I presupposti richiesti per il riconoscimento del valore artistico, anche se in modo non necessariamente complessivamente concorrente, devono far riferimento al riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualita estetiche ed artistiche.
La società Thun SpA agiva innanzi il Tribunale di Firenze per vedere accolte le domande volte all'accertamento della contraffazione e della concorrenza sleale per aver la convenuta commercializzato prodotti in violazione dei modelli registrati dall'attrice. Il Tribunale accoglieva le domande rigettando quelle volte al riconoscimento della tutela autoriale delle opere di disegno industriale e all'accertamento di contraffazione per due modelli. La Thun SpA proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Firenze. Stante l'accoglimento parzialmente da parte della Corte di Appello, proponeva ricorso in Cassazione. La Suprema Corte veniva quindi investita dalla Thun SpA le seguenti ragioni. La ricorrente lamentava il mancato riconoscimento del valore artistico dei modelli registrati, tutela a cui possono avere accesso, ai sensi dell'art. 2, n. 10, LDA le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico . Veniva infatti contestato alla ricorrente il non assolvimento dell'onere probatorio incombente su colui che vuole dimostrare la sussistenza del valore artistico. La Thun SpA aveva supportato la domanda rappresentando come una delle creazioni fosse stata oggetto di esposizione in una mostra e pubblicata nel catalogo ad essa riferito. Circostanze queste sufficienti al riconoscimento facendo riferimento ai criteri stabiliti dalla Corte in altra controversia che vedeva coinvolta sempre la Thun SpA Cass., sez. I, 23 marzo 2017, n. 7477 , che affermava come il valore artistico richiesto per la proteggibilità dell'opera di industrial design non potesse essere escluso dalla serialità della produzione degli articoli concepiti progettualmente, che è connotazione propria di tutte le opere di tale natura, ma va ricavato da indicatori oggettivi, non necessariamente concorrenti, quali il riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'attribuzione di premi, l'acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità ovvero la creazione da parte di un noto artista . Tuttavia, la Suprema Corte afferma nell'ordinanza in oggetto come la Corte territoriale non abbia omesso di valutare le prove addotte dalla ricorrente e, consapevole che anche le opere di industrial design possano avere valore artistico, ha valutato le prove non sufficienti perché riferite ad una unica esposizione per uno solo dei soggetti e, inoltre, la qualificazione di artista del suo autore era autoreferenziale. Pertanto, la sussistenza dei parametri necessari per il riconoscimento del valore artistico devono essere presenti, pur non necessariamente tutti, in maniera tale da giustificare l'ulteriore tutela della creazione ai fini della tutelabilità, in base alla normativa sul diritto d'autore, di una creazione d'arte applicata all'industria, l' art. 2, n. 10, della l. n. 633 del 1941 esige che l'opera di industrial design abbia un quid pluris costituito dal valore artistico, la cui prova spetta alla parte che ne invoca la protezione, che può essere ricavato da una serie di parametri oggettivi, non necessariamente tutti presenti in concreto, quali il riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'attribuzione di premi, l'acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità ovvero la creazione da parte di un noto artista Cass. civ. 13.11.2015, n. 23292 . Inoltre, la Corte di Cassazione ritiene inammissibili anche le domande relative alla concorrenza sleale per imitazione servile . Il presupposto per l'applicazione di tali fattispecie è configurabile nei casi in cui vi sia una copia talmente precisa da determinare nel consumatore medio la confusione tra i prodotti, nonostante la diversità dei marchi apposti. Trattandosi di oggetti riproducenti il mondo animale e senza confusione di marchio, l'imitazione servile potrebbe essere configurata con riferimenti di tipo