Illegittimo il licenziamento se il lavoratore poteva essere reimpiegato in mansioni diverse, anche superiori

Ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l’articolo 3 l numero 604/1966 richiede la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso la riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali insindacabili, ma anche l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse.

Un lavoratore, licenziato per giustificato motivo oggettivo per la soppressione delle sue mansioni di direttore di filiale, impugnava il licenziamento dinanzi al Tribunale di Nuoro. Secondo il lavoratore le sue mansioni non erano state soppresse ma erano state semplicemente trasferite presso la sede centrale. Inoltre il suo posto era stato assegnato ad un collega più giovane ed egli avrebbe comunque potuto essere destinato ad altra filiale con uguali mansioni. Il Tribunale ha accolto la domanda dichiarando illegittimo il licenziamento ed ordinando la reintegrazione del lavoratore con risarcimento del danno. La Corte d'Appello ha però ribaltato la decisione, riconoscendo solo il superiore inquadramento del lavoratore e il diritto alle differenze retributive. La questione è giunta in Cassazione. Secondo la S.C., il giudice d'appello erroneamente ha ritenuto che il lavoratore, vittorioso nel giudizio di primo grado, avrebbe dovuto impugnare la sentenza nella parte in cui era stata accertata l'effettività della soppressione della sua posizione lavorativa. Ad ogni conto, come risulta dal ricorso di legittimità, la questione era stata riproposta nel replicare alle censure mosse alla sentenza di primo grado e la parte vittoriosa non aveva alcun onere di proporre sul punto un proprio gravame. Ricorda infatti la pronuncia che «la parte totalmente vittoriosa in primo grado non è tenuta a proporre appello incidentale avverso la sentenza impugnata dalla controparte, relativamente alle eccezioni disattese o rimaste assorbite essendo, sul punto, carente di interesse ma ha solo l'onere ex articolo 346 c.p.c. di riproporre in appello le relative questioni, come nella specie risulta essere avvenuto». Viene riscontrato inoltre che la Corte territoriale si è contraddetta nell'aver prima riconosciuto lo svolgimento di mansioni superiori e poi per non averne tenuto conto nel valutare la possibilità di un ricollocamento in azienda. Difatti, «ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l'articolo 3 della l numero 604 del 1966 richiede sia la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso sia la riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali insindacabili dal giudice quanto ai profili di congruità e opportunità, purché effettivi e non simulati - diretti ad incidere sulla struttura e sull'organizzazione dell'impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore efficienza ovvero ad incremento di redditività - ma anche l'impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse, elemento che, inespresso a livello normativo, trova giustificazione sia nella tutela costituzionale del lavoro che nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla persona del lavoratore». Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio al giudice d'appello.  

