Affissione dell’ordine del giorno nell’androne condominiale e possibile violazione dei dati personali

Il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi del codice della privacy è determinato da una lesione del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali tutelato dalla Costituzione e dalla CEDU.

Un condomino chiedeva il risarcimento dei danni nei confronti del Condominio e dell'amministratore per aver questo illegittimamente trattato i suoi dati personali, trattamento determinato dalla divulgazione , per mezzo di affissione in una bacheca condominiale esposta alla possibile visione di terzi, di un avviso di convocazione assembleare con relativo ordine del giorno indicante una richiesta di conciliazione al riguardo di un decreto ingiuntivo dalla successiva consegna ai condomini, per il tramite di un'addetta alle pulizie, di un ulteriore documento, aperto e liberamente leggibile, teso a chiarire il motivo della convocazione suddetta con specifico riguardo alla posizione di quello specifico condomino . Il Tribunale respingeva la domanda ritenendo che l'attore non avesse adempiuto all' onere della prova in ordine ai danni patiti e al nesso causale col trattamento dei dati. Tale trattamento era stato ritenuto improntato al rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza rispetto ai fini, dato che il dato inserito nell'ordine del giorno era, comunque, utile per far conoscere all'assemblea il motivo della convocazione. Inoltre, il Tribunale soggiungeva che non era stato provato il fatto che i terzi soggetti, al di fuori dei condomini, avessero preso visione del documento né che l'addetta alle pulizie avesse potuto leggerlo sui fogli aperti. Escludeva, infine, che la lesione arrecata fosse grave e che il danno lamentato fosse serio. Il condomino, però, proponeva ricorso per cassazione. Innanzitutto, l'uomo denunciava la violazione di legge della sentenza nella parte in cui il Tribunale aveva consentito al Condominio di sanare il vizio di costituzione nonostante l'eccezione tempestiva del condomino. Al riguardo la Suprema Corte ha dichiarato che il motivo è fondato dato che dalla stessa sentenza emerge che l'attore aveva eccepito la nullità della procura del Condominio sin dall'inizio della causa e che il Tribunale ne aveva disposto la sanatoria ex art. 182 c.p.c. dopo diverse udienze. Gli Ermellini ricordano che, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, in tema di rappresentanza nel processo, qualora una parte sollevi tempestivamente l'eccezione di difetto di rappresentanza, sostanziale o processuale, oppure un vizio della procura ad litem , è onere della controparte interessata produrre immediatamente, nella prima difesa utile, la documentazione necessaria a sanare il difetto o il vizio, senza che operi il meccanismo di assegnazione del termine ex art. 182 c.p.c. , prescritto solo per il caso di rilievo officioso. Ciò che più interessa nel caso di specie, però, è anche l'accoglimento di tutti gli altri motivi di ricorso. La Suprema Corte già in altre occasioni ha avuto modo di stabilire che la disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali , di cui al d.lgs. n. 196/2003 , prescrivendo che il trattamento dei dati avvenga nell'osservanza dei principi di proporzionalità, pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti, non consente che gli spazi condominiali, aperti all'accesso di terzi estranei rispetto al Condominio, possono essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino. Ne consegue che, fermo restando il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche di propria iniziativa, gli inadempimenti altrui rispetto agli obblighi condominiali, l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale da parte dell'amministratore dell'informazione concernente le posizioni di debito del condomino costituisce una indebita diffusione di dati personali , come tale fonte di responsabilità civile . Il principio si coniuga con la precisazione che ai sensi di legge dato personale ”, oggetto di tutela, è da intendersi qualunque informazione relativa a una persona fisica, giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente. Secondo gli Ermellini è perfino ovvio che in tale nozione debbano essere ricondotti i dati dei singoli partecipanti ad un Condominio, seppur raccolte utilizzati per le finalità ex art. 1117 c.c. e ss. Secondo la Corte non può sostenersi che sia giustificato e non eccedente l'affissione in una bacheca esposta al pubblico e soggetta a possibile visione da parte di un numero indefinito di soggetti, di un avviso di convocazione del tenore di quello indicato dallo stesso Tribunale, in particolar modo, quando l'avviso risulti essere strato già comunicato a tutti i condomini, come avvenuto nel caso di specie. Anzi, proprio l'avvenuta previa comunicazione indurrebbe ad affermare semmai l' ultroneità dell'affissione in bacheca e, dunque, l'eccedenza del trattamento rispetto al fine. Inoltre, la Suprema Corte ricorda che