Fatali alla lavoratrice le due settimane trascorse a casa dopo la conclusione del periodo di malattia. Impensabile, chiariscono i giudici, che il lavoratore assente per malattia oltre i 60 giorni continuativi rimanga in attesa dell’iniziativa datoriale finalizzata all’effettuazione della visita di idoneità.
Legittimo il licenziamento della lavoratrice che risulta assente non giustificata per due settimane e che, nello specifico, ha omesso ogni comunicazione all'azienda alla chiusura del periodo di malattia. Impensabile, chiariscono i giudici, accogliere la tesi proposta dalla lavoratrice, tesi secondo cui ella è rimasta a casa in attesa che il datore di lavoro organizzasse la visita di idoneità per consentirle il ritorno in azienda. A dare torto alla lavoratrice sono innanzitutto i giudici di merito, i quali respingono, sia in primo che in secondo grado, l'ipotesi di dichiarare non valido il licenziamento intimatole nell'aprile del 2017 dalla società datrice di lavoro a causa delle due settimane – tra metà febbraio e i primi giorni di marzo del 2017 – in cui ella «è rimasta ingiustificatamente assente». Impensabile, di conseguenza, anche solo prendere in considerazione le ulteriori richieste della lavoratrice, mirate ad ottenere la reintegrazione e la condanna della società datrice di lavoro a versarle un adeguato risarcimento. In Cassazione, però, la lavoratrice prova a fornire la propria versione dei fatti. In questa ottica ella lamenta, tramite il proprio avvocato, «l'illegittimità della condotta della società», colpevole, a suo dire, «di non avere effettuato, nel periodo di assenza ritenuta ingiustificata , la convocazione alla visita medica per l'accertamento» della sua «idoneità al lavoro». E ragionando sempre in questa ottica, poi, la lavoratrice aggiunge che, «dovendo la visita medica per l'accertamento dell'idoneità al lavoro eseguirsi a cura e spese del datore di lavoro», «ella, assente per malattia per più di sessanta giorni continuativi e non convocata a visita, deve essere ritenuta assente giustificata, a prescindere dall'invio o meno di certificati medici». Per i giudici di terzo grado, però, non vi è prova di alcuna «giustificazione delle assenze» da parte della lavoratrice, che, peraltro, «non aveva offerto la sua prestazione lavorativa con una missiva, sicché la società datrice di lavoro non poteva presumere una continuazione dello stato di malattia, né poteva, in assenza della lavoratrice, attivare il controllo medico». Centrale, però, è il richiamo alla normativa che, osservano i giudici, «non autorizza il lavoratore assente per malattia oltre i 60 giorni continuativi a rimanere in attesa dell'iniziativa datoriale finalizzata all'effettuazione della visita di idoneità». Al contrario, «è dovere del lavoratore, una volta cessato lo stato di malattia, presentarsi al lavoro», sottolineano i giudici. In questo quadro, assolutamente sfavorevole alla lavoratrice, va inserito un ulteriore elemento. I giudici chiariscono che «la presentazione della dipendente al lavoro» alla fine di dicembre del 2016 «non può a giustificare le assenze ingiustificate» tra febbraio e marzo del 2017 in quanto «per quanto di effettiva rilevanza, a seguito della mancata accettazione, ad opera del datore, della prestazione lavorativa, in difetto di attestazione di idoneità della lavoratrice, erano stati inviati da quest'ultima ulteriori certificati medici attestanti uno stato di malattia» fino alla metà di febbraio del 2017, mentre solo successivamente è venuta meno «la giustificazione delle assenze», non avendo la lavoratrice inviata una ulteriore certificazione né essendosi ripresentata in azienda per ricominciare a lavorare.
