Incaute (e perciò colpevoli) le persone morte nel crollo di un palazzo durante il sisma a L’Aquila: risarcimento ridotto per i familiari

I giudici hanno ritenuto accertata la responsabilità del Ministero dell’Interno, del Ministero delle Infrastrutture e del costruttore dell’edificio. Ma hanno poi sancito anche un concorso di colpa delle vittime, che, secondo i giudici, tennero una condotta incauta, cioè quella di trattenersi a dormire in casa, così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa, nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile.

Colpevoli, paradossalmente, anche le 24 persone che morirono a L'Aquila, nella notte del 6 aprile 2009, a causa del crollo del palazzo in via Campo di Fossa in cui vivevano da tempo, crollo frutto del forte sisma che colpì la città abruzzese. Secondo i giudici del Tribunale di L'Aquila va accolta la tesi proposta dal Ministero delle Infrastrutture e dal Ministero dell'Interno vi è stato, in sostanza, un concorso di colpa delle vittime del crollo del palazzo, poiché esse avrebbero, questo è il succo del ragionamento, potuto evitare la morte se fossero state meno incaute e avessero abbandonato l'edificio tempestivamente, cioè subito dopo le prime due scosse, quella tragica notte, trovando rifugio in strada. Questo ragionamento comporta una minore responsabilità 4% a carico del costruttore dell'edificio, realizzato in palese violazione delle normative antisismiche, una minore responsabilità a carico del Ministero delle Infrastrutture 15% e del Ministero dell'Interno 15% , che avevano compiti di controllo funzionali a garantire la sicurezza dell'edificio già durante la fase di costruzione, e una grossa responsabilità ben il 30% a carico delle vittime del crollo del palazzo di via Fossa, con conseguente minore risarcimento per i loro familiari Tribunale di L'Aquila, sentenza del 9 ottobre 2022 . Familiari. Accertate le cause del crollo dell'edificio di via Campo di Fossa a L'Aquila, cause riconducibili al mancato rispetto della normativa antisismica e all'utilizzo di materiali non adeguati come testimoniato anche dal fatto che, dopo il sisma, un edificio gemello' rimase in piedi e registrò solo qualche crepa , i familiari di alcune vittime hanno agito in giudizio, in ambito civile, contro il Ministero delle Infrastrutture, la Prefettura di L'Aquila e quindi il Ministero dell'Interno , il Comune di L'Aquila e gli eredi del costruttore dell'edificio, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivati dalle morti provocate dal crollo del palazzo verificatosi la notte del 6 aprile 2009. I familiari di alcune delle persone ritrovate decedute tra le macerie dell'edificio hanno assunto una posizione netta, espressa in aula dal loro legale, l'avvocato Luciano Angelone il collasso dell'edificio è imputabile a gravi vizi di progettazione e di costruzione nonché a carenze nel calcestruzzo, come documentato dalle consulenze tecniche espletate nell'ambito del procedimento penale avviato dalla Procura di L'Aquila . Ciò comporta, a loro parere, la responsabilità per la realizzazione di una costruzione difforme dalle prescrizioni normative all'epoca vigenti ed incapace di resistere all'azione di un sisma non avente carattere anomalo o eccezionale . In particolare, il riferimento è alla responsabilità del Ministero delle Infrastrutture nonché della Prefettura per non aver diligentemente adempiuto ai compiti di vigilanza e controllo di rispettiva competenza in materia edilizia i funzionari del Genio civile avevano rilasciato dapprima autorizzazione a costruire, ritenendo il progetto conforme alla normativa antisismica e corretti i calcoli di progetto all'uopo presentati, e poi certificato di perfetta rispondenza alla normativa stessa dell'edificio realizzato l'ingegnere incaricato dalla Prefettura non aveva adempiuto agli obblighi di verifica sul conglomerato cementizio alla responsabilità del Comune di L'Aquila, che aveva rilasciato il certificato di abitabilità nonostante le difformità tra il fabbricato realizzato e quello assentito alla responsabilità del costruttore e primo proprietario del palazzo per i vizi nell'edificazione dell'edificio . Colpe. Per i giudici del Tribunale di L'Aquila non ci sono dubbi sulle responsabilità dei due Ministeri e del costruttore del palazzo. Ma va anche riconosciuta, e questo alla luce di quanto dedotto proprio dai due Ministeri, anche la colpa delle vittime del crollo , che avrebbero dovuto mostrarsi più caute e, a fronte delle prime scosse, abbandonare l'edificio e cercare rifugio in strada, invece di rimanere a dormire nei loro appartamenti. Per quanto concerne la posizione del Ministero delle Infrastrutture , i giudici richiamano la relazione di due ingegneri, relazione da cui risulta come il progetto strutturale e la relazione di calcolo presentate al Genio Civile' al fine di verificare la conformità alla normativa antisismica fossero entrambi assai carenti, con una marcata sottostima delle azioni simiche previste dalla normativa all'epoca vigente e dei carichi reali presenti sull'edificio, tali da renderlo particolarmente vulnerabile proprio dal punto di vista sismico in particolare nella direzione traversale, proprio quella nella quale si manifestò il collasso. Ciò attesta come il crollo sia imputabile all'inosservanza delle normativa antisismica da applicarsi ed alla negligenza del Genio Civile', che invece certificava la conformità di progetti e connessa costruzione alla predetta normativa . Per quanto concerne, invece, la posizione del Ministero dell'Interno e la posizione del costruttore , sono sempre le relazioni di due ingegneri a far venire alla luce una anomala disgregazione delle strutture in cemento armato, imputabile alla scorretta posa in opera del materiale . In sostanza, la correttezza della miscelazione del conglomerato e delle operazioni di getto e ripresa dello stesso conglomerato nel corso dei lavori sono determinanti per garantire la sua resistenza e durata. In particolare, la miscelazione ed il getto/ripresa debbono essere eseguiti in modo da assicurare l'omogeneità dell'impasto delle varie componenti del conglomerato omogeneità necessaria perché esso possa poi avere le caratteristiche di resistenza e durevolezza sue proprie nonché in modo da assicurarne la perfetta compattazione nelle casseforme indispensabile per espellere l'aria . Ove tali operazioni non siano correttamente eseguite, il conglomerato perde le sue capacità di resistenza e durevolezza nel tempo, sostanzialmente divenendo assai più fragile. La scorrettezza delle operazioni di miscelazione, getto/ripresa e compattazione determina una serie di fenomeni denominati sedimentazione i componenti più pesanti del conglomerato precipitano in basso, separandosi dagli altri e bleeding separazione dell'acqua dall'impasto , e quando entrambi tali fenomeni si verificano, essi danno luogo ad un ulteriore fenomeno, denominato segregazione . Ebbene, dalle relazioni dei due ingegneri emerge che tali fenomeni sono stati riscontrati in numerosi pilastri dell'edificio ed alla loro base, nonché in corrispondenza di nodi travi/pilastro ed essi, con particolare riguardo alla sedimentazione alla base di vari pilastri del livello garage, hanno avuto un ruolo determinante nel collasso dell'edificio . Peraltro, il fenomeno di sedimentazione alla base dei pilastri è risultato essere immediatamente visibile e percettibile , tanto da ritenere perciò particolarmente grave la mancata vigilanza e controllo in cantiere durante la lavorazione . Da escludere categoricamente, invece, l'ipotesi che il sisma possa configurare un'ipotesi di forza maggiore , cioè in grado di fungere da causa unica del crollo dell'edificio. Su questo punto appare sufficiente osservare che gli edifici attigui, sia in muratura che in cemento armato, pur subendo danni più o meno estesi, non hanno subito un collasso radicale . Tirando le somme, è palese, secondo i giudici, la responsabilità della Ministero dell'Interno e quella del costruttore, che ha proceduto alla realizzazione delle strutture in cemento armato compiendo errori di miscelazione, getto/ripresa e