Domanda di contribuzione al mantenimento del minore residente in Russia e giurisdizione del giudice italiano

È devoluta all’autorità giudiziaria italiana la giurisdizione in ordine alla domanda di determinazione delle modalità con cui il padre - residente in Italia e in possesso della cittadinanza italiana - deve contribuire al mantenimento del figlio minore che risiede abitualmente in Russia.

Il caso. La madre di un minore conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, il padre del bambino. Dichiarava che l'uomo si era disinteressato del mantenimento e dell'educazione del figlio chiedeva la sua condanna al pagamento di un assegno di mantenimento e l'imposizione a suo carico dell'obbligo di contribuire alle spese straordinarie e di mettere a disposizione della donna e del bambino una idonea dimora, con l'ordine di desistere da ogni comportamento finalizzato a limitare la libertà di movimento e trasferimento del minore tra Italia, Russia e Stati dell' Unione Europea, nonché di provvedere alla cancellazione di ogni segnalazione effettuata presso il Ministero dell'interno e gli organi di Polizia. Costituitosi in giudizio, l'uomo chiedeva il rigetto della domanda attorea, eccependo il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria italiana , poiché il minore risiedeva stabilmente in Russia , e altresì l'incompetenza territoriale del Tribunale adito, risiedendo lui stabilmente in un Comune della provincia romana. Il giudice di prime cure dichiarava il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria italiana. La donna proponeva reclamo dinanzi alla Corte d'Appello di Roma, che, con decreto, lo accoglieva parzialmente. La Corte territoriale riteneva inapplicabile il criterio di collegamento fondato sul luogo di residenza abituale del minore , previsto dall'art. 5 della Convenzione dell'Aja del 1996, resa esecutiva in Italia dalla l. n. 101/15 e richiamata dall' art. 42, l. n. 218/95 , rilevando che alla luce dell'art. 4 della suddetta Convenzione sono escluse dall'ambito di applicabilità della stessa le obbligazioni alimentari. In particolare, la Corte riteneva che, in mancanza di norme convenzionali, la cittadinanza italiana del minore e del padre, la residenza di quest'ultimo in Italia e l'applicabilità della legge italiana giustificassero, ai sensi degli artt. 36- bis , lett. b e 37 della l. n. 218/95, il riconoscimento della giurisdizione italiana in ordine alle domande di determinazione dell'assegno , ripartizione delle spese straordinarie e messa a disposizione dell' alloggio , mentre per le altre domande la giurisdizione spettasse all'Autorità giudiziaria della Federazione russa, quale Stato di residenza abituale del minore. Avverso la pronuncia l'uomo proponeva ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. La donna resisteva in giudizio con controricorso, eccependo, preliminarmente, l'inammissibilità dell'impugnazione, ritenendo che il decreto impugnato fosse privo dei requisiti di decisorietà e definitività necessari ai fini dell'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione. La Prima Sezione civile della Corte rimetteva gli atti al Primo Presidente, che disponeva l'assegnazione della causa alle Sezioni Unite. Osservazioni. La Suprema Corte in primis disattende l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente, ritenendo che il decreto della Corte d'Appello, contenente i provvedimenti in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio e le disposizioni relative al loro mantenimento, è ricorribile per cassazione ai sensi dell' art. 111 Cost. poiché già nel vigore della l. n. 54/2006 - che tendeva ad assimilare la posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati nel matrimonio - ed a maggior ragione dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 154/2013 , che ha abolito ogni distinzione, al predetto decreto vanno riconosciuti i requisiti della decisorietà, in quanto risolve contrapposte pretese di diritto soggettivo, e di definitività, perché ha un'efficacia assimilabile rebus sic stantibus a quella del