Accertamento della contraffazione del brevetto e risarcimento del danno

L’articolo 125 c.p.i., nella versione antecedente alle modifiche apportate dall’articolo 17 d.lgs. numero 140/2006 con cui è stata recepita la c.d. direttiva enforcement dir. 2004/48/CE , prevedeva il criterio liquidatorio del prezzo del compenso o della giusta royalty.

Una S.p.a. conveniva in giudizio un'altra società chiedendo l'accertamento della contraffazione del proprio brevetto avente ad oggetto un elemento di arredamento e l'inibitoria del comportamento illecito, oltre al risarcimento del danno. La domanda è stata accolta dal Tribunale con decisione confermata anche in sede di appello, con l'unica modifica – in diminuzione – della cifra riconosciuta a titolo di risarcimento. La questione è giunta in Cassazione. Per quanto qui d'interesse, la società ricorrente si duole per la determinazione della cifra riconosciuta come risarcimento del danno. La censura è fondata. La Corte di appello infatti, dopo aver rideterminato il prezzo del consenso relativo all'illecito contraffattivo in euro 58.853,00 pari all'introito, commisurato alla royalty del 5%, sul fatturato complessivo di cinque anni della società titolare del brevetto , ha detratto l'ammontare delle spese di assistenza tecnica. Tale operazione di sottrazione non ha però alcuna giustificazione, «in quanto quella costituita dalle nominate spese è una voce di danno che non è parte integrante del pregiudizio dato dallo sfruttamento della privativa che è stato ragguagliato alla giusta royalty, ma si aggiunge piuttosto, ad esso l'esclusione di detta voce non incide, dunque, sull'ammontare del danno quantificato sulla base dei canoni di licenza». Sempre in riferimento alla liquidazione del danno, la controparte, con ricorso incidentale, lamenta la violazione dell'articolo 125 c.p.i. per aver la Corte d'Appello ricalcolato il danno applicando immotivatamente una royalty di valore superiore rispetto a quella presa in considerazione in primo grado. Tale doglianza risulta però priva di fondamento. Nella vicenda in esame è infatti applicabile l'articolo 125 c.p.i. nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'articolo 17 d.lgs. numero 140/2006 con cui è stata recepita la c.d. direttiva enforcement dir. 2004/48/CE . La norma applicabile ratione temporis stabiliva, al primo comma, che «il risarcimento dovuto al danneggiato fosse liquidato secondo le disposizioni degli articolo 1223,1226 e 1227 c.c. e che il lucro cessante venisse valutato dal giudice anche tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto e dei compensi che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare qualora avesse ottenuto licenza dal titolare del diritto al secondo comma l'articolo 125 disponeva che la sentenza sul risarcimento dei danni potesse farne, ad istanza di parte, la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivavano». Era dunque lo stesso articolo 125 c.p.i. a contemplare la tecnica liquidatoria del prezzo del compenso, o della giusta royalty. In conclusione, la Corte accoglie in parte il ricorso principale e cassa la pronuncia impugnata con rinvio alla Corte territoriale.

Presidente Genovese – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - Con citazione notificata il 1 agosto 2005 A. s.p.a. ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Venezia M.G. s.r.l. chiedendo che fosse accertata la contraffazione del proprio brevetto italiano numero Omissis , concesso il 23 settembre 1998 e avente ad oggetto una struttura ad elementi componibili per l'arredamento tecnico-funzionale di interni - in particolare una scaffalatura -, che fosse disposta l'inibitoria del comportamento illecito e che fosse condannata la convenuta al risarcimento dei danni. M.G. si è costituita in giudizio di ha eccepito il difetto di novità e di altezza inventiva del trovato di A Il Tribunale lagunare ha accolto le domande di accertamento della contraffazione, di inibitoria e di risarcimento del danno, liquidando quest'ultimo nella misura di Euro 77.383,10. 2. - M.G. ha impugnato la pronuncia di primo grado avanti alla Corte di appello di Venezia ha resistito A., che ha spiegato gravame incidentale riguardo al quantum del risarcimento. La Corte di merito ha confermato la sentenza di primo grado con riguardo alla ritenuta esistenza dell'illecito contraffattivo l'ha invece riformata con riferimento alla statuizione risarcitoria, ritenendo che il danno dovesse essere liquidato nella minor somma di Euro 22.667,00. 3. - Ricorre per cassazione, facendo valere tre motivi di impugnazione, A M.G. resiste con controricorso e propone, a sua volta, una impugnazione incidentale su due motivi. A. ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. - Il primo motivo denuncia la nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione e, quindi, la violazione dell'articolo 112 c.p.c Viene lamentato che la pronuncia abbia ritenuto non dovute le spese relative alla consulenza tecnica di parte sostenute dalla ricorrente principale e ciò sul presupposto che non ne sarebbe stato provato l'effettivo esborso. Si sostiene che la Corte di appello avrebbe pronunciato ultra petita in quanto la domanda avversaria volta ad ottenere la riforma della sentenza di primo grado doveva ritenersi pacificamente inammissibile ai sensi dell'articolo 345 c.p.c., configurando una domanda nuova . Si deduce che controparte non aveva tempestivamente contestato l'avvenuto pagamento degli importi portati dalle fatture prodotte in giudizio e che la contestazione non poteva essere svolta in appello, in ragione delle preclusioni contemplate per detto grado di giudizio. Il motivo è infondato. La censura non investe, evidentemente, il tema della novità della domanda non essendo stato nemmeno dedotto che l'odierna controricorrente ne avesse proposta alcuna , quanto quello della contestazione, da parte di M.G., del fatto costitutivo della pretesa risarcitoria concernente le spese per l'assistenza tecnica affrontate da A. spese che la Corte di appello ha ritenuto non provate attraverso la produzione di due fatture recanti l'annotazione rimessa diretta . L'istante lamenta, in sintesi, non si sia tenuto conto che controparte abbia mancato di contestare, in primo grado, l'avvenuto pagamento degli importi portati dalle fatture. Si osserva, nondimeno, che il fatto del pagamento non rientrava tra quelli cui era applicabile il principio di non contestazione secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, l'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti Cass. 31 agosto 2020, numero 18074 Cass. 4 gennaio 2019, numero 87 . Tale rilievo in diritto riveste portata assorbente rispetto ad altra considerazione, incentrata sulla carenza di autosufficienza della doglianza infatti, l'onere del rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione sussiste anche quando si reputi che una data circostanza debba ritenersi sottratta al thema decidendum, in quanto non contestata Cass. 23 luglio 2009, numero 17253 . 2. - Col secondo mezzo del ricorso principale la sentenza impugnata è censurata per violazione o falsa applicazione dell'articolo 111 Cost Rileva la ricorrente che la Corte di appello, incorrendo nel vizio motivazionale consistente nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, aveva dapprima individuato il danno risarcibile in un'unica voce, pari a Euro 58.853,00 quale prezzo del consenso o royalty ragionevole, affermando, poi, che avrebbe dovuto escludersi dal pregiudizio patrimoniale sofferto la voce relativa all'assistenza tecnica il cui ammontare, pari ad Euro 36.186,00, andava detratta dal danno complessivo. Il mezzo è fondato. La Corte di appello, dopo aver rideterminato il prezzo del consenso relativo all'illecito contraffattivo in Euro 58.853,00 pari all'introito, commisurato alla royalty del 5%, sul fatturato complessivo di cinque anni di A. , ha detratto da tale importo l'ammontare delle spese di assistenza tecnica. Come è chiaro, tale operazione di sottrazione non ha ragion d'essere, il quanto quella costituita dalle nominate spese è una voce di danno che non è parte integrante del pregiudizio dato dallo sfruttamento della privativa che è stato ragguagliato alla giusta royalty, ma si aggiunge piuttosto, ad esso l'esclusione di detta voce non incide, dunque, sull'ammontare del danno quantificato sulla base dei canoni di licenza. 3. - Il terzo motivo di A. oppone la violazione o falsa applicazione dell'articolo 11 disp. att. c.c., in relazione al D.M. numero 140 del 2012. Si lamenta che la sentenza impugnata abbia provveduto a una nuova liquidazione delle spese relative al giudizio di primo grado, esauritosi del 2010, secondo i parametri che erano stati introdotti, anni dopo, col richiamato decreto ministeriale. Si osserva che nessuna domanda di revisione delle spese era stata formulata da controparte la quale, infatti, aveva mancato di impugnare la liquidazione del Tribunale. Il motivo resta assorbito, stante la cassazione della sentenza di appello mette conto peraltro di osservare che l'operato della Corte di merito, in punto di spese, risulta essere corretto. E' da ricordare, anzitutto, che in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata sussiste il potere del giudice d'appello di procedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata Cass. 13 luglio 2020, numero 14916 Cass. 24 gennaio 2017, numero 1775 . In secondo luogo, i parametri introdotti dal D.M. numero 55 del 2014, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti, trovano applicazione ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto, ancorché la prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione, purché a tale data la prestazione professionale non sia stata ancora completata. Ne consegue che, qualora il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima della entrata in vigore del detto decreto ministeriale, non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado nondimeno, in caso di riforma della decisione, il giudice dell'impugnazione, investito ai sensi dell'articolo 336 c.p.c., anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d'appello, atteso che l'accezione omnicomprensiva di compenso evoca la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera prestata nella sua interezza Cass. 13 luglio 2021, numero 19989 Cass. 10 dicembre 2018, numero 31884 . 