analitico e non sintetico. Questa Corte, in tema di concorrenza sleale, ha precisato che, al fine di accertare l'esistenza della fattispecie della confondibilita tra prodotti per imitazione servile, e necessario che la comparazione tra i medesimi avvenga non attraverso un esame analitico e separato dei singoli elementi caratterizzanti, ma mediante una valutazione sintetica dei medesimi nel loro complesso, ponendosi dal punto di vista del consumatore e tenendo, quindi, conto che, quanto minore e l'importanza merceologica di un prodotto, tanto più la scelta può essere determinata da percezioni di tipo immediato e sollecitazioni sensoriali, anziché da dati che richiedano un'attenzione riflessiva, e considerando altresì che il divieto di imitazione servile tutela l'interesse a che l'imitatore non crei confusione con i prodotti del concorrente . Infine, rispetto al lamentato non riconoscimento del danno in via equitativa , la Corte di Cassazione ricorda come l'orientamento si quello della necessità di dare prova specifica sull'esistenza del danno essendo La liquidazione in via equitativa [e ] legittima solo a condizione che l'esistenza del danno sia comunque dimostrata, sulla scorta di elementi idonei a fornire parametri plausibili di quantificazione e che la liquidazione equitativa del danno presuppone l'esistenza di un danno risarcibile certo e non meramente eventuale o ipotetico , nonché l'impossibilita , l'estrema o la particolare difficolta di provarlo nel suo preciso ammontare in relazione al caso concreto . Nel caso di specie non vi era alcun riferimento a un qualsivoglia criterio che non fosse un generico mancato guadagno.
Presidente Genovese Relatore Valentino Fatti di causa Con citazione ritualmente notificata Thun S.p.A. ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Firenze con la quale - previa limitazione della domanda attrice alle formelle floreali, agli Angeli , agli orsetti e agli elefantini , rispetto ai numerosi prodotti raffigurati nella tabella sub docomma 15, doc. A , richiamata in conclusioni dall'attrice - era stato così provveduto Il Tribunale di Firenze con sentenza n. 4347/16 in parziale accoglimento delle domande di Thun S.p.a. nei confronti di Omissis S.r.l., ha dichiarato 1. che la produzione, detenzione, offerta in vendita e commercializzazione dei prodotti di Omissis S.r.l. costituiscono contraffazione dei modelli registrati di Thun S.p.a. Articoli floreali ed Angeli 2.che le condotte di cui al punto n. 1 costituiscono altresì atti di concorrenza sleale ai sensi dell' art. 2598, nn. 1 e 2 c.c. 3.Ha inibito a Omissis S.r.l. l'importazione, l'offerta al pubblico, in qualsiasi forma, e la commercializzazione dei prodotti sanzionati 4.ha ordinato il ritiro dal mercato e la distruzione dei prodotti contraffatti 5.ha condannato la convenuta al risarcimento dei danni a favore dell'attrice nella misura di Euro 12.000,00, oltre agli interessi legali 6.ha fissato a suo carico una penale di Euro 1.000,00 per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del presente provvedimento e di Euro 100,00 per ogni violazione 7.ha respinto la domanda di Thun S.p.a. di tutela autorale delle proprie opere di disegno industriale Articoli floreali , Angeli , Orsetti ed Elefantini 8.e la domanda di Thun S.p.a. di accertamento della contraffazione, dei modelli registrati Orsetti ed Elefantini . Con citazione ritualmente notificata THUN S.p.a. ha proposto appello avverso la sentenza. La Corte di Appello di Firenze con la sentenza impugnata ha parzialmente accolto l'appello, rigettando le domande relative all'accertamento della contraffazione e della concorrenza sleale e di risarcimento del danno. Conseguentemente ha revocato le disposizioni del Tribunale relative all'accertamento della contraffazione e della concorrenza sleale. Avverso tale sentenza la Thun S.p.a. ha proposto ricorso per Cassazione con sei motivi. La ricorrente ha presentato memorie ex art. 380 bis c.p.c. Il fallimento e la società intimati non hanno svolto difese. Ragioni della decisione Il ricorrente deduce 