Il giudice dell’esecuzione può revocare la sospensione condizionale della pena?

«Al giudice dell’esecuzione, investito della richiesta del pubblico ministero di revoca, ai sensi dell’articolo 674, comma 1-bis, c.p.p. e 168, quarto comma, c.p., della sospensione condizionale della pena, compete preliminarmente accertare se i precedenti penali ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione all’atto della concessione dei benefici».

Il Giudice dell'esecuzione revocava ad un condannato il beneficio della sospensione condizionale della pena in ragione della sua già doppia fruizione. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione dolendosi per il rigetto della richiesta, volta al giudice dell'esecuzione, di acquisire il fascicolo processuale della cognizione, per verificare se fosse già al corrente di quel giudice la presenza di cause ostative alla terza concessione del beneficio. Il tema su cui si incentra la fattispecie in oggetto riguarda dunque la conoscibilità da parte del giudice della cognizione che aveva concesso illegittimamente per la terza volta la condizionale delle cause ostative, mediante l'esame degli atti processuali. Sull'argomento è già intervenuto il Massimo Consesso Cass penumero , sez. unumero , 23 aprile 2015, numero 37345 affermando che «quanto allo specifico punto della decisione relativo alla concessione dei benefici, opera la preclusione del giudicato in senso “debole” e quindi con riferimento alle questioni dedotte e decise, ma non anche a quelle deducibili». Quindi, «se nel giudizio di cognizione non è emersa, né dalla documentazione acquisita né dalle deduzioni delle parti, la sussistenza di una causa ostativa al beneficio, in relazione ad essa non si forma giudicato sostanziale, ma solo quello processuale, superabile in sede esecutiva». A tale principio la Suprema Corte ha voluto adeguarsi, ribadendo che «al giudice dell'esecuzione, investito della richiesta del pubblico ministero di revoca […] della sospensione condizionale della pena, compete, pertanto, preliminarmente accertare se i precedenti penali ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione all'atto della concessione dei benefici». Nel caso de quo, l'ordinanza non ha dato atto di aver compiuto tale verifica, quindi risulta carente la motivazione. La Cassazione accoglie il ricorso e rinvia alla Corte d'Appello.

