Il TAR Lazio ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 21, comma 2, d.lgs. numero 116/2017, in relazione all’articolo 76 della Costituzione. Il dubbio di costituzionalità riguarda la dispensa per i magistrati onorari in caso di malattia di durata superiore a 6 mesi.
Un vice procuratore onorario impugnava il decreto del Ministero della Giustizia che lo dispensava dall'incarico a seguito di un periodo di assenza per malattia superiore a 6 mesi. Giunta la questione dinanzi al TAR Lazio, il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale dell'articolo 21, comma 2, d.lgs. numero 116/2017. Il decreto infatti nel dettare i criteri direttivi al legislatore delegato, ha stabilito che «il Governo, nell'esercizio della delega, regolamentasse i casi di decadenza dall'incarico, revoca e dispensa dal servizio, prevedendo, in particolare, che a tutti i magistrati onorari si applichi la disciplina della decadenza e della dispensa dal servizio, prevista dall'articolo 9 della l. 21 novembre 1991 numero 374 e succ. mod. tale disposizione stabiliva che “Il giudice di pace è dispensato, su sua domanda o d'ufficio, per infermità che impedisce in modo definitivo l'esercizio delle funzioni o per altri impedimenti di durata superiore a sei mesi”». Il successivo d.lgs. numero 116/2017 prevede invece la dispensa anche d'ufficio per impedimenti di durata superiore ai 6 mesi articolo 21, comma 2 , senza distinguere tra infermità ed altri impedimenti, in violazione dunque dei criteri previsti dalla legge delega. Ne consegue che «la delega sembra essere stata esercitata in termini diversi da quanto prescritto dalla legge 57 del 2016, incidendo sul trattamento più favorevole previsto per la malattia». Sottolinea inoltre il TAR che «anche nella relazione illustrativa di presentazione del decreto legislativo al Parlamento e al C.S.M. il Governo ha sostenuto di avere scelto di non dare attuazione alla delega conferita con la legge numero 57/2016 solo per il settore del trasferimento d'ufficio e a domanda dei magistrati onorari, nonché per quello del regime disciplinare, ma non per quello previsto per la tutela della malattia, affermando che la disposizione riguardante la dispensa per malattia mutua quanto previsto per i giudici di pace dall'articolo 9 della legge numero 374 del 1991, senza offrire, perciò, alcun chiarimento in ordine alla diversa disciplina della fattispecie». Ritenendo la questione rilevante e non manifestamente infondata, il TAR ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Presidente Amodio – Estensore Petrucciani Con il ricorso in epigrafe C. I. ha impugnato il decreto del Ministero della Giustizia emesso il 3 marzo 2020 di dispensa dall'incarico di vice procuratore onorario della Repubblica di Trento e la presupposta delibera del Consiglio Superiore della Magistratura di analogo contenuto. Il ricorrente ha dedotto che, nel settembre 2017, gli era stata diagnosticata una “dilatazione aneurismatica dell'arteria media ds dell'encefalo”, in conseguenza della quale egli aveva dovuto fruire di un periodo di assenza per malattia nello svolgimento dell'incarico di magistrato onorario, senza che, tuttavia, egli risultasse impedito in modo definitivo all'esercizio delle funzioni egli era quindi stato assente dal servizio dal 19 settembre 2017 al 6 luglio 2018. Il 4 giugno 2018 il Procuratore della Repubblica di Trento aveva comunicato al Procuratore Generale della Repubblica, ai sensi dell'articolo 21, comma 6, del d.lgs. numero 116/2017, che era stato superato il periodo di sei mesi di assenza per malattia, proponendo la dispensa dall'incarico, proposta poi inviata dal Procuratore Generale della Repubblica di Trento al Consiglio Giudiziario della Corte d'Appello di Trento. Il Consiglio Giudiziario aveva, dapprima, assegnato termine per il deposito di eventuale memoria e documenti in data 8 luglio 2018 il ricorrente aveva chiesto la revoca della proposta di dispensa dall'incarico e di poter riprendere immediatamente servizio, perché si era concluso il periodo di convalescenza dovuta alle patologie sofferte. Nella seduta del 25 ottobre 2018 il Consiglio Giudiziario aveva invece fatto propria la proposta di dispensa dell'incarico per impedimento ultra semestrale, ai sensi degli articolo 21 e 25 del d.lgs. numero 