in tema di danno non patrimoniale il danneggiato può ricorrere alla prova presuntiva , tenuto conto della natura immateriale del bene della vita concretamente leso. Donde, una volta stabilita la lesione degli interessi protetti, salvo che non sia appurata in modo plausibile e congruente la natura bagatellare del pregiudizio allegato, il danno va liquidato su base equitativa, mediante un modello di stima prudenziale che è connaturato alla natura del diritto leso. Nel caso di specie, l'attore aveva allegato un danno non patrimoniale correlato all' incidenza del trattamento illecito sul piano reputazionale , essendo egli un avvocato con studio nel medesimo Condominio ed essendo stata l'affissione esposta per oltre un mese in una bacheca ben visibile anche da parte dei suoi potenziali clienti. L'allegazione è più che sufficiente a soddisfare il relativo onere, cosicché al Tribunale competeva di accertare se l'illecito fosse stato effettivamente commesso nei termini detti, onde provvedere alla determinazione equitativa del danno in proporzione alla lesione dell'interesse protetto. Per questi motivi la Corte ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa al Tribunale competente, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Presidente Genovese – Relatore Terrusi Fatti di causa Con sentenza pronunciata l'11-11-2020 il Tribunale di Bari ha respinto la domanda di risarcimento dei danni proposta ai sensi dell' art. 15 del D.Lgs. n. 196 del 2003 da C.G. nei confronti del Condominio di Omissis e dell'amministratore S.G Secondo la postulazione, tali danni erano conseguiti all'illegittimo trattamento dei dati personali determinato i dalla divulgazione, per mezzo di affissione in una bacheca condominiale esposta alla possibile visione di terzi, di un avviso di convocazione assembleare con relativo ordine del giorno indicante una richiesta di conciliazione a riguardo di un decreto ingiuntivo, ii dalla successiva consegna ai condomini, per il tramite di un'addetta alle pulizie, di un ulteriore documento, aperto e liberamente leggibile, teso a chiarire il motivo della convocazione suddetta con specifico riguardo alla posizione di C Il tribunale ha respinto la domanda ritenendo che l'attore non avesse adempiuto all'onere della prova in ordine ai danni patiti e al nesso causale col trattamento dei dati. Tale trattamento ha anche ritenuto che fosse stato improntato al rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza rispetto ai fini, volta che il dato inserito nell'ordine del giorno era comunque utile per far conoscere all'assemblea il motivo della convocazione. Ha soggiunto che non era stato provato il fatto che terzi soggetti, al di fuori dei condomini, avessero preso visione del documento, né che l'addetta alle pulizie avesse potuto leggerlo sui fogli aperti. Ha infine escluso che la lesione arrecata fosse grave e che il danno lamentato fosse serio. C. ha proposto ricorso per cassazione in quattro mezzi. Gli intimati hanno replicato con controricorso. Le parti hanno infine depositato memorie. Ragioni della decisione I. - Col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 72,83,182 c.p.c., D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 152 , artt. 420 e 421 c.p.c. nella parte in cui il tribunale ha consentito al condominio di sanare il vizio di costituzione nonostante codesto fosse stato tempestivamente eccepito. Il motivo è fondato. II. - Dalla stessa sentenza emerge che l'attore aveva eccepito la nullità della procura ad litem del condominio sin dall'udienza dell'8-10-2014 . Il tribunale ne ha disposto la sanatoria ai sensi dell' art. 182 c.p.c. con ordinanza del 28-11-2018, dopo diverse udienze, e ha dato atto che infine il condominio aveva sanato il vizio in conseguenza della detta ordinanza, a distanza di quattro anni dall'eccezione. III. - Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale in tema di rappresentanza nel processo, qualora una parte sollevi tempestivamente l'eccezione di difetto di rappresentanza, sostanziale o processuale, ovvero un vizio della procura ad litem, è onere della controparte interessata produrre immediatamente, con la prima difesa utile, la documentazione necessaria a sanare il difetto o il vizio, senza che operi il meccanismo di assegnazione del termine ai sensi dell' art. 182 c.p.c. , prescritto solo per il caso di rilievo officioso v. Cass. Sez. 1 n. 29244-21, Cass. Sez. 2 n. 22564-20, Cass. Sez. 2 n. 24212-18 . A questo orientamento si è in effetti contrapposta la tesi alla quale hanno alluso i controricorrenti nel dire che non devesi distinguere a seconda che il vizio sia rilevato d'ufficio o eccepito dalla parte. Ma la tesi è minoritaria. Essa in definitiva assume che, pur a fronte della proposizione di specifica eccezione a opera della controparte di difetto o di nullità della procura ad litem, la parte destinataria non sia necessariamente tenuta a produrre immediatamente una procura che possa ritenersi valida, spettando il rilievo