compattazione operazioni eseguite in difformità alle prescrizioni di legge e comunque alle regole della buona tecnica mentre l'ingegnere incaricato della Prefettura di L'Aquila non ha rilevato quegli errori benché resi evidenti dai gravi fenomeni di sedimentazione presenti alla base dei pilastri e di conseguenza la licenza d'uso è poi stata emessa dalla Prefettura . Per completare il quadro, però, viene sancito dai giudici il concorso di colpa delle vittime del crollo dell'edificio. Ciò perché ha costituito obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire in casa così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall'edificio al verificarsi della scossa più forte nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile, concorso che, tenuto conto dell'affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell'edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi in misura del 30% con conseguente proporzionale riduzione del credito risarcitorio per i familiari, quantificato complessivamente, comunque, in oltre un milione di euro. In conclusione, la quota di responsabilità ascrivibile a ciascun Ministero è del 15%, e per il residuo 40% è in capo agli eredi del costruttore . Respinta, invece, la richiesta risarcitoria nei confronti del Comune di L'Aquila, posto che il controllo a detto ente demandato dalla disciplina prevede un controllo meramente formale circa l'esistenza delle autorizzazioni di competenza del Genio Civile' e della Prefettura , precisano i giudici. In particolare, si dà atto dell'avvenuto rilascio della licenza d'uso , che, però, ha come presupposto il previo rilascio del certificato di conformità alla normativa antisismica da parte del Genio Civile' , sicché, concludono i giudici, non si ravvisa una omissione a carico del Comune.

Giudice Croci Motivi di fatto e di diritto della decisione Con distinti ricorsi ex 702 bis c.p.c. gli attori sopra indicati adivano questo Tribunale chiedendo la condanna in solido dei convenuti Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la Prefettura di L'Aquila, il Comune di L'Aquila nonché di DEL B.M.A., DEL B.M.T., DEL B.E. e DEL B.D. quali eredi del costruttore DEL B.L. al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivati dal decesso dei rispettivi familiari a seguito del al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza del crollo del palazzo sito in L'Aquila, Via omissis , verificatosi la notte del 6 aprile 2009 a seguito del noto sisma verificatosi in tale data. Esponevano come il collasso dell'edificio fosse imputabile a gravi vizi di progettazione e di costruzione nonché carenze nel calcestruzzo, quanto a elevata variabilità del materiale impiegato e cattiva esecuzione nella ripresa dei getti, come documentato dalle consulenze tecniche espletate nell'ambito del penale avviato dalla Procura di L'Aquila n. 1509/2009 ampiamente richiamate negli atti introduttivi e prodotte agli procedimento conclusosi con l'archiviazione, essendo gli indagati tutti deceduti . Deducevano pertanto la responsabilità ex artt. 2043, 2049, 2055 c.c. dei convenuti per la realizzazione di una costruzione difforme dalle prescrizioni normative all'epoca vigenti ed incapace di resistere all'azione di un sisma non avente carattere anomalo o eccezionale in particolare del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti nonché della Prefettura per aver non aver diligentemente adempiuto ai compiti di vigilanza e controllo di rispettiva competenza in materia edilizia in particolare Legge n. 1684 del 1962 - Norme tecniche per l'edilizia, con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti per quanto attiene al Genio civile, all'epoca incardinato nel Ministero dei LLPP., i cui funzionari avevano rilasciato dapprima autorizzazione a costruire, ritenendo il progetto conforme alla normativa antisismica e corretti i calcoli di progetto all'uopo presentati e poi certificato di perfetta rispondenza alta normativa stessa dell'edificio realizzato R.D.L. n. 2229 del 16 novembre 1939 - Norme per l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice o armato , di competenza della Prefettura, il cui incaricato Ing. FI. per non aver adempiuto agli obblighi di verifica sul conglomerato cementizio del Comune di L'Aquila, che aveva rilasciato il certificato di abitabilità nonostante le difformità tra il fabbricato realizzato e quello assentito del costruttore e primo proprietario DEL B.L. e per esso dei suoi eredi per vizi nell'edificazione del palazzo. Si costituivano tempestivamente tutti i convenuti nei procedimenti inizialmente separati, tutti eccependo la prescrizione delle pretese azionate e contestandone an e quantum. Il Ministero Infrastrutture e Ministero dell'Interno dicastero in cui è incardinata la Prefettura deducevano il proprio difetto di legittimazione passiva, posto che le competenze già facenti capo a Genio Civile e Prefettura erano passate alla Regione con d.P.R. n. 8/1972 il difetto di rapporto organico tra Prefettura e l'ing. FI., libero professionista da questo incaricato, remunerato a spese del costruttore, del cui operato l'Ente non può essere chiamato a rispondere, senza che peraltro consti che questi inviò una segnalazione di irregolarità e questa sia stata ignorata dalla Prefettura la mancanza di prova in ordine alle condotte negligenti imputate a Genio Civile e Prefettura, non potendo le stesse dirsi provate sulla base degli accertamenti svolti in sede penale cui i convenuti non avevano preso parte, ed in ordine al nesso causale tra le stesse e il crollo, stante la simultanea presenza di ben più gravi condotte illecite dotate di efficienza causale determinante tale da escludere e/o ridurre la responsabilità dei Ministeri, ossia di progettisti e D.L., ditta costruttrice, lo stesso incaricato della Prefettura ing. FI., Comune di L'Aquila. Inoltre, deducevano il concorso di colpa dei deceduti ex art. 1227 c.c. per essersi trattenuti all'interno dell'edificio la notte del 6 aprile, nonostante le scosse già verificatesi la responsabilità ex art. 2053 c.c. dei proprietari dell'immobile, tra cui gli stessi ricorrenti e/o defunti, la convenuta GUE.D. e il CONDOMINIO DEL B., che avrebbe omesso la manutenzione dell'immobile e collocato dei pesanti serbatoi d'acqua all'ultimo piano dell'edificio, minandone la stabilità. Le condotte di tutti i soggetti indicati varrebbero in ogni caso ad escludere il nesso causale tra il crollo e le condotte di Genio Civile e Prefettura. La difesa erariale concludeva per il rigetto delle avverse pretese e, in subordine, chiedeva in via riconvenzionale l'accertamento del grado della colpa ex art. 2055 c.c. degli altri convenuti ossia Eredi del costruttore, Comune di L'Aquila nonché della proprietaria già convenuta DI N.D., dei ricorrenti in proprio e/o nella qualità di eredi dei rispettivi familiari defunti quali eventuali proprietari nonché del CONDOMINIO DEL B., che veniva chiamato in causa, con condanna degli stessi a rifondere pro quota ai Ministeri quanto questi ultimi fossero condannati a pagare agli attori. Si costituiva altresì il Comune di L'Aquila, che contestava la configurabilità una propria responsabilità per il crollo, osservando che, premessa l'inapplicabilità alla fattispecie del Regolamento Edilizio Comunale emanato nel 1972, le verifiche demandate all'Ente comunale ai fini del rilascio del certificato di abitabilità avvenuto in data 3.9.1964 avevano carattere prettamente urbanistico e/o igienico sanitario, ma nulla che attenesse alla stabilità e idoneità costruttiva dell'edificio deduceva inoltre come la responsabilità per il crollo dovesse imputarsi alla condotta del tecnico progettista ed autore del calcoli dell'edificio chiamava quindi in causa gli eredi di S.C. nonché il proprio assicuratore A. S.p.A., concludendo in via principale per la reiezione delle pretese attoree e in subordine, in caso di propria condanna, condannare A. S.p.A. a tenere indenne il Comune di quanto questo fosse tenuto a pagare agli attori al netto della franchigia contrattuale nonché accertare il grado di responsabilità delle altre PP.AA. convenute e dei convenuti chiamati Eredi