1. Violazione e falsa applicazione degli L. n. 633 del 1941 artt. 2697, commi 1 e 2, n. 10, così come aggiunto dal D.Lgs. n. 95 del 2001 art. 22 , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, nonché per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 In sintesi, La Corte territoriale avrebbe escluso il valore artistico dei prodotti di Thun S.p.a. negando loro la tutela apprestata segnatamente dall'art. 2, n. 10, I.a. sul presupposto che la società appellante odierna ricorrente non avrebbe assolto l'onere probatorio su di lei incombente e diretto alla dimostrazione del predetto valore artistico . Così argomentando, avrebbe omesso illegittimamente di considerare le deduzioni di Thun S.p.a. in punto di fatto, mai contestate e comunque sopportate da prova documentale circa l'esposizione in una mostra del c.d. Angelo Originale di Bolzano e circa la pubblicazione nel catalogo che ne è derivato. Entrambi gli elementi rivestivano un carattere decisivo ai fini del riconoscimento del valore artistico dei prodotti di Thun S.p.a. e della concessione della tutela del diritto di autore. 2. Nullità della sentenza impugnata per violazione dell' art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. , dell'art. 111, comma 6, Cost. e per inesistenza del requisito motivazionale del provvedimento giunsdizionale in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 La motivazione che compare nella sentenza impugnata è soltanto apparente, assolutamente apodittica e comunque incomprensibile nella parte in cui nega valore artistico ai prodotti Thun S.p.a. 3. Violazione e/o falsa applicazione dell' art. 2, n. 10, L. n. 633 del 1941 così come aggiunto dal D.Lgs. n. 95 del 2001 art. 22, in attuazione dell'art. 17 Direttiva 98/71/CE in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 La Corte territoriale avrebbe omesso di considerare le deduzioni della società appellante e odierna ricorrente circa la esposizione in mostra e la pubblicazione in catalogo della sua opera in quanto ha assunto - quale premessa maggiore in iure della decisione ex art. 2, n. 10, L. cit. circa la sussistenza del valore artistico di prodotti della ricorrente di c.d. industrial design - criteri giuridici diversi da quelli normativamente fissati e precisati da Codesta Corte Cass., sez. I, 23 marzo 2017, n. 7477 Cass., sez. I, 13 novembre 2015, n. 23292 . In particolare, la Corte territoriale non ha tenuto conto incorrendo perciò nel vizio denunciato del criterio giuridico secondo cui il valore artistico deriva fra l'altro dalla esposizione in mostra dell'opera di disegno industriale e dalla sua rappresentazione in pubblicazioni o riviste. 3.1 II primo il secondo e il terzo motivo sono connessi e possono essere trattati congiuntamente. Le censure sono inammissibili. La Corte non ha omesso di valutare le prove addotte dalla ricorrente e, pur avendo ritenuto che anche le opere di industrial design possano avere valore artistico, ha recepito i parametri oggettivi delineati dalla Giurisprudenza di questa Corte Cass., n. 7477/2017 in analogo giudizio promosso dalla stessa ricorrente con ricorso su Corte di Appello di Venezia Cass., n. 23292/2015 Cass., n. 22118/2015 Cass., n. , ma ha valutato che le prove introdotte dalla ricorrente a supporto delle sue censure non fossero sufficienti perché facevano riferimento ad una unica esposizione per uno solo dei soggetti tra quelli identificativi del luogo nel contesto di una esposizione degli oggetti caratteristici del luogo e che la qualificazione al suo autore fosse autoreferenziale. Compito di questa Corte non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai Giudici del merito, dovendo, invece, limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile Cass., n. 7523/2022 . Ed è indubbiamente plausibile e ragionevole ritenere che l'esposizione in una sola mostra possa integrare i presupposti richiesti per il riconoscimento del valore artistico che, anche se in modo non necessariamente complessivamente concorrente, devono far riferimento al riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'attribuzione di premi, l'acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità, ovvero la creazione da parte di un noto artista Cass., n. 23292/2015 . 