In relazione all’art. 6, d.m. n. 55/2014, non incorre in violazione di legge il giudice che, liquidando le spese di lite per cause di valore superiore a 520.000 euro, applichi incrementi percentuali inferiori al 30% in relazione ai vari passaggi di scaglione, fermo restando che risultano parimenti legittime le liquidazioni che applicano, per ciascun passaggio, l’incremento massimo del 30% .
La Corte di Cassazione si è trovata a dirimere una controversia, avente ad oggetto l'obbligo di manutenzione degli impianti AVL Aiuto Visivo Luminoso e l'annessa domanda di risarcimento danni per l'indebito godimento di quest'ultimi da parte di una società. Ma con tale pronuncia, è di particolare interesse il tema del quantum delle spese di lite , inerenti il primo ed il secondo grado di giudizio. La società ricorrente evidenzia l'errore da parte della Corte di merito nella determinazione del compenso dello scaglione di riferimento, con annesso l'aumento fino ad un massimo del 30% ulteriore. Secondo la società non sarebbero stati rispettati i criteri dell'equo compenso di cui all'art. 13- bis , l. n. 247/2012 e saremmo in presenza di una violazione dell' art. 12, d.m. n. 55/2014 . La doglianza è infondata. Dall' art. 6, d.m. numero /2014 , emerge la non obbligatorietà dell' incremento ed il fatto che la percentuale in questione non sia fissa quest'ultima può giungere fino al 30% tetto massimo , ma può essere anche inferiore. Ne consegue che in relazione all' art. 6, d.m. n. 55/2014 , non incorre in violazione di legge il giudice che , liquidando le spese di lite per cause di valore superiore a 520.000 euro, applichi incrementi percentuali inferiori al 30% in relazione ai vari passaggi di scaglione, fermo restando che risultano parimenti legittime le liquidazioni che applicano, per ciascun passaggio, l'incremento massimo del 30% .
Presidente Spirito Relatore Sestini Fatti di causa La s.p.a. ADR convenne in giudizio l'ENAV s.p.a. per sentirla condannare al pagamento di oltre 31 milioni di Euro a titolo di arricchimento senza causa per la manutenzione dei sistemi di Aiuto Visivo Luminoso AVL degli aeroporti di Omissis e di Omissis sistemi che erano stati originariamente compresi nella concessione rilasciata il 26.6.1974 dal Ministero dei Trasporti alla ADR e che, successivamente, con D.M. 14 novembre 2000, erano stati attribuiti al patrimonio dell'ENAV, per essere infine retrocessi, con D.M. 7 marzo 2013, al demanio pubblico dello Stato. L'Enav resistette alla domanda e chiese, in via riconvenzionale, la condanna dell'attrice al risarcimento dei danni o ad un indennizzo ex art. 2041 c.c. per l'indebito godimento degli impianti AVL da parte della ADR che si era rifiutata di metterli a disposizione dell'ENAV ed aveva instaurato un contenzioso amministrativo definito soltanto nell'anno 2012, con sentenza del TAR che aveva accertato la proprietà dei sistemi di aiuto visivo in capo all'ENAV . Il Tribunale di Roma dichiarò inammissibile la domanda della soc. ADR, per difetto dei presupposti previsti dall' art. 2041 c.c. , ritenendo che le prestazioni eseguite trovassero la loro genesi in una fonte contrattuale con un soggetto diverso da ENAV, ossia col Ministero, e che il lamentato depauperamento della società attrice non fosse privo di giusta causa, trattandosi di prestazione eseguita in forza di un obbligo contrattualmente assunto e a fronte di un interesse della società attrice a mantenere in efficienza gli impianti e le apparecchiature per conseguire un vantaggio di natura economica il Tribunale ritenne, inoltre, di non dover esaminare la domanda riconvenzionale, in quanto connessa con quella principale. Pronunciando sul gravame principale dell'ADR e su quello incidentale dell'ENAV, la Corte di Appello di Roma ha dichiarato ammissibile, ma infondata, la domanda della ADR e, rigettata per il resto la domanda riconvenzionale dell'ENAV, ha riliquidato in aumento le spese del giudizio di primo grado ha inoltre condannato VADR al pagamento delle spese del grado in favore della controparte. Più specificamente, la Corte ha affermato che l'obbligo di manutenzione degli impianti trova va la sua fonte nel rapporto di concessione dal quale consegue l'obbligo della concessionaria di mantenere gli impianti