giudicato. I Supremi giudici ritengono infondati tutti e tre i motivi di ricorso e che, in modo corretto il giudice territoriale abbia tenuto distinte le domande riguardanti gli aspetti personali del rapporto tra il ricorrente e il figlio da quelle aventi ad oggetto la determinazione delle modalità di contribuzione da parte del padre al mantenimento del minore , riconoscendo la devoluzione di queste ultime alla giurisdizione dell'Autorità giudiziaria italiana e limitando alle prime l'affermazione della spettanza alla cognizione del Giudice della Federazione russa. I Giudici di legittimità osservano come, in materia, il riparto di giurisdizione tra l'Autorità giudiziaria italiana e quella straniera sia disciplinato dagli artt. 37 e 42 della l. n. 218/1995 . L'art. 37 stabilisce che, in materia di filiazione e di rapporti personali fra genitori e figli , la giurisdizione italiana sussiste , oltre che nei casi previsti rispettivamente dagli artt. 3 e 9, anche quando uno dei genitori o il figlio è cittadino italiano o risiede in Italia . L'art. 42, invece, che riguarda la protezione dei minori, richiama la Convenzione dell'Aja del 1961, oggi sostituita da quella del 1996. In base a quest'ultima, ai sensi dell'art. 5, competenti ad adottare misure tendenti alla protezione del minore sono le autorità dello Stato contraente di residenza abituale del minore par. 1 . Nel caso in cui ci sia il trasferimento di tale residenza abituale in un altro Stato contraente, competenti sono le autorità dello Stato di nuova abituale residenza par. 2 . Nell'ipotesi poi contemplata all'art. 7, di trasferimento o di mancato ritorno illecito del minore, le autorità dello Stato contraente in cui il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato ritorno conservano la competenza fino al momento in cui il minore abbia acquisito una residenza abituale in un altro Stato. La giurisdizione prevista dall'art. 5, par. 1, non si estende tuttavia alle controversie riguardanti la determinazione delle modalità di contribuzione del genitore al mantenimento del figlio, le quali, in quanto aventi un oggetto riconducibile agli obblighi agli alimenti” – nell'accezione della giurisprudenza comunitaria, più ampia di quella italiana - restano escluse dall'ambito applicativo della Convenzione, ai sensi dell'art. 4, lett. e della stessa. In assenza di una specifica disciplina convenzionale, le controversie relative alle obbligazioni alimentari restano pertanto assoggettate a quella dettata dall' art. 37, l. n. 218/1995 , con la conseguente spettanza della giurisdizione al giudice italiano quando, come previsto dall'art. 3, l. n. 218, il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio o quando, come previsto dallo stesso art. 37, uno dei genitori o il figlio è cittadino italiano o risiede in Italia. I Giudici concludono ritenendo che, nonostante la residenza abituale del minore sia in Russia, entrambi i criteri di collegamento devono ritenersi convergenti in favore dell'attribuzione all'Autorità giudiziaria italiana della giurisdizione in ordine alla domanda di determinazione delle modalità con cui il padre deve contribuire al mantenimento del figlio, avendo il ricorrente la propria residenza in Italia ed essendo, al tempo stesso, in possesso della cittadinanza italiana. La Corte ritiene non condivisibile l'insistenza del ricorrente né sull'accessorietà della domanda di determinazione delle modalità di contribuzione al mantenimento, in ordine alla quale il provvedimento impugnato ha affermato la sussistenza della giurisdizione italiana, rispetto a quella di cessazione dei comportamenti volti a limitare la libertà di circolazione del minore, dichiarata spettante alla cognizione dell'Autorità giudiziaria della Federazione russa, né l'invocazione del principio di prossimità, ritenuto idoneo a giustificare la devoluzione di entrambe le domande al giudice dello Stato di residenza abituale del minore, in conformità dell' interesse superiore di questi. Conclusione. Con la sentenza in oggetto, la Suprema Corte a Sezioni Unite rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità.

