Quando la disposizione testamentaria può dirsi effetto di dolo?

La Corte di Cassazione si è espressa sull’annullamento di quattro testamenti olografi che istituivano, quale erede universale, la badante di una anziana signora, a cui era stata diagnosticata un’encefalopatia cerebrale cronica con deterioramento mentale.

Nel caso di specie, la protagonista della vicenda ricorre in Cassazione contestando l' accertamento , operato dalla Corte d'Appello di Genova, circa la sussistenza dell' alterazione della volontà della testatrice , la cui prova può, però, essere acquisita con ogni mezzo o in base a indizi e presunzioni, che anche da soli possono essere decisivi per la sua configurabilità. Le doglianze sono infondate. Il Collegio ricorda a riguardo che il testamento , ai sensi dell' art. 624 c.c. , può essere altresì annullato quando sia l'effetto di violenza, dolo o errore , ed anche di errore sul motivo se risulti che sia stato l'unico ad aver determinato il testatore. In particolare, in tema di dolo o violenza, occorre la prova che i fatti di induzione in errore o di violenza abbiano indirizzato la volontà del testatore in modo diverso da come essa avrebbe potuto normalmente determinarsi. Il dolo può consistere anche nella cosiddetta captazione, che non si concreta in una qualsiasi influenza esercitata sul testatore, ancorché attraverso blandizie, richieste e suggerimenti, sia pure interessati, ma deve consistere in veri e propri artifizi o raggiri o in altri mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all'età, allo stato di salute e alle condizioni di spirito del testatore, siano stati idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata Cass. n. 8047/2001 , n. 7689/1999 , n. 254/1985 . Inoltre, la violazione del precetto di cui all' art. 2697 c.c. si configura soltanto nell'ipotesi che il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando come lamenta la ricorrente, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull'esito della prova Cass. n. 11892/2016 . Ne consegue che la disposizione testamentaria può dirsi effetto di dolo , ai sensi dell' art. 624, comma 1, c.c. , allorché vi sia prova dell'uso di mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all'età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito del testatore, siano stati idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata l'idoneità dei mezzi usati deve essere valutata con criteri di larghezza nei casi in cui il testatore, affetto da malattie senili che causano debolezze decisionali ed affievolimenti della ‘consapevolezza affettiva', sia più facilmente predisposto a subire l'influenza dei soggetti che lo accudiscono o con cui da ultimo trascorrono la maggior parte delle sue giornate. Dette valutazioni costituiscono comunque apprezzamenti di fatto non sindacabili in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all' art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. .

Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione 1. C.M. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza della Corte d'appello di Genova n. 1075/2021, pubblicata il 22 ottobre 2021. 2. Resistono con controricorso G.I.G. e G.G. I. . G.A. non ha svolto attività difensive. 3. La Corte d'appello di Genova ha accolto l'appello proposto da G.I.G. e G.G. I. e, in riforma della sentenza del Tribunale di Savona n. 937/2018 del 13 settembre 2018, ha annullato i quattro testamenti olografi a firma di C.A. datati 29 novembre 2009, 8 dicembre 2009 e 31 marzo 2010 oggetto di causa. Tali testamenti istituivano quale erede universale C.M., che lavorava alle dipendenze di C.A. come badante. La Corte d'appello ha evidenziato come il CTU, all'esito dell'esame della documentazione medica prodotta in atti, e, in particolare, della cartella clinica relativa al ricovero presso l'Ospedale di Asti in data 11 novembre 2009, del ricovero PS Ospedale San Paolo di Savona in data 11 settembre 2010, della perizia svolta nel procedimento penale a carico della C. datata 14 dicembre 2015, della relazione neurologica in data 2 febbraio 2012, aveva concluso nel senso che, in relazione al periodo di tempo di redazione delle prime schede testamentarie provenienti dalla C. 29 novembre 2009 - 8 dicembre 2009 , sebbene in questa fase iniziale del quadro demenziale le funzioni cognitive non fossero completamente compromesse, con una ridotta conservazione della capacità di intendere , tuttavia questo stato di infermità generava uno stato di ansia con una conseguente vulnerabilità psichica, che rendeva la paziente influenzabile e tendente ad agire sotto la suggestione di terzi pertanto, si configura una grave riduzione delle sue capacità di comprendere appieno il significato delle sue disposizioni testamentarie e una ancor più grave riduzione delle sue capacità di autodeterminarsi, e perciò una significativa compromissione della capacità di testare . Nella perizia penale era poi stato affermato che la C. in tale epoca si trovava già in una situazione di grave vulnerabilità ed inferiorità . Quanto all'insorgenza dello stato patologico, essa è stata individuata dall'ausiliare, anche con riferimento alle dichiarazioni rese dalla stessa C., al momento in cui la C. ha avuto bisogno di assistenza dapprima notturna aprile 2008 e poi continuativo giorno e notte autunno 2009 . La gravità della patologia e l'insorgenza della demenza peraltro viene fatta risalire alla medesima epoca