Il presente contributo prende spunto da un recente articolo, pubblicato il 12 ottobre scorso sul sito di ADUC Associazione per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori , con il quale l’Associazione propone un’analisi comparatistica della legalizzazione della cannabis a uso ricreativo e dei suoi principali derivati nei paesi del mondo.
L'analisi condotta offre anzitutto una panoramica della situazione del nuovo continente, per poi spostarsi oltre oceano, con riferimento a tre derivati della Cannabis Il CBD cannabidiolo un composto privo degli effetti stupefacenti tipici del THC e che svolge azioni principalmente antinfiammatorie, ansiolitiche e analgesiche Il THC delta-9-tetraidrocannabinolo principale responsabile degli esiti psicotropi prodotti dal consumo dei fiori Il delta-8-THC un derivato del THC con un'azione psicotropa più blanda di quest'ultimo e anch'esso contenuto nelle infiorescenze della pianta, pur in misura minore. La situazione negli US . Nessuna limitazione per il CBD derivante da canapa, a patto che il contenuto di THC risulti inferiori allo 0,3%, limite al di sopra del quale qualunque prodotto della Cannabis è ancora considerato una droga. Il Farm Bill del 2018 rende altresì legale a livello federale il delta-8-THC, anche se diversi legislatori statali ne hanno poi fatto divieto. Con riferimento invece al THC rimane fermo il limite dello 0,3% in qualunque prodotto destinato al consumo ricreativo. A che punto eravamo in Italia? Nel nostro paese le cose si complicano, infatti con la dichiarazione di inammissibilità del referendum sulla cannabis del febbraio 2022 ad opera della Corte Costituzionale, è stato vanificato il tentativo di espungere dall'art. 73 del testo unico 309/1990 in materia di stupefacenti, la coltivazione tra le condotte punibili il quesito referendario così come formulato avrebbe infatti depenalizzato non tanto la coltivazione della canapa, ma soprattutto quella delle sostanze psicotrope previste dalla prima tabella del testo unico, segnatamente papavero da oppio e coca droghe cosiddette pesanti . Inoltre, tale formulazione avrebbe tolto rilevanza penale non solo alla coltivazione rudimentale come recentemente definita dalla Corte di Cassazione con la sent. n. 12348/2020, ma qualunque tipo di coltivazione, potenzialmente attuata anche con tecniche agrarie o addirittura massiva. E tutto ciò si aggiungeva al fatto che tale novazione normativa avrebbe disonorato gli obblighi europei e internazionali derivanti dalla decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio, del 25 ottobre 2004, dalla Convenzione unica sugli stupefacenti del 30 marzo 1961 e del relativo emendamento del 25 marzo 1972, della Convenzione sulle sostanze psicotrope di Vienna del 21 febbraio 1971 e della Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope adottata il 20 dicembre 1988 a Vienna, impegni tutti ratificati dall'Italia. E all'indomani del referendum inammissibile, cosa rimane? Oltre al TU sugli stupefacenti, la 242/2016 e le norme che regolano l'utilizzo medico della cannabis. Con l'entrata in vigore della l. n. 242/2016 disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa sono fioriti sul territorio una gran quantità di esercizi commerciali ove poter acquistare prodotti derivati dalla canapa. Il dato normativo è chiaro e limita i possibili usi della canapa ivi regolata a alimenti, cosmetici, semilavorati per l'industria, per la biomassa, la fitodepurazione, le attività didattiche o di ricerca e coltivazione destinata al florovivaismo. La coltivazione per tali fini è consentita a patto che il livello di THC medio risulti uguale o inferiore allo 0,2%. In sede di controllo è consentita una tolleranza di THC fino allo 0,6% E infatti, nel 2019 arriva lo stop della Corte di Cassazione con la Cass. pen., sez. un., 30 maggio 2019 dep. 10 luglio 2019 , n. 30475 chiamata a pronunciarsi sul quesito se le condotte diverse dalla coltivazione della canapa di cui al catalogo indicato nell' art. 1, comma 2, l. n. 242/2016 , in particolare la commercializzazione di Cannabis sativa, rientri o meno nell'ambito di applicabilità di suddetta norma. Negativo il parere della Suprema Corte, che ribadisce come foglie, infiorescenze, olio, resina, ottenute dalla coltivazione della predetta varietà di canapa non rientrano nell'ambito di applicazione di suddetta legge, che tassativamente elenca i derivati che possono esserne commercializzati. È quindi da ritenersi vietata la vendita o cessione di suddette sostanze, salvi i casi in cui siano in concreto prive di efficacia drogante. Alla luce di tutto ciò, è venuta a crearsi una zona grigia e parrebbe pertanto consentita la commercializzazione solo di derivati completamente privi di efficacia drogante, quali ad esempio il CBD antinfiammatorio e ansiolitico legale in buona parte dei paesi del mondo , ma non anche i prodotti a base di THC o delta-8-THC o che di certe sostanze ne contengano una percentuale superiore a quella ritenuta drogante 0,2-0,6% . Non rimane, quindi, che attendere eventuali novità che la nuova legislatura vorrà introdurre, sia in un senso che nell'altro, per dare maggior chiarezza a questo delicato e complesso tema.