Presidente Raimondi - Relatore Di Paola Rilevato in fatto che con la sentenza impugnata è stata confermata la pronuncia del Tribunale di Napoli con la quale era stata rigettata l'azione promossa da C.E. nei confronti della omissis . s.r.l. volta al conseguimento della declaratoria di invalidità del licenziamento - con conseguente ordine di reintegrazione e statuizione di condanna risarcitoria - intimato con lettera del 10 aprile 2017 dalla società per essere la lavoratrice rimasta ingiustificatamente assente dal lavoro dal 14 febbraio 2017 al 2 marzo 2017 per la cassazione della decisione ha proposto ricorso C.E., affidato a tre motivi la omissis s.r.l. ha resistito con controricorso le parti hanno entrambe depositato memoria il P.G. non ha formulato richieste. Considerato in diritto che con il primo motivo la ricorrente - denunciando nullità della sentenza e del procedimento per violazione della L. numero 92 del 2012, articolo 1, comma 48 e ss., articolo 112 e 414 c.p.c. , in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 4 - si duole che il giudice del gravame abbia affermato, contrariamente al vero, che la medesima aveva lamentato per la prima volta solo in sede di reclamo l'illegittimità della condotta della società anche per non aver quest'ultima effettuato la convocazione a visita medica per l'accertamento dell'idoneità al lavoro nel periodo di assenza ritenuta ingiustificata con il secondo motivo - denunciando violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. numero 81 del 2008, articolo 41, articolo 1217, 2119 e 2727 c.c. , articolo 2729 c.c. , comma 1, e L. numero 604 del 1966, articolo 1, in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 - lamenta che il predetto giudice abbia trascurato di considerare che, dovendo la visita medica per l'accertamento dell'idoneità al lavoro eseguirsi a cura e spese del datore di lavoro , essa ricorrente, assente per malattia per più di sessanta giorni continuativi e non convocata a visita, avrebbe dovuto ritenersi assente giustificata a prescindere dall'invio o meno di certificati medici con il terzo motivo - denunciando nullità della sentenza e del procedimento per violazione e/o falsa applicazione dell' articolo 115 c.p.c. , articolo 24 e 111 Cost. , in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 4 - si duole che la Corte territoriale non abbia ammesso i mezzi di prova richiesti da essa ricorrente sin dal ricorso introduttivo della lite e ribaditi nell'atto di reclamo al fine di dimostrare - con valenza di decisività ai fini del riconoscimento dell'illiceità del motivo di licenziamento comportante la nullità dello stesso - l'insalubrità della postazione lavorativa appositamente creata dall'azienda e il contegno gratuitamente vessatorio e provocatorio della società. Ritenuto che il primo motivo è inammissibile, già sol perché il profilo di doglianza in esso contenuto è privo di decisività, avendo il giudice del reclamo comunque ritenuto infondate le argomentazioni prospettate dalla ricorrente quanto alla asserita sussistenza di una giustificazione delle assenze , sul rilievo che quest'ultima non aveva offerto la sua prestazione lavorativa con una missiva, sicché la società non poteva presumere una continuazione dello stato di malattia, nè avrebbe potuto, in assenza della lavoratrice, attivare il controllo del medico competente il secondo motivo è da disattendere, poiché il D.Lgs. numero 81 del 2008, articolo 41, non autorizza il lavoratore assente per malattia oltre i sessanta giorni continuativi a rimanere in attesa dell'iniziativa datoriale finalizzata all'effettuazione della visita di idoneità è infatti dovere del lavoratore medesimo, una volta cessato lo stato di malattia, presentarsi al lavoro cfr., sul punto, Cass. 27/03/2020, numero 7566 , secondo cui In tema di sorveglianza sanitaria D.Lgs. numero 81 del 2008, ex articolo 41, la visita medica a seguito di assenza del lavoratore superiore a 60 giorni, quale misura necessaria a tutelare l'incolumità e la salute del prestatore di lavoro, deve precedere l'assegnazione alle medesime mansioni svolte prima dell'inizio dell'assenza e la sua omissione giustifica l'astensione ex articolo 1460 c.c. , dall'esecuzione di quelle mansioni mansionii ma non anche la mancata presentazione sul posto di lavoro, ben potendo il datore di lavoro disporre, nell'attesa della visita medica, l'eventuale e provvisoria diversa collocazione del lavoratore nell'impresa del resto, la presentazione al lavoro della ricorrente il giorno 28 dicembre 2016 è stata plausibilmente ritenuta dal giudice del gravame non utile a giustificare le assenze dal 14 febbraio 2017 al 2 marzo 2017, in quanto, per quanto di effettiva rilevanza, a seguito della mancata accettazione, ad opera del datore, della prestazione lavorativa nel predetto giorno, in difetto di attestazione di idoneità della lavoratrice, erano stati inviati da quest'ultima ulteriori certificati medici attestanti uno stato di malattia per il periodo fino al 13 febbraio 2017 pertanto, è solo a decorrere da tale momento che andava indagato il profilo della giustificazione delle assenze relative ai giorni successivi nei quali tuttavia la lavoratrice non inviò ulteriore certificazione nè si ripresentò al lavoro il terzo motivo è infine inammissibile, in quanto il dedotto motivo illecito non sarebbe, nel caso, determinante onde la non decisività delle prove a supporto di cui si assume la mancata ammissione , risultando, per quanto sopra detto, comprovata la sussistenza del presupposto della giusta causa, idoneo a sorreggere in via esclusiva l'intimato licenziamento le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.