Le difformità da abuso edilizio non rendono nullo l’acquisto dell’immobile

«Nel caso di immobile la cui costruzione sia iniziata anteriormente al 1 settembre 1967, la nullità prevista dall’articolo 40, comma 2, l. numero 47/1985, che ha natura testuale e non virtuale, ricorre solo nel caso in cui manchi nell’atto traslativo la dichiarazione del proprietario o di altro avente titolo, nella forma sostitutiva dell’atto notorio, attestante che l’opera è iniziata prima di tale data, restando non rilevanti a tal fine eventuali difformità del bene rispetto allo stato di fatto originario, potendo tale situazione assumere rilievo solo sotto il profilo della responsabilità contrattuale».

In un recente caso, la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sulla validità di un atto di acquisto di un immobile che presenta abusi edilizi. I ricorrenti vedevano rigettata in primo e secondo grado l'istanza per la tutela dei diritti reali di servitù e di veduta dell'immobile oggetto della controversia e da loro acquistato nel 2005 in quanto l'atto di trasferimento della proprietà sarebbe stato nullo proprio in ragione di alcuni abusi edilizi nella costruzione, difetto che ne avrebbe determinato la incommerciabilità ai sensi dell'articolo 40 l. numero 47/1985. Tal nullità avrebbe, di rifesso, comportato un difetto di legittimazione all'esercizio delle azioni reali a tutela della proprietà da parte dei ricorrenti. Viene proposto quindi ricorso per Cassazione denunciando la nullità rilevata dai giudici di seconde cure e sostenendo una violazione dell'orientamento giurisprudenziale che riterrebbe nullo l'atto di acquisto solo nei casi di difformità totale rispetto alla concessione e non anche quando l'abusività derivi da variazioni parziali e non essenziali nel caso de quo, le medesime consistevano in aumenti della superficie . La Suprema Corte ritiene meritevole di accoglimento il ricorso, richiamando per la motivazione i principi già espressi dalla Cass. civ., sez. unumero , 22 marzo 2019, numero 8230, con la quale si è riconosciuto, con riferimento agli atti tra vivi ad effetti reali che «in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato». Tale principio deve applicarsi anche agli immobili di costruzione anteriore al 1967, come quello oggetto della controversia, per i quali l'articolo 40, comma 2, l. numero 47/1985 prevede che in luogo della menzione degli estremi della concessione vi sia una dichiarazione del proprietario attestante che l'opera risulta iniziata in data anteriore. Con riferimento alla dichiarazione dell'alienante nel caso de quo, la stessa è stata inserita nell'atto di compravendita stipulato nel 2005, mentre restano irrilevanti, ai fini della validità dell'atto, eventuali difformità del bene. Per tale motivo, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza rinviando la causa alla Corte d'Appello, la quale dovrà attenersi al principio secondo cui «nel caso di immobile la cui costruzione sia iniziata anteriormente al 1 settembre 1967, la nullità prevista dall'articolo 40, comma 2, l. numero 47/1985, che ha natura testuale e non virtuale, ricorre solo nel caso in cui manchi nell'atto traslativo la dichiarazione del proprietario o di altro avente titolo, nella forma sostitutiva dell'atto notorio, attestante che l'opera è iniziata prima di tale data, restando non rilevanti a tal fine eventuali difformità del bene rispetto allo stato di fatto originario, potendo tale situazione assumere rilievo solo sotto il profilo della responsabilità contrattuale».