dell'effettività della sussistenza di un vizio invalidante, ai fini della conseguente necessità della sua regolarizzazione, solo al giudice, che ha il compito, appunto, di rilevarlo e di assegnare alla parte, da ritenersi onerata, il relativo termine, come prescrive l'art. 182, comma 2, del codice di rito v. in motivazione Cass. Sez. 2 n. 23958-20 . IV. - Questa tesi non merita adesione. E' in vero chiara la differenza che corre tra le due situazioni processuali, poiché ai sensi dell'art. 182 deve promuovere la sanatoria il giudice che rilevi d'ufficio il difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, ovvero il vizio che determina la nullità della procura, proprio perché il vizio, sebbene esistente, non è stato eccepito e tanto deve fare assegnando alla parte un termine di carattere perentorio senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze di carattere processuale. A detta situazione non è minimamente equiparabile quella in cui, viceversa, il vizio sia stato tempestivamente eccepito dalla controparte. In questo caso l'opportuna documentazione in funzione sanante va prodotta immediatamente, e non v'e' necessità di assegnare un termine, salvo che questo non sia motivatamente richiesto, proprio perché sul rilievo di parte l'avversario è comunque chiamato a contraddire di per sé, in forza della stessa dinamica del processo e del principio di eventualità che la sorregge. Il principio di eventualità si fonda - come esattamente è stato sostenuto in dottrina - sulla dialettica tra le parti informata al criterio di dipendenza. E' in pratica ispirato dall'oralità della trattazione, dietro la quale si cela l'esigenza di far valere prontamente e congiuntamente tutti i mezzi difensivi che si richiedono rispetto alle eventualità date dalle prospettazioni avversarie. D'altronde anche le Sezioni unite hanno reso il senso della differenziazione sopra detta rispetto all' art. 182 c.p.c. , allorché hanno affermato che il difetto di rappresentanza processuale della parte può essere sanato in fase di impugnazione senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie, e, qualora la contestazione avvenga in sede di legittimità, la prova della sussistenza del potere rappresentativo può essere data ai sensi dell' art. 372 c.p.c. Per l'appunto a corredo di tale principio, le Sezioni unite hanno precisato che, tuttavia, qualora il rilievo del vizio in sede di legittimità non sia officioso, ma provenga dalla controparte, l'onere di sanatoria del rappresentato sorge immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine che non sia motivatamente richiesto, giacché sul rilievo di parte l'avversario è chiamato a contraddire Cass. Sez. U n. 4248-16 . Sulla scorta dei citati principi il primo motivo deve trovare accoglimento, in quanto il vizio della procura ad litem del condominio, a differenza di ciò che il tribunale di Bari ha ritenuto, non poteva essere sanato sulla base della disciplina dettata dall' art. 182 c.p.c. V. - I restanti motivi possono essere esaminati congiuntamente. Col secondo si deduce la violazione degli artt. 2727,2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., 11, 15 e 152 D.Lgs. n. 196 del 2003 , 2697 c.c., nella parte in cui il tribunale ha ritenuto non provato il danno senza considerare la rilevanza degli elementi presuntivi sottesi. La prima affermazione è intrinsecamente in contrasto con la ritenuta non eccedenza del trattamento. La seconda è in apicibus giuridicamente errata. La terza è lapidaria e non correttamente argomentata, non foss'altro perché non tiene conto dell'allegazione che era stata fatta così come emergente dal ricorso e dal controricorso. VIII. - Questa Corte ha già avuto modo di stabilire che la disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. n. 196 del 2003 , prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell'osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti v. Cass. Sez. 1 n. 18443-13 , non consente che gli spazi condominiali, aperti all'accesso di terzi estranei rispetto al condominio, possano essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino ne consegue che - fermo restando il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche di propria iniziativa, gli inadempimenti altrui rispetto agli obblighi condominiali l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale, da parte dell'amministratore, dell'informazione concernente le posizioni di debito del singolo condomino costituisce un'indebita diffusione di dati personali, come tale fonte di responsabilità civile ai sensi degli artt. 11 e 15 del citato codice v. Cass. Sez. 2 n. 186-11 . Il principio si coniuga con la precisazione che, ai sensi di legge, dato personale , oggetto di tutela, è qualunque informazione relativa a persona fisica, giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente Cass. Sez. 2 n. 17665-18, Cass. Sez. 1 n. 15161-21 . E' perfino ovvio, quindi, che in tale nozione debbano essere ricondotti i dati dei singoli partecipanti a