Presidente De Chiara – Relatore Mercolino Fatti di causa 1. K.E. , madre del minore M.F.V. , nato da una relazione con M.F. , convenne quest'ultimo dinanzi al Tribunale di Roma, chiedendo accertarsi che egli si era disinteressato del mantenimento e dell'educazione del figlio, con la conseguente condanna del convenuto al pagamento di un assegno mensile di mantenimento e l'imposizione a suo carico dell'obbligo di contribuire alle spese straordinarie e di mettere a disposizione del minore e di essa ricorrente un'idonea dimora, e con l'ordine di desistere da ogni comportamento volto a limitare la libertà di movimento e trasferimento del minore tra Italia, Russia e Stati dell'Unione Europea, nonché di provvedere alla cancellazione di ogni segnalazione effettuata presso il Ministero dell'interno e gli organi di Polizia. A sostegno della domanda, la ricorrente espose di aver fatto ritorno in Russia pochi mesi dopo la nascita del figlio, portandolo con sé, precisando che il Tribunale moscovita del distretto di T. aveva rigettato la domanda di rientro in Italia del minore proposta dal M. , ed aggiungendo che il Tribunale moscovita del distretto di O. aveva disciplinato l'esercizio della responsabilità genitoriale e determinato le modalità degl'incontri tra il minore ed il padre. Si costituì il M. , ed eccepì il difetto di giurisdizione dell'Autorità giudiziaria italiana, rilevando che il minore risiedeva ormai stabilmente in Russia, nonché l'incompetenza del Tribunale adito, sostenendo di risiedere in … nel merito, affermò l'infondatezza della domanda, chiedendone il rigetto. 1 . 1. Con decreto del 23 gennaio 2020 , il Tribunale di Roma dichiarò il difetto di giurisdizione dell'Autorità giudiziaria italiana. 2. Il reclamo proposto dalla K. è stato parzialmente accolto dalla Corte d'appello di Roma, che con decreto del 6 ottobre 2020 ha dichiarato la spettanza all'Autorità giudiziaria italiana della giurisdizione in ordine alle domande riguardanti la determinazione dell'assegno, la ripartizione delle spese straordinarie e la messa a disposizione dell'alloggio, confermando il difetto di giurisdizione in ordine alle altre domande. A fondamento della decisione, la Corte ha ritenuto inapplicabile il criterio di collegamento fondato sul luogo di residenza abituale del minore, previsto dall'art. 5 della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genito-riale e di misure di protezione dei minori, firmata all'Aja del 19 ottobre 1996, resa esecutiva dalla L. 18 giugno 2015, n. 101 , e richiamata dalla L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 42, rilevando che l'art. 4 della medesima Convenzione esclude dall'ambito di applicabilità della stessa le obbligazioni alimentari. Ha ritenuto altresì irrilevante la precedente decisione del Tribunale di O., rilevando che lo stesso non si era pronunciato in ordine alla domanda di determinazione dell'assegno, in quanto la ricorrente vi aveva rinunciato, ed affermando che la riproposizione di tale domanda congiuntamente ad altre imponeva di valutare distintamente la sussistenza della giurisdizione italiana in ordine a ciascuna di esse. Tanto premesso, la Corte ha ritenuto che, in assenza di norme convenzionali, la cittadinanza italiana del minore e del padre, la residenza di quest'ultimo in Italia e l'applicabilità della legge italiana giustificassero, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 36 bis , lett. b , e art. 37, il riconoscimento della giurisdizione italiana in ordine alle domande di determinazione dell'assegno, ripartizione delle spese straordinarie e messa a disposizione dell'alloggio, mentre per le altre domande la giurisdizione spettasse all'Autorità giudiziaria della Federazione russa, quale Stato di residenza abituale del minore, essendo il relativo oggetto inquadrabile nelle misure volte alla protezione sensi dell'art. 3 della Convenzione dell'Aja, in quanto attinente alla violazione dei doveri genitoriali, alla libertà di spostamento del minore ed agli incontri tra lo stesso ed il padre. 