Presidente Di Virgilio – Relatore Bertuzzi Fatti di causa Con sentenza numero 3470 del 24. 5. 2017 la Corte di appello di Roma rigettò l'appello proposto da B.C.A. , B.V. e M.C. per la riforma della sentenza del Tribunale di Roma numero 17328/2010, che aveva respinto le loro domande nei confronti dei proprietari del fondo vicino T.A.R. e T.A. , aventi ad oggetto la tutela dei diritti reali di servitù e di veduta dell'immobile da loro acquistato da S.R. e S.D. con atto del 4. 2. 2005, sul rilievo, già affermato dalla decisione di primo grado, che il loro atto di acquisto fosse nullo in ragione del fatto che il predetto immobile presentava abusi edilizi che ne determinavano la incommerciabilità ai sensi del L. numero 47 del 1985 articolo 40. A sostegno di tale conclusione, la Corte di appello affermò che la consulenza tecnica d'ufficio svolta in secondo grado aveva accertato che gli ampliamenti non autorizzati sul lato ovest del villino degli attori, già verificati nella loro consistenza dalla consulenza tecnica svolta in primo grado, erano stati realizzati nel 2002 e 2003, in epoca cioè precedente la vendita, e non erano suscettibili di sanatoria, e che essi, comportando un aumento della superficie e della sagoma dell'immobile, rendevano lo stesso non commerciabile ai sensi della richiamata L. numero 47 del 1985, in conformità con l'orientamento della Corte di legittimità, che qualifica tali gli immobili che abbiano subito modifiche nella sagoma o nel volume non soggette a concessione in sanatoria. Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 26. 5. 2017, con atto notificato il 19. 7. 2017, hanno proposto ricorso B.C.A. , B.V. e M.C. affidandosi ad un unico motivo. S.D. ha notificato controricorso e ricorso incidentale sulla base di tre motivi, mentre S.D. non ha svolto attività difensiva. I ricorrenti principali e S.D. hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo del ricorso principale B.C.A., B.V. e M.C. denunziano violazione falsa applicazione della L. numero 47 del 1985 articolo 40, comma 2, e articolo 1418 cod. civ., censurando la statuizione impugnata che ha dichiarato la nullità del loro atto di acquisto dell'immobile, facendone così derivare il difetto, in capo agli attori, della legittimazione all'esercizio delle azioni reali a tutela della loro proprietà. In particolare, il ricorso contesta l'affermata nullità del loro acquisto, avvenuto con atto di compravendita del 2005, rilevando che, in base alla giurisprudenza di legittimità più attenta ed autorevole, la incommerciabilità del bene immobile che presenti abusi edilizi non si produce in ogni caso di modifiche, ma solo laddove esse determinino una difformità totale rispetto alla concessione, non anche variazioni parziali e non essenziali. Nel caso di specie l'abuso edilizio accertato concerneva due ampliamenti presenti sul lato ovest del villino, consistenti in un aumento della superficie, il primo, da ml. 1,80 X 2,80 in ml. 2,15 X 3,50 e, il secondo, concernente un locale destinato a caldaia, da ml. 1,00 X 1,00 a ml. 1,40 X 2,05. La Corte di appello, sostiene quindi il ricorso, è incorsa in violazione di legge in quanto non ha compiuto alcuna valutazione sull'entità delle difformità riscontrate e perché le stesse dovevano comunque reputarsi del tutto minime e marginali, considerato che consistevano in un aumento della superficie di poco più di 4 mq. rispetto ad un immobile che si estende per 540 mq. Si aggiunge che nel caso di specie nemmeno poteva porsi un problema di nullità formale del contratto, per non avere esso indicato la regolarità urbanistica e la pendenza del procedimento in sanatoria, stante la dichiarazione espressa in esso contenuta che la costruzione dell'immobile era avvenuta in data anteriore all'1. 9. 1967. 2. Il ricorso principale merita accoglimento, per le ragioni di seguito illustrate, dovendo nel caso di specie trovare applicazione i principi espressi dall'arresto delle Sezioni unite di questa Corte numero 8230 del 22. 3. 2019. Con questa decisione, nell'affrontare il tema della rilevanza, ai fini della validità della compravendita immobiliare, dei profili attinenti la regolarità urbanistica del bene oggetto del contratto, le Sezioni Unite sono pervenute ad una nozione di nullità negoziale testuale e non virtuale, dichiarando applicabile l'articolo 1418 c.c. comma 3, riconoscendo quale tipica causa di invalidità solo quella prevista dal D.P.R. numero 380 del 2001 articolo 46, secondo cui gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria . Si è per l'effetto esclusa l'esistenza di una norma imperativa, rilevante quale nullità virtuale, e di un generale divieto di stipulazione di atti aventi ad oggetto immobili abusivi al fine di renderli giuridicamente non utilizzabili. Sono quindi stati enunciati i seguenti principi di diritto la nullità comminata dal D.P.R. numero 380 del 2001, articolo 46, e dalla L. numero 47 del 1985, articolo 17 e 40, va ricondotta nell'ambito dell'articolo 1418 c. c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità testuale , con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad e etti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato . Tali principi risultano altresì applicabili nel caso di costruzione iniziata anteriormente al 1 settembre 1967, per i quali L. numero 47 del 1985 articolo 40, comma 2, prevede, in luogo della menzione in atto degli estremi della concessione, la dichiarazione da parte del proprietario o altro avente titolo, nella forma sostitutiva dell'atto notorio, attestante che l'opera risulta iniziata in data anteriore. In presenza di tale dichiarazione la nullità comminata dalla legge urbanistica può ritenersi esistente solo nel caso in cui tale dichiarazione non risulti riferibile all'immobile oggetto dell'atto traslativo ovvero che quanto dichiarato non corrisponda alla realtà. Nel caso di specie è pacifico, risultando accertato dal giudice di appello, che tale dichiarazione fosse stata inserita nell'atto di compravendita del 4. 