C., con condanna di costoro a rivalere pro quota quanto il Comune fosse condannato a pagare agli attori. Si costituivano gli Eredi DEL B., che contestavano le avverse pretese deducendo in particolare come il crollo dovesse ascriversi a forza maggiore, ossia all'evento sismico e non alle postulate carenze costruttive, l'inapplicabilità degli artt. 1667, 1669 c.c. essendo decorsi oltre 45 anni dalla costruzione dell'edificio, la concorrente responsabilità del Condominio proprietario e il concorso di colpa dei defunti, per essersi imprudentemente trattenuti all'interno degli edifici nonostante le forti scosse che notoriamente precedettero quelle delle 3 32. Concludevano per il rigetto delle avverse pretese e comunque per l'esclusione dì un vicolo di solidarietà con gli altri convenuti. Si costituivano altresì i terzi chiamati. Il CONDOMINIO DEL B., chiamato dai Ministeri, deduceva l'inesistenza della notificazione e comunque l'inammissibilità e infondatezza domanda avanzata dalla difesa erariale nei propri confronti per essere il Condominio stesso estinto per effetto del crollo dell'edificio l'impossibilità di porre l' art. 2053 c.c. a fondamento della domanda di accertamento di concorrente responsabilità e di regresso formulate dai Ministeri chiamanti, e comunque l'insussistenza di una qualche responsabilità dei condomini per opere posteriori all'edificazione con specifico riguardo al tema dei serbatoi, deduceva come dalla documentazione prodotta tra cui Io stesso certificato di abitabilità comunale, fatture in atti e verbali assembleari come i serbatori fossero stati posti nel locale sottotetto dallo stesso costruttore e come in ogni caso essi furono svuotati anni prima del sisma, sicché è da escludere una influenza degli stessi nel crollo del palazzo. Concludeva per la reiezione della domanda di regresso, chiedendo in subordine di essere manlevata dal proprio assicuratore per la R.C. Reale Mutua, che chiamava in causa. Si costituivano altresì gli Eredi Del C., chiamati in causa dal Comune di L'Aquila, che eccepivano la nullità della chiamata per difetto di delibera comunale che autorizzasse la costituzione in giudizio poi prodotta l'insussistenza di una estensione automatica della domanda attorea agli eredi C., comunque contestata in an e quantum, la non trasmissibilità dell'obbligazione in ipotesi gravante sul defunto C. ai suoi eredi, la loro carenza di legittimazione passiva e la prescrizione di qualsivoglia pretesa nei loro confronti, l'inutilizzabilità della documentazione tratta dal fascicolo penale, istando per una chiamata ex art 107 c.p.c. del CONDOMINIO DEL B., dell'Arch. CAR. e per esso dei suoi eredi, di I. ed E.V. quale progettista architettonico e D.L. e quali originarie comproprietarie e committenti dell'edificio e concludendo per la reiezione della domanda formulata dal convenuto chiamante Comune, con condanna dello stesso ex art. 96 c.p.c. e in subordine limitando la condanna nella misura provata e ripartita pro quota in capo agli eredi. Si costituivano altresì A. S.p.A., che deduceva la prescrizione del diritto dell'assicurato, l'inoperatività della garanzia, che non comprende i rischi di danni derivanti da terremoto, nonché in ordine al fatto addebitato al Comune ossia il rilascio del certificato di abitabilità, avvenuto ben prima della stipula del contratto di assicurazione polizza n. omissis accesa dal Comune dell'Aquila con la A. S.p.a. per la responsabilità civile verso terzi e prestatori di lavoro con validità dal 31.12.2007 al 30.9.2010 l'infondatezza inane quantum della domande attoree, i limiti di massimale e di franchigia, chiedendo la riunione con altro ed ulteriore procedimento pendente per il medesimo evento dannoso R.G. 975/15 e l'applicazione dell' art. 1910 c.c. con riguardo agli altri assicuratori chiamati in causa concludeva la reiezione della domanda di manleva in subordine, per l'ipotesi di condanna, l'accertamento del contributo causale dei convenuti, con esclusione di condanna solidale e, in ulteriore subordine, condanna dei coobbligati al rimborso pro quota in favore di A. S.p.A. Si costituiva anche Reale Mutua, che aderiva all'eccezione del Condominio di inesistenza della notificazione e comunque inammissibilità della domanda, stante l'estinzione del Condominio per il totale perimento dell'edificio in epoca anteriore alla notifica dell'atto di chiamata in causa, residuando tra gli originari condomini solo una comunione pro indiviso dell'area di risulta contestava in ogni caso la fondatezza di qualsivoglia condanna verso il Condominio, rilevando come nessuna pretesa fosse stata avanzata dagli attori/ricorrente verso lo stesso e come la domanda di regresso non potesse fondarsi sull'invocato art. 2053 c.c. , trattandosi di disposizione che prevede una responsabilità oggettiva incompatibile con l' art. 2055 c.c. contestava comunque in an e quantum le pretese dei ricorrenti, eccepiva limiti di massimale contrattuale e contestava l'applicabilità dell' art. 1910 c.c. invocato da A. S.p.A., posto che i contratti assicurativi proteggono rischi differenti. Concludeva per la reiezione di ogni domanda verso il Condominio e in subordine, ridotto il quantum anche in forza del concorso di colpa della vittima, limitare la responsabilità del Condominio e dichiarare Reale tenuta alla manleva nei limiti del massimale contrattuale. Il giudizio veniva interrotto per il decesso della convenuta DI N.D. e quindi riassunto disposto il mutamento del rito da sommario ad ordinario, disposta la riunione della cause ed assegnati i richiesti termini ex art. 183 VI comma c.p.c. , la causa veniva istruita con prove documentali, orali interrogatori liberi dei ricorrenti i quali negavano di aver percepito indennizzi o risarcimenti per il decesso dei loro congiunti, salvo le attrici Rambaldi e Piccinini, che riferivano di aver ricevuto dalla Presidenza del Consiglio una provvisionale all'esito del procedimento penale contro DE.BE., essendo allo stato pendente procedimento per la restituzione prove testimoniali con i testi del convenuto CONDOMINIO DEL B. AL.T., amministratore del condominio nei primi anni 2000, ammesso a rispondere sui cap. 8 e 9 il quale riferiva che lo spostamento di tubazioni del gas e dell'acqua e si fornitura di un serbatoio da mille lit. del 5.5.2004 si svolsero nel locale seminterrato e che vennero in apri data svuotati due serbatoi del sottotetto RO.AR. progettista e direttore di lavori relativi al condominio, ammesso a rispondere sul capitolo 10 precisava di aver ricostruito lo stato ante sisma del sottotetto sulla base dei documenti e che tutte le misurazioni coincidono V.GI., proprietario di un appartamento del condominio, ammesso a rispondere sui cap. 3, 5 e 7 precisava che i serbatoi dell'acqua presenti nel sottotetto, distribuiti su due vani, erano stati svuotati dalla maggior parte dei condomini dal 1980 al 2009 disposta C.T.U. in ordine alla cause del crollo, stante le questioni insorte nell'espletamento dell'incarico, venivano sospese le operazioni peritali e con ordinanza del 22.10.2020, rilevato che la c.t.u. non avrebbe potuto apportare alcun contributo utile ai fini della decisione atteso il mutamento dello stato dei luoghi e il mancato reperimento dei campioni a suo tempo rilevati, il Giudice revocava la disposta c.t.u. e tratteneva la causa in decisione all'udienza del 13.01.2021. Va premesso come non si rinvengano in atti i fascicoli di parte cartacei relativi alla controversia R.G. 882/15, essendovi solo il fascicolo d' ufficio con le copie di taluni degli atti introduttivi dovrà pertanto disporsi la separazione del procedimento e la rimessione sul Ruolo per le ricerche e/o la ricostruzione. Venendo ai residui procedimenti riuniti, si osserva sono infondate le eccezioni di prescrizione quinquennale applicabile nella specie, stante l'intervenuta estinzione del reato ipotizzabile per morte dei postulati rei prima della condanna peraltro, ignorandosi le date di morte di alcuni e considerato che risulta dagli atti che altri morirono anche prima dell'evento lesivo - DEL B.L. morì nel omissis S.C. nel omissis , vd. comparse Eredi DEL B. e