Ai fini della valutazione sull’incompatibilità tra il regime detentivo e le condizioni di salute del condannato, ovvero sulla possibilità che il mantenimento dello stato di detenzione costituisca trattamento inumano o degradante, il giudice deve verificare, non soltanto se le condizioni di salute del condannato, da determinarsi ad esito di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all’interno dell’istituto di pena o comunque in centri clinici penitenziari, ma anche se esse siano compatibili o meno con le finalità rieducative della pena, alla stregua di un trattamento rispettoso del senso di umanità, che tenga conto della durata della pena e dell’età del condannato con la sua pericolosità sociale .
Al detenuto protagonista di un recente caso giunto ai Giudici della Corte di Cassazione, veniva rigettata dal Tribunale di sorveglianza l'istanza di differimento dell'esecuzione della pena ai sensi dell' art. 147, n. 2, c.p. e dell' art. 47- ter , primo coma,m l. n. 354/1975 per mancanza dei presupposti di legge. Tale istanza fu presentata in ragione dei problemi psichiatrici del condannato, consistenti in una grave depressione e forte disturbo della personalità, con elevato rischio di suicidio , per il quale lo stesso era già sottoposto a trattamenti farmacologici e psicoterapici. Nel rigettare la domanda, il Tribunale ritenne che tali condizioni potessero essere adeguatamente trattate anche presso la struttura dove il soggetto era collocato, tenuto anche conto della pericolosità sociale dovuta ai gravi reati per cui era giunta la condanna. Ricorreva per Cassazione l'imputato, lamentando violazione degli artt. 27 e 32 Cost. , nonché degli artt. 2 e 3 CEDU a garanzia del diritto alla salute e contro il trattamenti contrari al senso di umanità, specificando come all'atto della decisione non furono tenute in considerazione le consulenze di parte depositate aventi ad oggetto la condizione psichiatrica particolarmente delicata e che concludevano per l'incompatibilità di tali problemi con qualunque forma di detenzione, così come non fu disposta la perizia psichiatrica d'ufficio richiesta. In accoglimento delle ragioni del ricorrente, la Cassazione rileva che il Tribunale di sorveglianza nel decidere non ha applicato il principio secondo il quale in tema di differimento dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai fini della valutazione sull'incompatibilità tra il regime detentivo e le condizioni di salute del condannato, ovvero sulla possibilità che il mantenimento dello stato di detenzione costituisca trattamento inumano o degradante , il giudice deve verificare, non soltanto se le condizioni di salute del condannato, da determinarsi ad esito di specifico e rigoroso esame , possano essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto di pena o comunque in centri clinici penitenziari, ma anche se esse siano compatibili o meno con le finalità rieducative della pena , alla stregua di un trattamento rispettoso del senso di umanità, che tenga conto della durata della pena e dell'età del condannato con la sua pericolosità sociale Cass. pen., sez. I, 17 ottobre 2018, n. 53166 . Rilevano quindi i Supremi Giudici, che non risultano vagliate le consulenze di parte né le relazioni sanitarie sullo stato di salute del condannato. La Cassazione annulla pertanto l'ordinanza e rinvia al Tribunale di sorveglianza per un nuovo giudizio.