2. 2005 con cui gli odierni ricorrenti hanno acquistato l'immobile. Restano quindi irrilevanti, sotto il profilo della validità dell'atto, eventuali difformità del bene, rispetto allo stato di fatto originario, che non incidano sulla riferibilità ad esso della dichiarazione sostitutiva, difformità che potranno produrre le loro conseguenze unicamente sul terreno della responsabilità contrattuale. La sentenza impugnata, che ha dichiarato la nullità dell'acquisto dell'immobile da parte degli attori, odierni ricorrenti, in ragione della presenza in esso di ampliamenti abusivi, assume invece una concezione virtuale e non testuale , ovvero sostanziale, della nullità, la quale non appare conforme ai principi di diritto sopra enunciati. 3. Il primo motivo del ricorso incidentale proposto da T.A.R. e T.A., avanzato in via condizionata, denuncia vizio di nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'articolo 345 c.p.c., sostenendo che la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare d'ufficio preclusa, perché proposta solo in sede di impugnazione, la questione relativa alla irrilevanza degli abusi riscontrati sull'immobile. Si sottolinea che, a fronte della deduzione dei convenuti di difetto di legittimazione attiva degli attori per la nullità del loro atto di acquisto, le controparti non hanno dedotto alcunché nelle memorie depositate ai sensi dell'articolo 183 c.p.c., non prendendo posizione sulla circostanza della anteriorità degli abusi rispetto al loro acquisto. Il motivo è infondato. Al di là del contenuto delle difese svolte dagli attori in primo grado, decisiva ed assorbente appare la considerazione che la questione della nullità dell'atto di acquisto dell'immobile da parte degli attori e quindi la loro posizione di legittimi proprietari dello stesso sollevata dai convenuti era entrata a far parte del thema decidendum, tanto da formare oggetto di specifica statuizione da parte della sentenza di primo grado. Ne discende la piena ammissibilità, sotto il profilo dell'osservanza della disposizione di cui all'articolo 345 c.p.c., del loro motivo di appello avverso tale capo della decisione, non avendo la relativa questione, in quanto trattata e decisa dal giudice di primo grado, alcun carattere di novità. Il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato denuncia vizio di nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'articolo 2697 c.c., assumendo che erroneamente la Corte di appello ha escluso l'abuso relativo agli ampliamenti riscontrati sul lato est del villino, sulla base della consulenza tecnica disposta in secondo grado che li aveva datati in epoca successiva alla vendita, dal momento che, tale fatto temporale, una volta che il consulente tecnico di primo grado aveva riferito di non avere elementi per formulare una conclusione sul punto, avrebbe dovuto formare oggetto di onere della prova da parte degli attori-appellanti. Il motivo va dichiarato assorbito in ragione dell'accoglimento del ricorso principale. 4. Il primo motivo del ricorso incidentale proposto da S.R. denuncia violazione degli articolo 112,345 e 346 c.p.c., per avere la Corte di appello fondato la propria decisione sull'accertamento degli ampliamenti abusivi realizzati sul lato ovest del villino, così compiendo un accertamento di fatto extra petita, atteso che la rilevanza di tali abusi era stata esclusa dalla sentenza di primo grado e il relativo tema non era stato riproposto da alcuna delle parti nel giudizio di appello. Il secondo motivo denunzia violazione degli articolo 115 e 116 c.p.c., assumendo che l'accertamento circa la preesistenza, rispetto all'acquisto, degli ampliamenti sul lato ovest del villino si fonda su una errata lettura e valutazione degli elementi di prova, in particolare delle planimetrie catastali del 2000 e 2003, che invece non potevano offrire elementi di convincimento sicuri. Il terzo motivo del ricorso incidentale denunzia omesso esame di un fatto decisivo della controversia, consistente nel non avere considerato che le planimetrie in atti del 2000 e del 2003 riproducevano la situazione antecedente il riscontrato ampliamento ed erano quindi inutilizzabili ai fini della datazione dello stesso. I motivi si dichiarano assorbiti in conseguenza dell'accoglimento del ricorso principale. 5. Il ricorso principale va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio della causa, ai fini della decisione delle domande proposte, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio. Il giudice di rinvio si atterrà al seguente principio di diritto Nel caso di immobile la cui costruzione sia iniziata anteriormente al 1 settembre 1967, la nullità prevista dal L. numero 47 del 1985 articolo 40, comma 2, che ha natura testuale e non virtuale, ricorre solo nel caso in cui manchi nell'atto traslativo la dichiarazione del proprietario o di altro avente titolo, nella forma sostitutiva dell'atto notorio, attestante che l'opera è iniziata prima di tale data, restando non rilevanti a tal fine eventuali difformità del bene rispetto allo stato di fatto originario, potendo tale situazione assumere rilievo solo sotto il profilo della responsabilità contrattuale . P.Q.M. accoglie il ricorso principale proposto da B.C.A., B.V. e M.C., rigetta il primo motivo del ricorso incidentale proposto da T.A.R. e T.A. e dichiara assorbito il secondo dichiara altresì assorbito il ricorso incidentale proposto da S.R. cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso principale e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.