Nel caso di specie, la riflessione video condivisa dall’avvocato finito sotto procedimento disciplinare riguardava la gestione dell’emergenza COVID. Dall’esame completo delle circostanze che hanno caratterizzato l’episodio, è emerso chiaramente che si trattava di una riflessione da privato cittadino .
Un avvocato veniva sottoposto a procedimento disciplinare a seguito di un esposto in cui veniva denunciata la pubblicazione sul suo profilo Facebook di un video, dove stigmatizzando la prospettata apertura di un centro COVID in un condominio, il legale promuoveva la sottoscrizione di un atto di denuncia-querela nei confronti della regione, mettendosi a disposizione per assistenza legale gratuita. Il procedimento veniva archiviato sulla base delle dichiarazioni difensive dell'avvocato che aveva dichiarato di aver agito in qualità di privato cittadino spaventato per la gestione dell'emergenza sanitaria la vicenda risale al 2020 e non in qualità di professionista. Il COA ha impugnato il provvedimento di archiviazione dinanzi al CNF, sottolineando come il video pubblicato sul social avrebbe violato i doveri di dignità e decoro offrendo ad una molteplicità indistinta di possibili clienti un'iniziativa professionale a titolo gratuito. Si tratterebbe dunque di una violazione dell'art. 37, commi 1 e 4, relativi al divieto di accaparramento di clientela. Il CNF ritiene infondato il ricorso, escludendo carenze di motivazione o contraddittorietà nel processo logico giuridico che ha portato all'archiviazione del procedimento. Sulla base delle risultanze istruttorie e delle dichiarazioni difensive dell'incolpato, è stato infatti correttamente valutato il comportamento complessivo dello stesso ritenendo insussistente la violazione delle norme deontologiche sulla base della gravità del fatto, del grado della colpa , della eventuale sussistenza del dolo e della sua intensità , del comportamento dell'incolpato, precedente e successivo al fatto, avuto riguardo alle circostanze , oggettive e soggettive, nel cui contesto è avvenuta la presunta violazione, del pregiudizio eventualmente subito e della compromissione dell'immagine della professione forense . Con riferimento specifico all'accertamento di fatto per ciò che riguarda la pubblicazione del video su Facebook, il problema di fondo era quello di accertare se con tale comportamento il professionista avesse violato l'art. 37 del codice deontologico forense che vieta di offrire, sia direttamente che per interposta persona, le prestazioni professionali di avvocato e conseguentemente si vertesse in materia di accaparramento della clientela . Il CNF esclude la sussistenza della violazione ipotizzata. Come è emerso dalla disamina delle circostanze accertate è indubbia la natura non professionale della riflessione e che non poteva essere svolta dall'avvocato perché mancava qualsiasi sottoscrizione di conferimenti di incarichi o moduli a nome dello stesso. D'altra parte come affermato dall'incolpato ogni atto, anche di denunzia all'autorità giudiziaria, poteva essere presentata anche personalmente da qualunque cittadino. Non deve essere sottaciuto, poi, che nella fattispecie non si trattava di nomina a difensore dell'avvocato nel procedimento da instaurarsi così che nessun accaparramento di clientela poteva e può sussistere proprio esaminando, così come ha fatto l'organo di disciplina, quanto rinveniente dal video Facebook .
CNF, sentenza n. 81 del 1 giugno 2022