Il difficile mercato del lavoro nel sud Italia non giustifica il mantenimento paterno per la figlia quasi trentenne

A fronte della richiesta di revoca dell’assegno, avanzata dal padre, i giudici sottolineano come la ragazza debba provare a fare affidamento su specifiche misure di sostegno sociale.

Il difficile contesto territoriale, caratterizzato da disoccupazione e lavoro in nero, deve spingere i giovani a puntare su strumenti di sostegno sociale e a smettere di fare affidamento sulle disponibilità economiche dei genitori. Contesto della delicata storia presa in esame dai giudici è il Sud dell'Italia. A dare il la alla vicenda giudiziaria è un uomo, un padre, colpito da disabilità, il quale chiede la revoca dell'assegno di mantenimento riconosciuto alla figlia che ha ormai quasi 30 anni di età. Per i giudici di merito, però, la pretesa avanzata dall'uomo è priva di fondamento. Ciò perché il diritto al mantenimento era stato sancito con la sentenza di divorzio quando l'uomo era già stato sottoposto ad amministrazione di sostegno e ancorché la figlia, all'epoca poco più che ventenne e munita di semplice licenzia media, non fosse impiegata in attività lavorative, avendo abbandonato un corso di estetista , In aggiunta, poi, i giudici osservano che la ragazza ha dichiarato di essersi prodigata nella ricerca di un'occupazione e ella ha in effetti lavorato in nero presso l'impresa di pulizie dei nonni materni e poi presso l'esercizio commerciale della madre, con compensi settimanali di 50 euro, del tutto insufficienti a renderla economicamente autonoma . Per chiudere il cerchio, infine, i giudici di merito sostengono che il semplice progredire dell'età della ragazza, nell'invariata condizione di giovane munita di capacità lavorativa generica, utilizzata in lavori in nero insufficientemente retribuiti nelle persistenti condizioni negative del mercato del lavoro al sud d'Italia, non può costituire motivo di revoca dell'assegno , anche perché il raggiungimento dell'indipendenza economica non può dirsi dimostrato neppure dalla nascita di una bimba, avendo la ragazza continuato a vivere con la madre, né può dirsi correlato all'impegno di mantenimento del compagno, visto che pure lui, sebbene lavorando come pizzaiolo, ha continuato a vivere nella sua casa familiare . A censurare la tesi sostenuta dai giudici di merito provvede ora la Cassazione, ribadendo, innanzitutto, che il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l'esigenza a una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l'attuazione mera dell'obbligo di mantenimento del genitore, quasi che quest'ultimo sia destinato ad andare avanti per sempre . Al contrario, il figlio deve far fronte al suo stato attraverso i diversi strumenti di ausilio , ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito . Resta ferma, chiariscono i giudici, solo l'obbligazione alimentare, da azionarsi nell'ambito familiare per supplire a ogni più essenziale esigenza di vita dell'individuo bisognoso . Tornando alla vicenda in esame, i magistrati di terzo grado mettono in discussione, innanzitutto, l'accertamento della non raggiunta indipendenza economica della ragazza e il suo impegno di reperire un lavoro , poiché desunti da semplici dichiarazioni della ragazza stessa. Palese, poi, l'inadeguatezza del riferimento alla ininfluenza del progredire dell'età della figlia oggi prossima ai trent'anni e della sua attuale condizione di madre . Infine, censurabili, sempre secondo i giudici, anche le considerazioni di ordine sociologico a proposito delle condizioni nel mercato del lavoro del meridione d'Italia, considerazioni che non ottengono di motivare la persistenza di un obbligo di mantenimento da parte del genitore, sottoposto, peraltro, ad amministrazione di sostegno per disabilità . Al contrario, i riferimenti al mercato del lavoro nel Sud d'Italia sono indicative, semmai, della necessità della ragazza di far ricorso, con un minimo di responsabilità, agli strumenti di sostegno sociale, in aggiunta alla dedotta condizione di persona non stabilmente occupata in un'attività di lavoro. Di contro, un atteggiamento inerziale, da questo punto di vista, non può essere riversato sulla persistenza di un diritto al mantenimento di durata indeterminata a carico del genitore.

Presidente Genovese - Relatore Terrusi Rilevato in fatto che La Corte d'appello di Napoli, pronunciando in sede di reclamo, ha respinto la domanda presentata da C.P. tramite il suo amministratore di sostegno per la revoca dell'assegno di mantenimento in favore della figlia S., classe omissis ha motivato la decisione osservando che il diritto al mantenimento era stato sancito con la sentenza di divorzio quando già sussisteva la condizione di amministrato dell'istante, e ancorché la figlia, all'epoca ventiduenne e munita di semplice licenzia media, non fosse impiegata in attività lavorative, avendo abbandonato un corso di estetista sicché tale circostanza non poteva dirsi nuova ai fini della pronuncia di revoca ha soggiunto che la figlia aveva dichiarato di essersi prodigata nella ricerca di un'occupazione, e che aveva in effetti lavorato al nero presso l'impresa di pulizie dei nonni materni e poi presso l'esercizio commerciale della madre, con compensi settimanali di 50,00 EUR, del tutto insufficienti a renderla economicamente autonoma ha quindi svolto la considerazione per cui il semplice progredire dell'età della figlia, nell'invariata condizione di giovane munita di capacità lavorativa generica, utilizzata in lavori al nero insufficientemente retribuiti nelle persistenti condizioni negative del mercato del lavoro al sud d'Italia, non poteva costituire motivo sopravvenuto di revoca dell'assegno il raggiungimento dell'indipendenza economica non poteva dirsi dimostrato neppure dalla nascita di una bimba, avendo S. continuato a vivere con la madre nè poteva dirsi correlato all'impegno di mantenimento del compagno, visto che pure lui, sebbene lavorando come pizzaiolo, aveva continuato a vivere nella sua casa familiare il C. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della corte d'appello, deducendo tre motivi, illustrati da memoria le intimate hanno replicato con controricorso. Considerato in diritto che I. - il ricorrente denunzia nell'ordine i la Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 legge div. in punto di giustificati motivi sopravvenuti per la modifica delle condizioni di divorzio, avendo la corte d'appello erroneamente ritenuto che il trascorrere del tempo e il progredire dell'età della figlia non costituissero di per sé tali giustificati motivi ii la violazione e falsa applicazione degli artt. 147, 149, 337-sexies e 337 septies c.c. , in rapporto all'obbligo di mantenimento del figlio divenuto maggiorenne, avendo la corte d'appello erroneamente ritenuto la permanenza dell'obbligazione nonostante l'avanzata crescita della figlia, in mancanza di fatti concreti che denotassero un comportamento responsabile e idoneo a rendersi indipendente iii la violazione ed errata applicazione dell' art. 337 septies c.c. , in relazione all' art. 2697 c.c. , e art. 115 c.p.c. , nonché degli artt. 117 e 229 c.p.c. , per avere il giudice del merito valutato le semplici dichiarazioni della C. onde ritenere indimostrato il presupposto del raggiungimento dell'indipendenza economica, e senza valutare, invece, il diverso atteggiarsi del principio di ripartizione dell'onere della prova dopo il raggiungimento della maggiore età II. - il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente, è fondato nel senso che segue III. - questa Corte ha elaborato il principio secondo il quale, in caso di figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l'esclusione del diritto al mantenimento, che debbono costituire oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda, sono integrati a dall'età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all'età progressivamente più elevata dell'avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento b dall'effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro v. ex aliis Cass. Sez. 1 n. 17183-20 IV. - tuttavia il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l'esigenza a una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l'attuazione mera dell'obbligo di mantenimento del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per sempre egli deve far fronte al suo stato attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito resta ferma solo l'obbligazione alimentare, da azionarsi nell'ambito familiare per supplire a ogni più essenziale esigenza di vita dell'individuo bisognoso v. Cass. Sez. 1 n. 38366-21, nonché, in analoga direzione, Cass. Sez. 1 n. 10455-22 V. - il decreto della corte d'appello di Napoli non è coerente coi citati principi, che in questa sede ulteriormente si ribadiscono difatti, anche sorvolando sulla deficitaria deficitaria linearità logica dell'accertamento della non raggiunta indipendenza economica e dell'impegno di reperire un lavoro, desunti da semplici dichiarazioni di parte, è certa l'inadeguatezza del riferimento alla ininfluenza del progredire dell'età della figlia oggi prossima ai trent'anni e della sua attuale condizione di madre le stesse circostanze menzionate nella motivazione ne danno dimostrazione, poiché le considerazioni di ordine sociologico, a proposito delle condizioni nel mercato del lavoro del meridione d'Italia, non ottengono di motivare la persistenza di un obbligo di mantenimento da parte del genitore sottoposto ad amministrazione di sostegno per disabilità esse stesse sarebbero indicative, semmai, della necessità della figlia di far ricorso, con un minimo di responsabilità, agli strumenti di sostegno sociale, in aggiunta alla dedotta condizione di persona non stabilmente occupata in un'attività di lavoro di contro un atteggiamento inerziale da questo punto di vista non può essere - neppure astrattamente - riversato sulla persistenza di un diritto al mantenimento di durata indeterminata VI. - ne segue che il decreto va cassato e la causa rinviata alla medesima corte d'appello di Napoli, in diversa composizione la corte d'appello si uniformerà ai principi esposti e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla corte d'appello di Napoli anche per le spese del giudizio di cassazione. Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità e gli altri dati significativi.