3. Avverso il predetto decreto il M. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. La K. ha resistito con controricorso, anch'esso illustrato con memoria. Il ricorso è stato avviato alla trattazione dinanzi alla Prima Sezione civile di questa Corte, che con ordinanza del 3 marzo 2022 ha rimesso gli atti al Primo Presidente, il quale ha disposto l'assegnazione della causa alle Sezioni Unite, al fine di stabilire a se e come il criterio della residenza abituale del minore, stabilito dall'art. 5 della Convenzione dell'Aja, debba raccordarsi con le previsioni dell'art. 4 della stessa Convenzione e della L. n. 218 del 1995, art. 42, nel caso in cui la residenza del minore si trovi nella Federazione russa, l'Autorità giudiziaria russa abbia già statuito in ordine all'affidamento ed alla collocazione del figlio e l'oggetto del giudizio instaurato dinanzi all'Autorità giudiziaria italiana sia limitato alla domanda di mantenimento del minore e a prestazioni in senso lato economiche a carico del genitore non affi-datario, b se e come la soluzione interpretativa accolta dalla Corte di merito, che ha escluso l'applicabilità, nel caso di specie, della Convenzione dell'Aia, si possa conciliare con la funzione di massima protezione del figlio svolta dai provvedimenti in materia minorile e con il principio di concentrazione delle tutele. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente, va disattesa l'eccezione d'inammissibilità dell'impugnazione sollevata dalla difesa della controricorrente, secondo cui il decreto impugnato risulta privo dei requisiti di decisorietà e definitività necessari ai fini dell'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, non avendo risolto una controversia in ordine a contrapposte posizioni di diritto soggettivo, ma avendo statuito esclusivamente sulla giurisdizione. In tema d'impugnazione dei provvedimenti in materia di affidamento e mantenimento dei figli minori, questa Corte ha infatti affermato che il decreto pronunciato dalla corte d'appello in sede di reclamo avverso quello con cui il tribunale abbia adottato le relative disposizioni è impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell' art. 111 Cost. , comma 7, avendo carattere decisorio e definitivo, in quanto volto a statuire su contrapposte pretese di diritto soggettivo, con un'efficacia assimilabile, sia pure rebus sic stantibus, a quella del giudicato cfr. Cass., Sez. I, 7/05/2019, n. 12018 7/02/2017, n. 3192 26/03/2015, n. 6132 . La sussistenza dei predetti caratteri non può essere esclusa, nella specie, in virtù della circostanza che la Corte d'appello non abbia pronunciato sul merito della controversia, ma si sia limitata a declinare la propria giurisdizione in favore dell'Autorità giudiziaria straniera la natura pregiudiziale della questione in tal modo risolta non comporta infatti il venir meno dell'attinenza della decisione a diritti soggettivi, dal momento che la pronuncia sull'osservanza delle norme che regolano il processo, ivi comprese quelle che disciplinano il riparto di giurisdizione nei confronti dello straniero, mutua la sua natura da quella dell'atto giurisdizionale cui il processo è preordinato Cass., Sez. Un., 16/04/2021, n. 10107 15/07/2003, n. 11026 Cass., Sez. I, 14/05/2010, n. 11756 . 2. Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione della L. n. 218 del 1995, artt. 36 bis, 37 e 42, e dell'art. 5 della Convenzione dell'Aja, sostenendo che, nel ripartire la giurisdizione tra giudici diversi, la Corte territoriale non ha considerato che la L. n. 218 del 1995 , nell'affermare la sussistenza della giurisdizione italiana quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia, prevede specifiche deroghe, soprattutto in tema di rapporti familiari e protezione dei minori. Premesso che gli artt. 36 bis e 37 cit. si limitano ad individuare la legge sostanziale applicabile e il giudice cui spetta la giurisdizione in ordine alle azioni di stato, osserva che in materia di protezione dei minori l'art. 5 della Convenzione, applicabile ai sensi