Eredi C. - il termine di decorrenza della stessa non può che fissarsi alla data del fatto lesivo, anche considerato che l'applicazione della più lunga prescrizione penale ha la finalità di tutelare l'affidamento del danneggiato circa la conservazione dell'azione civile negli stessi termini utili per l'esercizio della pretesa punitiva dello Stato - cfr. Cass. Ordinanza n. 2694 del 04/02/2021 Rv. 660396 - 01-, pretesa che nella specie non avrebbe potuto essere esercitata né essendo predicabile una decorrenza della prescrizione del diritto al ristoro anteriore alla data di verificazione del fatto lesivo, non potendo fino ad allora il diritto al risarcimento essere esercitato , essendo in atti le richieste di risarcimento formulate dai ricorrenti nei confronti dei convenuti, di cui quelle dirette alla Prefettura e Ministero giunte a destinazione in tempo utile vd. racc.ta ricevuta il 04/04/14 da Prefettura, Ministero delle Infrastrutture, proc. R.G. 880/15 lo stesso nel proc. R.G. 880/15 con riguardo al procomma /15, in cui si dispose la ricostruzione del fascicolo perché non reperito dalla Cancelleria, sono in atti, tra l'altro le copie delle attestazioni di invio verso il citato Ministero e Prefettura nonché delle cartoline di ricevimento, tuttavia prodotte in copia nel fascicolo attoreo ricostruito solo nel retro tuttavia, considerato che esse furono spedite nella stessa data di quelle versate agli atti negli altri due fascicoli, con il medesimo prodotto postale - Raccomandata 1 - e coi medesimi destinatari agli stessi indirizzi, deve ritenersi che anche quelle spedite a Ministero e Prefettura per conto dei ricorrenti DE.BE. e GUE. giunsero anch'esse a destinazione il 4/04/14 , cosi interrompendo la prescrizione anche nei confronti dei coobbligati solidali art. 1310, 2055 c.c. . Ciò chiarito, premessa l'utilizzabilità in sede civile degli atti espletati in sede penale e in particolare delle consulenze redatte in sede di indagine e prodotte agli atti, da ritenersi nella specie attendibili in considerazione dell'elevata competenza dei consulenti incaricati, dell'ampia indagine da costoro svolta con numerose ispezioni sul posto, analisi dei campioni ivi raccolti cfr. ex multis. Cass. Ordinanza n. 3689 del 12/02/2021 Rv. 660319 - 01 Sentenza n. 1593 del 20/01/2017 Rv. 642469 - 01 Ordinanza n. 19521 del 19/07/2019 Rv. 654570 - 01 sussiste la legittimazione passiva e la responsabilità dei Ministeri convenuti nonché degli Eredi DEL B. Dalla documentazione agli atti Consulenze Arch. AL. ing. Q. ingg. BE. SA. , emerge che l'edificio di interesse fu costruito in forza di Autorizzazione per costruire rilasciata dal Comune dell'Aquila in data 09/04/1963, seguita da denuncia depositata al Genio civile il 06/06/1963 nella vigenza della legge n. 1684 del 1962 - Norme tecniche per l'edilizia, con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti e del R.D.L. n. 2229 del 16 novembre 1939 - Norme per l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice o armato . La legge n. 1684 del 1962 che poneva in generale in capo all'Ufficio del Genio Civile l'obbligo di vigilare sull'osservanza della legge medesima classificava il Comune di L'Aquila nella Categoria di rischio sismico e prescriveva le caratteristiche progettuali e strutturali degli edifici ivi realizzati, ponendo il divieto di iniziare nuove costruzioni senza la previa autorizzazione scritta dell'Ufficio del Genio Civile, rilasciata dopo l'invio da parte dell'interessato della denunzia lavori unitamente al progetto subordinava poi il rilascio della Licenza d'uso da parte della Prefettura alla previa certificazione, da parte dell'Ufficio del Genio Civile, della corrispondenza della costruzione alla normativa antisismica ai funzionari del Genio Civile era attribuito altresì il compito di verificare se i lavori fossero in concreto eseguiti in conformità con le norme della stessa legge 4, 12, 13, 15, 25, 38 in particolare devolve al Genio Civile la vigilanza sull'osservanza delle norme poste dalla legge medesima con riguardo alle costruzioni in cemento armato, quale quella di specie Per la progettazione e l'esecuzione delle opere in cemento armato nelle località sismiche, fermi restando i compiti demandati alle Prefetture dalle norme vigenti in materia, agli Uffici del genio civile compete l'obbligo della vigilanza sull'osservanza delle presenti norme art. 15 . Tale vigilanza si esplica sia in via preventiva, posto che è al Genio Civile che gli interessati debbono presentare la denuncia di nuova costruzione di cui all'art. 25 al fine di ottenere l'autorizzazione indispensabile alla realizzazione della nuova costruzione di cui all'art. 26 art. 26 - Autorizzazione per l'inizio dei lavori. Fermo restando l'obbligo della licenza di costruzione prevista dalla vigente legge urbanistica , nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta dell'Ufficio del genio civile competente. art. 25 - Denunzia dei lavori, presentazione ed esame dei progetti. Nelle località sismiche di cui agli articoli 5 e seguenti della presente legge chiunque intende procedere a nuove costruzioni, è tenuto a darne preavviso scritto all'Ufficio del genio civile competente. Alla domanda deve essere unito il progetto, in doppio esemplare esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica e dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione che in elevazione. La relazione tecnica, salvo che non si tratti di edifici speciali, deve dar anche conto della natura geomorfologica del terreno ed essere accompagnata da necessari profili stratigrafici All'Ufficio del genio civile compete la verifica della corrispondenza del progetto alle presenti norme, ed in particolare 1 il controllo della idoneità del terreno edificatorio e la larghezza delle banchine dei ritiri e dei ripiani previsti dall'art. 5 2 l'ammissibilità delle altezze degli edifici, delle larghezze stradali e degli intervalli d'isolamento, di cui all'art. 17, sentita la Sezione urbanistica del Provveditorato sia incorso di edificazione art. 38 ult. co. I funzionari del Genio civile debbono altresì accertare se le riparazioni, ricostruzioni e nuove costruzioni procedano in conformità delle presenti norme. sia, infine, a posteriori, ove si consideri che il rilascio da parte del prefetto della licenza d'uso per gli edifici costruiti in cemento armato e delle licenze di abitabilità da parte dei Comuni è condizionata alla esibizione di un certificato da rilasciarsi dall'Ufficio del genio civile che attesta la perfetta rispondenza dell'opera eseguita alle norme per l'edilizia antisismica. art. 36 legge cit. . Il R.D.L. n. 2229 del 16 novembre 1939 - Norme per l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice o armato , applicabile ad ogni opera in conglomerato cementizio da cui la stabilità possa comunque interessare l'incolumità delle persone art. 1 , quale certamente era l'edificio di causa, prevedeva la necessaria redazione di un progetto da parte di un architetto o ingegnere, che preferibilmente avrebbero dovuto dirigere i lavori lavori la cui esecuzione era riservata a costruttori inscritti nell'apposito elenco delle ditte specializzate esigeva altresì che le qualità e proprietà dei materiali fossero essere comprovate prima e durante il corso dei lavori, con periodico prelievo di campioni, mediante certificati rilasciati laboratori ufficiali indicati nello stesso R.D.L. artt. 2/3 l'art. 4 imponeva quindi ai costruttori, prima di dare avvio alle opere in questione, di trasmettere alla Prefettura una denuncia corredata da una copia del progetto di massima, da tenere a disposizione in cantiere - e da aggiornare con le eventuali modifiche disposte in corse d'opera, da evidenziarsi con inchiostro di colore diverso, datate e firmate dal direttore dei lavori - per eventuali visite di controllo. Le visite predette possono essere affidate dalla prefettura a funzionari di uffici tecnici municipali o provinciali o a liberi professionisti di riconosciuta competenza. [ ] Qualora dalle ispezioni risultassero gravi manchevolezze nella esecuzione delle opere, la prefettura potrà ordinare la sospensione