In tema di compenso professionale e patto di quota lite, il giudice di merito non può sottrarsi al compito di verificare se i criteri concordati dalle parti comportano un’evidente sproporzione del corrispettivo professionale rispetto all’opera prestata, potendo - solo in caso negativo - ritenere vincolanti i criteri di quantificazione fissati dalla scrittura di incarico.
Un avvocato otteneva decreto ingiuntivo per il pagamento del compenso professionale dovuto da una società sulla base di una scrittura privata di conferimento di incarico. Gli ingiunti hanno proposto opposizione chiedendo, tra l'altro, la riduzione ad equità della clausola di determinazione del corrispettivo contenuta nella scrittura, integrante un patto di quota lite, in considerazione della manifesta sproporzione tra l'opera prestata e il compenso pattuito. Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l'opposizione, ma il provvedimento è stato cassato con rinvio. Riassunto il processo, l'opposizione è stata nuovamente respinta. La questione è dunque tornata all'attenzione della Cassazione. I ricorrenti lamentano l'erroneità della pronuncia di merito, laddove il giudice ha ritenuto di non poter valutare la congruità del compenso frutto della libera negoziazione tra le parti. Configurando invece un patto di quota lite, l'iniquità poteva essere rilevata in giudizio. La doglianza è fondata. Dall'esame del contenuto del contratto professionale risulta infatti che l'incarico conferito riguardava la partecipazione ad un'asta per l'acquisto di alcuni cespiti immobiliari, sul cui prezzo era calcolato in percentuale il compenso del professionista. Il giudice di merito, avrebbe dovuto tener conto del perfezionamento di un patto di quota lite e valutare se il compenso pattuito fosse equo e proporzionato rispetto all'impegno profuso dal difensore. Come ricorda la pronuncia «tali pattuizioni, vietate in modo assoluto dall'articolo 2233 c.c., comma 3, nella sua originaria formulazione, sono divenute lecite in base alla modifica di cui al d.l. numero 223 del 2006, articolo 2, convertito con l. numero 248 del 2006, che ha stabilito l'abrogazione delle disposizioni legislative che prevedevano, tra l'altro, il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti ». Successivamente, con «la nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense introdotta dalla l. 31 dicembre 2012, numero 247, si è esplicitamente previsto il divieto dei patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa ». Considerando che la norma mira a proibire la conclusione di accordi iniqui, come recentemente stabilito da questa Corte «il controllo sulla meritevolezza del patto di quota lite deve aver riguardo all'eventuale “squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle parti ed alla giustificazione dei reciproci spostamenti patrimoniali, e, dunque, alla verifica in concreto del requisito causale la ragion d'essere dell'operazione , valutata nella sua individualità sotto il profilo della liceità e dell'adeguatezza dell'assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dai contraenti Cass. 28914/2022 ». In altre parole, l'eventuale nullità del contratto per incongruità del patto di quota lite sarebbe oggetto di rilievo e indicazione da parte del giudice di merito, che non può sottrarsi al compito di verificare se i criteri concordati dalle parti comportano un'evidente sproporzione del corrispettivo rispetto all'opera professionale prestata. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa l'ordinanza impugnata con rinvio.
Presidente Lombardo – Relatore Fortunato Ragioni in fatto e in diritto della decisione. 1. Con ricorso del 05.02.2013, l'avv. D.G. ha ottenuto dal Tribunale di Rossano il decreto ingiuntivo numero 167/2013 per il pagamento delle competenze professionali dovutegli da V.F. e della Campanaro S.r.l., per Euro 56.500,00 oltre accessori, sulla base di una scrittura privata di incarico stipulata in data 21.5.2007. Gli ingiunti hanno proposto opposizione, insistendo, tra l'altro, per la riduzione ad equità della clausola di determinazione del corrispettivo contenuta nella scrittura, integrante un patto di quota lite, in considerazione della manifesta sproporzione tra l'opera prestata e il compenso pattuito. Esaurita la trattazione, il Tribunale ha dichiarato inammissibile l'opposizione, ritenendo che il giudizio dovesse essere introdotto con citazione e non con le modalità del rito speciale ex articolo 14 D.Lgs. numero 150 del 2011. Il provvedimento è stato cassato con ordinanza numero 19240/2019, rimettendo gli atti al Tribunale per l'esame del merito. Riassunto il giudizio, il Tribunale di Castrovillari cui è stato devoluto il giudizio a seguito della soppressione del Tribunale di Rossano , ha nuovamente respinto l'opposizione, sostenendo che, avendo le parti liberamente pattuito l'ammontare del compenso, era preclusa ogni valutazione sulla congruità dell'importo concordato. La cassazione dell'ordinanza è chiesta dalla Campanaro s.r.l. e da V.F. , con ricorso in due motivi. L'avv. D.G. non ha formulato difese. Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso poteva essere definito ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., in relazione all'articolo 375, comma 1, numero 5 c.p.c., il Presidente ha fissato l'adunanza in camera di consiglio. 2. Il primo motivo denuncia la violazione degli articolo 2233 c.c., per aver il tribunale erroneamente ritenuto di non poter sindacare la congruità del compenso pattuito, configurandosi - invece - un patto di quota lite di cui il giudice doveva rilevare l'iniquità, privandolo di effetti. Il secondo motivo denuncia la violazione dell'articolo 112 c.p.c., contestando al tribunale di non aver regolato le spese del primo giudizio di legittimità. 