116/2017, formulata dal Procuratore Generale e disposto la trasmissione degli atti al C.S.M. Il 19 novembre 2018 il ricorrente aveva inviato al Presidente dell'Ottava Commissione del C.S.M. osservazioni alla proposta di dispensa dall'incarico, lamentando di non essere stato sentito dalla Sezione Autonoma per i magistrati onorari del Consiglio Giudiziario, tanto che il C.S.M., con delibera del 5 marzo 2019, aveva invitato la Sezione Autonoma per i magistrati onorari del Consiglio Giudiziario della Corte d'Appello di Trento a procedere all'audizione del ricorrente. Espletata l'audizione, il 20 giugno 2019 il Consiglio Giudiziario aveva confermato la propria delibera del 25 ottobre 2018 relativa alla proposta di dispensa dell'incarico per impedimento ultra semestrale. Da allora il ricorrente non era stato più designato a svolgere le funzioni giudiziarie nonostante avesse comunicato, in data 8 luglio 2018, la disponibilità a riprendere servizio. Il 20 luglio 2019 il ricorrente aveva inviato al Presidente dell'Ottava Commissione del C.S.M. osservazioni alla proposta di dispensa dall'incarico di v.p.o., ma non gli era stata mai notificata la delibera del C.S.M. di dispensa dell'incarico, né il pedissequo decreto del Ministro della Giustizia. A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure 1.Eccesso di potere per sviamento, straripamento di potere e travisamento dei fatti la delibera era viziata in quanto adottata in applicazione degli articolo 21, comma 2, e 25, comma 1, del d.lgs. 13 luglio 2017, numero 116, emanato in violazione dell'articolo 76 della Costituzione per eccesso di delega con riferimento alla legge delega 28 aprile 2016, numero 57. La legge 28 aprile 2016 numero 57 di “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”, nel dettare i criteri direttivi al legislatore delegato, aveva stabilito che il Governo, nell'esercizio della delega, regolamentasse i casi di decadenza dall'incarico, revoca e dispensa dal servizio, prevedendo, in particolare, che a tutti i magistrati onorari si applichi la disciplina della decadenza e della dispensa dal servizio, prevista dall'articolo 9 della l. 21 novembre 1991 numero 374 e succ. mod. tale disposizione prevedeva che “Il giudice di pace è dispensato, su sua domanda o d'ufficio, per infermità che impedisce in modo definitivo l'esercizio delle funzioni o per altri impedimenti di durata superiore a sei mesi.”. Il d.lgs. 13 luglio 2017, numero 116, “Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio a norma della legge 28 aprile 2016 numero 57”, all'articolo 21, comma 2, aveva previsto la dispensa, “anche d'ufficio, per impedimenti di durata superiore a sei mesi”, senza distinguere tra infermità e altri impedimenti, in violazione del criterio posto dalla legge delega. 2. Violazione, falsa ed errata applicazione di legge. Il testo del d.lgs. di “Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio a norma della legge 28 aprile 2016 numero 57”, adottato dal Consiglio dei Ministri il 10 luglio 2017 ed emanato dal Presidente della Repubblica il 13 luglio 2017, non era stato trasmesso al Capo dello Stato, come previsto dall'articolo 14 comma 2 l. 23 agosto 1988 numero 400, venti giorni prima dal termine di scadenza fissato dalla legge delega un anno dalla sua entrata in vigore ai sensi dell'articolo 1 comma 1 più sessanta gg. ex articolo 3 comma 1 – la legge delega è entrata in vigore il 14 maggio 2016 + 1 anno e 60 gg. = 13 luglio 2017 termine di scadenza per l'esercizio della delega . Il decreto legislativo era stato emanato dal Presidente della Repubblica il 13 luglio 2017, quindi doveva essere trasmesso entro il 23 giugno 2017, ma il testo definitivo del decreto legislativo è stato adottato dal Consiglio dei Ministri il 10 luglio 2017, dunque il termine dei venti giorni per la trasmissione del testo definitivo del medesimo decreto al Capo dello Stato non era stato rispettato. Non era stato comunicato l'avvio del procedimento amministrativo né il responsabile, né il termine di conclusione del procedimento amministrativo. Alla nota del Ministro della Giustizia di dispensa dall'incarico non era allegata né la delibera del C.S.M. né il decreto ministeriale di dispensa e non era stata indicata la motivazione né l'autorità cui era possibile ricorrere. Non erano