Niente compenso per l’avvocato che ha patrocinato dinanzi al Consiglio di Stato senza essere iscritto all’albo speciale

Posto che per l’esercizio della professione forense dinanzi alle giurisdizioni superiori è necessaria l’iscrizione all’albo speciale, l’avvocato che abbia esercitato in assenza di tale iscrizione non può pretendere il compenso per l’attività svolta. Il rapporto di patrocinio è infatti affetto da nullità assoluta.

Due avvocati citavano in giudizio la Regione Lazio per il pagamento dei compensi per l'attività professionale svolta in due giudizi dinanzi al Consiglio di Stato . Il Tribunale accoglieva solo parzialmente la domanda attorea, mentre la Corte d'Appello, accogliendo il gravame dell'ente locale, respingeva la domanda di liquidazione dei compensi professionali avanzata da uno dei due avvocati perché non legittimato a pretendere il pagamento di prestazioni professionali in quanto non iscritto nell'albo speciale per patrocinare innanzi alle magistrature superiori. La questione è giunta all'attenzione della Suprema Corte. La S.C. conferma la decisione dei giudici capitolini, ricordando, innanzitutto, che l' art. 2231 c.c. prevede che l'esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge dà luogo a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente e priva il contratto di qualsiasi effetto. Ne consegue che, nel caso di esercizio della professione forense in difetto dell'iscrizione all'albo professionale al momento in cui il contratto di patrocinio è stato stipulato e sono state poste in essere le relative attività nella specie studio della pratica e predisposizione di minute dell'atto di citazione nonché di altri atti difensivi , il professionista non ha diritto al compenso . Sottolineando che il patrocinio innanzi alla Corte di cassazione, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale e Corte dei Conti spetta solo agli avvocati che sono iscritti in un albo speciale , in caso di assenza dell'iscrizione all'albo non si pone un problema di legittimazione attiva ma di nullità del contratto di patrocinio , rilevabile in ogni stato e grado del processo. In definitiva, la Corte d'Appello ha correttamente escluso il diritto dell'avvocato al compenso. Anche la decisione sull'altro avvocato ricorrente viene confermata, mentre trova accoglimento il motivo di ricorso relativo alla decorrenza degli interessi di mora, con relativo rinvio della questione alla Corte territoriale.

Presidente Orilia – Relatore Giannaccari Fatti di causa 1. Il presente giudizio di legittimità trae origine dalla domanda proposta dagli Avv.ti C.M. e P.P. innanzi al Tribunale di Roma nei confronti della Regione Lazio per il pagamento dei compensi per l'attività professionale svolta in due giudizi svoltisi dinanzi al Consiglio di Stato. 1.1. La Regione Lazio, costituitasi in giudizio, contestò il quantum delle domande sostenendo che il compenso per i giudizi amministrativi aventi ad oggetto l'annullamento di un atto amministrativo fossero di valore indeterminato ed indeterminabile. 1.2. Il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda, ritenne che non fosse applicabile, ai giudizi in oggetto, lo scaglione delle cause di valore indeterminabile, ma ridusse la pretesa degli attori. 1.3. Avverso tale pronuncia propose appello la Regione Lazio contestando la titolarità del rapporto giuridico dedotto in causa da parte dell'Avvocato C. a causa dell'assenza del requisito soggettivo dell'iscrizione all'albo speciale dei patrocinanti dinanzi alle Magistrature Superiori - la determinazione del valore delle due controversie amministrative svoltesi dinanzi al Consiglio di Stato, la violazione del principio di adeguatezza e di proporzionalità dei compensi professionali - la decorrenza degli interessi legali, calcolati dall'invio della parcella anziché dalla sentenza. 1.4. I due professionisti si costituirono per resistere al gravame e proposero anche appello incidentale sul valore delle cause e sugli interessi. Proposero anche autonomo atto di appello facendo valere le stesse censure. 2.La Corte d'appello di Roma, riuniti i gravami, in accoglimento del gravame della Regione Lazio 1 ha respinto la domanda di liquidazione dei compensi professionali avanzata dall'Avv. C. perché non legittimato a pretendere il pagamento di prestazioni professionali in quanto non iscritto nell'albo speciale per patrocinare innanzi alle magistrature superiori 2 ha determinato il compenso dovuto all'avv. P. per i due giudizi in Euro 8.089,94 e in Euro 19.972,07 sulla base dei parametri stabiliti per le cause patrocinate di valore indeterminabile, non essendo possibile commisurare l'interesse sostanziale che riceve tutela mediante la sentenza 3 ha determinato la decorrenza degli interessi legali dalla domanda e ha dichiarato inammissibile la domanda di corresponsione degli interessi moratori ex D.Lgs. n. 231 del 2002 . 2.Avverso tale sentenza l'Avv. C. e l'Avv. P. propongono ricorso per Cassazione basato sulla base di quattro motivi e memoria. 