città di residenza di quest'ultimo. Una volta poi accertato, in capo al genitore richiedente il rimpatrio, l'effettivo esercizio del diritto di affidamento al momento del trasferimento nonché il luogo costituente residenza abituale del minore, costituiscono condizioni ostative al rientro solo il infondato rischio del minore di essere sottoposto a pericoli fisici o psichici o, comunque, di trovarsi in una situazione intollerabile. Altro elemento che il Tribunale è chiamato a valutare nella sua decisione è la volontà del minore , quando questo abbia raggiunto un'età e un grado di maturazione tale da giustificare il rispetto della sua opinione. L' età del minore riveste un'importanza particolare in tutte le valutazioni delle condizioni del caso. Infatti, in generale, l'ambiente di un minore in tenera età è essenzialmente l'ambiente familiare, determinato dalla persona o dalle persone di riferimento con le quali lo stesso vive, da cui è effettivamente accudito e che si prendono cura di lui. Pertanto, laddove si tratti della situazione di un neonato che soggiorna da un breve periodo con la madre nello Stato membro in cui è stato portato, devono essere presi particolarmente in considerazione, da un lato, la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio dello Stato membro, nonché del trasferimento della madre in detto stato e dall'altro, deve essere considerata l'età del minore, l'origine geografica e familiare della madre nonchè i rapporti familiari e sociali che la madre e il minore intrattengono in quello stesso Stato membro. Inoltre, poiché il neonato condivide necessariamente l'ambiente sociale familiare della cerchia di persone da cui dipende, ove si effettivamente accudito dalla madre, occorre valutare l'integrazione di quest'ultima con il suo ambiente sociale e familiare, potendo rilevare le ragioni del trasferimento verso un altro Stato membro della madre del minore, le sue conoscenze linguistiche o ancora le sue origini geografiche familiari. In sostanza, i fattori rilevanti ai fini del giudizio sull'integrazione stabile del minore in un ambiente familiare sociale in un dato paese variano in funzione dell'età del minore interessato e, quando si tratta di un neonato, ovvero quando questo è effettivamente costituito dalla madre, in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede abitualmente il padre, occorre prendere in considerazione segnatamente, da un lato, la regolarità le condizioni motivi del soggiorno della genitrice nel territorio del primo Stato membro e, dall'altro, le origini geografiche familiare della madre, nonché le relazioni familiari sociali intrattenuti da quest'ultima dal minore nel medesimo Stato membro. Certo è che nelle valutazioni anzidette non è comunque trascurabile la presenza dell'altro genitore, soprattutto qualora il minore mantenga contatti regolari con questo ultimo e in quanto facente parte anche esso dell'ambiente familiare in cui il neonato vive quotidianamente. Tutti i fattori e criteri anzidetti devono essere tenuti in considerazione dal Tribunale nella determinazione del provvedimento d'urgenza specificando che, in ogni caso, tale pronuncia, anche quando non disponga il rimpatrio del minore verso lo stato membro del padre, non incide sul diritto del genitore di esercitare i diritti di affidamento, essendo tale diritto una questione estranea al giudizio avente ad oggetto la sottrazione internazionale del minore. In conclusione. Tutto quanto premesso, la Corte di Cassazione concludeva ritenendo che il Tribunale aveva errato nella sua pronuncia poiché aveva dato rilievo unicamente al luogo di nascita del minore e contatti regolari con il padre avuti per i pochi mesi trascorsi in Spagna pertanto, usando il principio di diritto in apice riportato, secondo il quale, in estrema sintesi, occorre fare riferimento all'ambiente sociale e familiare e alla cerchia delle persone da cui lo stesso minore dipende e che egli necessariamente condivide, accoglieva il ricorso della madre, cassava il decreto impugnato e rinviava al Tribunale per i Minorenni diversa composizione.

