Il boss si dissocia da Cosa nostra: ciò non basta per ottenere un permesso premio

Respinta definitivamente la richiesta avanzata da un esponente di spicco della mafia condannato all’ergastolo. Irrilevanti la dissociazione scritta dalla mafia e il percorso di studio concluso con la laurea. Ciò che conta, invece, è il fatto che il boss non abbia collaborato con gli inquirenti e abbia mantenuto i rapporti anche con quei familiari ancora legati a Cosa nostra.

Niente permesso premio per il boss, condannato all'ergastolo, che si è dissociato da Cosa nostra ma ha mantenuto i rapporti con alcuni familiari ancora coinvolti nelle dinamiche di mafia Cass. pen., sez. I, ud. 6 luglio 2022 dep. 2 novembre 2022 , n. 41329 . Permesso premio. Concordi magistrato di sorveglianza e tribunale di sorveglianza va respinta la richiesta di permesso premio avanzata dal boss mafioso che in carcere sta scontando la pena dell'ergastolo e che con tanto di dichiarazione scritta si è dissociato da Cosa nostra . Su quest'ultimo punto viene sottolineato che in realtà non vi è stata una collaborazione del boss con gli inquirenti e viene poi richiamato il fatto che il boss ha mantenuto i rapporti con i familiari , fra i quali vi sono anche soggetti pure coinvolti in logiche associative mafiose. Percorso . In Cassazione, però, il legale che rappresenta il boss contesta la valutazione compiuta dal tribunale di sorveglianza. In questa ottica egli mette sul tavolo alcuni dati di fatto che, a suo dire, testimoniano il ravvedimento del suo cliente. Il riferimento è, nello specifico, a una dichiarazione incondizionata di dissociazione da Cosa nostra e ad un confronto con un pentito che ne ha riconosciuto l'estraneità a specifici fatti di sangue . In aggiunta, poi, il legale sottolinea che la condotta del suo cliente in carcere è sempre stata regolare, tanto che è stata riconosciuta la liberazione anticipata , e ne richiama la partecipazione al trattamento, desumibile dal percorso scolastico giunto sino al conseguimento, con il massimo dei voti, della laurea magistrale . Prima di esaminare in dettaglio il caso, i giudici di terzo grado ribadiscono che l'istituto dei permessi premio costituisce elemento del trattamento penitenziario e va riconosciuto previa valutazione dell' andamento complessivo del percorso riabilitativo del detenuto e, dunque, se risulta, in relazione ai progressi compiuti e alle prospettive, idoneo a contribuire al conseguimento dell'obiettivo rieducativo . Ragionando in questa ottica, è corretta, chiariscono i magistrati, la valutazione negativa compiuta in merito al percorso compiuto dal boss mafioso. Ciò perché la considerazione dei gravissimi reati di sangue commessi è stata unita al rilievo che non ne è seguita una effettiva presa di distanza ed anzi sono stati mantenuti i contatti con familiari pure già coinvolti nel medesimo contesto di criminalità organizzata , sottolineano i giudici. Questi dati di fatto, letti anche alla luce della carente rivisitazione critica dei gravissimi reati commessi , non consentono di valorizzare la pur regolare condotta carceraria e il positivo percorso scolastico del boss.

Presidente Boni – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza depositata in data 9 febbraio 2022 il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila ha respinto il reclamo proposto da G.F. avverso l'ordinanza con cui il Magistrato di sorveglianza di L'Aquila in data 21 luglio 2021 aveva respinto la richiesta di permesso premio. L'ordinanza, dato atto che l'istante, sottoposto a regime differenziato, e detenuto dall'aprile 1994, aveva in corso l'espiazione della pena dell'ergastolo, ha rilevato che il detenuto aveva sottoscritto una dichiarazione di dissociazione, cui non aveva fatto seguito una collaborazione con gli inquirenti aveva mantenuto i rapporti con i familiari, fra i quali vi erano anche soggetti pure coinvolti in logiche associative. 2. Il difensore di G.F. ha presentato ricorso per cassazione, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Con l'unico motivo vengono denunciati la violazione dell' art. 30 ter ord. pen. e il difetto di motivazione della decisione. Il detenuto aveva reso dichiarazione incondizionata di dissociazione ed aveva accettato il confronto con il pentito Spatuzza, che ne aveva riconosciuto l'estraneità a fatti di sangue il detenuto non era stato coinvolto in una recente indagine avente ad oggetto il mandamento mafioso di Brancaccio, già di riferimento del ricorrente la condotta in carcere era sempre stata regolare, tanto che era stata riconosciuta la liberazione anticipata, e di partecipazione al trattamento, come desumibile dal percorso scolastico giunto sino al conseguimento, con il massimo dei voti, la laurea magistrale. La sottoposizione al regime differenziato non è incompatibile con l'ammissione all'esperienza premiale. 3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va, perciò, respinto. L'istituto dei permessi premio costituisce elemento del trattamento penitenziario e quindi va riconosciuto previa valutazione dell'andamento complessivo del percorso riabilitativo e, dunque, se risulta, in relazione ai progressi compiuti e alle prospettive, idoneo a contribuire al conseguimento dell'obiettivo rieducativo. Il provvedimento impugnato ha dato conto della valutazione negativa compiuta, giustificandola con motivazione in questa sede non censurabile. In particolare, la considerazione dei gravissimi reati commessi è stata unita al rilievo che non ne era seguita una effettiva presa di distanza ed anzi erano stati mantenuti i contatti con familiari pure già coinvolti nel medesimo contesto di criminalità organizzata. Dati che, letti alla luce della carente rivisitazione critica dei gravissimi reati commessi, non hanno consentito di valorizzare la pur regolare condotta carceraria e il percorso scolastico. Va, dunque, respinto il ricorso, con conseguente, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.