2.1. La Regione Lazio resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo, si deduce la violazione o falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3, dell'art. 2231 c.c. , e R.D. n. 1578 del 1933, art. 4, comma 2, con particolare riferimento alla legittimazione ad agire dell'Avv. C. si denuncia, inoltre, la violazione e falsa applicazione dell' art. 345 c.p.c. , comma 2, sostenendosi che la Regione Lazio avrebbe proposto, solo in grado di appello, la richiesta di scorporazione delle attività svolte dall'Avv. P. rispetto a quelle compiute dal precedente difensore, pur a fronte di un incarico da considerarsi unitario. La parte ricorrente lamenta che la Corte d'Appello avrebbe confuso i principi in materia di legittimazione attiva/passiva con quelli relativi alla titolarità della posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio. Nel caso di specie, l'Avv. C., non iscritto all'epoca dei fatti in discussione all'albo dei patrocinanti abilitati al patrocinio innanzi alle magistrature superiori, avrebbe agito in giudizio a tutela di un suo diritto di credito discendente da un mandato che era stato conferito unitamente ad altro Avvocato abilitato. Proprio in ragione dell'unitarietà ed inscindibilità dell'incarico professionale, sarebbe stata redatta un'unica parcella professionale e la legittimazione dell'Avv. C. investirebbe la titolarità sostanziale del rapporto l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sarebbe stata quindi proposta tardivamente in grado d'appello, in violazione dell' art. 345 c.p.c. , allorché sulla questione si era formato il giudicato. 1.1. Il motivo è infondato. 1.2. Secondo un principio di carattere generale, per il disposto dell' art. 2231 c.c. , l'esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge, dando luogo a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente art. 1418 c.c. , comma 1 , priva il contratto di qualsiasi effetto. Pertanto, nel caso di esercizio della professione forense in difetto dell'iscrizione all'albo professionale al momento in cui il contratto di patrocinio è stato stipulato e sono state poste in essere le relative attività nella specie studio della pratica e predisposizione di minute dell'atto di citazione nonché di altri atti difensivi , il professionista non ha diritto al compenso. Fattispecie relativa a praticante procuratore legale v. Sez. 2, Sentenza n. 3740 del 19/02/2007 Rv. 596732 Sez. 2, Sentenza n. 21495 del 12/10/2007 Rv. 600035 . 1.3. In particolare, il patrocinio innanzi alla Corte di cassazione, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale e Corte dei Conti spetta solo agli avvocati che sono iscritti in un albo speciale. 1.4. Un tale principio è applicabile ovviamente anche al caso in esame. L' art. 2231 c.c. , prevede infatti che quando l'esercizio di un attività professionale è condizionata dall'iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento alla retribuzione . 1.5. Ne consegue che, in caso di assenza di iscrizione all'albo, non si pone un problema di carenza di legittimazione attiva ma di nullità del contratto di patrocinio, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo perché attinente al fatto costitutivo della pretesa Cass. anche 26264/2018 Cass. 21495/2007 cit. . 1.6. La Corte d'Appello ha dunque fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte, rilevando che l'Avv. C., cui era stata conferita la procura unitamente all'Avv. P. per l'attività difensiva innanzi al Consiglio di Stato, non aveva diritto al compenso neppure per l'attività di studio propedeutica alla proposizione del ricorso innanzi al Consiglio di Stato. 1.7. Si tratta di prestazioni che l'Avv. C. non era abilitato a svolgere, a nulla rilevando l'unitarietà e l'inscindibilità dell'incarico professionale, in ragione della quale era stata redatta un'unica parcella professionale. 1.8. Proprio in ragione della nullità del contratto, l'Avv. C. non aveva diritto al compenso correttamente il giudice d'Appello ha detratto le voci relativi all'attività svolta dal medesimo nel giudizio N. 1191/2001 ed ha liquidato i compensi relativi al giudizio N. 24356/2009 al solo Avv. P 2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, del D.M. n. 127 del 2004, art. 5, comma 2, e del D.M. 5.19.1994, art. 6, commi 3 e 4, con particolare riferimento all'individuazione del corretto scaglione tariffario nella determinazione degli onorari, qualora l'oggetto della controversia patrocinata dinanzi al giudice amministrativo non riguardi la lesione di diritti soggettivi, bensì l'annullamento di un provvedimento amministrativo per illegittimità. A dire dei ricorrenti, il contenzioso amministrativo aveva ad oggetto l'accertamento del diritto all'accreditamento delle Case di Cura appartenenti al Gruppo omissis e il conseguente diritto a percepire il pagamento delle prestazioni secondo il più alto valore tariffario. E' su questo valore, determinato sulla base delle pretese economiche vantate dalle stesse Case di cure nei paralleli giudizi civili che avrebbe dovuto essere commisurato l'ammontare degli onorari ad essi spettanti. 