dell'art. 42 della medesima legge, prevede la competenza esclusiva dell'autorità dello Stato di residenza abituale del minore, la quale opera anche in deroga ai criteri generali, e trova applicazione a tutte le controversie riguardanti la responsabilità genitoriale, ivi comprese quelle aventi ad oggetto il mantenimento della prole. Premesso che non sussiste alcuna norma generale che consenta di derogare al predetto principio nell'ipotesi in cui la domanda di mantenimento sia proposta separatamente da quella di affidamento, rileva che le domande proposte dall'attrice si pongono in rapporto di consequenzialità rispetto a quelle precedentemente avanzate dinanzi all'Autorità giudiziaria russa, riguardando aspetti del rapporto genitoriale tanto personali quanto patrimoniali, in ordine ai quali eventuali modifiche vanno disposte dal Giudice che ha reso le precedenti pronunce. 3. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione della L. n. 218 del 1995, art. 45, censurando il decreto impugnato per aver escluso l'applicabilità della Convenzione dell'Aja, senza tenere conto dell'accessorietà della domanda di determinazione dell'assegno di mantenimento rispetto a quella riguardante la responsabilità genitoriale, e della conseguente operatività della competenza esclusiva prevista dall'art. 3, lett. d , del regolamento CE n. 4/2009. 4. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell' art. 38 disp. att. c.p.c. , dell'art. 709 ter c.p.c., e dell'art. 15 del regolamento CE n. 2201/2003 , osservando che tali disposizioni, operanti nell'ordinamento interno, individuano il foro del minore, per ogni provvedimento che lo riguardi, nel luogo di residenza abituale dello stesso o comunque nel luogo in cui è domiciliato il soggetto della cui situazione giuridica si discute. Premesso che, nel rigettare la domanda di rientro da lui proposta, il Tribunale moscovita non si è limitato ad escludere l'illiceità della permanenza del minore nel territorio russo, ma ne ha individuato la residenza presso la madre, determinando le modalità di frequentazione con l'altro genitore, afferma che l'attribuzione all'Autorità giudiziaria italiana della giurisdizione in ordine alla domanda di determinazione dell'assegno di mantenimento comporterebbe la violazione delle predette disposizioni. 5. I tre motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto profili diversi della medesima questione, sono infondati. Correttamente il decreto impugnato ha tenuto distinte le domande riguardanti gli aspetti personali del rapporto tra il ricorrente ed il figlio da quelle aventi ad oggetto la determinazione delle modalità di contribuzione da parte del primo al mantenimento del secondo, riconoscendo la devoluzione di queste ultime alla giurisdizione dell'Autorità giudiziaria italiana e limitando alle prime l'affermazione della spettanza alla cognizione del Giudice della Federazione russa. Il riparto di giurisdizione tra l'Autorità giudiziaria italiana e quella straniera nella materia in esame è disciplinato infatti dalla L. n. 218 del 1995, artt. 37 e 42, il primo dei quali, riguardante il rapporto di filiazione e i rapporti personali tra genitori e figli, stabilisce che la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi previsti rispettivamente dagli artt. 3 e 9, anche quando uno dei genitori o il figlio è cittadino italiano o risiede in Italia , mentre il secondo, riguardante la protezione dei minori, richiama la Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, resa esecutiva con L. 24 ottobre 1980, n. 742 ed oggi sostituita dalla Convenzione del 19 ottobre 1996, resa esecutiva con L. n. 101 del 2015 . Quest'ultima, avente tra le sue finalità la determinazione dello Stato le cui autorità sono competenti ad adottare misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore art. 1, lett. a , precisa che tali misure possono vertere in particolare sull' attribuzione, l'esercizio e la revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale, nonché sulla sua delega art. 3, lett. a e sul diritto di affidamento, che