Il superamento di una procedura concorsuale non può confondersi con la stabilizzazione del rapporto in senso tecnico e costituire una forma di riparazione all’illecito consistente nel reiterato abuso dei contratti a tempo determinato, non essendovi dal punto di vista oggettivo alcuna stretta correlazione.
Nel caso affrontato dalla Suprema Corte, le dipendenti di un istituto di ricerca ricorrenti avevano visto accolte parzialmente le pretese in secondo grado, con condanna dell'Amministrazione presso il quale avevano prestato servizio a corrispondere le differenze retributive correlate al riconoscimento dell'anzianità, senza però alcun riconoscimento del diritto al risarcimento del danno derivante dall'abusiva reiterazione dei rapporti a tempo determinato , ciò in forza del richiamo alla Cass. civ. n. 22552/2016 e ravvedendo nella loro stabilizzazione una misura equivalente alla conversione e, quindi, proporzionata all'abuso. Ricorrevano per Cassazione le dipendenti, lamentando l'erronea applicazione di suddetto principio, in quanto l'immissione in ruolo che hanno avuto non era a ritenersi strettamente correlata con la reiterazione abusiva, ma era dovuta nel caso di specie al superamento di un concorso, benché riservato. Proprio sull'interpretazione del principio affermato nella sentenza del 2016 si fonda il motivo del parziale accoglimento del ricorso da parte della Suprema Corte, che richiama le statuizioni della recente Cass. civ., n. 14815/2021 in osservanza delle quali l'avvenuta immissione in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria dell'illecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l'abuso commesso dalla amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal dipendente. Detta correlazione presuppone, sotto il profilo soggettivo, che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell'ente pubblico che ha posto in essere la condotta abusiva e, sotto il profilo oggettivo, che essa sia l'effetto diretto ed immediato dell'abuso. Tale ultima condizione non ricorre quando l'assunzione a tempo indeterminato avvenga all' esito di una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine . La stabilizzazione del rapporto in senso tecnico non può essere confusa con il superamento di un pubblico concorso, in quanto le amministrazioni non hanno il potere di selezionare il personale mediante prove d'esame o valutazione dei titoli professionali, dovendo procedere, ove le domande siano superiori al numero di assunzioni a tempo indeterminato decise, esclusivamente alla formazione di una graduatoria Cass. civ., sez. un., n. 16041/2010 . Per tale ragione, la Corte d'Appello è incorsa in errore, valorizzando l'instaurazione di un rapporto inidoneo a riparare all'illecito posto in essere dall'Amministrazione. La Corte di Cassazione accoglie parzialmente il ricordo proposto e relativamente al punto suddetto cassa la sentenza con rinvio alla Corte d'Appello.
Presidente Esposito Relatore Di Paolantonio Rilevato che 1. la Corte d'Appello di Roma, adita dall'I.S.P.R.A. - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ha riformato parzialmente la sentenza del Tribunale della stessa sede che, accogliendo in parte il ricorso di L.A. e delle altre litisconsorti indicate in epigrafe, aveva dichiarato l'illegittimità dei termini apposti ai contratti a tempo determinato intercorsi fra le parti ed aveva condannato l'Istituto al risarcimento del danno, quantificato in dodici mensilità ai sensi della L. n. 183 del 2010 art. 32, nonché a corrispondere le differenze retributive correlate al riconoscimento dell'anzianità di servizio che l'ente aveva negato, dopo l'instaurazione dei rapporti a tempo indeterminato, in violazione del principio di non discriminazione enunciato dalla clausola 4 dell'Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE 2. la Corte territoriale, per quel che in questa sede rileva, ha respinto l'eccezione di inammissibilità dell'appello per difetto di ius postulandi dell'Avvocatura dello Stato e, quanto alla reiterazione abusiva dei rapporti a tempo determinato, ha ritenuto assorbente, per escludere il diritto al risarcimento del danno, il richiamo ai principi di diritto enunciati da questa Corte con la sentenza n. 22552/2016, nella parte in cui è stata ravvisata nella stabilizzazione del personale una misura equivalente alla conversione e, quindi, proporzionata all'abuso e dissuasiva 3. di conseguenza, ha dichiarato cessata la materia del contendere limitatamente alle domande di impugnativa dei contratti a termine e di risarcimento del danno 4. per la cassazione della sentenza L.A. , L.K. , L.S. e P.V. hanno proposto ricorso sulla base di due motivi, ai quali l'I.S.P.R.A. ha opposto difese con tempestivo controricorso 5. la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata. Considerato che 1. con il primo motivo del ricorso le ricorrenti denunciano, ex art. 360 c.p.c. , n. 3, violazione e falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di rappresentanza in giudizio dell'Avvocatura dello Stato in rappresentanza dell'ISPRA e necessità di procura speciale ex art. 83 c.p.c. e sostengono, in sintesi, che l'Avvocatura non poteva assumere la difesa dell'ente, se non previo specifico conferimento di valido mandato, sicché, in assenza di procura ad litem, l'appello doveva essere dichiarato inammissibile 2. con la seconda censura le ricorrenti addebitano alla Corte territoriale la violazione falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. Unite n. 5072/2016 in ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999 , art. 4, comma 1, avveratisi a far data dal 10 luglio 2001 violazione, falsa ed erronea interpretazione della clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE violazione, falsa ed erronea applicazione del principio di equivalenza, del principio di effettività della tutela