un condominio, seppur raccolti e utilizzati per le finalità di cui agli artt. 1117 e seg. c.c. IX. - Certamente ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano una comunicazione di questi dati ai condomini, su iniziativa dell'amministratore in sede di rendiconto annuale di assemblea, o nell'ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell'assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, e anche su richiesta di ciascun condomino, investito di un potere di vigilanza e di controllo sull'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che lo facoltizza a richiedere in ogni tempo all'amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti v. in proposito Cass. Sez. 3 n. 159313 . Tuttavia non può sostenersi che sia giustificata e non eccedente l'affissione in una bacheca - esposta al pubblico e soggetta a possibile visione da parte di un numero indefinito di soggetti - di un avviso di convocazione del tenore di quello indicato dallo stesso tribunale richiesta di conciliazione del sig. C. a riguardo di decreto ingiuntivo subito per consuntivo anno 2010 decisioni sulla causa in corso , in particolar modo quando - come pure contraddittoriamente il tribunale dice avvenuto - l'avviso risulti esser stato già comunicato a tutti i condomini. Proprio l'avvenuta previa comunicazione indurrebbe ad affermare semmai l'ultroneità dell'affissione in bacheca, e dunque l'eccedenza del trattamento rispetto al fine, sicché da tal punto di vista l'impugnata sentenza non soddisfa minimamente la conclusione infine ritenuta. X. - Ne' si può sostenere, nei termini così genericamente affermati dal giudice a quo, che, palesata la situazione illecita e forniti gli elementi dai quali potersi presumere l'effettività di un danno, vi fosse altro da dimostrare a onere del danneggiato. Nell'art. 15 del codice in materia di dati personali il legislatore ha ritenuto opportuno estendere la tutela anche ai danni non patrimoniali, a mezzo di uno strumento risarcitorio di grande ampiezza teso a garantire l'effettiva operatività della corrispondente sanzione a carico del responsabile dell'illecito e la conseguente maggiore incisivita alla norma afferente. In tema di danno non patrimoniale il danneggiato può ricorrere e anzi normalmente ricorre - alla prova presuntiva, tenuto conto ella natura immateriale del bene della vita concretamente leso v. la fondamentale Cass. Sez. U n. 26972-08 . Donde una volta stabilita la lesione degli interessi protetti, salvo che non sia appurata in modo plausibile e congruente la natura bagatellare del pregiudizio allegato, il danno va liquidato su base equitativa, mediante un modello di stima prudenziale che è connaturato alla natura del diritto leso. XI. - Ora l'attore aveva allegato, per quanto si comprende, un danno non patrimoniale correlato all'incidenza del trattamento illecito sul piano reputazionale, essendo egli un avvocato con studio nel medesimo condominio ed essendo stata l'affissione esposta per oltre un mese in una bacheca ben visibile anche da parte dei suoi potenziali clienti. L'allegazione era ed e' più che sufficiente a soddisfare il relativo onere, cosicché al tribunale competeva di accertare se l'illecito fosse stato effettivamente commesso nei termini detti, onde provvedere, di conseguenza, alla determinazione equitativa del danno in proporzione alla lesione dell'interesse protetto. Da questo punto di vista è apodittico, ai fini dell' art. 132 c.p.c. , il rilievo secondo cui sarebbero stati da escludere recisamente i connotati di gravità e di serietà della lesione allegata. Il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell' art. 15 del D.Lgs. n. 196 del 2003 codice della privacy è determinato da una lesione del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali tutelato dagli artt. 2 e 21 Cost. e dall'art. 8 della CEDU . Esso non si sottrae alla verifica della gravità della lesione e della serietà del danno , in quanto anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarietà ex art. 2 Cost. , di cui quello di tolleranza della lesione minima è intrinseco precipitato v. Cass. Sez. 6-1- n. 17383-20 , Cass. Sez. 3 n. 16133-14 . Ma è di tutta evidenza che una verifica in tal senso, per quanto rimessa al giudice del merito, implica che sia pur sempre soddisfatto l'onere di una motivazione aderente alla specificità dei fatti, e funzionale a render conto della conclusione sostenuta in rapporto alla lesione concretata dal comportamento illecito specificamente individuato. Questo è mancato del tutto, nella decisione impugnata, la quale dunque va cassata con rinvio al medesimo tribunale, in diversa composizione, per nuovo esame. Il tribunale si uniformerà ai principi sopra evidenziati e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. PQM La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al tribunale di Bari anche per le spese del giudizio di cassazione. Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità e gli altri dati significativi.