comprende il diritto di occuparsi della persona del minore, e in particolare il diritto di decidere sul suo luogo di residenza, nonché il diritto di visita, che comprende il diritto di portare il minore, per un periodo di tempo limitato, in un luogo diverso da quello della sua abituale residenza art. 3, lett. b . La giurisdizione in ordine alle controversie aventi ad oggetto l'adozione di tali provvedimenti spetta, ai sensi dell'art. 5, par. 1, della Convenzione, alle autorità dello Stato contraente di residenza abituale del minore, fatta eccezione per il caso di trasferimento o mancato ritorno illecito del minore, in riferimento al quale l'art. 8, par. 1, prevede che le autorità dello Stato contraente in cui il minore aveva precedentemente la sua residenza abituale conservano la competenza fino al momento in cui il minore abbia acquisito una residenza abituale in un altro Stato. La giurisdizione prevista dall'art. 5, par. 1 cit. non si estende tuttavia alle controversie riguardanti la determinazione delle modalità di contribuzione del genitore al mantenimento del figlio, le quali, in quanto aventi un oggetto riconducibile all' obbligo degli alimenti , nell'ampia accezione emergente dalla giurisprudenza comunitaria cfr. Corte di Giustizia UE 27 febbraio 1997, in causa C-220/95, van den Boogaard 6/03/1980, in causa C-120/79, de Cavel 17/03/1979, in causa C-143/78, de Cavel e di legittimità cfr. Cass., Sez. Un., 1/10/2009, n. 21053 24/07/2003, n. 11526 , e quindi non limitato alle obbligazioni alimentari strettamente intese nel senso previsto dal nostro ordinamento, restano escluse dall'ambito applicativo della Convenzione, come espressamente previsto dall'art. 4, lett. e della stessa. Tali obbligazioni costituivano invece oggetto della Convenzione dell'Aja del 2 ottobre 1973, resa esecutiva con L. 24 ottobre 1980, n. 745 , e richiamata dal testo originario della L. n. 218 del 1995, art. 45, la quale, tuttavia, oltre a non essere più applicabile, per effetto della modificazione dell'art. 45 disposta dal D.Lgs. 19 gennaio 2017, n. 7 , art. 1, comma 1, lett. b , che ha sostituito il predetto rinvio con quello al regolamento CE n. 4/2009, non si occupava del riparto di giurisdizione, limitandosi a disciplinare la legge applicabile alle obbligazioni alimentari. In assenza di una specifica disciplina convenzionale, le controversie relative alle obbligazioni alimentari restano pertanto assoggettate a quella dettata dalla L. n. 218 del 1995, art. 37, con la conseguente spettanza della giurisdizione al Giudice italiano quando, come previsto dall'art. 3, il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante autorizzato a stare in giudizio, o quando, come previsto in alternativa dallo stesso art. 37, uno dei genitori o il figlio è cittadino italiano o risiede in Italia. Nella specie, nonostante la residenza abituale del minore in Russia, entrambi i criteri di collegamento previsti dalla predetta disposizione debbono ritenersi convergenti in favore dell'attribuzione all'Autorità giudiziaria italiana della giurisdizione in ordine alla domanda di determinazione delle modalità con cui il padre deve contribuire al mantenimento del figlio, avendo il ricorrente la propria residenza in Italia ed essendo, al tempo stesso, in possesso della cittadinanza italiana. Nessun rilievo può assumere, in contrario, il menzionato richiamo alla disciplina dettata dal regolamento CE n. 4/2009 contenuto nella L. n. 218 del 1995, art. 45, dal momento che tale disposizione, pur avendo specificamente ad oggetto le obbligazioni alimentari scaturenti da rapporti familiari, non si occupa del riparto di giurisdizione tra l'Autorità giudiziaria italiana ed il giudice straniero, ma si riferisce esclusivamente alla disciplina sostanziale, limitandosi ad individuare la legge applicabile alle predette obbligazioni. È pur vero che, a differenza di quello della Convenzione del 2 ottobre 1973, l'ambito applicativo del regolamento risulta più ampio di quello dell'art. 45, non riguardando soltanto la legge applicabile nella materia