Dolori per la compagna incinta, lui vuole raggiungerla nonostante la patente sospesa: lecita la revoca

Respinta la tesi difensiva mirata a dimostrare che l’uomo ha agito in una situazione di emergenza. Irrilevante, osservano i giudici, il fatto che nei mesi precedenti la donna avesse già dovuto fronteggiare alcune minacce di aborto.

Lecita la revoca della patente per l'uomo trovato a condurre la propria vettura, nonostante il titolo di guida sospeso, per raggiungere la compagna incinta che lamentava dolori al basso ventre e per portarla in ospedale. Impossibile, chiariscono i giudici, ritenere che l'uomo abbia violato il Codice della strada a causa di una urgente necessità. Concordi il Giudice di pace e i giudici del Tribunale inutile l'opposizione dell'automobilista. Ineccepibile la sanzione amministrativa a suo carico, ossia la revoca della patente per aver circolato nonostante la sospensione del titolo di guida per positività all'alcoltest . Con il ricorso in Cassazione, però, l'uomo prova a giustificare la propria condotta irregolare. A questo proposito, egli spiega di essersi messo alla guida del suo veicolo in quanto contattato dalla madre della sua compagna, in stato di gravidanza e colta da improvvisi dolori al basso ventre e quindi intenzionato a raggiungere la donna e ad accompagnarla al più vicino Pronto Soccorso . Secondo l'uomo non vi sono dubbi va riconosciuto lo stato di necessità, almeno putativo che lo ha spinto ad agire, poiché egli si era rappresentato una situazione di pericolo grave alla salute della donna e del nascituro, in ragione di precedenti minacce di aborto – documentate in atti – che avevano interessato la compagna , spiega l'uomo. I giudici di Cassazione respingono però la versione fornita dall'automobilista e confermano le valutazioni compiute dal Tribunale. In sostanza, manca qualsiasi riscontro probatorio in merito alla situazione di necessità ipotizzata dall'uomo. Più in particolare, i giudici sottolineano che l'uomo non ha depositato alcuna documentazione idonea a rappresentare che il giorno in cui è stata commessa l'infrazione fosse effettivamente in atto la situazione di pericolo prospettata . A questo proposito, la documentazione medica attestante le pregresse minacce di aborto della compagna dell'uomo – verificatesi nei mesi antecedenti alla commissione dell'infrazione - non rappresenta idonea prova della circostanza di una nuova e concreta minaccia di aborto quando l'uomo era stato beccato a guidare nonostante la patente sospesa.

Presidente Orilia - Relatore Varrone Rilevato in fatto che 1. B.R. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Potenza di conferma della sentenza del Giudice di Pace di Marsiconuovo di rigetto di opposizione a sanzione amministrativa revoca della patente di guida per aver circolato nonostante la sospensione della stessa per positività all'alcoltest . 2. La Prefettura di Potenza è rimasta intimata. 3. Su proposta del relatore, ai sensi dell' art. 391 bis c.p.c. , comma 4, e art. 380 bis c.p.c., commi 1 e 2, che ha ravvisato la manifesta inammissibilità del ricorso il Presidente ha fissato con decreto l'adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell'osservanza delle citate disposizioni. Considerato in diritto che 1. Il ricorso è affidato ad un unico motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione dell' art. 54 c.p. , sotto il profilo dell'esimente putativa, e dell' art. 115 c.p.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5. Il ricorrente deduce di essersi messo alla guida del suo veicolo, il giorno 05.02.2011, in quanto contattato dalla madre della sua compagna, in stato di gravidanza e colta da improvvisi dolori al basso ventre, allo scopo di raggiungere la suddetta ed accompagnarla al più vicino Pronto Soccorso. Il B. si duole quindi della erroneità della sentenza per non aver riconosciuto lo stato di necessità, almeno putativo, atteso che il ricorrente si era rappresentato una situazione di pericolo grave alla salute della donna e del nascituro, in ragione di precedenti minacce di aborto che avevano interessato la compagna, documentate in atti. 2. Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. Il motivo è inammissibile in quanto, oltre a sollecitare sotto le sembianze della violazione di legge una complessiva rivalutazione del fatto, comunque non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata. Il Tribunale di Potenza, infatti, ha rigettato l'opposizione, confermando la pronuncia di primo grado, sul presupposto che le allegazioni poste a sostegno della sussistenza della situazione integrante lo stato di necessità sono rimaste sfornite di qualsivoglia riscontro probatorio, non avendo l'odierno appellante depositato alcuna documentazione idonea a rappresentare che il giorno in cui è stata commessa l'infrazione 5.02.2011 fosse effettivamente in atto la situazione di pericolo prospettata. La documentazione medica attestante le pregresse minacce di aborto, certificate in data 25.07.2010 e 10.08.2010, e, dunque, nei mesi antecedenti alla commissione dell'infrazione, non rappresenta, infatti, idonea prova della circostanza che una nuova e concreta minaccia di aborto fosse sussistente anche nel periodo successivo alla predetta documentazione, non sussistendo elementi univoci in grado di deporre in tal senso così a pag. 5 di sentenza . Il ricorrente non raggiunge con alcuna specifica censura tali argomentazioni della sentenza, ma si limita a sostenere che il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere sussistente l'invocata esimente dello stato necessità sotto il profilo putativo e quindi sollecita una rinnovazione del giudizio di merito. 3. Il Collegio, dunque, condivide la proposta del Relatore. 4 Il ricorrente non ha depositato memoria. 5 Nulla sulle spese non essendoci altre parti costituite oltre al ricorrente. 6. Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.