stati trasmessi al v.p.o. il verbale della seduta del Consiglio Giudiziario della Corte d'Appello di Trento del 27 settembre 2018 e la delibera del 28 marzo 2019 nei verbali della sedute del Consiglio Giudiziario della Corte d'Appello di Trento del 21 giugno 2018, del 27 settembre 2018 del 25 ottobre 2018, del 18 aprile 2019 e del 20 giugno 2019 nonché nella delibera del 28 marzo 2019, non era indicato l'esito delle votazioni con il quale sono stati deliberati i provvedimenti adottati, come previsto dall'articolo 10, comma 4, del d.lgs. 27 gennaio 2006 numero 25 nella convocazione del Presidente del Consiglio Giudiziario della Corte d'Appello di Trento del 3 aprile 2019 per l'audizione personale del medesimo v.p.o. non era indicata la motivazione nel verbale del Consiglio Giudiziario della Corte d'Appello di Trento del 18 aprile 2019 era genericamente indicato il rinvio per la trattazione della pratica alla seduta del 20 giugno 2019, senza motivazione il Consiglio Giudiziario della Corte d'Appello di Trento non aveva trasmesso copia della delibera del C.S.M. 5 marzo 2019 prot. 4279/2019 richiamata nel verbale. Si sono costituiti il CSM ed il Ministero della Giustizia resistendo al ricorso. Alla camera di consiglio del 20 maggio 2020 è stata respinta l'istanza cautelare. All'udienza pubblica del 1° giugno 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione. Con sentenza non definitiva sono state respinte le doglianze proposte con il secondo motivo di ricorso. La questione di legittimità costituzionale dell'articolo 21, comma 2, del d.lgs. 13 luglio 2017, numero 116, appare rilevante e non manifestamente infondata per le motivazioni che seguono. Il ricorrente ha censurato tale disposizione evidenziando che la legge 28 aprile 2016, numero 57, di “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”, nel dettare i criteri direttivi al legislatore delegato, ha stabilito che il Governo, nell'esercizio della delega, regolamentasse i casi di decadenza dall'incarico, revoca e dispensa dal servizio, prevedendo, in particolare, che a tutti i magistrati onorari si applichi la disciplina della decadenza e della dispensa dal servizio, prevista dall'articolo 9 della l. 21 novembre 1991 numero 374 e succ. mod. tale disposizione stabiliva che “Il giudice di pace è dispensato, su sua domanda o d'ufficio, per infermità che impedisce in modo definitivo l'esercizio delle funzioni o per altri impedimenti di durata superiore a sei mesi.”. Il d.lgs. 13 luglio 2017, numero 116, “Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio a norma della legge 28 aprile 2016 numero 57”, all'articolo 21, comma 2, ha previsto la dispensa, “anche d'ufficio, per impedimenti di durata superiore a sei mesi”, senza distinguere tra infermità e altri impedimenti, in violazione del criterio posto dalla legge delega. Di conseguenza, nel decreto delegato sarebbe venuta meno, in violazione del criterio posto dalla legge delega, la distinzione tra la disciplina dell'infermità, che secondo il citato articolo 9 della legge numero 374/91 comportava la dispensa dall'ufficio solo ove impeditiva in modo definitivo dell'esercizio delle funzioni, e gli altri impedimenti, per cui la dispensa era prevista a fronte della durata ultrasemestrale. Preliminarmente deve evidenziarsi la rilevanza nel presente giudizio della questione prospettata, in quanto la normativa richiamata è stata correttamente applicata al ricorrente, che è stato dispensato dal servizio in conseguenza dell'assenza per un periodo superiore a sei mesi, senza che fosse operata alcuna indagine sulla definitività o meno dell'incidenza sull'esercizio delle funzioni della patologia riscontrata. Il Consiglio Superiore della Magistratura, infatti, e, prima di esso, il Consiglio Giudiziario, hanno correttamente ritenuto che la disposizione dell'articolo 21, citata, ponesse ai fini della dispensa un criterio assolutamente vincolato, ancorato al mero decorso temporale. Il CSM ha quindi così motivato la delibera “Va in primo luogo osservato in fatto che, come dichiarato dall'interessato e documentato con idonea certificazione medica, l'assenza per malattia del dott. C. INGRILLI' ha avuto una durata superiore a sei mesi. Al riguardo l'articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 13 luglio 2017, numero 