dei lavori e far eseguire una inchiesta da apposita commissione per i provvedimenti del caso. Agli ingegneri incaricati delle visite di controllo sono corrisposte, a carico dei costruttori, le competenze sancite dalla tariffa professionale [ ]. Al termine dei lavori il committente, per ottenere la licenza di uso della costruzione, deve presentare alla prefettura il certificato di collaudo rilasciato da un ingegnere di riconosciuta competenza iscritto all'albo. [ ] Il testo normativo prosegue dettando Norme di disciplinando specificamente la qualità e composizione dei materiali - Capo li Qualità dei materiali artt. 5/17 , la progettazione Capo III Norme di progettazione, artt. 18/34 , le modalità esecutive delle opere in conglomerato cementizio, disciplinando nel dettaglio la preparazione degli impasti, il getto e la ripresa, la compattazione, la rimozione dei casseri, le temperature richieste per l'esecuzione dell'opera, ecc. Capo IV Norme di esecuzione, artt. 35/49 , nonché il collaudo Capo V artt. 50/51 . Che i compiti demandati alla Prefettura integrassero una funzione di controllo emerge con evidenza sia dalla previsione inerente l'invio alla Prefettura, unitamente alla denuncia di nuova costruzione, del progetto redatto dall'ingegnere o architetto di cui all'art. 1 R.D.L. cit., sia dalla necessità che le visite ispettive fossero eseguite da un tecnico, capace pertanto di verificare l'effettiva osservanza della normativa in materia, sia dal potere di sospendere i lavori allorché questi rinvenisse gravi irregolarità, art. 4, R.D.L. Peraltro, il fatto che fosse prevista una denuncia all'avvio dei lavori si spiega tenendo conto del fatto che, ad influire sulla solidità e buona riuscita dell'opera non sono solo la correttezza a livello progettuale e la qualità dei componenti del cemento vagliate tramite l'obbligo di invio del progetto, di tenerlo in cantiere per eventuali visite ispettive e di aggiornarlo in modo da rendere immediatamente visibili le eventuali modifiche, con inchiostro diverso, nonché l'obbligo di prelevare periodicamente dei campioni , ma anche le operazioni di miscelazione dello stesso e la sua concreta posa in opera, le quali incidono in via determinante e decisiva sulle caratteristiche finali conglomerato, ben potendo comprometterne radicalmente le capacità di tenuta ove non correttamente eseguite vd. infra, Relazione ing. Q. il che spiega anche perché la legge detti una minuziosa disciplina in ordine alla fase esecutiva . È quindi evidente come tali testi normativi devolvessero agli organi dei due Ministeri compiti di controllo funzionali a garantire la sicurezza dell'edificio da costruire. In ordine alla contestata legittimazione dei Ministeri, si osserva che la successiva legge n. 1086 del 5.11.71 G.U. 21.12.71 Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica vd. in particolare artt. 4, 8, 22 traferì al Genio Civile i compiti in materia di costruzioni in conglomerato cementizio sin lì affidati alle Prefetture il D.P.R. n. 8/72 traferì alle Regioni a statuto ordinario nel cui territorio avevano sede gli Uffici del Genio Civile art. 12, lettera a, ove gli uffici del genio civile sono qualificati uffici periferici del Ministero dei LL.PP. non appare rilevante il successivo D.P.R. n. 616/77 , che si occupa delle funzioni statali non traferite, tra l'altro, con il citato D.P.R. n. 8/72 . Più tardi, per quanto concerne la Regione Abruzzo si traferivano alle Province le funzioni amministrative inerenti i provvedimenti di competenza dei servizi del Genio Civile e in materia di denuncia di opere in conglomerato cementizio armato, normale o precompresso ed a struttura metallica di cui alla legge n. 1086 del 1971 e succ.ve mod.ni L.R. 12 agosto 1998, n. 72, art. 7 . È vero che l'illecito si è consumato soltanto nel 2009 e tuttavia l'attività umana che ad esso ha dato causa si è realizzata quando tali uffici e funzioni erano di competenza e concretamente svolti dalle PP.AA. statali odierne convenute. Al riguardo, si osserva che la successione tra enti pubblici non dispone di una propria disciplina generale, sicché essa viene regolata dal provvedimento che la dispone solo ove in quest'ultimo non si rinvengano indicazioni può farsi applicazione dei principi generali La successione fra enti pubblici non è regolata in via generale dall'ordinamento e, pertanto essa viene, di regola, disciplinata dalle singole leggi che la dispongono. Da ciò consegue, fra l'altro, che possa ipotizzarsi l'applicabilità dei principi civilistici solo in assenza di contrarie disposizioni relative alla singola vicenda successoria Cass., Sentenza n. 5072 del 05/04/2001 , Rv. 545608 01 . Nel caso di specie, il D.P.R. n. 7/72 lascia in capo allo Stato la competenza in ordine ai procedimenti relativi alle funzioni trasferite qualora essi abbiano importato un impegno di spesa, anche pluriennale, anteriore al trasferimento art. 10 l'art. 11 prevede la consegna alle Regioni degli elenchi degli affari non esauriti diversi da quelli individuati all'art. 10 si prevede la successione delle Regioni negli immobili ed arredi degli uffici statali trasferiti ai sensi dell'art. 12 art. 14 , nonché la consegna degli archivi e documenti art. 15 . Orbene, dalle disposizioni ora richiamate emerge che il trasferimento non ha certamente investito procedimenti già definitivamente esauriti anteriormente ad esso quale quello che qui interessa . Ciò anche tenendo conto di quanto disposto dall'art. 21 che in parte rinvia all' art. 8, l. 281/70 - Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle regioni a statuto ordinario e prevede la creazione di un fondo speciale inerente le modalità contabili di assegnazione delle risorse per le funzioni traferite, che risultano operanti comunque per il futuro e dunque volte a sostenere le attività che le Regioni avrebbero svolto dal trasferimento in poi. È peraltro da escludere applicazione dei principi propri delle successioni universali, posto che gli Enti di provenienza , ossia i Ministeri, non si sono estinto né è cessato l'interesse pubblico alla sorveglianza sull'osservanza della normativa in materio di edilizia antisismica e/o in conglomerato cementizio sicché non si è verificato quell'integrale subingresso nel patrimonio degli Enti dante causa che giustificherebbe anche l'assunzione di tutte le obbligazioni ad esso riferibili. Tenuto infine conto del fatto che la regola-base della responsabilità extracontrattuale di cui all' art. 2043, c.c. pone a carico di colui che ha commesso il fatto doloso o colposo l'obbligo di risarcire il danno ingiusto che dal fatto è derivato deve ritenersi che sussista la legittimazione del Ministeri qui convenuti cfr. Cass., Sentenza n. 3248 del 11/05/1983 Rv. 428145 - 01 Sentenza n. 6452 del 13/12/1980 Rv. 410208 - 01 Sentenza n. 8692 del 10/04/2013 Rv. 626122 - 01 . Ciò chiarito, alla luce dei compiti che le citate disposizioni normative affidavano ai Ministeri, sussiste la responsabilità degli stessi nella determinazione del crollo. Come sopra osservato, in data 09/04/1963 il Comune di L'Aquila rilasciava autorizzazione a costruire, condizionata, tra l'altro, al preventivo rilascio dell'autorizzazione da parte del Genio Civile competente per territorio l'istanza di autorizzazione a costruire, a firma delle allora proprietarie dell'area di sedime, venne acquisita dal Genio Civile di L'Aquila in data 6.6.1963 con il n omissis di protocollo la richiesta venne corredata del progetto architettonico e del progetto strutturale dell'edificio, con annessa la relazione tecnica illustrativa dell'intervento e la relazione di calcolo delle strutture portanti in conglomerato cementizio armato il Genio Civile rilasciò l'autorizzazione all'esecuzione delle opere in data 20.6.1963 con il n omissis e, completata l'opera, il proprietario chiedeva al Genio Civile l'attestazione di perfetta rispondenza dell'opera eseguita alle norme di edilizia antisismica in data 28.12.1963. Il 12/07/63 la Prefettura incaricava l'ing. FI. del controllo delle opere in conglomerato cementizio, invitandolo a segnalare eventuali irregolarità e a trasmettere all'esito una