Presidente Genovese – Relatore Iofrida Fatti di causa Il Tribunale per i minorenni di Sassari, con decreto numero cronol. 635/2022 depositato in data 1/6/2022, ha disposto il ritorno immediato in Omissis del minore M.F.G.P., nato a Omissis il Omissis , dall'unione tra il cittadino spagnolo M.D.A. e la cittadina italiana F.A., nell'ambito di un procedimento per sottrazione internazionale di minore avviato, nel marzo dello stesso anno, dal PM presso il Tribunale per i minorenni, su richiesta dell'Autorità Centrale Convenzionale Italiana, ai sensi della L. numero 64 del 1994, articolo 7, di ratifica della Convenzione dell'Aja del 25/10/1980. In particolare, i giudici hanno sostenuto che il minore, in data 30/11/2021, una volta cessata la relazione sentimentale tra la F. ed il M., era stato condotto in Italia, in Sardegna, dalla F., senza il consenso del padre e che, in ordine al presupposto della disciplina in materia di sottrazione internazionale di minore, rappresentato dalla residenza abituale dello stesso prima del suo trasferimento o del mancato rientro, rilevava il fatto che il minore era nato, nell' Omissis , in Omissis , ove aveva continuato a vivere sino al 30/11/2021 anche dopo la separazione dei genitori , e che il padre esercitava effettivamente il diritto di affidamento sul minore che frequentava con regolarità al momento del suo trasferimento, insieme madre, in Italia pur vivendo nell'attualità il minore ad Olbia in un contesto familiare certamente adeguato , neppure era ravvisabile, ai sensi dell'articolo 13, lett. b della Convenzione, un fondato rischio per il minore, in caso di suo rientro in Omissis , a pericoli fisici e psichici, considerato che il piccolo aveva un buon rapporto con il padre e con la di lui madre, la quale anche in passato si era dimostrata disponibile a prendersi cura del nipote ed ad aiutare entrambi i genitori del bambino, anche dopo la loro separazione, mentre la F. potrebbe liberamente decidere di fare ritorno in quella Nazione, nella quale ha già vissuto avendo ricevuto in passato anche diverse offerte di lavoro , per stare assieme al figlio, in attesa che sulla questione della residenza abituale del bambino si pronunci la competente autorità giudiziaria . Avverso la suddetta pronuncia, F.A. propone ricorso per cassazione, notificato il 19/07/2022, affidato a tre motivi, nei confronti di M.D.A. che resiste con controricorso, notificato il 27/7/2022 . La ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. La ricorrente lamenta a con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c. , numero 3, degli articolo 3 e 4 Convenzione dell'Aja del 25/10/1980, in relazione alle nozioni di residenza abituale che presuppone una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, occorrendo tener conto di tutte le circostanze di fatto specifiche , e di effettivo esercizio del diritto di affidamento del minore b con il secondo motivo, ex articolo 360 c.p.c. , numero 5, vizio motivazionale, per omesso esame di fatto storico decisivo, rappresentato dal fatto che il piccolo ha vissuto a Cordoba solo per i primi tre mesi della sua vita, cosicché non può avere conservato alcun ricordo né legami affettivi, mentre lo stesso dal novembre 2021 vive ad Omissis , in casa di proprietà della madre, la quale ivi lavora, ed ha relazioni affettive con i nonni materni, e motivazione apparente ed illogica della pronuncia, in punto di esclusione di grave pregiudizio del minore conseguente alla separazione dalla madre, la quale per vivere in Omissis sarebbe costretta a lasciare la propria casa ed il lavoro in Sardegna per cercare un appartamento in affitto in cui vivere e trovare un nuovo lavoro per potere mantenere sé stessa ed il figlio c con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c. , numero 3, dell'art13 della Convenzione dell'Aja del 25/10/1980, in relazione al fondato rischio per il minore di trovarsi in una situazione intollerabile, in caso di suo rientro in Omissis , previa separazione dalla madre, in luogo privo di riferimenti, tra persone sconosciute che non parlano la sua lingua considerato che il padre si è rifiutato di fargli visita in Sardegna e quindi non lo vede dal novembre 2021 . 2. Le prime due censure, da trattare unitariamente, perché connesse, sono fondate, con assorbimento dell'ultima. La disciplina sulla sottrazione internazionale, di cui alla Convenzione dell'Aja del 1980, resa esecutiva in Italia nel 1994, mira a tutelare il minore contro gli effetti nocivi del suo illecito trasferimento o mancato rientro nel luogo ove egli svolge la sua abituale vita quotidiana, sul presupposto della tutela del superiore interesse dello stesso alla conservazione delle relazioni interpersonali che fanno parte del suo mondo e costituiscono la sua identità Corte Cost. 231/2001 . L'articolo 3 della Convenzione prescrive che il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e se tali diritti saranno effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze. Il diritto di custodia citato al capoverso a di cui sopra può in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato. L'articolo 12 della Convenzione recita Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell'articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino alla presentazione dell'istanza presso l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l'autorità adita ordina il suo ritorno immediato. L'Autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente . L'articolo 13 stabilisce poi che l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non sia tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno, dimostri a che la persona, l'istituzione o l'ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno o b che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile . L'Autorità giudiziaria o amministrativa può altresì, sempre secondo l'articolo 13, rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un'età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere . Con riguardo specifico all'individuazione del concetto di residenza abituale recepito dalla convenzione dell'Aja e dal Regolamento UE 2003, esso non coincide, peraltro, con quello di domicilio , quale sede principale degli affari ed interessi di una persona, accolto dal codice civile articolo 43 c.c., comma 1 , dovendo intendersi, invero, il luogo in cui il minore, grazie anche ad una durevole e stabile permanenza ancorché di fatto, trova e riconosce il baricentro dei suoi legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua quotidiana vita di relazione, non rivestendo alcuna importanza invece nel giudizio di accertamento della residenza abituale , finalizzato all'adozione del provvedimento d'urgenza in questione l'alibi di presunte radici culturali, la profondità e significatività del legare affettivo con l'adulto autore della sottrazione o l'avvenuto inserimento scolastico nella città di residenza di quest'ultimo . Fattori idonei a dimostrare che la presenza fisica di un soggetto in uno Stato non sia in alcun modo temporanea o occasionale e che la residenza del soggetto denoti una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare, con riferimento ai minori, sono in particolare la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, la cittadinanza del minore, il luogo e le condizioni della frequenza scolastica, le conoscenze linguistiche nonché le relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato. Una volta accertato, in capo al genitore richiedente il rimpatrio, l'effettivo esercizio del diritto di affidamento al momento del trasferimento nonché il luogo costituente residenza abituale del minore, costituiscono pertanto condizioni ostative al rientro il fondato rischio del minore di essere sottoposto a pericoli fisici o psichici o, comunque, di trovarsi in una situazione intollerabile articolo 13 comma 1 lett. b . Altro elemento che il Tribunale dovrà imprescindibilmente valutare è la volontà del minore, quando abbia raggiunto un'età ed un grado di maturazione tali da giustificare il rispetto della sua opinione Cass. civ., sez. I, 8 febbraio 2017, numero 3319 Cass. civ., sez. L. 26 settembre 2016, numero 18846 Cass. civ., se.I, 5 marzo 2014, numero 5237 . Quando l'episodio di sottrazione internazionale rimanga circoscritto al territorio dell'Unione Europea, troverà applicazione il procedimento per il rientro del minore previsto dalla convenzione dell'Aja del 1980, integrato dalle disposizioni del successivo reg. numero 2001/2003, che prevale sulla convenzione nelle relazioni tra Stati membri dell'Ue. Va richiamata altresì la convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996, sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, ratificata dal nostro Paese solo di recente, con la L. 18 giugno 2015, numero 101 , ed entrata in vigore il 1 gennaio 2016, che, nell'ambito della più ampia materia della responsabilità genitoriale, contiene alcune disposizioni di rilevanza processuale che riguardano la sottrazione internazionale dei minori. Anche il Regolamento UE 2201/2003 Reg. Bruxelles II bis , che continuerà ad applicarsi alle decisioni rese nelle azioni proposte anteriormente al 1 agosto 2022, non contiene alcuna definizione della nozione di residenza abituale , analogamente alla convenzione dell'Aja del 1980. Neppure il Regolamentonumero 1111 del 25 giugno 2019, applicabile alle azioni proposte il 1 agosto 2022 o posteriormente a tale data, sempre relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, nonché alla sottrazione internazionale di minori, contiene una definizione di residenza abituale. Nella specie, la denunciata sottrazione internazionale ha riguardato una minore residente all'interno dell'UE. Il concetto di residenza abituale, impiegato, oltre che nella materia della sottrazione internazionale anche come titolo di giurisdizione, in materia di responsabilità genitoriale, in relazione al Reg. Bruxelles II bis, rappresenta quindi un criterio di fatto, che prescinde dalle risultanze anagrafiche La Corte di Giustizia, con la sentenza 2/4/2009, causa C-523/2007, pronunciandosi sulla residenza abituale del minore con riferimento specifico alla responsabilità genitoriale, ex articolo 8 del Reg. citato, l'ha ancorata al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, dovendosi tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato. Il luogo di residenza abituale deve essere determinato dal giudice nazionale tenendo conto di tutte le circostanze di fatto specifiche di ciascuna fattispecie. Nella causa C-497/10, sentenza 22/12/2010, la Corte UE ha precisato che l'età del minore riveste un'importanza particolare e che, in generale, l'ambiente di un minore in tenera età è essenzialmente l'ambiente familiare, determinato dalla persona o dalle persone di riferimento con le quali il minore vive, da cui è effettivamente accudito e che si prendono cura di lui laddove si tratti della situazione di un neonato che soggiorna con la madre solo da pochi giorni in uno Stato membro diverso da quello della sua residenza abituale nel quale è stato portato, devono essere presi particolarmente in considerazione, da un lato, la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio di tale Stato membro nonché del trasferimento della madre in detto Stato e, d'altro lato, l'età del minore, l'origine geografica e familiare della madre nonché i rapporti familiari e sociali che la madre e il minore intrattengono in quello stesso Stato membro . Invero, poiché il neonato condivide necessariamente l'ambiente sociale e familiare della cerchia di persone da cui dipende, ove sia effettivamente accudito dalla madre, occorre valutare l'integrazione di quest'ultima con il suo ambiente sociale e familiare , potendo rilevare le ragioni del trasferimento verso un altro Stato membro della madre del minore, le sue conoscenze linguistiche o ancora le sue origini geografiche e familiari . In sostanza, i fattori rilevanti ai fini del giudizio sull'integrazione stabile del minore in ambiente familiare e sociale in un dato Paese variano in funzione dell'età del minore interessato e, quando si tratta di un neonato ma il discorso può essere esteso ai primi anni di vita del bambino , il suo ambiente è essenzialmente familiare, determinato dalla persona o dalle persone di riferimento con le quali vive, che lo custodiscono effettivamente e si prendono cura di lui, e che egli condivide necessariamente l'ambiente sociale e familiare di tale persona o di tali persone quando un lattante è effettivamente custodito da sua madre, in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede abitualmente il padre, occorre prendere in considerazione segnatamente, da un lato, la regolarità, le condizioni e i motivi del soggiorno della genitrice nel territorio del primo Stato membro e, dall'altro, le origini geografiche e familiari della madre nonché le relazioni familiari e sociali intrattenute da quest'ultima e dal minore nel medesimo Stato membro. La Corte di giustizia Europea ha ribadito di recente che la residenza abituale del minore corrisponde al luogo che denota una certa integrazione di quest'ultimo in un ambiente sociale e familiare Corte di Giustizia UE, 8-12 giugno 2017, C-111/17 . Sempre la Corte UE, nella sentenza del 28/6/2018, nella causa C512/2017 citata dal Tribunale per i minorenni di Sassari nel decreto in questa sede impugnato del 2022 -, ha affermato l' articolo 8, paragrafo 1, del regolamento CE numero 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento CE numero 1347/2000 , dev'essere interpretato nel senso che la residenza abituale del minore, ai sensi di tale regolamento, corrisponde al luogo in cui si trova di fatto il centro della sua vita. Spetta al giudice nazionale determinare il luogo in cui si trovava tale centro al momento della proposizione della domanda concernente la responsabilità genitoriale nei confronti del minore, sulla base di un complesso di elementi di fatto concordanti. Al riguardo, in un caso come quello