Presidente Doronzo – Relatore Garri Rilevato che 1. F.D. convenne in giudizio la omissis per azioni, dalla quale era stato assunto prima con contratto di formazione e lavoro biennale e poi a tempo indeterminato quale addetto alla filiale di Nuoro, per sentir accertare e dichiarare l'illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli il 13 settembre 2010 sul rilievo che le mansioni di responsabile di filiale cui era assegnato non erano state soppresse ma semplicemente trasferite presso la sede centrale di Arborea che il suo posto era stato preso da altro dipendente meno anziano proveniente dalla filiale di Tortolì, che era stata chiusa che comunque avrebbe potuto essere destinato con uguali mansioni presso altra filiale. Chiese pertanto di essere reintegrato nel posto di lavoro con tutte le conseguenze di ordine risarcitorio ed inoltre chiese la condanna della datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive maturate dal 1.1.2000 al 31.8.2010 per effetto del suo diritto ad essere inquadrato nel 1 livello del c.c.numero l. di categoria in luogo del 4 e poi del 3 riconosciutigli. 2. Il Tribunale di Nuoro dichiarò illegittimo il licenziamento e ordinò alla società di reintegrare il F. condannandola a risarcire il danno che quantificava nelle retribuzioni maturate dal licenziamento alla reintegrazione oltre accessori di legge. Riconobbe inoltre il suo diritto ad essere inquadrato nel 2 livello del c.c.numero l. condannando la società a corrisponderli Euro 23.474,92 a titolo di differenze retributive oltre agli accessori dovuti per legge. 3. La Corte di appello di Cagliari sezione di Sassari investita del gravame da parte della società datrice di lavoro lo ha accolto per quanto concerne la accertata illegittimità del recesso che ha ritenuto correttamente intimato. Ha confermato invece la sentenza di primo grado quanto al superiore inquadramento riconosciuto ed alle differenze retributive spettanti compensando integralmente tra le parti le spese del giudizio. 3.1. Per quanto ancora interessa ha precisato che il lavoratore appellato non aveva impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto sussistente la riorganizzazione aziendale e la soppressione della figura di impiegato amministrativo a Nuoro. 3.2. Nel richiamare i principi dettati dalla Cassazione in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ha poi verificato che il datore di lavoro aveva dato la prova dell'impossibilità di repèchage con riguardo all'inquadramento rivestito all'atto del licenziamento osservando che il diverso inquadramento risultava essere successivo allo stesso. Ha coordinato l'onere di allegazione del lavoratore con quello di prova gravante sul datore ed ha concluso per l'insussistenza di posizioni utili cui riassegnare il lavoratore. 4. Per la cassazione della sentenza propone ricorso F.D. affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso la omissis p,a. che deposita memoria illustrativa ex articolo 380 bis 1 c.p.c Anche il ricorrente ha comunicato memoria. Considerato che 5. Con primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione articolo 111 Cost., dell'articolo 132 c.p.c. e 3 L. 6C'4 del 1966. Sostiene il ricorrente che la motivazione della sentenza sarebbe a tal punto contraddittoria da risultare apparente. Sottolinea che il giudice di appello da un canto riconosce che le mansioni svolte erano superiori e poi, nel verificare la prova del repechage, prende in esame il livello di inquadramento posseduto al momento del licenziamento e non le mansioni in concreto svolte che, come accertato, erano invece riconducibili al livello superiore. 6. Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza per avere in violazione dell'articolo 3 della L. numero 604 del 1966 e dell'articolo 2103 c.c trascurato di considerare che, in applicazione di tale ultima norma, il lavoratore avrebbe dovuto essere adibito a mansioni corrispondenti a quelle di fatto svolte e pertanto non si sarebbe dovuto tenere conto dell'inquadramento formale assegnatogli nel valutare la legittimità del licenziamento. 7. Il terzo motivo concerne la violazione dell'articolo 111 Cost. e degli articolo 115, 416 e 437 c.p.c. e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente deduce infatti di aver allegato, sin dal primo grado, che la filiale di Olbia al tempo del licenziamento era priva di un responsabile e che tale circostanza non era stata specificatamente contestata. Non si è tenuto conto del fatto che la stessa società aveva dato atto del fatto che il processo di riorganizzazione aveva interessato tutta la struttura della cooperativa. Inoltre, alla data del licenziamento il responsabile della filiale di Olbia era stato trasferito altrove e di tale circostanza, allegata, la Corte di appello non aveva tenuto conto. 8. Con il quarto motivo di ricorso è denunciata la violazione dell'articolo 112 c.p.c., dell'articolo 111Cost. e dell'articolo 3 della L. numero 604 del 1966 e si rappresenta che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di secondo grado, era stata contestata in appello l'effettività della riorganizzazione aziendale e soppressione del posto ed anzi si era sottolineato che l'onere di offrirne la dimostrazione gravava sulla datrice di lavoro che non vi aveva adempiuto. 9. Con il quinto motivo di ricorso il F. si duole della violazione dell'articolo articolo 3 della L. numero 604 del 1966 e dell'articolo 2103 c.c. oltre che dell'omesso esame di fatto decisivo per il giudizio. Sostiene il ricorrente che in ipotesi il rifiuto di un demansionarnento non potrebbe essere rilevante nel ritenere legittimo il recesso ove si consideri che comunque si sarebbe dovuto prima verificare che non c'erano in azienda posizioni disponibili per mansioni equivalenti. Deduce, peraltro, di aver allegato che nessun rifiuto c'era mai stato. 10. Il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente in ragion della loro intima connessione e, in quanto fondati, devono essere accolti restandone assorbito l'esame del terzo e del quinto motivo di ricorso. 11. In primo luogo va sottolineato che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che il lavoratore, che vittorioso nel giudizio di primo grado aveva visto comunque dichiarato illegittimo il licenziamento a lui intimato, avrebbe dovuto impugnare in appello la sentenza nella parte in cui era stata accertata l'effettività della soppressione della figura di impiegato amministrativo a Nuoro. 12. Come risulta infatti dal ricorso oggi in esame, che sintetizza le difese in appello e rinvia alla memoria in quella sede depositata, la questione era stata riproposta nel replicare alle censure mosse alla sentenza di primo grado e la parte vittoriosa non aveva alcun onere di proporre sul punto un proprio gravame anche solo in via incidentale. La parte totalmente vittoriosa in primo grado non è tenuta a proporre appello incidentale avverso la sentenza impugnata dalla controparte, relativamente alle eccezioni disattese o rimaste assorbite essendo, sul punto, carente di interesse ma ha solo l'onere ex articolo 346 c.p.c. di riproporre in appello le relative questioni, come nella specie risulta essere avvenuto cfr. tra le altre Cass. 26/11/2010 numero 24021 . 13. Inoltre la sentenza si espone alle censure enunciate nel primo secondo e quarto motivo. Nella sua motivazione la Corte territoriale contraddittoriamente prima riconosce al lavoratore di aver svolto mansioni riconducibili ad un determinato, e superiore, profilo professionale e poi non ne tiene conto nel verificare in concreto l'esistenza di possibilità di ricollocamento in azienda del lavoratore licenziato in relazione all'avvenuta soppressione di una posizione lavorativa di cui, pur formalmente assegnatovi, non svolgeva di fatto i compiti. Nel verificare la legittimità del licenziamento per soppressione del posto di lavoro ed in relazione all'accertata impossibilità di ricollocare altrimenti il lavoratore la Corte avrebbe dovuto verificare, sulla base delle allegazioni e delle prove offerte che non vi eranc in azienda posizioni lavorative che corrispondessero alle mansioni di fatto assegnate al lavoratore e da lui svolte. Ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l'articolo 3 della i, numero 604 del 1966 richiede sia la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso sia la riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali insindacabili dal giudice quanto ai profili di congruità e opportunità, purché effettivi e non simulati - diretti ad incidere sulla struttura e sull'organizzazione dell'impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore efficienza ovvero ad incremento di redditività ma anche l'impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse, elemento che, inespresso a livello normativo, trova giustificazione sia nella tutela costituzionale del lavoro che nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla persona del lavoratore. L'onere probatorio in ordine alla sussistenza di questi presupposti è a carico del datore di lavoro, che può assolverlo anche mediante ricorso a presunzioni, restando escluso che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili cfr. Cass. numero 24882 del 2017 e numero 32387 del 2019 . 14. In conclusione la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di appello di Cagliari che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, secondo e quarto motivo di ricorso, assorbiti il terzo ed il quinto. Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Cagliari anche per le spese del giudizio di legittimità.