breve relazione circa la regolare esecuzione dei lavori funzionale al rilascio della Licenza d'uso ai sensi dell'art. 4 R.D.L. tale Licenza d'uso risulta poi effettivamente rilasciata, risultando la stessa dal certificato di abitabilità poi emesso dal Comune vd. certificato fasc. Condominio relazione AL. pag. 32 il funzionario del Genio Civile incaricato, il giorno 21.1.1964 redigeva verbale di accertamento delle opere eseguite, alla presenza del Direttore dei Lavori, del Costruttore e del Committente. In data 22.1.1964 l'ingegnere capo del Genio Civile di l'Aquila, preso atto delle risultanze del Verbale di accertamento, rilasciava il certificato di perfetta rispondenza del manufatto realizzato alle norme per l'edilizia antisismica vd. relazione Arch. AL., pagg. 17 e ss. 29 e ss. . Dalla Relazione degli ingg. BE. e SA. risulta come il progetto strutturale e la relazione di calcolo presentate al Genio Civile al fine di verificare la conformità alla normativa antisismica fossero entrambi assai carenti, con una marcata sottostima delle azioni simiche previste dalla normativa all'epoca vigente e dei carichi reali presenti sull'edificio, tali da renderlo particolarmente vulnerabile proprio dal punto di vista sismico in particolare nella direzione traversale, proprio quella nella quale si manifestò il collasso vd. pagg. 48/65 68/71 . Ciò attesta come il crollo sia imputabile all'inosservanza della normativa antisismica da applicarsi ed alla negligenza del Genio Civile, che invece certificava la conformità di progetti e connessa costruzione alla predetta normativa. Parimenti sussiste la responsabilità del Ministero dell'Interno e delle Eredi DEL B., in ragione della inosservanza delle prescrizioni dettate dal RDL n. 2229 del 16 novembre 1939 e della buona tecnica nonché degli omessi controlli sul in punto. Sia dalla relazione redatta il 20/09/2009 dall'ing. PA. dei VV.FF. a seguito cli sopralluogo eseguito all'indomani del crollo, sia dalla relazione dell'ing. Q. vd. produzioni attorce emerge una anomala disgregazione delle strutture in cemento armato in particolare la stessa viene imputata dall'ing. Q. alla scorretta posa in opera del materiale il Consulente chiarisce che la correttezza della miscelazione del conglomerato e delle operazioni di getto e ripresa dello stesso nel corso dei lavori siano determinanti per garantire la sua resistenza e durata in particolare, la miscelazione ed il getto/ripresa debbono essere eseguiti in modo da assicurare l'omogeneità dell'impasto delle varie componenti del conglomerato omogeneità necessaria perché esso possa poi avere le caratteristiche di resistenza e durevolezza sue proprie nonché in modo da assicurarne la perfetta compattazione nelle casseforme indispensabile per espellere l'aria ove tali operazioni non siano correttamente eseguite, il conglomerato perde le sua capacità di resistenza e durevolezza nel tempo, sostanzialmente divenendo assai più fragile la scorrettezza delle operazioni di miscelazione, getto/ripresa e compattazione determina una serie di fenomeni denominati sedimentazione i componenti più pesanti del conglomerato precipitano in basso, separandosi dagli altri , bleeding separazione dell'acqua dall'impasto quando entrambi tali fenomeni si verificano essi danno luogo ad un ulteriore fenomeno, denominato segregazione tali fenomeni sono stati riscontrati in numerosi pilastri dell'edificio ed alla base degli stessi nonché in corrispondenza di nodi travi/pilastro essi, con particolare riguardo alla sedimentazione alla base di vari pilastri del livello garage, hanno avuto un ruolo determinante nel collasso dell'edificio pag. 21 Relaz. Q. . Peraltro, il fenomeno di sedimentazione alla base dei pilastri era immediatamente visibile e percettibile, tanto che l'ing. Q. ritiene perciò particolarmente grave la mancata vigilanza e controllo in cantiere durante la lavorazione pag. 21, Relazione Q. . Va poi escluso che il sisma possa configurare un'ipotesi di forza maggiore atta ad escludere il nesso causale sul punto appare sufficiente osservare che, come rilevato anche nella Consulenza AL. e come mostrato sia dalle fotografie in essa riportate, gli edifici viciniori sia in muratura che in cemento armato, pur subendo danni più o meno estesi non hanno subito il collasso radicale verificatosi nella specie. Né iI nesso causale è interrotto dalle concorrenti responsabilità imputabili ad altri soggetti indicati dalla difesa erariale, posto che queste semmai si affiancano e concorrono, ma non certo escludono quelle dei Ministeri. Alla luce delle osservazioni sin svolte deve affermarsi la responsabilità della Ministero dell'Interno e del costruttore DEL B. e per esso delle sue Eredi convenute quest'ultimo procedeva alla realizzazione delle strutture in cemento armato compiendo errori di miscelazione, getto/ripresa e compattazione operazioni eseguite in difformità alle prescrizioni di cui agli artt. 35 e 41 R.D.L. cit. e comunque alle regole della buona tecnica e l'ing. FI. incaricato della Prefettura non rilevava gli stessi benché resi evidenti dai gravi fenomeni di sedimentazione presenti alla base dei pilastri pur in mancanza della relazione dell'ing. FI. alla Prefettura, ben può desumersi che egli non avesse rilevato detti errori dal fatto che la Licenza d'uso s ia poi stata emessa dalla Prefettura. Non possono condividersi le considerazioni del Ministero in ordine alla non imputabilità alla Prefettura dell'operato dell'ing. FI., in ragione della sua qualità di libero professionista la Prefettura era il soggetto cui - a tutela dell'incolumità pubblica, art. 1, R.D.L. n. 2229/39 - la legge affidava la vigilanza sulle opere in conglomerato essa esercitava pertanto una funzione amministrativa sua propria, sicché il FI. agiva quale funzionario pubblico ossia quale soggetto di cui l'ente pubblico si serve per l'espletamento delle proprie funzioni null'altro - e certo non la sua qualità di libero professionista - attribuivano al FI. il potere di eseguire ispezioni sul cantiere e compiere le verifiche sui lavori in corso , restando completamente indifferente la mancanza di un rapporto di lavoro subordinato con la Prefettura o altra P.A. l' art. 28 Cost. nel riferirsi espressamente funzionari e dipendenti contempla - implicitamente ma chiaramente - la possibilità che vi siano funzionari intesi come esercenti di pubbliche funzioni che non siano anche dipendenti della P.A. per conto della quale operano dal punto di vista del rapporto di lavoro che ad essa li lega , e tuttavia adotta per essi un identico regime L'affermazione della responsabilità aquiliana degli enti pubblici per il fatto di funzionari e dipendenti presuppone che sia stata accertata e dichiarata la responsabilità, ai sensi dell' art. 2043 cod. civ. , di almeno una delle persone fisiche poste in rapporto giuridicamente rilevante con l'ente stesso amministratori, funzionari o dipendenti , le quali, per la posizione di protezione rispettivamente rivestita, siano in condizione di adottare le misure preventive necessarie ad evitare la consumazione dell'illecito Cass., Sentenza n. 22585 del 03/10/2013 , Rv. 628151 - 01 avalla ulteriormente tale conclusione lo stesso tenore dell'art. 4 RDL n. 2229/39, il quale consentiva al prefetto di affidare l'incarico a tecnici municipali o provinciali ovvero a liberi professionisti riconosciuta competenza. L'intercambiabilità delle due opzioni e l'identità del compito da eseguire per conto della P.A. esclude che il regime della responsabilità possa mutare in ragione di un dato 'esterno' - tipologia del rapporto di lavoro con la P.A. - del funzionario, inteso appunto come colui che svolge in concreto le funzioni proprie della P.A. di cui trattasi. Resta poi irrilevante il dato che il compenso dell'incaricato libero professionista fosse a carico del costruttore tale disposizione si spiega tenendo conto che è iI costruttore che, avviando l'opera, ingenera il possibile pericolo per l'incolumità pubblica che impone l'attivazione della competente P.A. Ciò chiarito, va respinta la domanda di regresso ex art. 2055 c.c. formulata dai Ministeri verso gli altri convenuti