116 prevede 2. Il magistrato onorario e' dispensato, anche d'ufficio, per impedimenti di durata superiore a sei mesi. Per impedimenti di durata non superiore a sei mesi, l'esecuzione dell'incarico rimane sospesa senza diritto all'indennità prevista dall'articolo 23 . Tale disposizione che si applica a partire dal 15 agosto 2017 a tutti i magistrati onorari in servizio e di conseguenza anche al dott. INGRILLI', riguarda l'ipotesi di un impedimento che coincide con ogni situazione che non consenta al magistrato di espletare le funzioni per un periodo superiore a sei mesi. La fattispecie disciplina, pertanto, un'assenza seppure giustificata o giustificabile, che si protragga per più di sei mesi ed infatti se l'assenza fosse ingiustificata o ingiustificabile darebbe luogo ad altra e diversa fattispecie di cessazione dall'appartenenza dall'ordine giudiziario, nonché ad eventuali profili disciplinari. Ne deriva che il provvedimento di dispensa ha carattere vincolato e dichiarativo e produce effetto dalla scadenza del periodo massimo dell'impedimento, non potendo assumere alcun rilievo la circostanza che, successivamente a detta data, vi sia stato il positivo superamento della patologia che aveva determinato l'assenza. Constatata dunque l'avvenuta integrazione dei presupposti normativi di cui all'articolo 21 del d.lgs. 116/2017, il dott. INGRILLI' va dispensato dalle funzioni di vice procuratore onorario”. Pertanto, la dispensa è stata adottata a seguito del superamento del periodo di sei mesi previsto dalla disposizione del decreto delegato in via generale per ogni tipo di impedimento. Il ricorrente ha lamentato, invece, che il criterio posto dalla legge delega avrebbe comportato un trattamento più favorevole della fattispecie, giacché, a fronte dell'infermità, la dispensa avrebbe dovuto essere prevista, come stabilito dall'articolo 9 della legge numero 374/1991, solo ove l'infermità fosse impeditiva in modo definitivo dell'esercizio delle funzioni, presupposto in concreto non sussistente e che, comunque, non era stato in alcun modo accertato dal Consiglio Superiore della Magistratura. Di conseguenza, sulla base del tenore letterale della disposizione, se non fosse sollevata la questione di costituzionalità, il gravame dovrebbe essere respinto siccome infondato, giacché l'assenza ha avuto una durata superiore a sei mesi, come previsto dall'articolo 21 del d.lgs. numero 116/2017 solo il raffronto tra la disposizione del decreto delegato e il criterio, di diverso tenore, posto dalla legge delega consentirebbero, mediante l'accertamento della illegittimità costituzionale della disposizione per eccesso di delega, l'esito favorevole dell'impugnazione, con l'annullamento dei provvedimenti impugnati, adottati sulla base della disposizione in tesi costituzionalmente illegittima. Da ultimo, si evidenzia che la sopravvenuta abrogazione, ad opera del comma 629 della L. 30 dicembre 2021, numero 234, dell'articolo 32, comma 1, del decreto legislativo numero 116 del 2017, che statuiva che le disposizioni dei capi da I a IX del suddetto decreto – comprensive dell'articolo 21 della cui legittimità costituzionale si dubita - si applicavano ai magistrati onorari in servizio alla medesima data di entrata in vigore del prefato decreto legislativo e cioè al 15 agosto 2017, come il ricorrente, non incide sulla rilevanza della questione. I provvedimenti impugnati, infatti, sono stati adottati rispettivamente in data 3 marzo 2020 e 13 febbraio 2020, sulla base della normativa all'epoca vigente, sicché la sopravvenuta abrogazione delle disposizioni citate ad opera della nuova riforma della magistratura onoraria non incide sulla questione controversa. Passando all'esame della non manifesta infondatezza della questione, deve osservarsi che la legge 28 aprile 2016 numero 57 di “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”, all'articolo 1, comma 1, “Contenuto della delega” ha disposto “Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge con l'osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 2, uno o più decreti legislativi diretti a “…lett. i “regolamentare i casi di decadenza dall'incarico, revoca e dispensa dal servizio” all'articolo 2 “Principi e criteri direttivi”, il comma 10 stabilisce “Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1 comma 1 lettera i il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi lett. a prevedere che a tutti i magistrati onorari si applichi la disciplina della decadenza e della dispensa dal servizio, prevista dall'articolo 9 della l. 21 novembre 1991 numero 374 e succ. mod.”