4. Violazione dell' art. 112 c.p.c. e violazione dei principi generali che presiedono all'assorbimento di questioni, domande e relative censure in sede di gravame, nonché dell' art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell'art. 111, comma 6, Cost. per inesistenza del requisito motivazionale del provvedimento giurisdizionale in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 Il Giudice avrebbe dichiarato l'assorbimento di tre motivi di appello di Thun S.p.a. corrispondenti ad altrettante domande della medesima società senza che ne ricorressero i presupposti. Ciò avrebbe comportato una illegittima omissione di pronunzia da parte della Corte territoriale sui tre motivi di appello e sulle domande giudiziali di Thun S.p.a. ad essi sottese e dirette all'accertamento della concorrenza sleale pratica a suo danno da parte avversa . Avrebbe errato la Corte ad affermare che - in dipendenza della esclusione operata dal Tribunale della fattispecie di contraffazione da parte di Omissis S.r.l. e nei confronti di Thun S.p.a. in relazione a due prodotti - non sarebbe configurabile in iure alcuna delle ipotesi di concorrenza sleale di cui all' art. 2598, nn. 1, 2 e 3, c.c. , tanto più che, in altra parte della medesima sentenza impugnata, figura un enunciato di segno esattamente opposto. 5. Violazione o falsa applicazione degli art. 2598 c.c. , D.Lgs. n. 30 del 2005 art. 33 e dei principi generali sul rapporto delle fattispecie di contraffazione di modelli industriali e di concorrenza sleale - alla distinzione fra c.d. concorso di diritti e c.d. concorso di norme in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 La Corte territoriale avrebbe erroneamente affermato che, in dipendenza della esclusione operata dal Tribunale della fattispecie di contraffazione da parte di Omissis S.r.l. e nei confronti di Thun S.p.a. in relazione a due prodotti , non sia configurabile in iure alcuna delle ipotesi di concorrenza sleale di cui all' art. 2598, nn. 1, 2 e 3, c.c. Diversamente le fattispecie di contraffazione di modelli industriali e di concorrenza sleale anziché dar vita ad un concorso di norme in rapporto ad un unico diritto danno origine ad un concorso di diritti autonomi e distinti, sicché - pur negata la contraffazione - non possono essere assorbite le altre domande di concorrenza sleale. 5.1 II quarto e il quinto motivo sono connessi e possono essere trattati congiuntamente. Le censure sono inammissibili. La Corte, dopo aver escluso l'ipotesi di contraffazione, ha ritenuto che si dovesse escludere anche un caso di concorrenza sleale per imitazione servile e, dunque, di appropriazione dei pregi e di concorrenza parassitaria. Ha motivato anche che queste fattispecie presuppongono che sia configurabile una copia talmente precisa da determinare nel consumatore medio la confusione tra i prodotti, nonostante la diversità dei marchi apposti. Trattandosi di oggetti riproducenti il mondo animale e senza confusione di marchio l'imitazione servile potrebbe essere configurata con riferimenti di tipo analitico e non sintetico. Questa Corte, in tema di concorrenza sleale, ha precisato che, al fine di accertare l'esistenza della fattispecie della confondibilità tra prodotti per imitazione servile, è necessario che la comparazione tra i medesimi avvenga non attraverso un esame analitico e separato dei singoli elementi caratterizzanti, ma mediante una valutazione sintetica dei medesimi nel loro complesso, ponendosi dal punto di vista del consumatore e tenendo, quindi, conto che, quanto minore è l'importanza merceologica di un prodotto, tanto più la scelta può essere determinata da percezioni di tipo immediato e sollecitazioni sensoriali, anziché da dati che richiedano un'attenzione riflessiva, e considerando altresì che il divieto di imitazione servile tutela l'interesse a che l'imitatore non crei confusione con i prodotti del concorrente Cass., n. 20234/2022 . La diversità di costruzione, evidenziata nel giudizio, viene valutata adeguata per escludere l'ipotesi di imitazione servile confusoria e la sentenza si sofferma ampiamente per illustrare i dettagli tecnici posti a fondamento dell'esclusione per il solo prodotto angioletti delle violazioni dedotte rinvenendole, invece, nell'altro prodotto fiori p.15 . Tali elementi ed il giudizio finale sono, dunque, idonei a sostenere, all'esito del compiuto giudizio sul fatto qui non ripetibile, la decisione adottata. 