nonché il convenuto chiamato Condominio nonché in genere verso i proprietari ai sensi dell' art. 2053 c.c. premesso che il regresso presuppone il previo pagamento dell'intero, elemento costitutivo di tale diritto artt. 1299,2055 II comma c.c., che allo stato non sussiste, apparendo inutile una pronuncia condizionata a tale eventualità, posto che il fatto del pagamento dovrebbe comunque essere accertato e provato in un giudizio che, quand'anche nelle forme monitorie, sarebbe comunque di cognizione sicché non può in questa sede pronunciarsi condanna di rimborso verso alcuno, si osserva come l'azione di regresso, presupponendo l'accertamento della colpa, è incompatibile con una responsabilità quale quella di cui all' art. 2053 c.c. che ha carattere oggettivo e che configura anche una fattispecie di responsabilità per fatto altrui laddove accolla al proprietario anche il vizio di costruzione, quali quelli ricorrenti e fonte del crollo cfr. Cass 15 Sentenza n. 17763 del 05/09/2005 Rv. 584900 - 01 In tema di responsabilità per illecito extracontrattuale, il principio secondo cui, nei rapporti interni tra più soggetti tenuti a rispondere solidalmente dell'evento dannoso, il regresso è ammesso, a favore di colui che ha risarcito il danno e contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa presupponendo che ciascuno dei corresponsabili abbia una parte di colpa nel verificarsi dell'evento dannoso, esclude implicitamente la possibilità di esercitare l'azione di regresso nei confronti di coloro che, essendo tenuti a rispondere del fatto altrui in virtù di specifiche disposizioni di legge, e quindi in base ad un criterio di imputazione legale, risultano per definizione estranei alla produzione del danno. Pertanto, nell'ipotesi in cui per un incidente stradale siano tenuti a rispondere nei confronti di un terzo, oltre al conducente, il suo datore di lavoro ed il proprietario dell'autoveicolo, questi ultimi due sono privi di regresso l'uno nei confronti dell'altro, venendone a mancare la stessa funzione giuridico - economica, che consiste nell'accollare il costo del danno all'effettivo responsabile, mentre possono esperire, nello stesso o in separato giudizio, azione di rivalsa contro il conducente - dipendente, autore del fatto dannoso, per l'intera somma pagata al terzo danneggiato. cfr. anche Cass. Sentenza n. 16417 del 27/07/2011 Rv. 619443 - 01 Sentenza n. 24567 del 01/12/2016 Rv. 641973 - 01 Sentenza n. 16512 del 05/07/2017 Rv. 644819 - 01 ed essendo rimaste indimostrate eventuali posteriori condotte colpose dei proprietari influenti sul collasso. Va quindi respinta la domanda verso il condominio e/o gli altri proprietari quali al Di N. nonché verso il Comune, vd. infra e resta pertanto assorbita la domanda di garanzia del Condominio verso Reale Mutua. Può pertanto solo procedersi all'accertamento delle quote di responsabilità ascrivibili agli altri convenuti Eredi del costruttore DEL B., previo scomputo della quota imputabile alle stesse vittime. È infatti fondata l'eccezione di concorso di colpa delle vittime ai sensi dell'art. 1227 l comma c.c., costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire - così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall'edificio al verificarsi della scossa - nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile, concorso che, tenuto conto dell'affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell'edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi in misura del 30% art. 1127 I co. c.c. , con conseguente proporzionale riduzione del credito risarcitorio degli odierni attori. Ne deriva che la quota di responsabilità ascrivibile a ciascun Ministero è del 15% ciascuno e per il residuo 40% in capo agli Eredi del costruttore DEL B. Vanno invece respinte le domande attoree verso il Comune di L'Aquila, posto che il controllo a detto ente demandato dalla disciplina prevede un controllo meramente formale circa l'esistenza delle autorizzazioni di competenza del genio Civile e Prefettura nella specie, si dà atto nel certificato dell'avvenuto rilascio della licenza di cui all'art. 4 RDL n. 2229 del 1939, la quale ha come presupposto il previo rilascio del certificato di conformità alla normativa antisismica da parte del Genio Civile art. 36 legge n. 1684 del 1962 sicché non si ravvisa una omissione rilevante nel rilascio del certificato in questione. Restano pertanto assorbite le domande di regresso formulate in via subordinata dal Comune per l'ipotesi di propria condanna verso gli Eredi del progettista C. chiamati in causa e la domanda di manleva del Comune verso il proprio assicuratore A. S.p.A. Va peraltro osservato, con riguardo alla posizione dei chiamati Condominio e Eredi C. come gli attori non abbiano esteso le proprie pretese nei confronti di detti terzi chiamati e come non operi nella specie l'estensione automatica della domanda, posto che né i Ministeri né il Comune indicano i soggetti rispettivamente chiamati quali unici obbligati nei confronti degli attori, in via alternativa a essi convenuti, ma quali soggetti portatori di responsabilità aventi altro titolo e fondamento, ritenuti corresponsabili o le cui condotte eliderebbero il nesso causale tra quelle ascritte dagli attori ai convenuti chiamanti e l'evento lesivo, formulando domanda di regresso verso i chiamati per l'ipotesi di propria condanna in altre parole, i Ministeri ed il Comune non sostengono che siano i soggetti da loro chiamati a dover rispondere dei fatti loro ascritti, ma semplicemente che esistano altri coobbligati che concorsero per altri titoli nella determinazione del danno lamentato dagli attori, titoli che questi ultimi, peraltro, ben avrebbero potuto azionare in via autonoma e che non hanno fatto valere in corso di causa estendendo ai detti chiamati le proprie pretese. cfr. Cass. civ., sez. III, 21/10/2008 n. 25559 la domanda principale dell'attore si estende automaticamente al chiamato in causa dal convenuto, quando la chiamata del terzo sia effettuata per ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa attorea, individuandosi il terzo come l'unico obbligato nei confronti dell'attore, in posizione alternativa con il convenuto ed in relazione alla medesima obbligazione dedotta nel giudizio viceversa, l'estensione automatica della domanda dell'attore al terzo chiamato dal convenuto non opera quando il chiamante faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso, ed in particolare, ove l'azione abbia natura risarcitoria, qualora venga dedotto un titolo di responsabilità del terzo differente ed autonomo rispetto a quello invocato dall'attore Cass. Ordinanza n. 30601 del 27/11/2018 Rv. 651852 - 01 Qualora il convenuto in un giudizio di risarcimento dei danni, chiami in causa un terzo indicandolo come soggetto cor responsabile della pretesa fatta valere dall'attore e chieda di essere manlevato in caso di accoglimento della pretesa attorea, senza porre in dubbio la propria legittimazione passiva, si versa in una ipotesi di chiamata in garanzia, nella quale non opera la regola della automatica estensione della domanda al terzo chiamato, atteso che la posizione assunta dal terzo nel giudizio non contrasta, ma anzi coesiste, con quella del convenuto rispetto all'azione risarcitoria, salvo che l'attore danneggiato proponga nei confronti del chiamato quale coobbligato solidale una nuova autonoma domanda di condanna. Nella fattispecie, la S.C., in applicazione del principio di cui in massima, ha confermato la decisione di merito, che aveva considerato non operante la regola della automatica estensione al terzo chiamato della domanda risarcitoria principale relativamente ad un'ipotesi in cui l'Azienda Ospedaliera convenuta aveva chiamato in causa il proprio dipendente medico-chirurgo, limitandosi a svolgere nei suoi confronti domanda di rivalsa condizionata all'accoglimento della pretesa attorea e senza che l'attore avesse proposto in via autonoma una domanda di condanna nei confronti del chiamato Sentenza n. 516 del 15/01/2020 Rv. 656810 01. Diversamente dall'ipotesi in cui il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell'attore caso, questo, nel quale la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero il responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario , nell'eventualità della chiamata del terzo in garanzia la predetta estensione automatica non si verifica, in ragione dell'autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo. Venendo ai danni risarcibili, premesso quanto sopra detto circa il concorso di colpa delle vittime, si osserva R.G. 878/15 può riconoscersi il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale patito dalla madre, padre e dal fratello del defunto, che può ritenersi presuntivamente provato in ragione dello stretto legame parentale per la liquidazione si reputa di muovere dai valori della Tabella da ultimo elaborata dal Tribunale di Milano ed. 2022 vanno invece respinte le domande inerenti il postulato danno alla salute psichica, non suffragate da certificazione medica, accompagnate da una mera relazione di parte insufficiente a fornire prova dei postulati danni va respinta la domanda di risarcimento del danno da perdita della vita la lesione del bene giuridico vita , in sé, non dà luogo ad una posta risarcibile trasmissibile agli eredi, dato che l'evento produttivo della lesione determina altresì la perdita della capacità giuridica sicché impedisce l'acquisizione del diritto al ristoro al patrimonio del dante causa circa il danno patrimoniale, può presumersi che il defunto fornisse un qualche contributo economico alla famiglia d'origine convivente, che tuttavia, sulla base di un criterio di normalità, secondo cui sono piuttosto i figli ad appoggiarsi economicamente a i genitori finché convivono con essi, e considerato che dal CUD 2009 in atti non risultano familiari a carico e si attesta un reddito annuo di circa 17.600, si può riconoscere un danno patrimoniale di euro 1760 annui, che tuttavia può ritenersi ragionevolmente certo solo per l'anno in orso alla data della morte, posto che per il futuro la possibilità che lo stesso si distaccasse dalla famiglia d'origine per costituire un proprio nucleo, anch'essa ragionevole secondo un criterio di normalità, rende incerta l'esistenza del danno patrimoniale futuro alla stregua dei criteri tabellari sopra indicati, tenuto conto per i genitori dell'esistenza di un altro figlio, dell'età dei superstiti e della convivenza, si reputa di liquidare la somma di euro 190.000 per ciascun genitore e di euro 130.000 per il fratello dedotta la quota del 30% e ripartita tra madre e fratello in parti uguali la somma dovuta al padre defunto nonché quella riconosciuta per danno patrimoniale, spettano euro 200.380 attuali a DE B.A. ed euro 158.380 attuali a GUE.M. R.G. 880/15 anche in questo caso può riconoscersi il danno da perdita del rapporto parentale in favore dei genitori e del fratello del defunto, richiamando le osservazioni e criteri di liquidazione sopra già indicati per le medesime ragioni vanno respinte le domanda di danno da perdita della vita ed alla salute psichica non è provato il postulato danno patrimoniale non essendo a tal fine sufficiente il proposito di assunzione del giovane da parte dello zio al termine degli studi di cui alla dichiarazione in atti e non essendo in ogni caso fornito alcun elemento circa i possibili redditi si reputano eque le somme attuali di euro 133.000 per ciascun genitore Di E.O. e V.F. ed euro 91.000 per il fratello V.G. R.G. 881/15 va accordato il danno da perdita del rapporto parentale alle attrici R.I. anche nella non contestata qualità di erede del padre morto il 17/10/12 e alla madre così come vanno respinte le ulteriori domande danno alla salute psichica, perdita della vita per le medesime ragioni sopra esposte, non essendovi prova alcuna di una qualche danno patrimoniale futuro né della convivenza tra la defunta e le parti attrici tale non potendo essere la mera dichiarazione a firma della R.A. prodotta agli atti , si liquidano euro 180.000 per ciascun genitore ed euro 120.000 per la sorella applicato il concorso di colpa e riconosciuto alla R. la somma dovuta al padre defunto, spettano 126.000 euro attuali a P.M.G. ed euro 210.000 attuali a R.A. le questioni inerenti le somme percepite dalle predette per il medesimo danno ma per altro titolo da altro soggetto possono essere all'occorrenza risolte in sede di opposizione all'esecuzione Sulle somme qui accordate spettano gli interessi legali dal fatto alla sentenza, a titolo di lucro cessante per la mancata disponibilità delle somme stesse, da calcolarsi secondo i noti criteri di cui alla sentenza SS.UU. n. 1712/95 per evitare ingiustificate locupletazioni. In ordine alle spese di lite, esse seguono la soccombenza tra attori e convenuti qui condannati, nonché tra gli attori ed il Condominio ed il suo assicuratore i Ministeri vanno condannati alla rifusione delle spese in favore del Condominio chiamato e del suo assicuratore, mentre il Comune va condannato alla rifusione delle spese di lite in favore dei convenuti Eredi C. da esso chiamati senza che ricorrano gli estremi per l'invocata applicazione dell' art. 96 c.p.c. , non essendo la chiamata connotata da manifesta negligenza tenuto conto delle ragioni di esse e del titolo di responsabilità ascritto al dante causa dei chiamati stessi e si liquidano come in dispositivo, a mente del d.m. 55/14 e succ.ve mod.ni. Va infine disposta la separazione e rimessione sul Ruolo della causa R.G. 882/15 come sopra anticipato. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede accertata e dichiarata la corresponsabilità degli attori quali eredi dei rispettivi familiari defunti, delle convenute Eredi DEL B. ossia DEL B.A.A., DEL B.M.T., DEL. B.E., anche quali eredi di DI N.D., ciascuna nei limiti della propria quota ereditaria , dei convenuti MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI E MINISTERO DELL'INTERNO, accoglie parzialmente le domande attoree verso i convenuti Eredi DEL B. ossia DEL B.A.A., DEL B.M.T., DEL. B.E., anche quali eredi di DI N.D., ciascuna nei limiti della propria quota ereditaria , MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI E MINISTERO DELL'INTERNO per l'effetto condanna i convenuti Eredi DEL B. ossia DEL B.A.A., DEL B.M.T., DEL. B.E., anche quali eredi di DI N.D., ciascuna nei limiti della propria quota ereditaria , MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI e MINISTERO DELL'INTERNO, in solido, al pagamento delle seguenti somme, oltre' interessi legali sulle stesse come io parte motiva euro 200.380 a DE B.A. euro 158.380 a GUE.M. euro 133.000 a Di E.O. euro 133.000 a V.F. euro 91.000 a V.G. euro 126.000 a P.M.G. euro 210.000 a R.A., oltre alla rifusione delle spese di lite in favore degli attori, che liquida in complessivi euro 37.604,00 per compenso oltre spese per euro 2.172,48, oltre accessori di legge respinge le domande attoree nei confronti di Comune di L'Aquila e per l'effetto condanna gli attori in solido alla rifusione delle spese di lite in favore di Comune di L'Aquila ed A. S.p.A., che liquida in euro 13.430 per compenso ed accessori di legge per ciascuna di dette parti, oltre spese di C.U. in favore del Comune di L'Aquila respinge le domande di regresso formulate da MINISTERO DELLE CNFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI e MINISTERO DELL'INTERNO e per l'effetto condanna i predetti in solido alla rifusione delle spese di lite in favore di CONDOMINIO DEL B. e Reale Mutua di Assicurazioni, che liquida in euro 13.430 per compenso ed accessori di legge per ciascuna di dette parti, oltre spese di C.U. in favore di CONDOMINIO DEL B. condanna il Comune di L'Aquila alla rifusione delle spese di lite in favore di Eredi C., che liquida in euro 13.430 per compenso ed accessori di legge pone le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto, definitivamente a carico dei convenuti Eredi DEL B. ossia DEL B.A.A., DEL B.M.T., DEL. B.E., anche quali eredi di DI N.D., ciascuna nei limiti della propria quota ereditaria , MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI E MINISTERO DELL'INTERNO Visti gli artt. 281 bi s, .279 II comma n. 5, c.p.c ., dispone la separazione della causa R.G. 882/15.