4. - Il primo motivo di ricorso incidentale lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 66 c.p.i. e la carenza di motivazione circa la contraffazione per equivalente. Si deduce che la validità del brevetto Europeo Mittel era stata accertata in sede di opposizione dall'EPO e che il giudice nazionale non aveva il potere di disapplicare tale registrazione. Si esclude, inoltre, la contraffazione per equivalente in quanto il prodotto della ricorrente incidentale era coperto da valido brevetto Europeo il cui rilascio presupponeva attività inventiva infatti l'esaminatore Europeo aveva preso specificamente in considerazione il brevetto A. e aveva negato che lo stesso concretasse un'anteriorità invalidante del brevetto di M.G In sintesi, poiché il prodotto che si assumeva in contraffazione riproduceva il brevetto Mittel, ciò significava che il prodotto stesso era frutto di attività inventiva il che non consentiva di applicare la teoria della contraffazione per equivalente, la quale prende in considerazione l'assenza di originalità e novità della soluzione alternativa adottata dal contraffattore. Il motivo è infondato. La Corte di appello ha accertato la contraffazione per equivalente posta in essere col prodotto commercializzato da Mittel Gruoup a tal fine ha preso in considerazione il detto prodotto, non il brevetto concesso alla nominata società, visto che tra l'uno e l'altro sono state riscontrate importanti differenze solo una parte del prodotto Mittel essendo espressione dell'idea inventiva tutelata con la privativa Europea conseguita da tale società pag. 10 della sentenza . Le considerazioni svolte quanto al rilascio della privativa Mittel risultano essere quindi non aderenti alla ratio decidendi della pronuncia impugnata, che non ha esaminato il brevetto della ricorrente incidentale. E' peraltro il caso di aggiungere che, in linea di principio, il rigetto, da parte dell'EPO, dell'opposizione proposta avverso la registrazione del brevetto Mittel di cui è parola a pag. 17 del controricorso non poteva avere effetto vincolante per il giudice italiano poiché, infatti, la registrazione Europea del brevetto si risolve in un fascio di brevetti nazionali, essa non sottrae il giudice nazionale all'obbligo di fare applicazione della normativa interna al fine di vagliare la validità della frazione nazionale del brevetto Cass. 14 ottobre 2009, numero 21835 . E' da osservare poi, che la Corte distrettuale ha riconosciuto la contraffazione avendo accertato, sulla scorta dell'indagine svolta dal c.t.u., che nella produzione Mittel erano presenti tutti gli elementi esposti nella rivendicazione A. . Nella sentenza è spiegato, poi, che le modeste differenze accertate erano state ritenute dallo stesso ausiliario alla portata del tecnico del ramo. Tale rilievo riflette un giudizio di fatto, non sindacabile nella presente sede, se non per un vizio di motivazione chiaramente insussistente nella presente fattispecie. La banalità delle soluzioni tecniche alternative che sono state adottate si traduce, del resto, nella contraffazione per equivalente che la Corte di merito ha positivamente accertato infatti, al fine di valutare se la realizzazione contestata possa considerarsi equivalente a quella brevettata, così da costituirne una contraffazione, occorre accertare se, nel permettere di raggiungere il medesimo risultato finale, essa presenti carattere di originalità, offrendo una risposta non banale, né ripetitiva della precedente, essendo da qualificarsi tale quella che ecceda le competenze del tecnico medio che si trovi ad affrontare il medesimo problema, potendo ritenersi in questo caso soltanto che la soluzione si collochi al di fuori dell'idea di soluzione protetta Cass. 2 novembre 2015, numero 22351 Cass. 13 gennaio 2004, numero 257 cfr. pure Cass. 7 febbraio 2020, numero 2977, circa il rilievo che assume, ai fini dell'equivalenza della soluzione inventiva, il fatto che la realizzazione contestata permetta di raggiungere il medesimo risultato finale adottando varianti prive del carattere di originalità, perché ovvie alla luce delle conoscenze in possesso del tecnico medio del settore che si trovi ad affrontare il medesimo problema . 5. - Il secondo mezzo del ricorso incidentale prospetta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 125 c.p.i Deduce l'istante che la Corte di appello di Venezia avrebbe ricalcolato il danno applicando immotivatamente una royalty di valore superiore rispetto a quella presa in considerazione dal Tribunale ai fini della quantificazione del prezzo del consenso royalty stimata nella misura del 5%, mentre il Giudice di primo grado aveva apprezzato, a tal fine, il dato del 3,5%. Assume poi l'istante che la Corte di merito avrebbe trascurato di considerare alcuni fatti decisivi dedotti dalle parti la propria deduzione circa il fatto che A. non aveva perso clienti, né era andata incontro a una flessione del fatturato la sproporzione dell'utile accertato, siccome calcolato sul fatturato di tutti i componenti, e non del solo elemento che assumeva rilievo ai fini della contraffazione l'assenza di dolo e di colpa di M.G., l'immediata cessazione della produzione del prodotto in contraffazione a seguito della pronuncia dell'inibitoria da parte del Tribunale la messa a disposizione del consulente tecnico di tutta la documentazione da questo richiesta . Il motivo è nel complesso infondato. La commisurazione del