6. Violazione e/o falsa applicazione degli D.Lgs. n. 30 del 2005 art. 125 ,artt. 2600,1226,2056 c.c., dei principi generali in tema di liquidazione del danno, dell' art. 112 c.p.c. in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 4 , nonché per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 La Corte territoriale avrebbe erroneamente negato il risarcimento equitativo del danno pur in presenza dell'accertamento della condotta di contraffazione e della concorrenza sleale ad opera di Omissis S.r.l. a danno della società Thun S.p.a. odierna ricorrente . L'assorbimento dei motivo d'appello avrebbe impedito di tener conto della prova del danno patito prova offerta da Thun S.p.a. e riproposta con l'atto di appello , né della richiesta di liquidazione di danni c.d. punitivi. 6.1 La Corte, una volta accertata la contraffazione e l'imitazione servile ed appropriazione di pregi limitatamente al prodotto fiori , evoca l'orientamento costante di questa Corte sulla necessità che in tema di liquidazione dei danni in via equitativa ritiene necessaria la prova specifica sull'esistenza del danno, poiché esso non è configurabile in re ipsa. Rispetto alla valutazione equitativa, in particolare, il ricorrente non ha mai dato alcuna indicazione economica di riferimento o di elementi contabili sui quali computare in via di ipotesi il danno o che potessero costituire la base su cui poter quantificare una ipotesi di liquidazione del danno in via equitativa. La liquidazione in via equitativa è legittima solo a condizione che l'esistenza del danno sia comunque dimostrata, sulla scorta di elementi idonei a fornire parametri plausibili di quantificazione e che la liquidazione equitativa del danno presuppone l'esistenza di un danno risarcibile certo e non meramente eventuale o ipotetico , nonché l'impossibilità, l'estrema o la particolare difficoltà di provarlo nel suo preciso ammontare in relazione al caso concreto ex multis Cass., n. 5956/2022 . L'assenza di tali elementi ha indotto il Giudice a riformare sul punto la decisione di I grado che aveva liquidato in via meramente equitativa il danno senza alcun riferimento ad un qualsivoglia criterio che non sia un generico e apodittico mancato guadagno . Invero, il giudice che opta per tale valutazione deve adeguatamente dar conto dell'uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito, restando, poi, inteso che al fine di evitare che la relativa decisione si presenti come arbitraria e sottratta ad ogni controllo, occorre che il giudice indichi, anche solo sommariamente e nell'ambito dell'ampio potere discrezionale che gli è proprio, i criteri seguiti, per determinare l'entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum Cass., n 12009/2022 , Correttamente, pertanto, la Corte ha ribadito che tale liquidazione deve necessariamente tener conto delle specifiche condizioni economiche e organizzative del ricorrente e non può basarsi su parametri generali validi per qualsiasi tipo di professionalità senza alcun riferimento alle personali condizioni di operatività del danneggiato nella propria attività imprenditoriale. 7. Per i motivi esposti, l'inammissibilità di tutti i motivi determina l'inammissibilità del ricorso. Nulla in ordine alle spese per la mancata attività difensiva degli intimati. P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Ai sensi del D.P.R. numero del 30.5.2002, art. 13 , comma 1-quater, nel testo introdotto dal L. n. 228 del 24 dicembre 2012, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.