anche nella relazione medica redatta nell'ambito del procedimento di interdizione della C. a seguito di visita della interdicenda. Nella sentenza di interdizione del 2014 si faceva riferimento all'insorgere della malattia da circa 6-7 anni, e quindi dal 2008-2009. Nel referto del ricovero al Pronto soccorso del settembre 2010, in cui venne per la prima volta effettuata la diagnosi di encefalopatia cerebrale cronica con deterioramento mentale, la malattia veniva fatta risalire l'insorgenza ad almeno tre anni prima. La patologia mentale, conclude la Corte d'appello, era dunque insorta almeno un anno prima della redazione dei primi due testamenti, ed aveva avuto un andamento progressivo piuttosto repentino, tanto che nel 2010 lo stato di incapacità era palese deposizioni del teste notaio B., che nell'aprile 2010 aveva richiesto, tra i documenti per la stipula di un atto di vendita di beni da parte della C. in favore della C., un certificato medico sulla capacità di intendere e volere della venditrice , e addirittura nel 2012 la C. non era più valutabile con i test MMSE. L'esito delle prove testimoniali aveva rivelato l'insussistenza di uno stato di incapacità totale della C. al fine dell'annullamento dei testamenti testi G., A., Gr. . Non di meno, per la Corte d'appello era fondata la domanda di annullamento dei testamenti ex art. 624 c.c. , per coartazione della volontà e circonvenzione da parte della convenuta. I giudici di secondo grado, divergendo sul punto dalla decisione del Tribunale, hanno tratto elementi di convincimento dalle sommarie informazioni, dalle perizie e dagli atti di indagine del processo penale a carico di C.M Da tali elementi istruttori la Corte di Genova ha ritenuto dimostrata la dedotta captazione in danno della C. ad opera della C., ciò, in particolare, alla luce 1 dello stato di minorata difesa della C., che a decorrere dal 2007/2008 ha iniziato a presentare la patologia di disturbo mentale elementi valutati relazione M. consulenza svolta nel procedimento penale CTU svolta nel giudizio di primo grado la querela presentata dalla C. il 7 agosto 2009 presso la Stazione dei Carabinieri di Canale d'Alba per il reato di truffa che assumeva consumato in suo danno il giorno 5 agosto mediante stipula di un atto pubblico 2 del controllo del patrimonio e dell'ingerenza nelle scelte di natura economica subiti dalla C. dopo aver conosciuto la C. nell'anno 2008 elementi valutati il conto corrente cointestato aperto verso la fine dell'anno 2009 le contestazioni e pressioni della C. in ordine alla polizza vita risparmi che intendeva stipulare la C. il conto corrente cointestato aperto nel gennaio 2010 e il conto titoli cointestato aperto nel marzo 2010 la visita presso lo studio del notaio B. nell'aprile 2010 i prelievi dai conti corrente fino ad Euro 170.000,00 operati dalla C. i contratti di lavoro per la C. e per il figlio fatti sottoscrivere alla C. 3 della condotta della C. di isolamento della de cuius nei rapporti con i nipoti, dopo che nel settembre 2010 la C. ed il figlio avevano portato la C. presso la abitazione di Spotorno 4 della reiterazione dei testamenti, tutti di contenuto analogo, indice di una pressione o comunque di soddisfare una richiesta altrui, al punto che nei testamenti redatti lo stesso giorno, il 31 marzo 2010, la C. conferiva una sorta di procura generale alla C. 5 della circostanza che la de cuius conosceva da poco tempo la C. aprile 2008 quando redasse il primo testamento 6 dell'esito del giudizio penale, seppure trattasi di sentenza di condanna non definitiva della C. per il reato di cui all' art. 643 c.p. . 4. Il primo motivo del ricorso di C.M. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2727,2729 e 624 c.c. , nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. . Si assume che il difensore della C., nel primo grado di giudizio, aveva contestato l'ammissibilità delle produzioni dei documenti numerati dal 76 all'85 esibiti dagli attori in primo grado con nota di deposito del 20 aprile 2017. Di seguito, il motivo passa a confutare la rilevanza probatoria degli elementi di fatto valorizzati dalla Corte d'appello e dapprima qui richiamati. Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. , art. 2697 c.c. . 5. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., in relazione all' art. 375 c.p.c. , comma 1, n. 1 , il presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio. I controricorrenti hanno presentato memoria. 6. I due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili, in quanto non superano lo scrutinio ex art. 360 bis c.p.c. , n. 1. 7. La sentenza della Corte d'appello di Genova contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione. 8. Il testamento, ai sensi dell' art. 624 c.c. , può essere altresì annullato quando sia l'effetto di violenza, dolo o errore, ed anche di errore sul motivo se risulti che sia stato l'unico ad aver determinato il testatore. In particolare, in tema di dolo o violenza, occorre la prova che i fatti di induzione in errore o di violenza abbiano indirizzato la volontà del testatore in modo diverso da come essa avrebbe potuto normalmente determinarsi. Il dolo può consistere anche nella cosiddetta captazione, che non si concreta in una qualsiasi influenza esercitata sul testatore, ancorché attraverso blandizie, richieste e suggerimenti, sia pure interessati, ma deve consistere in veri e propri artifizi o raggiri o in altri mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all'età, allo stato di salute e alle condizioni di spirito del testatore, siano stati idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata Cass. Sez. 2, 14/06/2001, n. 8047 Cass. Sez. 2, 19/07/1999, n. 7689 Cass. Sez. 2, 22/01/1985, n. 254 . In tema di captazione, peraltro, la idoneità dei mezzi usati deve essere valutata con criteri di larghezza nei casi in cui il testatore, per le sue anormali condizioni di spirito e di salute, sia più facilmente predisposto a subire l'altrui volontà così già Cass. Sez. 2, 22/06/1964, n. 1623 Cass. Sez. 2, 20/07/1962 . Va al riguardo considerata l'opinione dottrinale che, criticando il rigore di qualche precedente giurisprudenziale in tema di annullamento del testamento, evidenzia il diffondersi di malattie senili che, pur non determinando una situazione di totale incapacità della persona, causano abitualmente menomazioni psichiche e riduzioni di capacità, con conseguenti debolezze decisionali ed affievolimenti della consapevolezza affettiva , per cui il disponente può decidere di attribuire i propri beni in modo diverso da come avrebbe fatto in assenza di malattia, sovente subendo, in particolare, l'influenza dei soggetti che lo accudiscono o con cui da ultimo trascorre la maggior parte delle sue giornate. Dette valutazioni costituiscono apprezzamenti di fatto non sindacabile in sede di legittimità per violazione di norme di diritto. 9. Va peraltro ribadito quanto da questa Corte costantemente affermato a la violazione del precetto di cui all' art. 2697 c.c. si configura soltanto nell'ipotesi che il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, come lamenta il ricorrente, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull'esito della prova b la violazione dell' art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre c la violazione dell' art. 116 c.p.c. norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale è idonea ad integrare il vizio di cui all' art. 360 c.p.c. , n. 4 quando il giudice di merito abbia disatteso tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all'opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime ex multis, Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892 . 10 I due motivi di ricorso di sono entrambi volti a contestare l'accertamento, operato dalla Corte d'appello di Genova, circa la sussistenza della alterazione della volontà della testatrice, la cui prova può, però, essere acquisita con ogni mezzo o in base a indizi e presunzioni, che anche da soli, se del caso, possono essere decisivi per la sua configurabilità. 11. La deduzione con il ricorso per cassazione di vizi relativi alla valutazione delle prove o all'utilizzo delle presunzioni semplici conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito. La valutazione delle prove, il giudizio sull'attendibilità dei testi, la scelta di opportunità di fare ricorso a presunzioni e la selezione, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle più idonee a sorreggere la motivazione, involgono tutti, a norma dell' art. 116 c.p.c. , apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando i dati che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, essendo limitato il controllo del giudice della legittimità alla sola congruenza della decisione dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova. 12. Si consideri, infine, che pur essendo nota la non perfetta coincidenza della fattispecie di reato di cui all' art. 643 c.p. con le ipotesi civilistiche di invalidità negoziali ex artt. 428 e 120 c.c. , art. 591 c.c. , comma 2, n. 3 e art. 775 c.c. , non può negarsi al giudice civile di merito, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, di avvalersi delle risultanze derivanti da atti di un processo penale per circonvenzione di incapace ancora pendente, al fine di trarne indizi idonei a fornire utili elementi di giudizio, valutati, come avvenuto nel presente giudizio, nella loro convergenza globale, in base ad apprezzamento sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico, e perciò non sindacabile in sede di legittimità arg. da Cass. Sez. 3, 19/07/2019, n. 19521 . 13. Va in definitiva enunciato il seguente principio di diritto La disposizione testamentaria può dirsi effetto di dolo, ai sensi dell' art. 624 c.c. , comma 1, allorché vi sia prova dell'uso di mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all'età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito del testatore, siano stati idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata l'idoneità dei mezzi usati deve essere valutata con criteri di larghezza nei casi in cui il testatore, affetto da malattie senili che causano debolezze decisionali ed affievolimenti della consapevolezza affettiva, sia più facilmente predisposto a subire l'influenza dei soggetti che lo accudiscono o con cui da ultimo trascorrono la maggior parte delle sue giornate. Dette valutazioni costituiscono comunque apprezzamenti di fatto non sindacabili in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 . 14. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, regolandosi secondo soccombenza in favore dei controricorrenti G.I.G. e G.G. I. le spese del giudizio di cassazione nell'ammontare liquidato in dispositivo. Non deve provvedersi al riguardo quanto ad G.A., il quale non ha svolto attività difensive Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.