. A sua volta, l'articolo 9 della l. 21 novembre 1991 numero 374 recita “Il giudice di pace è dispensato, su sua domanda o d'ufficio, per infermità che impedisce in modo definitivo l'esercizio delle funzioni o per altri impedimenti di durata superiore a sei mesi.”. Il d.lgs. 13 luglio 2017, numero 116 “Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio a norma della legge 28 aprile 2016 numero 57”, nel disciplinare, all'articolo 21, comma 2, la dispensa dall'ufficio, ha previsto che “Il magistrato onorario è dispensato, anche d'ufficio, per impedimenti di durata superiore a sei mesi”. Dall'esame del tenore letterale delle due disposizioni emerge un contrasto fra il criterio di delega stabilito dall'articolo 2, comma 10, lett. a , della legge numero 57 del 2016, che rinvia all'articolo 9 comma 2 della legge numero 374 del 1991, e il disposto di cui all'articolo 21 comma 2 e all'articolo 25 comma 1 del decreto legislativo numero 116 del 2017. La legge delega ha infatti individuato con precisione il contenuto del potere legislativo delegato, operando un rinvio automatico e globale all'articolo 9 della legge numero 374/91, vincolando così il legislatore delegato a prevedere l'applicazione di tale disciplina a tutti i magistrati onorari secondo l'articolo 9 della legge numero 374 del 1991, come visto, l'infermità costituisce causa di dispensa solo quando impedisca “in modo definitivo” l'esercizio delle funzioni, mentre la durata massima semestrale è prevista solo per gli “altri impedimenti” e, quindi, per impedimenti diversi dall'infermità. Il decreto legislativo, invece, ha previsto la dispensa per qualsiasi impedimento che si protragga oltre sei mesi, senza riportare, in difformità dal criterio posto dalla delega, il trattamento più favorevole previsto dalla legge numero 374/91 per le infermità, e senza operare alcuna distinzione tra i tipi di impedimento. Pertanto, la delega sembra essere stata esercitata in termini diversi da quanto prescritto dalla legge 57/2016, incidendo sul trattamento più favorevole previsto per la malattia. Peraltro, anche nella relazione illustrativa di presentazione del decreto legislativo al Parlamento e al C.S.M. il Governo ha sostenuto di avere scelto di non dare attuazione alla delega conferita con la legge numero 57/2016 solo per il settore del trasferimento d'ufficio e a domanda dei magistrati onorari, nonché per quello del regime disciplinare, ma non per quello previsto per la tutela della malattia, affermando che la disposizione riguardante la dispensa per malattia mutua quanto previsto per i giudici di pace dall'articolo 9 della legge numero 374 del 1991, senza offrire, perciò, alcun chiarimento in ordine alla diversa disciplina della fattispecie. Tanto premesso, ai sensi dell'articolo 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, numero 87, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, questo Tribunale solleva questione di legittimità costituzionale dell'articolo 21, comma 2, del d.lgs. 13 luglio 2017, numero 116, per contrasto con l'articolo 76 della Costituzione, secondo i profili e per le ragioni sopra indicate, con sospensione del giudizio fino alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana della decisione della Corte Costituzionale sulle questioni indicate, ai sensi e per gli effetti di cui agli articolo 79 ed 80 c.p.a. e 295 c.p.c Riserva alla sentenza definitiva ogni ulteriore decisione nel merito e sulle spese. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima visti gli articolo 79, comma 1, c.p.a. e 23 l. 11.3.1953, numero 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 21, comma 2, del d.lgs. 13.7.2017, numero 116, in relazione all'articolo 76 della Costituzione, dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Rinvia ogni definitiva statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite all'esito del promosso giudizio incidentale, ai sensi dell'articolo 79 ed 80 del c.p.a. Ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.