2.1. Il primo motivo è fondato. Dall'esame del contenuto del contratto professionale trascritto in ricorso è dato rilevare che le parti avevano affidato all'avv. D. l'incarico a partecipare all'asta con offerta di acquisto dei cespiti ivi indicati, dinanzi al Tribunale di Rossano, prevedendo, in caso di mancata aggiudicazione dei beni, che al professionista sarebbe stato corrisposto un importo predeterminato e che, in caso di aggiudica, gli sarebbe stato riconosciuto un compenso calcolato in percentuale variabile dal 3% all'il% in funzione del prezzo di aggiudicazione e dei relativi lotti . L'offerta per il lotto 9 era stata dichiara inammissibile, ma l'avv. D. aveva ottenuto l'assegnazione dei lotti residui, definitivamente assegnati alla società per il prezzo di Euro 900.000,00. Successivamente il difensore ha chiesto il pagamento delle spettanze professionali calcolate in base ai criteri fissati dalla scrittura di incarico. Essendo richiesto il compenso in percentuale sul controvalore dei beni oggetto dell'offerta di acquisto, il giudice di merito, sollecitato in tal senso, era tenuto a tener conto del dedotto perfezionamento di un patto di quota lite e a valutare se il compenso pattuito fosse equo e proporzionato rispetto all'impegno profuso dal difensore. Tali pattuizioni, vietate in modo assoluto dall'articolo 2233 c.c., comma 3, nella sua originaria formulazione, sono divenute lecite in base alla modifica di cui al D.L. numero 223 del 2006, articolo 2, convertito con L. numero 248 del 2006, che ha stabilito l'abrogazione delle disposizioni legislative che prevedevano, tra l'altro, il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti . L'articolo 2, comma 2-bis, introdotto in sede di conversione, ha poi riscritto l'ultimo comma dell'articolo 2233 c.c., stabilendo l'obbligo di forma scritta, sotto pena di nullità, per i patti conclusi tra gli avvocati e i clienti contenenti la regolazione dei compensi professionali Cass. 26528/2021 . Solo con la nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense introdotta dalla L. numero 247 del 31 dicembre 2012, si è esplicitamente previsto il divieto dei patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa articolo 13, comma 4 Cass. s.u. 6002/2021 Cass. s.u. 17726/2018 Cass. s.u. 25012/2014 , restando ferma la validità dei patti stipulati nel periodo intermedio tra la riforma di cui al D.L. numero 223 del 2006 e la L. numero 247 del 2012, quale anche quello di cui si discute, perfezionato nel 2007. 2.2. Hanno chiarito le Sezioni Unite che la liceità in astratto del patto non esclude che in sede disciplinare possa essere valutato se la stima effettuata dalle parti era, all'epoca della conclusione dell'accordo che lega compenso e risultato, ragionevole o, al contrario, sproporzionata per eccesso rispetto alla tariffa di mercato, tenuto conto di tutti i fattori rilevanti, in particolare del valore e della complessità della lite e della natura del servizio professionale, comprensivo dell'assunzione del rischio cfr. testualmente, Cass. s.u. 25012/2014 Cass. 6519/2012 . La rilevanza del patto non si esaurisce tuttavia solo sul piano disciplinare, avendo attinenza al profilo funzionale del contratto Cass. 28914/2022 . Già le S.U. avevano difatti precisato che l'articolo 45 citato è volto proprio a proibire la conclusione di accordi iniqui , chiarendo che la proporzione e la ragionevolezza nella pattuizione del compenso costituisce l'essenza comportamentale richiesta all'avvocato, indipendentemente dalle modalità di determinazione del corrispettivo a lui spettante cfr. Cass. s.u. 25012/2014 Cass. s.u. 6002/2021 . In effetti, se la commissione da parte del professionista di una violazione delle regole di deontologia professionale non comporta in ogni caso la nullità di tutta l'attività svolta e la conseguente non remunerabilità delle relative prestazioni, occorre verificare se, nel caso concreto, essa, oltre che rilevare sotto il profilo disciplinare, sia di gravità tale da integrare anche una causa di nullità Cass. 23186/2018 nel senso che l'eventuale sproporzione del corrispettivo possa essere emendata mediante riduzione ad equità, facendo salva la possibilità delle parti di pattuire compensi superiori ai massimi di legge Cass. 17726/2018 . Sotto tale profilo - come recentemente stabilito da questa Corte il controllo sulla meritevolezza del patto di quota lite deve aver riguardo all'eventuale squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle parti ed alla giustificazione dei reciproci spostamenti patrimoniali, e, dunque, alla verifica in concreto del requisito causale la ragion d'essere dell'operazione , valutata nella sua individualità sotto il profilo della liceità e dell'adeguatezza dell'assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dai contraenti Cass. 28914/2022 . L'eventuale nullità del contratto, derivante dall'incongruità del patto di quota lite, sarebbe - da tale prospettiva – sempre oggetto di rilievo ed indicazione da parte del giudice Cass. 30837/2019 Cass. 28914/2022 . Il giudice di merito non poteva quindi sottrarsi al compito di verificare se i criteri concordati dalle parti comportassero un'evidente sproporzione del corrispettivo professionale rispetto all'opera professionale prestata, potendo - solo in caso negativo ritenere vincolari i criteri di quantificazione fissati dalla scrittura di incarico. 3. Il secondo motivo, che censura la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, è assorbito, dovendo il tribunale procedere ad una nuova liquidazione in base al risultato finale della lite. È accolto il primo motivo, con assorbimento del secondo l'ordinanza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa al Tribunale di Castrovillari, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa l'ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Castrovillari, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.