danno al 5% del fatturato è stata spiegata dal Giudice di appello avendo riguardo al fatto che non era condivisibile la scelta, da parte del Tribunale, di applicare una percentuale più bassa rispetto a quella minima prevista per la royalty ha osservato sul punto la Corte di merito come il contraffattore non potesse beneficiare di un trattamento più favorevole rispetto a quello spettante al licenziatario. Ebbene, alla presente controversia è applicabile il testo dell'articolo 125 c.p.i. nella versione anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. numero 140 del 2006, articolo 17, con cui è stata recepita la c.d. direttiva enforcement dir. 2004/48/CE la norma applicabile ratione temporis stabiliva, al comma 1, che il risarcimento dovuto al danneggiato fosse liquidato secondo le disposizioni degli articolo 1223,1226 e 1227 c.c. e che il lucro cessante venisse valutato dal giudice anche tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto e dei compensi che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare qualora avesse ottenuto licenza dal titolare del diritto al comma 2 l'articolo 125 disponeva che la sentenza sul risarcimento dei danni potesse farne, ad istanza di parte, la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivavano. Lo stesso articolo 125 c.p.i., nel testo applicabile ratione temporis, contemplava, dunque, la tecnica liquidatoria del prezzo del compenso, o della giusta royalty. Ora, la ricorrente fa questione, con la prima censura del motivo in discorso, più che di una violazione o falsa applicazione della norma citata, di una carenza di motivazione della sentenza di appello nel riformare la sentenza di primo grado ricorso, pag. 26 . Si osserva, però, che è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, nelle diverse forme della mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , della motivazione apparente , del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e della motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, numero 8053 Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, numero 8054 . La motivazione della sentenza impugnata, con cui la Corte di merito ha inteso commisurare il danno alla royalty minima onde evitare che al contraffattore fosse riservato un trattamento più favorevole rispetto al licenziatario, non presenta alcuno di tali vizi. La concessione in licenza del brevetto integra infatti lo scenario controfattuale che consente di individuare il lucro cessante patito, nella circostanza, dalla titolare della privativa il senso della pronuncia impugnata è che ove M.G. avesse rispettato il diritto dell'odierna controparte, rendendosi licenziataria della privativa, sarebbe stato ipotizzabile il conseguimento, da parte di A., di un utile pari alla royalty ragionevole del 5% valore, questo, individuato nel corso del giudizio a mezzo di consulenza contabile come rammentato nel brano della sentenza di primo grado riprodotto all'interno del ricorso incidentale . Non rileva, invece, in questa sede, il portato delle argomentazioni svolte dal Tribunale, il quale aveva ritenuto di fissare la giusta royalty in un importo percentuale inferiore. La congruità della motivazione della sentenza del giudice di appello deve essere infatti verificata con esclusivo riguardo alle questioni che sono state sottoposte al medesimo, e dallo stesso risolte per decidere la controversia, restando ad essa del tutto estranea la decisione eventualmente diversa che sia stata adottata dal giudice di primo grado, interamente travolta ed assorbita da quella emessa, in sua sostituzione, dal giudice di appello il quale compie la valutazione diretta del materiale probatorio messo a disposizione dalle parti, nell'ambito delle questioni sottopostegli dai motivi d'impugnazione, senza obbligo di puntuale confutazione dei singoli punti della sentenza di primo grado Cass. 22 dicembre 2005, numero 28487 Cass. 26 febbraio 1998, numero 2078 . Per il resto, la ricorrente per incidente dibatte dell'omesso esame di alcuni fatti, asseritamente decisivi, specificamente individuati a pagg. 27 s. del ricorso ma l'istante, oltre a impropriamente includere, tra tali fatti, un dato - la consegna, al c.t.u., della documentazione richiesta - che non integra per certo un fatto primario o secondario, rilevante ai fini della previsione dell'articolo 360 c.p.c., numero 5, omette di conferire la necessaria specificità alla sua censura infatti, la deduzione del vizio di cui alla richiamata previsione normativa onerava l'istante non solo di indicare il fatto storico , il cui esame fosse stato omesso, ma anche il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risultasse esistente, il come e il quando tale fatto fosse stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nnumero 8053 e 8054, citt. . 6. - In accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, la sentenza impugnata è cassata. Il primo motivo del ricorso principale va disatteso, il terzo dichiarato assorbito, mentre il ricorso incidentale va respinto. La causa è rinviata alla Corte di Venezia, che giudicherà in diversa composizione, e a cui è demandata la decisione sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo rigetta il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.