sino alla consegna dei beni che, di fatto, per decisione della stessa concessionaria, è avvenuta in favore dello Stato solo a seguito del D.M. Finanze 7 marzo 2013, con il quale gli impianti sono stati sottratti ad Enav , con la conseguenza che l'azione proposta e ra infondata, non essendosi verificato alcun depauperamento e correlativo arricchimento senza giusta causa la società appellante era obbligata alla manutenzione fino alla consegna degli impianti in forza della convenzione del 1974 quanto alla domanda riconvenzionale, basata sull'assunto dell'ENAV che la indisponibilità dei beni le avrebbe arrecato un danno in re ipsa da liquidare in via equitativa, la Corte ha rilevato che l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, sicché grava sulla parte interessata l'onere di dimostrare non solo l'an debeatur del diritto al risarcimento, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno di cui possa ragionevolmente disporre nonostante la riconosciuta difficoltà, sì da consentire al giudice il concreto esercizio del potere di liquidazione in via equitativa, che ha la sola funzione di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso tanto premesso, ha affermato che nella specie, nessun elemento è stato fornito in tal senso, né risultano dagli atti elementi utili per identificare concretamente l'esistenza del lamentato danno , cosicché la domanda risarcitoria andava rigettata né, ha aggiunto, poteva accogliersi la domanda di indennizzo ex art. 2041 c.c. , non sussistendo il carattere sussidiario dell'azione art. 2042 c.c. la Corte ha invece accolto il motivo con cui l'ENAV aveva contestato, in quanto ampiamente inferiore ai minimi, la liquidazione delle spese processuali relative al giudizio di primo grado considerato il valore della controversia superiore a 31 milioni di Euro ha liquidato le spese di primo grado in Euro 37.888,00 e quelle del giudizio di appello sempre a carico della ADR in Euro 22.930,44 in entrambi i casi, oltre accessori . Ha proposto ricorso per cassazione la ADR s.p.a., affidandosi a cinque motivi l'ENAV s.p.a. ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale basato su tre motivi ad esso ha resistito la ADR con controricorso. La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell' art. 380 bis.1 c.p.c. . Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione Il ricorso principale di ADR spa. 1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza, in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 4, nella parte in cui la Corte di Appello, nello statuire che la domanda di ADR sia infondata , ha erroneamente concluso di avere integralmente confermato la sentenza di primo grado la ricorrente rileva che la motivazione della sentenza è viziata nella parte in cui ha dichiarato di confermare la sentenza di primo grado giacché, in termini del tutto contrari rispetto a quanto statuito dal Tribunale , ha ritenuto ammissibile la domanda ex art. 2041 c.c. , poi rigettandola perché ritenuta infondata, e ha coerentemente trattato il merito della domanda riconvenzionale riproposta da ENAV con appello incidentale che invece non era stata esaminata dal primo giudice assume che sussiste pertanto un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, tale da determinare incertezza sul ragionamento della Corte, che afferma al tempo stesso sia di integralmente confermare la sentenza di primo grado e quindi l'inammissibilità della domanda ex art. 2041 c.c. , sia di rigettare la stessa nel merito perché infondata . 1.1. Il motivo è infondato. La motivazione esprime chiaramente il percorso logico-giuridico che ha condotto la Corte a ritenere infondata, ancorché ammissibile, la domanda ex art. 2041 c.c. , e a riformare la sentenza impugnata in punto di quantum delle spese di lite la circostanza che la Corte abbia dichiarato in dispositivo di confermare nel resto la sentenza di primo grado non vale a generare dubbi sulle ragioni e sulla portata delle statuizioni adottate e non è tale, pertanto, da determinare la nullità della decisione. 2. Il secondo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione del D.M. Finanze 14 novembre 2000, art. 1 e dell'art. 691-bis c.n., comma 3, nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto la perdurante applicazione agli AVL della Convenzione 1974 la ricorrente lamenta che la Corte ha ragionato partendo dall'apodittico presupposto della perdurante validità ed efficacia rispetto agli AVL della Convenzione 1974 richiamando espressamente gli artt. 4, 22 e 25 anche successivamente al trasferimento della proprietà degli stessi a ENAV, per concludere, altrettanto apoditticamente, che la società appellante era obbligata alla manutenzione fino alla consegna degli impianti in forza della convenzione 1974 , che doveva invece intendersi caducata per effetto del D.M. 2000 . 3. Col terzo motivo, viene denunciato l' omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 , nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto la perdurante applicazione agli AVL della Convenzione 1974, con particolare riferimento al giudicato contenuto nella sentenza TAR la ricorrente lamenta l'omesso esame del carattere innovativo sulla Convenzione 1974, quanto agli AVL, del D.M. 2000 e dell'art. 691-bis c.n. , nonché delle ammissioni di ENAV nel giudizio amministrativo quanto alla sopravvenuta inefficacia delle previsioni concessorie e, soprattutto il successivo giudicato formatosi sul punto con l'accertamento in proposito contenuto nella sentenza TAR conclude che la sentenza va pertanto cassata anche perché erroneamente fondata su di un accordo la Convenzione 1974 , posto nel nulla rispetto agli AVL da norme di legge sopravvenute, come accertato con sentenza passata in giudicato, il cui esame e la inevitabile dirimente rilevanza sono stati completamente omessi dalla Corte romana . 4. Il quarto motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 691-bis c.n., comma 3, del D.M. Finanze 14 novembre 2000, art. 1 e dell'art. 2041 c.c. , nonché l'omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto infondata la domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. , proposta da ADR denuncia, inoltre sub 5.1 , la violazione dell' art. 1366 c.c. , con riferimento agli artt. 4 e 25 della Convenzione 1974, al contenuto del D.M. 2000 e al disposto dell'art. 691-bis c.n. e, altresì sub 5.2 , l' omesso esame del contenuto della lettera di ADR del 10 luglio 2012 e di quella di ENAV del successivo 20 luglio e, infine sub 5.3 la violazione e falsa applicazione dell' art. 2041 c.c. . La ricorrente lamenta che la Corte ha in particolare errato nel formare il proprio convincimento sulla sola circostanza della mancata riconsegna degli AVL successivamente alla entrata in vigore del D.M. 2000, in base ad una lettura dell'art. 4 che è andata completamente immune dalla innovata situazione legislativa in materia, e in particolare dal principio sancito dell'art. 691-bis c.n., comma 3, secondo cui costituisce elemento decisivo per l'espletamento della attività di assistenza al volo la gestione e la manutenzione degli impianti AVL di sua proprietà aggiunge che la Corte ha comunque violato il principio della interpretazione del contratto secondo buona fede di cui all' art. 1366 c.c. , che avrebbe imposto una diversa valutazione delle disposizioni di quell'accordo del quale ENAV non era parte contesta, inoltre che la consegna degli AVL sia avvenuta, per decisione della ADR, soltanto a seguito del D.M. Finanze 7 marzo 2013, e lamenta che la Corte ha omesso l'esame della corrispondenza intercorsa nel luglio 2012 fra ADR e ENAV contesta, altresì, alla Corte di merito di avere erroneamente escluso, in relazione alla domanda ex art. 2041 c.c. , la ricorrenza dell'impoverimento dell'ADR e dell'arricchimento dell'ENAV assume che, al contrario, ricorrevano sia l'impoverimento e che l'arricchimento e mancava una giusta causa che li giustificasse. 5. I motivi - che possono essere esaminati congiuntamente per l'evidente connessione delle censure - sono inammissibili sotto più profili. 