Presidente Mogini Relatore Filocamo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 15 dicembre 2021, il Tribunale di sorveglianza di Catania ha rigettato la richiesta di differimento dell'esecuzione della pena ai sensi dell' art 147, n. 2, c.p. e L. 2N. 354 DEL 6 luglio 1975 , 47 -ter, comma 1, Ordinamento penitenziario poiché non ricorrevano i presupposti di legge. In particolare, esaminata la relazione sanitaria del 15 dicembre 2021, ha ritenuto che le condizioni di salute del condannato V.R. potessero essere adeguatamente trattate presso la struttura ove era stato collocato, avvalendosi anche di presidi esterni, anche tenuta in conto la sua pericolosità sociale desunta dai gravi reati per i quali era stato condannato. 2. Avverso detto provvedimento ricorre V.R. , con il ministero del difensore di fiducia, affidandosi a un motivo. 2.1. Con detto motivo dedotto si denuncia, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e c.p.p. rispettivamente in relazione agli artt. 147, n. 2, c.p. , 47 -ter, comma 1, ord. pen. , 32 e 27, comma 3, Cost. e al divieto di trattamenti contrari al senso di umanità in relazione alla salvaguardia del diritto di salute del condannato, nonché agli artt. 2 e 3 Cedu, che garantiscono il diritto alla salute quale corollario del diritto alla vita e stabiliscono il divieto di trattamenti inumani e degradanti, nonché per difetto di motivazione in relazione alle due consulenze di parte depositate in atti a seguito di visite psichiatriche svoltesi rispettivamente in data 17 agosto e 6 dicembre 202, le quali concludevano per l'incompatibilità delle condizioni di salute del ricorrente con qualsiasi forma di detenzione, nonché alla richiesta di perizia psichiatrica d'ufficio al fine di accertare le reali condizioni di salute del detenuto rispetto alle conclusioni contrastanti tra la relazione sanitaria del 15 dicembre.2021 su cui si fonda la decisione impugnata e quelle di parte non considerate in motivazione. 3. Il Procuratore generale ha chiesto che venga dichiarata l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1. Il Tribunale di sorveglianza di Catania, nel decidere sull'istanza del condannato V.R. , non ha fatto buon governo del seguente principio di diritto, a cui questo collegio intende dare continuità, condividendolo, secondo il quale in tema di differimento dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai fini della valutazione sull'incompatibilità tra il regime detentivo e le condizioni di salute del condannato, ovvero sulla possibilità che il mantenimento dello stato di detenzione costituisca trattamento inumano o degradante, il giudice deve verificare, non soltanto se le condizioni di salute del condannato, da determinarsi ad esito di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto di pena o comunque in centri clinici penitenziari, ma anche se esse siano compatibili o meno con le finalità rieducative della pena, alla stregua di un trattamento rispettoso del senso di umanità, che tenga conto della durata della pena e dell'età del condannato comparativamente con la sua pericolosità sociale. Sez. 1, n. 53166 del 17/10/2018, Cinà, Rv. 274879-01 . Dall'esame del provvedimento impugnato non risultano affatto considerate le consulenze di parte presente agli atti e allegate al ricorso, e non risultano vagliate neanche le relazioni sanitarie che certificano le condizioni di salute del ricorrente da cui risulta che egli è affetto da depressione maggiore grave con disturbo di personalità e già in trattamento farmacologico e psicoterapeutico sin dal 3 ottobre 2017 presso l' omissis , Dipartimento Salute Mentale con alto rischio di suicidio, mentre è stata considerato esclusivamente la relazione sanitaria del 15 dicembre 2021 la quale aveva comunque ribadito l'opportunità che il detenuto fosse assegnato in tempi brevi ad un istituto penitenziario prossimo ai riferimenti affettivi, al fine di favorire il recupero di un più sano equilibrio psichico e conseguentemente un più positivo adattamento . Va peraltro ricordato che questa Sezione con sentenza n. 22373 del 08/05/2009, Aquino, Rv. 244132-01, ha affermato, su fattispecie in materia di depressione maggiore ricorrente con rischio di suicidio, che lo stato di salute incompatibile con il regime carcerario, idoneo a giustificare il differimento dell'esecuzione della pena per infermità fisica o la applicazione della detenzione domiciliare, non è limitato alla patologia implicante un pericolo per la vita, dovendosi avere riguardo ad ogni stato morboso o scadimento fisico capace di determinare una situazione di esistenza al di sotto di una soglia di dignità da rispettarsi pure nella condizione di restrizione carceraria. 2. Dalle considerazioni esposte deriva l'accoglimento del ricorso e l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, affinché il Tribunale di Sorveglianza di Catania proceda a nuovo giudizio applicando, nella libertà del suo apprezzamento di merito,, i principi di diritto sopra richiamati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata rinvia per nuovo giudizio al tribunale di sorveglianza di Catania.