di specie, alla luce dei fatti accertati da detto giudice, costituiscono, congiuntamente, circostanze determinanti -il fatto che il minore, dalla nascita fino alla separazione dei genitori, abbia generalmente abitato con questi ultimi in un determinato luogo la circostanza che il genitore che esercita di fatto, dopo la separazione della coppia, la custodia del minore continui a vivere quotidianamente con quest'ultimo in tale luogo e ivi eserciti la sua attività professionale, la quale si inserisce nell'ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, e il fatto che il minore, in questo luogo, abbia contatti regolari con l'altro genitore, che continua a risiedere nel medesimo luogo. Per contro, in un caso come quello di specie, non possono essere considerate circostanze determinanti -i soggiorni che, in passato, il genitore che esercita la custodia effettiva del minore ha effettuato con quest'ultimo nel territorio dello Stato membro di cui detto genitore è originario nell'ambito dei suoi congedi o dei periodi festivi -le origini del genitore in questione, i conseguenti legami culturali del minore con questo Stato membro e i suoi rapporti con la famiglia che risiede in detto Stato membro, e l'eventuale intenzione di detto genitore di stabilirsi in futuro con il minore in questo stesso Stato membro . In motivazione, ai par. 44, 45 e 48, si è precisato si discuteva dell'interpretazione del concetto di residenza abituale quale dettato dall'articolo 8 del Reg.UE 2201/2003, in relazione all'esercizio della responsabilità genitoriale su un bambino di 18 mesi, al momento della proposizione della domanda giudiziale, nato dall'unione tra una cittadina polacca ed un cittadino belga, residenti originariamente in Bruxelles la madre, dopo la fine della relazione, aveva manifestato la volontà di trasferirsi in Polonia ed aveva chiesto al giudice polacco che la residenza della minore venisse fissata nel luogo della propria residenza 44. Inoltre, se il minore non è in età scolare, a fortiori quando si tratta di un neonato, le circostanze proprie della persona o delle persone di riferimento con cui esso vive, dalle quali è effettivamente accudito e che si prendono cura di lui quotidianamente di regola, i genitori hanno particolare importanza per determinare il luogo in cui si trova il centro della sua vita. Infatti, la Corte ha rilevato che l'ambiente di tale minore è essenzialmente familiare, determinato da detta persona o da dette persone, e che egli condivide necessariamente l'ambiente sociale e familiare della cerchia di persone da cui dipende v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi, C-497/10 PPU, EU C 2010 829, punti da 53 a 55 .45.Pertanto, nel caso in cui tale neonato viva quotidianamente con i genitori, si deve, in particolare, determinare il luogo in cui questi ultimi sono presenti stabilmente e sono integrati in un ambiente sociale e familiare. In proposito, occorre tener conto di fattori quali la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del loro soggiorno nel territorio dei diversi Stati membri in questione, nonché i rapporti familiari e sociali che questi ultimi e il minore vi intrattengono v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi, C497/10 PPU, EU C 2010 829, punti 55 e 56 48.l'ambiente familiare di un neonato è determinato in gran parte dal genitore con cui vive quotidianamente, anche l'altro genitore fa parte di tale ambiente se e in quanto il minore mantiene contatti regolari con quest'ultimo. Pertanto, nella misura in cui sussiste un rapporto del genere, occorre tenerne conto per determinare il luogo in cui si trova il centro della vita del minore. . La Corte UE ha osservato che, nella fattispecie in esame, la minore era nata e aveva abitato a Bruxelles con entrambi i genitori e che, alla data di proposizione della domanda di fissazione delle modalità della responsabilità genitoriale, in seguito alla separazione dei genitori, ella viveva sempre a Bruxelles presso la madre, la quale esercitava effettivamente la custodia nei suoi confronti e, inoltre, emergeva anche che la madre viveva nella medesima città da vari anni, vi svolgeva un'attività professionale che si inserisce nell'ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato , il che tendeva così a dimostrare che al momento in cui è stato adito il giudice del rinvio, la madre e il minore, che dipende da quest'ultima, erano presenti stabilmente nel territorio belga. Inoltre, in considerazione della sua durata, della sua regolarità, delle