5.1. Non risulta osservata la prescrizione dell' art. 366 c.p.c. , n. 6, giacché tutti e tre i motivi argomentano le censure con riferimento ad atti e documenti di cui non trascrivono e neppure sunteggiano in misura adeguata il contenuto e ciò, segnatamente, in relazione alla Convenzione del 1974, alla sentenza del TAR di cui si fa valere l'efficacia del giudicato, alle ammissioni che sarebbero state effettuate dall'ENAV nel giudizio amministrativo, alle due lettere scambiate fra le parti nel luglio 2012, ai costi che sarebbero stati sostenuti dall'ADR e ai finanziamenti ricevuti dall'ENAV. 5.2. Le censure deducenti vizi ex art. 360 c.p.c. , n. 3, difettano di specificità, in quanto assumono in modo assertivo la violazione o la falsa applicazione delle norme richiamate in rubrica, senza specificamente argomentare sul come la Corte abbia effettuato un'erronea ricognizione della fattispecie normativa astratta o sul perché i fatti esaminati non sarebbero stati correttamente sussunti nell'ambito di fattispecie normative pur esattamente ricostruite. 5.3. In ogni caso, sia le censure che denunciano violazione o falsa applicazione di legge che quelle formulate ex art. 360 c.p.c. , n. 5, propongono, nella sostanza, una lettura alternativa della vicenda che è basata in larga misura su apprezzamenti fattuali rispetto ai quali si sollecita a questa Corte una non consentita diversa valutazione di merito e ciò, segnatamente, in relazione alla possibilità di predicare un onere di manutenzione a fronte della mera formale attribuzione degli AVL al patrimonio dell'ENAV o, al contrario, in dipendenza della effettiva disponibilità degli impianti e della persistenza degli obblighi manutentivi fino al momento della riconsegna come ritenuto dalla sentenza impugnata , nonché in relazione alla possibilità di individuare un depauperamento rispetto ad attività di manutenzione che l'ADR ha scelto essa stessa di effettuare rifiutando la messa a disposizione degli impianti in favore dell'ENAV. 5.4. Va considerato, infine, che, a ben vedere, nessuna delle censure svolte investe adeguatamente il fondo della decisione impugnata, da individuare nell'affermazione a pag. 13 che l'obbligo di manutenzione era correlato alla persistenza della disponibilità dei beni in capo all'ADR essendo funzionale all'obbligo, scaturente dalla Convenzione del 1974, di restituire gli impianti in condizioni di uso normale e regolare funzionamento e ciò fino al momento della riconsegna che, di fatto e per volontà della stessa ADR, era stata effettuata soltanto a seguito del D.M. 7 marzo 2013 dal che conseguiva il difetto di alcun depauperamento per l'ADR e del correlativo arricchimento senza causa in favore dell'ENAV cui i beni non erano mai stati riconsegnati . 6. Il quinto motivo deduce la violazione e la falsa applicazione dell' art. 91 c.p.c. , avuto riguardo all'addebito delle spese di lite del secondo grado di giudizio la ricorrente contesta la condanna alle spese del giudizio di secondo grado rilevando che la Corte di Appello ha erroneamente presupposto un rigetto integrale del gravame laddove, invece, la domanda ex art. 2041 c.c. , ancorché ritenuta infondata, era stata dichiarata ammissibile, come richiesto da ADR e, inoltre, non ha considerato che l'appello incidentale era stato accolto soltanto in relazione a uno dei motivi proposti. 6.1. Il motivo è infondato giacché la Corte ha considerato la totale soccombenza dell'ADR rispetto alla domanda volta al riconoscimento dell'indennizzo ex art. 2041 c.c. , e ha ritenuto tale soccombenza prevalente sulla soccombenza parziale dell'ENAV rispetto alla domanda riconvenzionale non risulta pertanto violato il criterio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte integralmente vittoriosa né è sindacabile la scelta della Corte di non procedere ad una compensazione totale o parziale delle spese. 7. Nel complesso, il ricorso principale va pertanto rigettato. Il ricorso incidentale di enav spa. 8. Col primo motivo, la ricorrente incidentale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2727,2697,1226 e 2056 c.c. , con riferimento al principio generale della sussistenza e della prova del danno in re ipsa , nella parte in cui la Corte di Appello ha rigettato per difetto di prova sul danno la domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. , ri proposta da ENAV con il primo motivo di appello incidentale , nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 assume che, a fronte di un fatto acquisito come pacifico agli atti di causa -ossia l'abusiva detenzione degli AVL da parte di ADR per ben 13 anniil Collegio avrebbe dovuto valutare come consequenzialmente acquisito anche il danno subito dal proprietario ENAV, ingiustamente privato dei beni di sua proprietà aggiunge di avere fornito ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e contesta alla Corte territoriale di non aver motivato - né fatto alcun cenno - al mancato ingresso in giudizio delle prove richieste da ENAV al punto 7 C delle proprie conclusioni in appello. 