Figlio disabile costretto a casa: permesso solo mensile per il padre detenuto

Respinta la richiesta avanzata dall’uomo e mirata ad ottenere un permesso settimanale. Egli ha beneficiato ripetutamente del diritto di visita, osservano i giudici, e il figlio ha altre figure di riferimento, sia in ambito familiare che scolastico.

Legittimo il limite imposto dall' amministrazione penitenziaria al detenuto solo una volta al mese potrà incontrare tra le mura domestiche il figlio disabile. Respinta la richiesta dell'uomo, mirata ad ottenere un permesso' settimanale per potere incontrare il ragazzo. Concordi magistrato di sorveglianza e tribunale di sorveglianza niente autorizzazione per il detenuto che ha chiesto, in sostanza, l'autorizzazione a recarsi in visita al proprio figlio, presso l'abitazione familiare, in quanto affetto da handicap grave che non gli consente di recarsi presso il luogo di detenzione del padre . All'uomo viene però confermata la possibilità di vedersi autorizzato un'unica visita mensile di tre ore , a fronte della sua istanza mirata all'ottenimento di un permesso settimanale per incontrare il figlio tra le mura domestiche. Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta il detenuto ribadisce la legittimità della richiesta avanzata dal suo cliente. E in questa ottica egli pone in evidenza, da un lato, che il detenuto non è più sottoposto al 41bis e da tempo non ha commesso reati e aggiunge, dall'altro, che è erronea la considerazione della figura paterna come marginale , anche tenendo presente che la Corte Costituzionale ha sancito che la presenza del padre è diretta a consentire il pieno sviluppo della personalità del figlio . E poi, conclude il legale, il diritto al mantenimento delle relazioni familiari è connaturato al trattamento carcerario . In premessa, viene richiamato alla mente quanto stabilito con l'aggiornamento normativo del 2015, quando si è stabilito di consentire la visita del detenuto al figlio non solo in presenza di eventi eccezionali ed emergenziali, ma anche in situazioni di tendenziale irreversibilità e immodificabilità a causa della natura cronica e non reversibile delle patologie, tipica dell'handicap grave , e ciò sottolineando il rilievo riconosciuto al mantenimento di relazioni e contatti con il familiare, quale corollario dell'umanità e della funzione rieducativa della pena, che risulterebbero compresse dalla impossibilità di assistere i propri congiunti così gravemente afflitti . Proprio ragionando in questa ottica, perciò, il Tribunale di Sorveglianza ha considerato che l'estensione dei presupposti della visita ai casi di handicap grave comporta la possibilità per il detenuto di fruirne più volte, indipendentemente dall'aggravamento delle condizioni di salute del figlio, successivamente alla prima visita . Successivamente, dopo avere sottolineato la natura straordinaria comunque riconoscibile all'istituto della visita, da intendersi pur sempre come un incontro di natura temporanea e circoscritta nel tempo, con riguardo alle modalità e alla frequenza delle visite , il Tribunale di sorveglianza ha effettuato un necessario bilanciamento, considerando che il detenuto aveva beneficiato ripetutamente del diritto di visita e che il figlio ha altre figure di riferimento, sia in ambito familiare che di supporto scolastico e che, infine, il detenuto sta espiando una pena di quasi venticinque anni di reclusione per gravi delitti di criminalità organizzata ed è già stato sottoposto al regime del 41bis . Per completare il cerchio, infine, viene anche sottolineato che dalla documentazione a disposizione non sono emersi apprezzabili benefici per il ragazzo a fronte della presenza del padre, necessariamente saltuaria e non costante nella quotidianità del figlio che ha invece assicurato il supporto di altre figure affettive e scolastiche .