sue condizioni e delle sue ragioni, tale soggiorno denota, in linea di principio, una certa integrazione del genitore in questione in un ambiente sociale condiviso con il minore par.47 la Corte UE ha ritenuto rilevante, non potendosi trascurare, al fine di individuare l'ambiente familiare del neonato, anche il rapporto con l'altro con cui il minore mantenga contatti regolari, il fatto che la minore aveva abitato inizialmente nella città in cui risiede abitualmente, anche con l'altro genitore e che questo genitore viveva ancora in quella città e aveva contatti settimanali con il minore , cosicché quest'ultimo poteva ritenersi integrato nella città in questione in un ambiente familiare costituito da entrambi i genitori par.49 , evidenziando par.68 che la sola volontà del genitore che esercita la custodia effettiva del minore di stabilirsi in futuro con quest'ultimo nello Stato membro di cui detto genitore è originario, che sia o meno comprovata, non può di per sé comportare che la residenza abituale del minore si trovi in tale Stato membro . Anche questa Corte a Sezioni Unite Cass. 5418/2016 conf. Cass. 17676/2016 ha chiarito che in tema di responsabilità genitoriale, al fine di stabilire la competenza giurisdizionale, occorre dare rilievo per principio generale al criterio della residenza abituale del minore al momento della domanda, intendendo come tale il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale, e non quello risultante da un calcolo puramente aritmetico del vissuto nella specie, applicando l'enunciato principio, si è ritenuta corretta la motivazione del giudice di merito, per la quale doveva considerarsi abitualmente residente in Brasile il minore che vi aveva vissuto fra i tre e i sei anni di età, periodo intensamente relazionale, con un intervallo di appena sei mesi, trascorso in Italia . Si è ribadito quanto costantemente affermato con riguardo alla nozione di residenza abituale , quale luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località della sua quotidiana vita di relazione in tal senso, ex multis, Cass. numero 1838/2011 Cass. numero 19664/2014 Cass. Sez.Unumero 3555/2017 Cass. numero 27741/2018 Cass. sez.unumero 28329/2019 Cass. Sez.Unumero 10243/2021 . Le Sezioni Unite Cass., S.U., numero 8042/2018 , proprio in relazione ai criteri da applicare in presenza di un minore in tenera età, hanno affermato che debbono essere valorizzati indicatori di natura proiettiva, quali l'iscrizione all'asilo nido in un determinato Paese ed il godimento dell'assistenza sanitaria presso il sistema pediatrico del medesimo Stato . Di contro precisa ancora la sentenza a S.U. andranno considerati recessivi , rispetto a quelli sopra indicati, elementi quali i periodi non brevi trascorsi dal minore in un altro Paese . Nel caso in esame, considerata la tenerissima età della bambina, nata in Italia da genitori italiani ma collocata di fatto presso la madre residente stabilmente nel Regno Unito, ove lavorava, e la mancanza di elementi di radicamento esterni al nucleo familiare materno e paterno, le Sezioni Unite hanno ritenuto doversi valorizzare indici di natura proiettiva, quali l'iscrizione all'asilo nido a Londra e l'inclusione nel sistema sanitario pediatrico inglese della minore. Sempre questa Corte Cass. 13214/21 , proprio in tema di sottrazione internazionale di minori, ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, ha affermato che la residenza abituale del minore deve individuarsi in considerazione della condivisa fissazione della stessa da parte dei genitori fino al trasferimento, restando irrilevante il ripetuto spostamento del minore da un'abitazione all'altra all'interno della stessa area territoriale, né incidendo sulla valutazione da compiere la preminenza del ruolo di un genitore nella relazione con il minore la Corte ha cassato la pronuncia impugnata ed ha espresso il suddetto principio in relazione a vicenda in cui la madre aveva trasferito, senza il consenso del padre, il bambino in Italia dall'Inghilterra dove aveva prevalentemente vissuto, ancorché cambiando abitazione con una certa frequenza, e dove era stata fissata di comune accordo la residenza del minore . Va qui ribadito il consolidato principio secondo cui l'accertamento della residenza abituale è riservato all'apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente e logicamente motivato Cass. numero 1692/2006 Cass. 22507/2006 di recente, Cass. numero 6132/2015 Cass. numero 3192/2017 . Tuttavia, l'integrazione, in modo non temporaneo