in questione, ma estendendosi anche alla competenza giurisdizionale nonché al riconoscimento ed all'esecuzione delle decisioni ed alla cooperazione giudiziaria la disciplina dallo stesso dettata non può tuttavia ritenersi in alcun modo operante nei confronti della Federazione russa, non essendo quest'ultima uno Stato membro dell'UE, e trovando quindi applicazione l'art. 69, par. 1 del regolamento, secondo cui esso non pregiudica l'applicazione delle convenzioni e degli accordi bilaterali o multilaterali di cui uno o più Stati membri erano parti al momento della sua adozione. Conseguentemente, non può ritenersi applicabile, nel caso in esame, la disposizione di cui all'art. 3 del regolamento, che in materia di obbligazioni alimentari attribuisce la competenza giurisdizionale, oltre che all'autorità giurisdizionale del luogo in cui il convenuto risiede abitualmente, a quella del luogo in cui risiede abitualmente il creditore, ovvero, nel caso in cui la domanda relativa a un'obbligazione alimentare sia accessoria a un'azione relativa alla responsabilità genitoriale, a quella competente secondo la legge del foro a conoscere di detta azione. Per analoghe ragioni, deve escludersi l'applicabilità del regolamento CE n. 2201/2003 , relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e del regolamento CE n. 1215/2012 , concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, i quali, rispettivamente all'art. 1, par. 3, lett. e ed all'art. 1, par. 2, lett. e , escludono anch'essi dal proprio ambito di operatività le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti familiari. Non pertinente deve ritenersi infine il richiamo del ricorrente alla Convenzione sull'assistenza giudiziaria in materia civile, firmata il 25 gennaio 1979 tra Italia e URSS e resa esecutiva con L. 11 dicembre 1985, n. 766 , la quale, nel disporre all'art. 1, par. 2, che i cittadini di una Parte Contraente hanno il diritto di rivolgersi liberamente e senza impedimenti ai tribunali, alle procure e ad altre istituzioni dell'altra Parte Contraente, nella cui giurisdizione in conformità con la legislazione di quest'ultima rientrino cause civili ivi comprese quelle di famiglia , possono comparire presso di esse, presentare istanze e sporgere querele, alle stesse condizioni dei cittadini dell'altra Parte Contraente , non disciplina il riparto di giurisdizione, limitandosi a riconoscere, in coerenza con l'oggetto della Convenzione, il diritto dei cittadini di ciascuno Stato firmatario di adire gli uffici giudiziari dell'altro, a condizione, ovviamente, che, in base ai criteri di collegamento previsti dalle norme di volta in volta applicabili, l'autorità giudiziaria adìta sia dotata di giurisdizione in ordine alla controversia sottoposta al suo esame. Alla stregua del predetto quadro normativo, volto a tenere nettamente distinta la disciplina del riparto di giurisdizione in materia di alimenti da quella in materia di rapporti personali, non può condividersi l'insistenza della difesa del ricorrente nè sull'accessorietà della domanda di determinazione delle modalità di contribuzione al mantenimento, in ordine alla quale la sentenza impugnata ha affermato la sussistenza della giurisdizione italiana, rispetto a quella di cessazione dei comportamenti volti a limitare la libertà di circolazione del minore, dichiarata spettante alla cognizione dell'Autorità giudiziaria della Federazione russa, nè l'invocazione del principio di prossimità, ritenuto dalla medesima difesa idoneo a giustificare la devoluzione di entrambe le domande al giudice dello Stato di residenza abituale del minore, in conformità dell'interesse superiore di quest'ultimo. Com'è noto, il principio di prossimità ha trovato ampio spazio nella giurisprudenza di legittimità in materia di rapporti familiari, e soprattutto in riferimento all'individuazione del giudice competente nell'ordinamento interno o di quello dotato di giurisdizione nei confronti dello straniero in tema di provvedimenti riguardanti i minori, essendosi ritenuto che il giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente sia quello maggiormente idoneo a valutare le sue esigenze, in ragione non solo del suo stretto collegamento con il luogo in cui è stabilmente collocato il centro degli affetti, degl'interessi e delle relazioni del minore, ma anche della possibilità, che egli ha, di procedere in qualsiasi momento all'ascolto di quest'ultimo, adempimento ormai ritenuto imprescindibile in tutti i procedimenti riguardanti i minori, e della capacità dello stesso di verificare più direttamente la situazione del minore e di provvedere più efficacemente a tutela di quest'ultimo, attraverso gli strumenti d'indagine e d'intervento di cui dispone cfr. ex plurimis, Cass., Sez. I, 7/06/2021, n. 15835 , Cass., Sez. VI, 20/10/2015, n. 21285 , in tema d'individuazione del giudice competente ad adottare i provvedimenti di cui all' art. 337 bis c.c. e ss. Cass., Sez. I, 14/12/2017, n. 30123, 11/01/2006 , n. 397 , in tema di sottrazione internazionale di minori Cass., Sez. Un., 5/11/2019, n. 28239, 2/10/2019, n. 24608, 27/11/2018 , n. 30657 , in tema di responsabilità geni-toriale . Tale principio è stato ribadito anche dal regolamento CE n. 2201/ 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e alla esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che all'art. 8 ha attribuito alle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente la competenza generale per le domande relative alla responsabilità genitoriale, confermando tuttavia, all'art. 1, par. 3, lett. e , l'estraneità delle obbligazioni alimentari all'ambito di applicazione della disciplina da esso dettata. Esso trova applicazione anche in materia di obbligazioni alimentari, dal momento che l'art. 3, lett. b , del regolamento CE n. 4/2009, attribuendo la competenza a pronunciarsi in ordine alle stesse all'autorità giurisdizionale del luogo in cui il creditore risiede abitualmente, consente d'individuare la predetta autorità in quella del luogo di residenza del minore, quando la domanda abbia ad oggetto il mantenimento dello stesso in tale materia, tuttavia, la predetta competenza non è esclusiva, essendo prevista, come si è detto in precedenza, in alternativa rispetto quella dell'autorità giurisdizionale del luogo in cui risiede abitualmente il convenuto lett. a , o quella della autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro a conoscere di un'azione relativa alla responsabilità genitoriale, quando la domanda relativa all'obbligazione alimentare sia accessoria a detta azione, salvo che tale competenza sia fondata unicamente sulla cittadinanza di una delle parti lett. c . Tale diverso criterio di ripartizione della giurisdizione è stato ritenuto tutt'altro che irragionevole da parte della dottrina, essendosi evidenziato che, mentre l'attribuzione della competenza all'autorità giurisdizionale del luogo di residenza abituale del creditore può trovare giustificazione nella maggiore idoneità della stessa a valutare le molteplici esigenze di quest'ultimo, in funzione della determinazione delle più appropriate modalità di contribuzione al suo mantenimento, la previsione, in alternativa, della competenza dell'autorità giurisdizionale del luogo di residenza abituale del debitore trova il suo fondamento in ragioni di opportunità pratica, collegate alla maggiore possibilità, che ha la stessa, d'indagare sulle risorse reddituali e patrimoniali dell'obbligato, ai fini della commisurazione del predetto contributo alla sua effettiva capacità economica a maggior ragione deve quindi escludersi l'irrazionalità di una dissociazione tra la competenza in materia di responsabilità genitoriale e quella in materia di obbligo alimentare nell'ipotesi in cui, come nella specie, la disciplina dettata dal regolamento CE n. 4/2009 non possa trovare applicazione, dovendosi procedere al riparto di giurisdizione nei confronti di uno Stato non appartenente all'UE. 4. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo. P.Q.M. rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della contro-ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.