2.1. Il motivo è infondato come il precedente. 2.2. Questa Corte v. Cass. Civ. N. 8599/2022 , Cass. Civ. N. 15061/2018 Cass. Civ. N. 1754/2013 ha affermato più volte che ai fini della determinazione degli onorari di avvocato, in base all'art. 6 della tariffa forense approvata con D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 , applicabile ratione temporis , va considerata di valore indeterminabile la controversia introdotta innanzi al giudice amministrativo per l'annullamento di un atto qualora la causa petendi della domanda sia l'illegittimità dell'atto stesso e il petitum la sua eliminazione, senza che rilevino eventuali risvolti patrimoniali della vicenda. 2.3. La Corte territoriale ha accertato che entrambi i ricorsi nei quali l'Avv. P. aveva svolto attività difensiva avevano ad oggetto l'annullamento di atti della Giunta Regionale in materia di rette di degenza delle strutture sanitarie, sicché il maggior valore della causa connesso alla vicenda in sarebbe conseguito in via riflessa e non in via diretta. 2.4. L'annullamento di un atto amministrativo non comporta, infatti, un immediato adeguamento degli importi, che è invece rimesso, da un lato, ad eventuali iniziative giudiziarie da parte della Regione, dall'altro dal potere discrezionale della Regione Lazio di riesaminare il rapporto controverso. 2.5 Il valore della causa non può quindi essere determinato sulla base delle pretese economiche che avrebbero vantato le stesse Case di cure nei paralleli giudizi civili. 2.6. Sulla scorta di tale ricostruzione si deve concludere nel senso che la Corte di appello ha correttamente ritenuto - in linea con la giurisprudenza di legittimità - che la causa introdotta con il ricorso dinanzi al Consiglio di Stato fosse da ritenersi di valore indeterminabile in applicazione dell' art. 10 c.p.c. , con la conseguente necessità di liquidare i compensi dovuti in base ai relativi parametri tariffari forensi. 3.Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex artt. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. , dell'art. 1219 c.c. e citato D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 4, con particolare riferimento all'individuazione del termine a partire dal quale decorrono gli interessi il ricorrente deduce, inoltre, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto dell' art. 1224 c.c. per avere la Corte di merito riconosciuto gli interessi legali in luogo di quelli di mora ex D.Lgs. n. 231 del 2002 . Sostiene la parte ricorrente che la Corte d'Appello ha errato nel riconoscere la decorrenza degli interessi dalla domanda giudiziale anziché dall'invio della notula intesa quale atto di costituzione in mora. Avrebbe altresì errato nel considerare inammissibile, in quanto domanda nuova, il motivo di appello con il quale era stato censurata la sentenza di primo grado quanto al riconoscimento degli interessi moratori ex D. Lgs 231/2002 . 3.1. Il motivo, a differenza degli altri, è fondato. 3.2. Il Tribunale di Roma, con la sentenza di primo grado, aveva qualificato gli interessi richiesti sul compenso professionale dovuto agli Avv.ti C. e P. come interessi di mora pag.14 della sentenza di primo grado con condanna della Regione al pagamento degli interessi legali di mora ed aveva considerato la notula contenente la parcella come atto di costituzione in mora idoneo a determinare la decorrenza degli interessi, ritenendo non vigente nel nostro ordinamento il principio romanistico in illiquidis non fit in mora 3.3. L'appello della Regione riguardava la decorrenza degli interessi, ma non risulta che fosse stata impugnata specificamente la statuizione di primo grado sulla natura moratoria degli interessi riconosciuti, statuizione sulla quale dunque si è ormai formato il giudicato interno, rilevabile di ufficio. Secondo la più recente giurisprudenza di legittimità - a cui oggi va dato seguito - nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all' art. 1224 c.c. , competono a far data dalla messa in mora, coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento, e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore v. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 8611 del 16/03/2022 Rv. 664464 Sez. 2 -, Sentenza n. 24973 del 19/08/2022 Rv. 665548 . La sentenza impugnata va pertanto cassata, avendo fatto decorrere gli interessi dalla domanda, applicando una giurisprudenza ormai superata senza quindi verificare se la precedente richiesta di adempimento fosse idonea come atto di costituzione in mora. Il giudice di rinvio che viene individuato nella stessa Corte d'Appello di Roma, ma in diversa composizione riesaminerà la questione degli interessi attenendosi ai principi esposti. E' assorbito logicamente il quarto motivo di ricorso con cui si censura la regolamentazione delle spese di lite in appello. P.Q.M. Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo ed il secondo, e dichiara assorbito il quarto cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese di questo giudizio, innanzi alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.