Il sistema contributivo per anzianità

La materia della riforma della previdenza forense non era tra i temi del XXXV Congresso Nazionale Forense svoltosi a Lecce e il Presidente di Cassa Forense, nella sua relazione, non ne ha parlato.

Ha rilasciato, invece, una videointervista il DG di Cassa Forense richiamando il suo articolo I perché di una riforma pubblicato sulla rivista La previdenza forense, in corso di invio. Abbiamo così potuto apprendere qualcosa in più della riforma, che è in votazione presso il Comitato dei Delegati, dato che la riforma è segretata e la mia istanza di accesso agli atti è stata respinta, sul presupposto che si tratterebbe di atti preparatori e come tali non ostensibili. Ho proposto reclamo alla Giunta esecutiva ma non faccio grande affidamento sull’esito positivo. Nel suo intervento il DG di Cassa Forense così scrive Dai lavori successivamente condotti, dopo un primo dibattito in Comitato dei Delegati, è emersa una terza via che tendeva a fondere le due ipotesi nel c.d. sistema contributivo per anzianità , sulla falsariga della famosa riforma Dini , di cui alla legge 335/1995. In buona sostanza ai futuri iscritti si applicherà il sistema di calcolo contributivo delle prestazioni in modo integrale, mentre per i soggetti già iscritti con maggiore anzianità continuerà ad applicarsi il vecchio sistema retributivo ma con alcune importanti modifiche parametriche per gli iscritti con minore anzianità invece, si applicherà un sistema di calcolo misto , equivalente al contributivo pro-rata retributivo per gli anni antecedenti l’entrata in vigore della riforma e contributivo per gli anni successivi . Per parte mia, ho già inviato una mail al DG di Cassa Forense invitandolo, dato che siamo ancora in tempo, a correggere la riforma perché la terza via, a mio giudizio, è contra legem . Un delegato mi ha riferito che solo con la terza via vi sarebbe stato il consenso tra i delegati. Ne prendo atto, ma questo significa solo che il Comitato dei Delegati versa in situazione di conflitto di interesse. La riforma Dini è stata modificata dall’art. 24 della legge 22.12.2011, n. 214, meglio nota come la legge Fornero. La legge Fornero era diretta a garantire il rispetto degli impegni internazionali e con l’Unione Europea, dei vincoli di bilancio, della stabilità economico finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico, in tema di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo, in conformità dei seguenti principi e criteri equità e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi e clausole derogative soltanto per le categorie più deboli flessibilità nell’accesso ai trattamenti pensionistici anche attraverso incentivi alla prosecuzione della vita lavorativa adeguamento dei requisiti di accesso alle variazioni della speranza di vita semplificazione, armonizzazione ed economicità dei profili di funzionamento delle diverse gestioni previdenziali. In conformità ai suddetti principi a decorrere dal 01.01.2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo. Queste disposizioni valgono anche per le Casse di previdenza dei professionisti che debbono quindi applicare il criterio contributivo agli iscritti alle relative gestioni con il criterio del pro rata temporis si veda il n. 24 dell’articolato citato . Fatta questa premessa, mi pare ovvio che l’applicazione del criterio contributivo per anzianità viola la legge Fornero e tutti i principi che l’hanno ispirata introducendo delle gabbie previdenziali, assolutamente inammissibili. L’abbassamento del coefficiente di calcolo per gli anziani così esclusi dall’applicazione del criterio di calcolo contributivo non rende comunque equo il sistema. In buona sostanza l’opzione al sistema di calcolo contributivo va introdotta per tutti gli iscritti con il rispetto del pro rata. Non credo che una riforma strutturata nel cd. sistema contributivo per anzianità possa essere assentita dai Ministeri Vigilanti perché la violazione di legge a me sembra clamorosa. La giurisprudenza di legittimità da tempo si è occupata della linea di demarcazione dell’esercizio dei poteri regolamentari della Cassa, posto che, più in generale, il rispetto del principio di autonomia riconosciuto agli enti previdenziali privati e la natura obbligatoria del regime assicurativo che gli stessi gestiscono comporta necessariamente una relazione con la fonte legislativa nei cui confronti esiste un obbligo di conformazione per la realizzazione del fine pubblico imposto dall’art. 38 della Costituzione mediato dalla legge che di volta in vota fissa i corretti parametri di riferimento dei poteri regolamentari fra le tante Cass. 24202/2009, 13602/2012, 24534/2013, 28253/2018 . La norma citata mi pare inequivoca nel senso della sua integrale applicazione. Le ragioni della scelta del contributivo per anzianità ce le confessa lo stesso DG di CF quando scrive che garantire, nel contempo, le aspettative maturate dagli iscritti con significative anzianità contributive, che hanno programmato il proprio futuro previdenziale investendo in riscatti, ricongiunzioni, benefici per ultraquarantenni, prossimi pensionamenti per anzianità, ecc . In tal modo l’aspettativa diventa un diritto quesito. Ma è lo stesso Direttore della rivista Previdenza Forense , prof. Leonardo Carbone, nel suo Modifiche in pejus del trattamento pensionistico e diritti quesiti 2/2019 che esordisce scrivendo che Nel parlare di modifiche del trattamento pensionistico e di diritti quesiti, occorre preliminarmente evidenziare che il diritto quesito pensionistico va valutato con riferimento alla normativa vigente al momento del perfezionamento del diritto alla pensione, non sussistendo un diritto quesito relativo al trattamento di pensione in base alla normativa vigente al momento di iscrizione dell’avvocato alla Cassa Forense. Si è affermato, infatti, che in materia di quiescenza non può parlarsi di diritto quesito se non quando la pensione non sia stata liquidata, mentre anteriormente al verificarsi del fatto acquisitivo del diritto a pensione il dipendente può vantare solo un’aspettativa ad un determinato trattamento di quiescenza . Tale aspettativa assume la consistenza di un vero e proprio diritto soggettivo solo nel momento in cui l’interessato maturerà i requisiti necessari per essere collocato a riposo pertanto il trattamento di quiescenza prende vita a misura dalle norme in vigore in detto momento prima di tale momento, pertanto, l’interessato non può dolersi di eventuali modifiche normative, incidenti sul predetto trattamento .