Presidente Mogini – Relatore Calaselice Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata la Corte d'appello di Genova, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso a D.M. con la sentenza della Corte d'appello di Genova del 5 giugno 2019, irrevocabile il 21 settembre 2019, per i reati di cui agli articolo 474 e 648 c.p., accertati in omissis , di condanna alla pena di mesi uno, giorni venti di reclusione ed Euro 160 di multa. 1.1. La Corte d'appello ha ritenuto che la revoca dovesse essere pronunciata ai sensi dell'articolo 168 c.p., u.c., avendo il condannato già fruito per due volte del beneficio, considerato quello concesso con sentenza della Corte d'appello di Genova, del 13 febbraio 2019, irrevocabile il 9 aprile 2019, fatti commessi il 6 novembre 2019, con condanna alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 140 di multa. 2.Ricorre, avverso la descritta ordinanza il condannato, per il tramite del difensore, avv. A. Guido, denunciando erronea applicazione dell'articolo 168 c.p., e articolo 674 c.p.p., comma 1 bis. Era stata chiesta l'acquisizione del fascicolo processuale della cognizione, relativo alla sentenza sub 1, risultante dal casellario giudiziale, rispetto alla quale, secondo il difensore, era stata formulata istanza di restituzione nel termine poi accolta, sia in udienza che con memoria difensiva depositata in data 20 ottobre 2021, onde verificare se fosse già al corrente del giudice della cognizione, al momento della decisione, la presenza di cause ostative alla concessione della terza sospensione condizionale della pena. Tale richiesta, invece, è stata disattesa senza motivazione e in violazione dell'articolo 674 c.p.p., come interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte. 2.1. La motivazione, comunque, secondo il ricorrente, non indica la prima sentenza con la quale sarebbe stata concessa la sospensione condizionale della pena, pur affermando che questa era stata già concessa due volte, nè indica il parziale rigetto alla richiesta originaria che riguardava entrambe le sentenze citate nel provvedimento censurato che, a parere del Procuratore generale, avevano illegittimamente concesso il beneficio. 3. Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, S. Passafiume, ha fatto pervenire requisitoria scritta, con la quale ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati. 1. Va, preliminarmente, rilevata l'ammissibilità del motivo proposto, tenuto conto che, diversamente da quanto argomentato con la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, nel caso al vaglio viene prospettato, in sostanza vizio di motivazione ed erronea applicazione di legge penale e processuale. Del resto, si osserva, quanto alla puntualità e specificità della deduzione relativa alla conoscenza o meno della causa ostativa, da parte del giudice della cognizione, che l'interessato aveva allegato, in sede di esecuzione, specifici elementi, rappresentati dalla rimessione nel termine in relazione alla sentenza sub 1 del certificato penale, onde poter richiedere la continuazione, tanto da elidere gli effetti penali della doppia concessione del beneficio della sospensione condizionale Sez. 3, numero 36363 del 21/05/2021, Rv. 282330 . Il ricorso, in definitiva, non deduce un travisamento dei dati processuali da parte del giudice dell'esecuzione, bensì omessa motivazione rispetto al dato, valorizzato dal ricorrente, della conoscibilità da parte del giudice della cognizione che aveva concesso illegittimamente il beneficio per la terza volta, dell'assenza di cause ostative, mediante esame degli atti processuali. 1. Il tema devoluto, che concerne l'interpretazione della nozione di non conoscibilità della causa ostativa da parte del giudice della cognizione, è stato esaminato nel pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte Sez. U, numero 37345 del 23/04/2015, Longo, Rv. 264381 la quale ha precisato che, quanto allo specifico punto della decisione relativo alla concessione dei benefici, opera la preclusione del giudicato in senso debole e quindi con riferimento alle questioni dedotte e decise, ma non anche a quelle deducibili. Ne consegue che se nel giudizio di cognizione non è emersa, nè dalla documentazione acquisita nè dalle deduzioni delle parti, la sussistenza di una causa ostativa al beneficio, la relativa questione non è stata, nemmeno implicitamente, dedotta, e, quindi, in relazione ad essa non si forma il giudicato sostanziale, ma solo quello processuale, superabile in sede esecutiva. Sicché, a quel principio di diritto, affermato dalla sentenza Longo, il Collegio intende dare continuità ribadendo che al giudice dell'esecuzione, investito della richiesta del pubblico ministero di revoca, ai sensi dell'articolo 674 c.p.p., comma 1 bis, e articolo 168 c.p., comma 4, della sospensione condizionale della pena, compete, pertanto, preliminarmente accertare se i precedenti penali ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione all'atto della concessione dei benefici. 1.2. Nel caso in esame, l'ordinanza non ha dato atto di aver compiuto tale verifica, o dell'esito negativo di questa. Nè illustra le ragioni per le quali non sono stati acquisiti gli atti del giudizio di cognizione. Quindi risulta carente la motivazione rispetto al dovuto accertamento in fatto, in relazione al quale il ricorso ha opposto specifica censura. Anzi, l'ordinanza rende conto che, quanto alla sentenza sub 1, il ricorrente è stato rimesso in termini per l'impugnazione e, senza respingere parzialmente la richiesta originaria del Procuratore generale, che aveva ad oggetto la revoca della sospensione condizionale della pena anche con riferimento alla sentenza numero 3 del provvedimento di cumulo, limita la propria pronuncia alla revoca del beneficio concesso con la sentenza indicata sub numero 4 cfr. dispositivo , affermando che il condannato aveva fruito del beneficio due volte. La motivazione, però, si limita a prendere in considerazione, all'uopo, un'unica sentenza, la numero 2 della Corte d'appello di Genova del 14 maggio 2015, irrevocabile il 9 febbraio 2017 cfr. pag. II del provvedimento . 3.Deriva da quanto sin qui esposto, l'annullamento dell'impugnata ordinanza perché il giudice del rinvio ponga rimedio al rilevato difetto di motivazione. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio allo Corte di appello di Genova.