e del principio di rapporto di causa-effetto tra l'abuso e assunzione in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 ed omesso esame di fatti decisivi per i giudizio in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 5 2.1. svolte argomentazioni non pertinenti, perché relative al precariato scolastico ed all'immissione in ruolo del personale docente secondo il sistema del cosiddetto doppio canale , le ricorrenti richiamano, alle pagine 26 e 27 del ricorso, il principio di diritto enunciato da Cass. n. 14815/2021 e da Cass. n. 15240/2021 e sostengono, in sintesi, che l'immissione in ruolo può avere valenza riparatoria dell'abuso qualora si ponga in stretta correlazione con la reiterazione abusiva non già nella diversa ipotesi, che ricorre nella fattispecie, del superamento di una procedura di tipo concorsuale, seppure in tutto o in parte riservata 3. il ricorso, sebbene presenti profili di inammissibilità dei quali si dirà in prosieguo, non può essere dichiarato inammissibile nella sua interezza ex art. 360 bis c.p.c. , come sollecitato dalla difesa del controricorrente, perché nell'ultima parte del secondo motivo sviluppa argomenti tutt'altro che infondati e fa leva su pronunce di questa Corte che hanno enunciato principi di diritto dei quali il giudice d'appello non ha tenuto conto, nell'estendere in modo automatico alla fattispecie oggetto di causa le pronunce rese in tema di contenzioso scolastico 4. il primo motivo è manifestamente infondato in quanto l'Ispra è stato autorizzato dal D.L. n. 112 del 2008 art. 28, comma 6 bis ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, sicché, intervenuta l'autorizzazione ex art. 43 comma 1, R.D. n. 1611/1933, la rappresentanza è organica ed esclusiva comma 3 dell'art. 43 e, pertanto, assume connotazioni analoghe a quella delle amministrazioni statali, con la conseguenza che l'assunzione della difesa da parte dell'Avvocatura dello Stato non richiede alcun mandato nè presuppone un previo atto deliberativo Cass. n. 12642/2021 Cass. n. 25268/2008 Cass. n. 19786/2006 5. il secondo motivo è inammissibile, nella parte in cui svolge argomentazioni non pertinenti perché relative alla reiterazione dei contratti a termine instaurati ai sensi dell' art. 4 della L. n. 124/1999 , che disciplina le sole supplenze annuali o temporanee conferibili al personale della scuola e non trova applicazione nella fattispecie 5.1. il motivo è per il resto fondato, in quanto la sentenza impugnata non è conforme al principio di diritto affermato da Cass. n. 14815/2021 e ribadito da Cass. nn. 15240 e 35369 del 2021, secondo cui nel lavoro pubblico privatizzato, nelle ipotesi di abusiva successione di contratti a termine, la avvenuta immissione in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria dell'illecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l'abuso commesso dalla amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal dipendente. Detta stretta correlazione presuppone, sotto il profilo soggettivo, che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell'ente pubblico che ha posto in essere la condotta abusiva e, sotto il profilo oggettivo, che essa sia l'effetto diretto ed immediato dell'abuso. Tale ultima condizione non ricorre quando l'assunzione a tempo indeterminato avvenga all'esito di una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine 5.2. la partecipazione ad un concorso pubblico, sia pure riservato, non può essere confusa con la stabilizzazione in senso tecnico che, come da tempo chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, non è assimilabile ad una procedura concorsuale in quanto le amministrazioni non hanno il potere di selezionare il personale mediante prove di esame o valutazione di titoli professionali, dovendo procedere, ove le domande siano superiori al numero di assunzioni a tempo indeterminato decise, esclusivamente alla formazione di una graduatoria secondo l'ordine di priorità desumibile dalle stesse disposizioni normative maturazione del requisito di tre anni maturazione dello stesso requisito presso diverse amministrazioni contratto anteriore al 29 settembre 2006 e requisito dei tre anni ancora da maturare e sulla base dell'anzianità di servizio, potendosi ammettere soltanto la previsione di ulteriori titoli, anche riferiti all'esperienza professionale, per il caso di pari anzianità Cass. S.U. n. 16041/2010 5.3. solo in presenza di una procedura che abbia le caratteristiche sopra indicate e che sia specificamente volta a risolvere il problema del precariato, assicurando agli assunti a tempo determinato la definitiva immissione nei ruoli dell'amministrazione, possono essere invocati i principi affermati da Cass. n. 22552/2016 in tema di precariato scolastico e da Cass. n. 16336/2017 in relazione alla stabilizzazione disposta ai sensi della L. n. 296 del 2006 6. dalle considerazioni che precedono discende che ha errato la Corte territoriale nel valorizzare la sola instaurazione fra le parti di un rapporto a tempo indeterminato senza prima esaminare e valutare le caratteristiche della procedura all'esito della quale l'immissione in ruolo è avvenuta 7. va, quindi, accolto in parte qua il secondo motivo di ricorso e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che, fatta eccezione per la posizione di Isabel Mercatali che non ha proposto ricorso per cassazione, procederà ad un nuovo esame attenendosi al principio di diritto enunciato nel punto che precede e provvedendo anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità 8. non sussistono le condizioni processuali richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002 art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228 , per il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso nei sensi indicati in motivazione e rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione.