In tema di reati paesaggistici di cui al d.lgs. n. 42/2004 c.d. codice dei beni culturali e del paesaggio , nel valutare la sussistenza del presupposto del periculum in mora ai fini del sequestro preventivo di un immobile abusivo sito in zona paesaggisticamente vincolata conseguente all'uso dello stesso, in quanto produttivo di conseguenze dannose sull'area oggetto di speciale protezione, il giudice del merito deve procedere ad una accurata disamina, verificando se possano escludersi ulteriori lesioni del bene protetto sulla base della assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo, tenendo conto della natura di quest'ultimo e della situazione preesistente alla realizzazione dell'opera.
Lo ha ribadito la terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37923, depositata il 7 ottobre 2022. Il requisito del periculum in mora Come è noto, in tema di sequestro preventivo , il periculum in mora richiesto dal comma 1 dell' art. 321 c.p.p. deve presentare i requisiti della concretezza e attualità, da valutare in riferimento alla situazione esistente non soltanto al momento dell'adozione della misura cautelare reale ma anche durante la sua vigenza, di modo che possa ritenersi quanto meno probabile che il bene assuma carattere strumentale rispetto all'aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o all'agevolazione della commissione di altri reati. Nello specifico, tale requisito deve atteggiarsi non come generica ed astratta eventualità, ma come concreta possibilità, desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto, da contemperare con l'esigenza di contenere il sacrificio dei diritti dei cittadini nei ristretti limiti dettati dalle effettive esigenze di prevenzione del processo penale. ed i reati paesaggistici. Ciò premesso sul piano generale, occorre rammentare che, nella specifica materia dei reati contro l'edilizia ed il paesaggio , in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, in passato si è ritenuto che la sola esistenza di una struttura abusiva ultimata ad esempio, l'ampliamento per mq. 13 di abitazione sita in zona dichiarata di notevole interesse pubblico non integrasse i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo, in assenza di ulteriori elementi idonei a dimostrare che la disponibilità della stessa, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa implicare una effettiva lesione dell'ambiente e del paesaggio. La Terza Sezione della Suprema Corte dunque si era discostata dal prevalente orientamento, secondo cui la natura permanente del reato previsto dall'art. 44, comma 1, lett. c , d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, legittima il sequestro preventivo delle opere edilizie eseguite in zona sottoposta a vincolo anche nel caso di ultimazione dei lavori, in quanto l'esecuzione di interventi edilizi in zona vincolata ne protrae nel tempo e ne aggrava le conseguenze, determinando e radicando il danno all'ambiente ed al quadro paesaggistico che il vincolo ambientale mira a salvaguardare. Sempre in tema di tutela del paesaggio, si è ritenuto che il reato di cui all' art. 181 d.lgs. n. 42/2004 , si configuri anche relativamente ad opere realizzate, in difetto di autorizzazione , nel sottosuolo di zone sottoposte a vincolo, atteso che il citato art. 181 vieta l'esecuzione di lavori di qualunque genere su beni paesaggistici, e che pure attraverso tali opere si realizza una modificazione sebbene non immediatamente visibile, dell'assetto del territorio. Addirittura, per l'orientamento fatto proprio dalla decisione in commento, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell'attualità del pericolo indipendentemente dall'essere l'edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio e all'equilibrio ambientale, a prescindere dall'effettivo danno al paesaggio e dall'incremento del carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l'utilizzazione della costruzione ultimata. I presupposti del sequestro preventivo. In base all'orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato. Inoltre, il sequestro preventivo di tipo impeditivo previsto dal comma 1 dell' art. 321 c.p.p. è una misura di coercizione reale connessa e strumentale al procedimento penale ed all'accertamento del reato per cui si procede, avente lo scopo di evitare che il decorso del tempo pregiudichi irrimediabilmente l'effettività della giurisdizione espressa con la sentenza irrevocabile di condanna. Ne discende che la sua applicazione va disposta nelle situazioni in cui il mancato assoggettamento a vincolo della cosa pertinente al reato possa condurre, in pendenza del relativo accertamento, non solo al protrarsi del comportamento illecito od alla reiterazione della condotta criminosa, ma anche alla realizzazione di ulteriori pregiudizi quali nuovi effetti offensivi del bene protetto, sicché può essere adottato anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi.
Presidente Andreazza Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Napoli, in sede di riesame, con ordinanza del 26 gennaio 2022, ha rigettato l'istanza di riesame di P.C., avverso il decreto di sequestro preventivo del fondo sito in omissis e delle opere ivi esistenti, realizzate e in corso di realizzazione un parcheggio a raso e opere pertinenziali ed accessorie , emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata il 15 novembre 2021, relativamente ai reati in accertamento di cui agli D.P.R. n. 380 del 2001 art. 44, 83, 95 e D.Lgs. n. 42 de1 2004 art. 181, comma 1 bis, nonché art. 479 e 323 c.p. . 2. Ricorre per cassazione P.C., deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall' art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. 2. 1. Violazione di legge art. 110, 81 c.p. , D.P.R. n. 380 del 2001 artt. 44 lettera C, 83, 95, legge Regione Campania n. 9 del 1983 art. 2 art. 110, 81, 479 e 323 c.p. D.Lgs. n. art. 181 . Violazione di legge art. 125, comma 3, c.p.p. motivazione solo apparente in ordine alla sussistenza del periculum in mora. Il Tribunale del riesame ha confermato il provvedimento di sequestro, del G.I.P. del Tribunale di Torre Annunziata, ritenendo la sussistenza tanto del fumus dei reati in accertamento che del periculum. Sulla sussistenza del fumus dei reati il Tribunale si soffermava sulla asserita assenza dei pareri della Regione Campania - settore Genio civile - e della Soprintendenza, nonché della verifica V.A.S. Valutazione ambientale strategica per la legittimità della variante urbanistica dell'area come deliberata dal Consiglio Comunale. Per il Tribunale del riesame la sentenza del TAR Campania, n. 5174/2021 , non sarebbe rilevante in quanto il giudice amministrativo sarebbe stato chiamato a valutare questioni diverse da quelle oggetto delle indagini penali. Considerati i lavori non ancora ultimati, l'aggravio del carico urbanistico renderebbe attuale e concreto il periculum in mora. L'ordinanza impugnata travisa il dato normativo e si avvale di un unico argomento ovvero l'esistenza di un atto istruttorio incidentale, neppure riferibile al responsabile del procedimento, estratto dal complesso procedimento amministrativo, atto istruttorio in virtù del quale vi sarebbe contrasto con la strumentazione urbanistica . La tesi dell'accusa è, quindi, che l'amministrazione comunale ha sempre errato, tranne nell'unica occasione, nell'atto istruttorio incidentale, che ha dato torto al privato . All'attenzione del TAR Campania, contrariamente a quanto ritenuto nell'ordinanza impugnata, sono state sottoposte le stesse questioni giuridiche prospettate in sede di riesame al Tribunale di Napoli. Le conclusioni del TAR sono antitetiche a quelle del Tribunale del riesame oggi ha deciso, nello stesso senso del TAR, anche il Consiglio di Sato, con la sentenza del 17 maggio 2022, allegata con la memoria . Il consulente tecnico della Procura non ha nemmeno citato la decisione del giudice amministrativo. L'oggetto del giudizio del TAR della Campania è, proprio, l'annullamento della deliberazione del Consiglio comunale avente ad oggetto l'approvazione della variante urbanistica finalizzata alla rinormazione dell'area divenuta bianca oggetto del sequestro oggi in discussione . Solo con i motivi aggiunti si poneva all'attenzione del giudice amministrativo la questione diversa dell'annullamento del permesso a costruire. La sentenza del TAR, a pagina 13, si riferisce proprio alla pretesa mancanza dei pareri e dichiara la questione destituita di ogni fondamento. Il giudice amministrativo ha concluso per la piena legittimità del procedimento amministrativo seguito. Già in sede cautelare con la conferma del Consiglio di Stato il giudice amministrativo si era pronunciato per l'assenza di vizi nella procedura di approvazione della variante urbanistica. L'amministrazione comunale ha individuato il rilevante interesse pubblico alla realizzazione di parcheggi nella zona in oggetto, per l'ampliamento della cittadella giudiziaria parcheggi necessari all'afflusso di persone che quotidianamente accedono negli uffici giudiziari - vedi delibera DGC n. 138 del 17 novembre 2014, riportata nel verbale dell'11 novembre 2015 della conferenza permanente tra il Tribunale di Torre Annunziata e l'amministrazione comunale, unitamente all'Ordine degli Avvocati - . È stato anche acquisito il parere della Polizia Municipale - nota del 27 agosto 2019 - sotto il rilevante aspetto della viabilità e del traffico. Dopo la decorrenza del vincolo preordinato all'esproprio alla zona divenuta bianca è stata attribuita una qualificazione urbanistica con l'individuazione dell'interesse pubblico, come puntualmente rilevato dal TAR, nella sentenza citata. Il procedimento adottato è da ascrivere alla disposizione dell'art. 25 della legge regionale n. 16 del 2004 Atti di programmazione degli interventi non si può ricondurre, pertanto, ad una variante al Piano Regolatore Generale, cui fa riferimento il Tribunale del riesame. Trova, dunque, applicazione l' art. 10 della L. 1150 del 1942 Non sono soggette alla preventiva autorizzazione le varianti, anche generali della presente legge nonché le modifiche alle norme di attuazione e le varianti parziali che non incidano sui criteri informatori del piano stesso . Inconferente, quindi, il riferimento del Tribunale del riesame all' art. 5 della L. 1150 del 1942 riferibile alla diversa fattispecie della formazione ed approvazione dei piani territoriali di coordinamento. Le varianti parziali, infatti, sono escluse da autorizzazioni preventive. La variazione dell'area in oggetto conferma la zonizzazione ZTO F , del Piano Regolatore Generale. Nessun parere preventivo della Soprintendenza era, pertanto, necessario. La variante risulta compatibile rispetto ai vincoli inesistenti sismico, idrogeologico, paesistico ecc. . Neanche può ritenersi necessario il parere della Soprintendenza e del settore Genio civile della Regione, ex D.Lgs. n. 42 del 2004 art. 145 . Del resto, il piano regolatore del Comune di omissis risulta già adeguato, nel 2011, alle norme di difesa del rischio sismico legge Regione Campania n. 9 del 1983 . L'area in oggetto è definita nel PRG come zona ZTO F, e la rinormazione, resasi necessaria per la decadenza del vincolo quinquennale, non ha costituito variante ai fini della verifica della compatibilità delle previsioni con le condizioni geomorfologiche del territorio, non risulta, pertanto, necessario il parere dell'organo tecnico consultivo legge Regione Campania n. 9 del 1983 . La procedura amministrativa sarebbe viziata per il Tribunale del riesame dalla mancanza della Valutazione Ambientale Strategica VAS di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004 art. 6 . Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale del riesame nel caso in oggetto non trova applicazione la VAS e, parimenti, è esclusa la verifica di assoggettabilità. Per l'ultimo periodo della lettera B del punto 7 dell'allegato IV al D.Lgs. n. 42 del 2004 la VAS è richiesta solo per i parcheggi con posti superiori a 500 auto nel caso si discute di un parcheggio per soli 91 posti auto e 24 posti per ciclomotori. Per il Tribunale del riesame non sarebbe certa la dimensione del parcheggio in oggetto. L'ordinanza impugnata non analizza, invero, il progetto esecutivo del parcheggio, che specifica le dimensioni e i numeri dei parcheggi. Conseguentemente, dagli atti emergono elementi certi sulle dimensioni del parcheggio. Per il Tribunale del riesame la VAS sarebbe, comunque, necessaria per l'eliminazione della folta vegetazione preesistente nell'area. Nel caso di specie, però, il progetto non ha mai contemplato l'eliminazione delle piante esistenti, ma, al contrario, c'è stato un incremento significativo delle piante. Alcune piante di agrumi sono state sostituite con un numero superiore di piante di eucalipto, con il rispetto delle prescrizioni della Soprintendenza Parere positivo con prescrizioni, Protocollo 8303 - A A3/06/2019 . 2. 2. Sulla ritenuta sussistenza del periculum in mora. Sussiste un difetto assoluto di motivazione sul punto, da ritenere una violazione di legge. Per l'ordinanza impugnata ci sarebbe un aggravio del carico urbanistico, con la realizzazione delle opere in oggetto. Preliminarmente si deve osservare che all'atto del sequestro i lavori erano terminati lo si evince dalla relazione della P.G. sullo stato dei luoghi e dai contestuali rilievi fotografici . È, del resto, documentalmente provato che le strutture risultano ultimate in data 27 ottobre 2011 vedi comunicazione n. 21045 del 2 novembre 2021 la strada era ultimata il 30 ottobre 2021. Il Tribunale del riesame sembrerebbe ricavare il proprio convincimento dalla ripresa dei lavori dopo una iniziale sospensione. La ripresa dei lavori non è incompatibile con la loro fine dopo alcuni mesi, a novembre 2011. Tuttavia, per le opere concluse deve essere accertato in concreto il pericolo che la loro disponibilità possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato. La motivazione sul presunto carico urbanistico risulta apparente. Il carico urbanistico deriva dagli insediamenti primari abitazioni, uffici, negozi, opifici , che richiedono strutture e opere di servizio insediamenti secondari . I parcheggi in oggetto rientrano sicuramente negli insediamenti secondari che generano solo effetti positivi alleggerendo il carico urbanistico capacità di incrementare l'offerta di servizi . L'amministrazione comunale, infatti, dopo una specifica istruttoria, riteneva inadeguato il numero dei parcheggi per la zona, in relazione all'accorpamento degli uffici giudiziari. I parcheggi, quindi, risultano indispensabili. Manca in conseguenza qualsiasi periculum in mora . Ha chiesto pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata. 2. 3. Con successiva memoria motivi aggiunti il ricorrente ha depositato la sentenza del Consiglio di Stato che ha ritenuto legittima la procedura amministrativa che aveva portato alla realizzazione del parcheggio sentenza del 17 maggio 2022, n. 03888 . Considerato in diritto 3. Il ricorso, relativamente al fumus dei commessi reati risulta fondato e l'ordinanza deve annullarsi con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell' art. 324, comma 5, c.p.p. . 4. Sia per il sequestro preventivo e sia per il sequestro probatorio è possibile il ricorso per cassazione unicamente per violazione di legge e non per vizio di motivazione. Il ricorso per Cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009 - dep. 11/11/2009, Bosi, Rv. 245093 Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 - dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692 . Nel caso in giudizio ricorre una violazione di legge e del resto, Nella valutazione del fumus commissi delicti , quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell'effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l'impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l'indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell'accusa Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014 - dep. 27/11/2014, Armento, Rv. 26167701 vedi anche Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016 - dep. 17/06/2016, P.M. in proc. Bulgarella e altri, Rv. 26700701 . Nel caso in giudizio, l'analisi del Tribunale del riesame, come sopra riassunto, appare richiederela necessità della V.A.S., per l'intervento edilizio in oggetto, di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006 art. 6, Valutazione ambientale strategica . Tuttavia, espressamente, l'Allegato IV alla lettera B - ultima parte -prevede la V.A.S. solo per i parcheggi di uso pubblico con capacità superiori a 500 posti auto . Nella stessa ordinanza del Tribunale si rappresenta una contestazione per la costruzione di un parcheggio 91 posti per autovetture e 24 per autoveicoli comportante un significativo mutamento della destinazione dell'area. Tale assunto accusatorio si basa sulle risultanze delle indagini espletate, acclarate da una consulenza tecnica d'ufficio a firma dell'Ing. C.F. . La capienza del parcheggio, pertanto, non sarebbe tale da richiedere una V.A.S. essendo inferiore ai 500 posti richiesti dalla norma. Conseguentemente, tutto il costrutto sul fumus dei reati ne viene a risentire e sul punto è necessaria una nuova e più approfondita valutazione, anche in relazione alla completa documentazione prodotta in giudizio dal ricorrente. Del resto, l'amministrazione comunale ha individuato il rilevante interesse pubblico alla realizzazione di parcheggi nella zona in oggetto, per l'ampliamento della cittadella giudiziaria parcheggi necessari all'afflusso di persone che quotidianamente accedono negli uffici giudiziari - vedi delibera DGC n. 138 del 17 novembre 2014, riportata nel verbale dell'11 novembre 2015 della conferenza permanente tra il Tribunale di Torre Annunziata e l'amministrazione comunale, unitamente all'Ordine degli Avvocati - . È stato, inoltre, anche acquisito il parere della Polizia Municipale - nota del 27 agosto 2019 - sotto il rilevante aspetto della viabilità e del traffico. 5. Anche il motivo di ricorso sulla insussistenza del periculum in mora risulta fondato. Il provvedimento impugnato non ha fatto una corretta applicazione dei principi enunciati in materia, dalla Suprema Corte di Cassazione, e non ha valutato correttamente la sussistenza del periculum in mora, relativamente alle opere che risultavano, comunque, già ultimate al momento del sequestro. In tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, il presupposto del periculum in mora non può essere desunto solo dalla esistenza delle opere ultimate, ma è necessario dimostrare che l'effettiva disponibilità materiale o giuridica del bene, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa ulteriormente deteriorare l'ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico, dovendo valutarsi l'incidenza degli abusi sulle diverse matrici ambientali ovvero il loro impatto sulle zone oggetto di particolare tutela. Sez. 3, n. 2001 del 24/11/2017 - dep. 18/01/2018, P.M. in proc. Dessi e altri, Rv. 27207101 vedi anche Sez. 4, n. 15254 del 28/02/2018 - dep. 05/04/2018, Romano, Rv. 27247701 . L'ordinanza impugnata ha desunto la sussistenza del periculum in mora dalla semplice esistenza delle costruzioni, con essa facendosi, automaticamente, coincidere l'aggravamento del carico urbanistico/ così seguendo un orientamento giurisprudenziale, ormai superato, che prevedeva il periculum in mora, per i reati edilizi, commessi in zona vincolata, dalla sola esistenza di una struttura abusiva - anche se fosse ultimata vedi, Sez. 3, n. 5954 del 15/01/2015 - dep. 10/02/2015, Chiacchiaro, Rv. 26437001 In tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva nella specie realizzata nel sottosuolo integra i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo indipendentemente dall'essere l'edificazione ultimata o meno, perché il rischio di offesa al territorio e all'equilibrio ambientale perdura in stretta connessione con l'utilizzazione della costruzione ultimata, a prescindere dall'effettivo danno arrecato al paesaggio e dall'incremento del carico urbanistico . Infatti, il periculum in mora non può essere desunto dalla sola esistenza della struttura, ma bisogna accertare, caso per caso, che l'effettiva disponibilità del bene possa deteriorare ulteriormente il bene protetto dal vincolo paesaggistico analisi questa non effettuata dall'ordinanza impugnata. L'aggravio del carico urbanistico risulta solo assertivo e non tiene conto della natura dell'opera parcheggi , che mirava proprio a rendere più fruibile la zona parcheggi necessari all'afflusso di persone che quotidianamente accedono negli uffici giudiziari e finalizzati a rendere servizi volti a ridurre il carico urbanistico della zona . Non risulta nemmeno certa, nell'ordinanza impugnata, la non ultimazione dei lavori, in quanto il provvedimento del Tribunale di Napoli non sembra prendere in considerazione la lettera del 2 novembre 2011 prot. N. 21045 che comunicava la fine dei lavori al 27 ottobre 2021 e quella relativa alla strada oggetto di convenzione, che risultava ultimata il 30 ottobre 2021 comunicazione n. 21176 del 30 novembre 2021 . In definitiva, la prosecuzione dei lavori è affermata con motivazione apodittica e, quindi, assente. Il provvedimento impugnato, dunque, deve annullarsi con rinvio. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell 'art. 324, comma 5, c.p.p .