Presidente Zaza Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1.Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria, pronunciando in sede di rinvio dopo l'annullamento pronunciato dalla I Sezione della Corte di cassazione con sentenza 10954 del 2021 , che aveva segnalato la necessità - in presenza della condanna a gravi delitti di criminalità organizzata - di un bilanciamento tra pericolosità e praticabilità delle visite e la continuità degli affetti e l'umanità del trattamento - ha rigettato nuovamente il gravame avverso la decisione del Magistrato di Sorveglianza di quella stessa città, che aveva negato l'autorizzazione in favore di L.G.L. a recarsi in visita al proprio figlio L.G.G., presso l'abitazione familiare, in quanto affetto da handicap grave, accertato ai sensi del L. n. 104 del 1992 art. 3 .comma 3, che non consentiva al ragazzo di recarsi presso il luogo di detenzione del padre. Il Tribunale di Sorveglianza ha confermato la decisione del primo giudice, che aveva autorizzato un'unica visita mensile di tre ore, ai sensi dell'art. 21 ter O.P 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato Giacomo Iaria, il quale si affida a un unico motivo, denunciando violazione dell' art. 21 ter della L. n. 354 del 1975 , e invocando l'annullamento del provvedimento, con concessione del diritto di visita settimanale, invece che mensile. Evidenzia, in primo luogo, che il condannato non è più sottoposto al regime detentivo dell'art. 41 bis O.P. e da tempo non ha commesso reati denuncia, quindi, l'erronea considerazione della figura paterna come marginale e sottolinea come i ragazzi affetti da spettro autistico siano abitudinari e non sopportino modifiche dei propri schemi di vita richiama gli approdi della Corte costituzionale nel senso che la presenza del padre è diretta a consentire il pieno sviluppo della personalità del figlio e ricorda come il diritto al mantenimento delle relazioni familiari sia connaturato al trattamento carcerario. Considerato in diritto Il ricorso non è fondato. 1. Nel decidere il ricorso avverso il primo provvedimento del Tribunale di Sorveglianza, la I Sezione della Corte di cassazione aveva richiamato le coordinate ermeneutiche delineate dalla giurisprudenza più recente, ed evidenziato come, nell'interpretazione dell'art. 21 ter cit., l'autorizzazione alla visita del proprio figlio minore potatore di handicap grave possa essere concessa più volte, e come, ai fini del rilascio dell'autorizzazione successiva alla prima, non sia richiesto l'aggravamento delle condizioni di salute del medesimo, occorrendo, piuttosto, che l'A.G. effettui un bilanciamento tra le esigenze del soggetto tutelato e quelle inerenti alla complessiva situazione trattamentale del detenuto e, tenendo conto delle situazioni di sicurezza, accerti caso per caso, motivando adeguatamente, l'interesse del portatore dell'handicap, lo spessore del suo rapporto con il congiunto detenuto, la frequenza e la fruttuosità delle visite. Sottolineava, inoltre, come la natura continuativa e sovente non reversibile della disabilità determini l'effetto che il detenuto possa richiedere la visita del congiunto di cui al comma 1 dell'art. 21 ter citato, anche più volte, proprio perché la gravità delle condizioni personali del soggetto da visitare non inerisce a condizione transeunte. 2. Nell'ordinanza impugnata, il Tribunale di Sorveglianza ha, dunque, premesso, sulla base della richiamata giurisprudenza di legittimità, come l'istituto, in seguito alle modifiche a opera della L. n. 47 del 2015 , nel riferirsi anche ai figli affetti da handicap grave oltre a quelli minori abbia accentuato alcuni aspetti dell'istituto consentendo la visita, non solo in presenza di eventi eccezionali ed emergenziali, ma anche in situazioni di tendenziale irreversibilità e immodificabilità a causa della natura cronica e non reversibile delle patologie, tipica dell'handicap grave, sottolineando il rilievo riconosciuto al mantenimento di relazioni e contatti con il familiare, quale corollario dell'umanità e della funzione rieducativa della pena, che risulterebbero compresse dalla impossibilità di assistere i propri congiunti così gravemente afflitti. Il Tribunale di Sorveglianza ha, quindi, considerato che l'estensione dei presupposti della visita ai casi di handicap grave comporta la possibilità per il detenuto di fruirne più volte, indipendentemente dall'aggravamento delle condizioni di salute del figlio, successivamente alla prima visita, in tal modo discostandosi dalla erronea valutazione operata ab initio nella ordinanza poi cassata. Dopo avere chiarito, con il richiamo alla giurisprudenza formatasi sul punto, la natura straordinaria comunque riconoscibile all'istituto della visità, da intendersi pur sempre come un incontro di natura temporanea a circoscritta nel tempo, con riguardo alle modalità e alla frequenza delle visite, ha effettuato il bilanciamento demandato dal Giudice di legittimità, considerando che il detenuto aveva beneficiato ripetutamente del diritto di visita, che il figlio ha altre figure di riferimento, sia in ambito familiare che di supporto scolastico, mentre il ricorrente è detenuto in espiazione di una pena di 24 anni e nove mesi per gravi delitti di criminalità organizzata, già sottoposto al regime dell'art. 41 bis O.P Consapevole del delicato bilanciamento demandato al Giudice di merito, da operarsi con ponderata commisurazione delle esigenze del soggetto portatore di handicap e di quelle trattamentali e di sicurezza connesse allo status detentivo del genitore detenuto, il Tribunale, attenendosi al perimetro valutativo delineato dalla sentenza rescindente, ha abbandonato il requisito dell'aggravamento delle condizioni di salute del minore quale presupposto per la nuova concessione del beneficio, ed ha considerato, nei ribadire il diniego già affermato dal primo giudice, la ripetuta fruizione del beneficio nel lasso temporale a ridosso del rigetto, e, soprattutto, ha posto in luce come, dalla documentazione medica e dalla relazione dell'UEPE, non emergano apprezzabili benefici per il minore dovuti alla presenza del padre, necessariamente saltuaria e non costante nella quotidianità del minore, al quale è assicurato il supporto di altre figure affettive e scolastiche. Quanto all'altro polo della valutazione - quello afferente alla sicurezza correlata alla espiazione della pena del padre detenuto per gravi fatti di criminalità organizzata - il Tribunale ha considerato l'entità della pena, la pregressa sottoposizione del detenuto al regime di cui all'art. 41 bis O.P., ed ha escluso che sia prospettabile concretamente il rilascio di un'autorizzazione preventiva alla fruizione ravvicinata del diritto di visita dando rilievo all'inserimento del detenuto in organizzazioni criminali operanti nel territorio di origine. 3. La valutazione del Tribunale è pienamente allineata al dictum della sentenza rescindente, avendo operato scrupolosamente e ponderatamente il bilanciamento demandato, in tal senso neppure avendo pregio la deduzione difensiva circa l'avvenuta cessazione del regime di cui all'art. 41 bis O.P. nei confronti del ricorrente, che, tuttavia, è stato considerato dal Giudice di merito come indicativo della allarmante personalità del condannato, tale da escludere ragionevolmente - all'esito del bilanciamento di cui si è detto - la praticabilità di un diritto di visita con cadenza settimanale. 4.11 ricorso deve essere, pertanto, rigettato, avendo i Giudici territoriali abbandonato l'erronea prospettazione dei primi giudici, motivato adeguatamente in merito alla assenza di prova del giovamento per il minore degli incontri con il padre, e operato con ragionevoli argomenti il bilanciamento demandato dalla sentenza rescindente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.