8.1. Il motivo è inammissibile in relazione ad entrambi gli ordini di censure. Quanto alla denuncia di omesso esame circa fatti decisivi, va escluso che possa essere censurata ex art. 360 c.p.c. , n. 5, la mancata ammissione di istanze istruttorie nello specifico CTU, ispezione dei luoghi, ordine di esibizione e prove per testi in denegata ipotesi di ammissione delle prove testimoniali avversarie ove non si alleghi specificamente in quale misura ciò abbia comportato, in concreto, il mancato esame del fatto storico rilevante in causa cfr. Cass. n. 27415/2018 . Quanto al vizio ex art. 360 c.p.c. , n. 3, le censure risultano generiche e inidonee a investire puntualmente il nodo della motivazione, che non è incentrata sulla questione della configurabilità del danno in re ipsa, quanto piuttosto - e in maniera assorbente - sulla considerazione che l'ENAV non aveva allegato ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui po tesse disporre nonostante la riconosciuta difficoltà, sì da consentire al giudice il concreto esercizio del potere di liquidazione in via equitativa, che ha la sola funzione di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso . 9. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 4, violazione e falsa applicazione dell' art. 132 c.p.c. , n. 4, relativamente alla parte della sentenza in cui la Corte di Appello ha rigettato la domanda ex art. 2041 c.c. ri proposta da ENAV , nonché, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 3, violazione e falsa applicazione dell' art. 2042 c.c. . 9.1. Il motivo è infondato in relazione al vizio ex art. 360 c.p.c. , n. 4, in quanto la motivazione espressa dalla Corte di Appello - La domanda risarcitoria, va pertanto respinta né può accogliersi la domanda di indennizzo ex art. 2041 c.c. , non sussistendo il carattere sussidiario dell'azione art. 2042 c.c. , ancorché estremamente sintetica, esplicita chiaramente la ragione della decisione ossia il difetto di sussidiarietà è invece inammissibile - per genericità - la censura svolta ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 3, dato che la ricorrente non illustra specificamente in quali termini la norma dell' art. 2042 c.c. , sarebbe stata violata o falsamente applicata. 10. Il terzo motivo censura la quantificazione delle spese processuali liquidate in favore dell'ENAV per il primo e per il secondo grado di giudizio e deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, del D.M. n. 55 del 2014, art. 6 e art. 12, comma 1, dell'art. 2233 c.c. , comma 2, della L. n. 247 del 2012, art. 13 bis , in materia di equo compenso, relativamente ai capi della sentenza in cui la Corte di Appello, pur accogliendo il secondo motivo di appello incidentale proposto da ENAV, compie un'errata valutazione dei criteri di determinazione del compenso dell'avvocato nella liquidazione delle spese di lite del primo grado e compie il medesimo errore nella liquidazione delle spese di secondo grado aggiunge che la predetta errata determinazione dei presupposti numerici individuati dal Giudice di Appello, integra altresì violazione dell'art. 306 rectius, art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 . Premesso che la Corte di Appello ha affermato che le spese devono essere liquidate in base al D.M. n. 55 del 2014, applicando i valori medi del VI scaglione con gli aumenti previsti dall'art. 6 del D.M. citato , la ricorrente assume che, compiendo il calcolo corretto per lo scaglione di valore fino a 32 milioni di Euro , il compenso medio per il giudizio di primo grado è pari ad Euro 103.236,00 e per il giudizio di secondo grado è pari ad Euro 92.481 tanto rilevato, evidenzia che l'errore è dipeso dal non aver applicato allo scaglione superiore a 520.000,00 Euro e a quelli successivi l'aumento fino al 30% previsto dall' art. 6 del DM 55/2014 e sostiene che, per individuare il compenso medio spettante per un de terminato scaglione , il Giudice deve prendere come base il compenso medio che deriva dall'applicazione del 30% in aumento per ciascuno scaglione precedente fino a quello rilevante per la causa, e poi determinare il compenso dello scaglione di riferimento, aumentandolo fino al 30% in più ossia fino ad un massimo del 30% ulteriore , il compenso risultante dallo scaglione precedente. In sostanza, la discrezionalità del Giudice è limitata alla determinazione del compenso dello scaglione di riferimento l'ultimo dunque , solo in relazione all'aumento ulteriore del 30% rispetto al compenso dello scaglione precedente, la cui determinazione, invece, non è soggetta ad alcuna discrezionalità, perché determinata dal legislatore attraverso l'applicazione, per ogni scaglione superiore a quello del valore di 520.000,00 Euro, della percentuale del 30% . La ricorrente aggiunge che la liquidazione operata dalla Corte di Appello porta ad un'applicazione contra legem della norma, atteso che non rispetta i criteri dell'equo compenso di cui alla L. n. 247 del 2012, art. 13 bis , e viola altresì il divieto posto dal D.M. n. 55 del 2014, art. 12, comma 1, nella parte in cui non consente di liquidare compensi inferiori ai minimi di legge . 10.1. Al riguardo, la controricorrente osserva che la tesi secondo cui l'integrazione fino al 30% stabilita rispetto a ciascuno scaglione superiore a 520.000,00 Euro sarebbe obbligatoria per il Giudice è palesemente infondata, e agevolmente smentita dall'uso da parte della norma della preposizione fino rileva che, nel separato procedimento per correzione di errore materiale promosso dall'ENAV, la Corte di Appello romana che ha ritenuto che l'aumento poteva essere disposto in misura diversa dal 30% ha rilevato che l'aumento è stato di circa il 10% per il primo grado e di circa l'8,5% per il secondo grado, con percentuali applicate su ciascuno dei sei scaglioni da considerare. 10.2. Il motivo è infondato, nei termini di seguito indicati. Il D.M. n. 55 del 2014, art. 6 Cause di valore superiore ad Euro 520.000,00 così recita 1. Alla liquidazione dei compensi per le controversie di valore superiore a Euro 520.000,00 si applica di regola il seguente incremento percentuale per le controversie da Euro 520.000,00 ad Euro 1.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore fino a Euro 520.000,00 per le controversie da Euro 1.000.000,01 ad Euro 2.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad Euro 1.000.000,00 per le controversie da Euro 2.000.000,01 ad Euro 4.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad Euro 2.000.000,00 per le controversie da Euro 4.000.000,01 ad Euro 8.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad Euro 4.000.000,00 per le controversie di valore superiore ad Euro 8.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le cause di valore sino ad Euro 8.000.000,00 tale ultimo criterio può essere utilizzato per ogni successivo raddoppio del valore della controversia . Dal complessivo contesto della norma emergono chiaramente due elementi ossia la non obbligatorietà dell'incremento di regola e può e, soprattutto, il fatto che la percentuale non è fissa può giungere fino al 30% tetto massimo , ma può - evidentemente - essere inferiore. Ne' appare ragionevole distinguere - come propone la ricorrente incidentale - fra ultimo incremento discrezionale e incrementi precedenti fissi , trattandosi di una distinzione che non trova base né letterale né logica nella norma. considerate pertanto la pregnanza del dato letterale e l'assenza di ragioni di ordine logico-sistematico deponenti in senso contrario, deve ritenersi che, in relazione al D.M. n. 55 del 2014, art. 6, non incorre in violazione di legge il giudice che, liquidando le spese di lite per cause di valore superiore a 520.000,00 Euro, applichi incrementi percentuali inferiori al 30% in relazione ai vari passaggi di scaglione, fermo restando che risultano parimenti legittime le liquidazioni che applicano, per ciascun passaggio, l'incremento massimo del 30%. 11. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di lite. 12. Sussistono le condizioni per l'applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale, compensando le spese di lite Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.