o occasionale, in un ambiente sociale e familiare del minore, nato nell' Omissis , alla data di presentazione della domanda, nel marzo 2022, allorché lo stesso non aveva ancora compiuto un anno di vita, è stata esaminata dalla Corte territoriale senza valutare con la dovuta considerazione il fattore, rilevante, rappresentato dalla tenerissima età del minore ai fini della determinazione della residenza abituale dello stesso, avente carattere di stabilita ed effettività. Avrebbe dovuto, invero, darsi rilievo all'asserita assenza, allegata anche in questa sede di legittimità, di rapporti del minore e della madre, che lo accudisce, con la Omissis la madre era arrivata in detto Paese per necessità di studio aveva riferito di essersi recata in detto Paese come studentessa universitaria, nell'ambito del Progetto Erasmus , ma non ha mai lavorato lì né ha stabilito, per quanto dedotto, legami significativi, al di fuori della ormai conclusa relazione sentimentale, durata, con varie interruzioni, per circa due anni, con i luoghi di residenza del padre del minore essa aveva riferito di avere partorito in Omissis prematuramente, essendo seguita dal proprio ginecologo in Italia, e di avere convissuto, con il padre del bambino, in casa della madre di lui, solo un mese, avendo successivamente, finita definitivamente la relazione sentimentale, preso in locazione un appartamento in cui aveva vissuto da sola con il bambino, sino al novembre 2021, epoca in cui aveva deciso di rientrare in Italia e ha iniziato a lavorare solo dopo il rientro in Italia, ove ella vive attualmente, con il bambino, in una casa di sua proprietà. Gli unici indici utilizzati dalla Corte di merito la nascita in Omissis e il fatto che il minore avesse abitato in Omissis per tre-quattro mesi, con la madre ma continuando ad avere contatti regolari con il padre si rivelano, nella sostanza, neutri , in quanto sono conseguenti al luogo dove il minore, nei primi mesi di vita, si è trovato senza instaurare rapporti particolarmente significativi con chicchessia fatta eccezione dei suoi genitori . Deve affermarsi, in conclusione, il seguente principio di diritto In materia di sottrazione internazionale di minore, quando un bambino, in condizione non scolare, nei primi mesi di vita nella specie, meno di otto mesi di età, avuto riguardo al momento della proposizione della domanda -, sia effettivamente custodito dalla madre, in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede abitualmente il padre, ai fini dell'individuazione della residenza abituale del minore, concetto idoneo ad integrare il presupposto della fattispecie sottrattiva, occorre fare riferimento all'ambiente sociale e familiare e alla cerchia delle persone da cui lo stesso minore dipende e che egli necessariamente condivide, come rilevato dalla giurisprudenza Eurounitaria. Ai fini dell'accertamento di tale residenza abituale, occorre prendere in considerazione, da un lato, la regolarità, le condizioni e i motivi del pregresso soggiorno della genitrice nel territorio del primo Stato membro e, dall'altro, le relazioni familiari e sociali effettivamente intrattenute da quest'ultima e dal minore, con essa convivente, nel medesimo Stato membro, verificando se, al momento in cui è stato adito il giudice, la madre e il minore, che dipende da quest'ultima, fossero presenti in modo stabile nel territorio di quello Stato e se, in considerazione della sua durata, della sua continuità, delle sue condizioni e ragioni, tale soggiorno denoti una apprezzabile integrazione del genitore in questione in un ambiente sociale, perciò condiviso con il minore, pur non potendosi trascurare l'altro genitore con cui il minore mantenga contatti regolari . Fattori questi che sono stati del tutto trascurati dal Tribunale, essendosi dato unicamente rilievo al luogo della nascita ed ai contatti regolari, nei pochi mesi trascorsi in Omissis , con l'altro genitore. Il che ovviamente non incide sul diritto di tale genitore di esercitare i diritti di affidamento sul minore, questione estranea al presente giudizio. 3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo, va cassato il decreto impugnato, con rinvio al Tribunale per i minorenni di Sassari in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo, cassa il decreto impugnato, con rinvio al Tribunale per i minorenni di Sassari in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. Dispone che, ai sensi del D.Lgs. numero 198 del 2003, articolo 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.