«Deve ritenersi disciplinarmente responsabile l'avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l'esercizio della professione ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro e, riflettendosi negativamente sull'attività professionale, compromettono l'immagine dell'avvocatura quale entità astratta con contestuale perdita di credibilità della categoria».
Il caso. La vicenda da cui origina la questione sottoposta all'esame del CNF riguarda la condanna di un avvocato ex articolo 612-bis c.p., per aver molestato l'ex moglie con reiterate condotte persecutorie, aggravate dalla presenza della figlia minore. Il Consiglio Distrettuale di Disciplina riconosceva la responsabilità disciplinare dell'uomo per le gravi violazioni deontologiche in quanto lesive «dei principi generali di probità, dignità e decoro che devono ispirare il comportamento dell'avvocato anche al di fuori dell'attività professionale e tali da generare pesante discredito sull'intera categoria», e irrogava la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per 6 mesi. Di qui, il ricorso del legale al Consiglio Nazionale Forense. La decisione del CNF. Nel confermare la decisione del Consiglio Distrettuale, i giudici affermano che «costituisce grave illecito disciplinare il comportamento dell'avvocato che si macchi di condotte persecutorie nei confronti dell'ex coniuge, tanto da ingenerare nella vittima il fondato timore per l'incolumità propria e dei prossimi congiunti». Infatti, anche la sfera privata del professionista deve essere sempre improntata al rispetto dei principi di dignità, probità e decoro, con la conseguenza che «deve ritenersi disciplinarmente responsabile l'avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l'esercizio della professione ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro e, riflettendosi negativamente sull'attività professionale, compromettono l'immagine dell'avvocatura quale entità astratta con contestuale perdita di credibilità della categoria». Conclusioni. Il Collegio, tuttavia, pur ritenendo congrua la sospensione dall'esercizio della professione, ritiene che il comportamento illecito tenuto dall'avvocato debba essere «inquadrato e certamente temporalmente circoscritto al periodo di grave crisi, con ripercussioni sulla salute, dallo stesso attraversato e legato alla separazione coniugale e alla impossibilità di contatti e relazione con la figlia minorenne». Pertanto, «considerando che i gravi comportamenti del ricorrente nei confronti della moglie, risalenti nel tempo e per i quali lo stesso ha subito una lunga custodia cautelare con conseguente impossibilità di svolgere la professione, non si ripeteranno», il CNF riduce la sospensione a 4 mesi in luogo di 6 ciò, altresì, «giusto il consolidato principio che la determinazione della sanzione disciplinare non è frutto di un mero calcolo matematico, ma è conseguenza della complessiva valutazione dei fatti, avuto riguardo non solo alla gravità dei comportamenti contestati ma tenuto conto anche del comportamento dell'incolpato precedente e successivo al fatto e alle circostanze - soggettive e oggettive - nel cui contesto è avvenuta la violazione».
CNF, sentenza del 1° giugno 2022, 80