Irrilevanti, secondo i giudici, le precedenti richieste di denaro, che erano state soddisfatte, per spirito di carità, dal sacerdote.
Comprensibili le richieste di elemosina avanzate dalla persona indigente. Inaccettabile, invece, che in un'occasione arrivi addirittura a pretendere la consegna di ben mille euro in contanti . Quest'ultimo episodio è catalogabile come molestia in piena regola, ma è possibile riconoscere la non punibilità, essendo il singolo episodio slegato dalle precedenti richieste di elemosina. Cass. pen., sentenza numero 38812, sezione prima penale, depositata il 14 ottobre 2022 Richieste di denaro . A finire sotto accusa è una donna, che ha ripetutamente chiesto denaro a un sacerdote. Quest'ultimo riferisce che da ottobre 2018 ha aderito, per spirito di carità, alle richieste di danaro avanzategli dalla donna . Aggiunge, però, che quando nel febbraio 2019 la donna aveva chiesto la consegna di mille euro in unica soluzione, egli ha perduto la pazienza e aveva richiesto l'intervento dei carabinieri . Inevitabile il procedimento penale a carico della donna, accusata del reato di molestie . Per il giudice di merito, però, l'episodio non è sufficiente per una condanna. In sostanza, la donna viene assolta per l'evidente non gravità della condotta tenuta . Il giudice sottolinea, in particolare, che il fatto è stato commesso in unico contesto spazio-temporale la condotta era di minima gravità l'illecito è da considerare occasionale, non essendo gravata la donna da ulteriori precedenti penali . Episodio . Dalla Cassazione arriva la conferma della decisione di merito. Inutile il ricorso proposto dalla Procura della Repubblica. In premessa, i magistrati richiamano il principio secondo cui la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può trovare applicazione in relazione al reato di molestia nel caso di reiterazione della condotta . Nel caso preso in esame, però, l'ipotizzato reato di molestia è stato collegato, rilevano i giudici, non alla protrazione nel tempo delle pretese di elargizione di somme di denaro avanzate dalla donna bensì alla sola richiesta del febbraio 2019, ritenuta esosa dal sacerdote . Perciò va escluso che il reato, nel caso concreto, si sia realizzato con reiterazione della condotta e, perciò, in forma abituale . Difatti, il giudice di merito ha ritenuto provato che la donna recò molestia e disturbo al prete proferendo richiesta di denaro nel febbraio 2019 . Tirando le somme, il reato di molestia non è stato realizzato mediante reiterazione della condotta , e quindi va confermata l'assoluzione della donna.
Presidente Mogini Relatore Mancuso Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 19 aprile 2021, il Giudice di pace di Pordenone assolveva R.M. per particolare tenuità del fatto, in relazione al reato di molestie commesso in danno del parroco D.G. . Quest'ultimo aveva riferito che, da ottobre 2018, per spirito di carità, aveva aderito alle richieste di danaro avanzategli da R. però, quando nel febbraio 2019 R. aveva richiesto la consegna di mille Euro in unica soluzione, il parroco aveva perduto la pazienza e aveva richiesto l'intervento dei Carabinieri. Il Giudice di pace, perciò, ritenuto accertato che R. aveva recato molestia e disturbo a D.G. il 5 febbraio 2019, riqualificava in molestie il fatto originariamente contestato come esercizio molesto dell'accattonaggio e assolveva l'imputata ai sensi dell' art. 131-bis c.p. In particolare, il Giudice di pace notava che il fatto era stato commesso in unico contesto spazio-temporale che la condotta era di minima gravità che l'illecito era da considerare non occasionale, non essendo gravata l'imputata da ulteriori precedenti penali. 2. Avverso la citata sentenza, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste ha proposto ricorso per cassazione. Censura il provvedimento e ne chiede l'annullamento, richiamando l'art. 606, comma 1, lett. b , c.p.p. e lamentando violazione dell' art. 131-bis c.p. Afferma che la sentenza impugnata sia incorsa in errore laddove ha applicato la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ad un reato che, nel caso concreto, si sarebbe realizzato mediante la reiterazione delle condotte tipiche. Secondo il ricorrente, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la predetta causa di non punibilità non si applica ai reati necessariamente abituali nè a quelli eventualmente abituali e ha escluso che essa possa trovare applicazione in relazione al reato di molestie, nel caso in cui sia realizzato mediante reiterazione della condotta tipica. Nel caso ora in esame, emergerebbe dallo stesso capo di imputazione che il fatto fu commesso non con condotte isolate, bensì con reiterazione della condotta tipica. Perciò, la sentenza impugnata incorrerebbe in evidente violazione dell' art. 131-bis c.p. , essendo stata applicata la predetta causa di non punibilità in assenza dei presupposti. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato, dunque inammissibile. 1.1. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può trovare applicazione in relazione al reato di molestia ex art. 660 c.p. nel caso di reiterazione della condotta tipica, senza che sia necessaria esplicita motivazione sul punto Sez. 1, n. 1523 del 05/11/2018, dep. 2019, Morreale, Rv. 274794-01 . È stato inoltre precisato che tale reato non è necessariamente abituale, per cui può essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia, purché ispirata da biasimevole motivo o avente il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante e indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri Sez. 1, n. 3758 del 07/11/2013, dep. 2014, Moresco, Rv. 258260-01 . 1.2. I richiami giurisprudenziali espressi nel ricorso sono corretti sul piano astratto, ma non sono adeguati al caso ora in esame. Dalla lettura integrale della sentenza impugnata emerge che il Giudice di pace non ha ricollegato la molestia alla protrazione nel tempo delle pretese di elargizione di somme di denaro, ma alla sola richiesta del 5 febbraio 2019, ritenuta esosa dal parroco D.G. . Il Giudice di pace ha perciò escluso che, nel caso concreto, il reato si fosse realizzato con reiterazione della condotta e, perciò, in forma abituale. Ciò si evince dalla lettura della parte di motivazione della sentenza impugnata in cui il Giudice di pace ha ritenuto provato che l'imputata recò molestia e disturbo alla persona offesa, proferendo richiesta di denaro, il 5 febbraio 2019. Nè può assumere alcuna rilevanza la formulazione del capo d'imputazione, poiché il suo contenuto è superato dalle valutazioni operate in sentenza dal Giudice di pace. Alla luce delle precedenti considerazioni, poiché il reato di molestia commesso da R. non fu realizzato mediante reiterazione della condotta, la sentenza ora impugnata non risulta contrastante con i principi che regolano la materia. 2. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni anzidette. P.Q.M. Dichiari inammissibile il ricorso.