Anche dopo le modifiche apportate dal d.lgs. numero 75/2017 cd. Legge Madia all’articolo 55-bis d.lgs. numero 165/2001, la violazione del termine ora di 10 giorni per la trasmissione degli atti al responsabile del servizio dell’ufficio procedimenti disciplinari non comporta la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità degli atti e della sanzione irrogata, a meno che ne risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente.
Il richiamo della norma al principio di tempestività va inteso nel senso che sono certamente rilevanti eventuali violazioni del termine per la trasmissione degli atti, le quali vanno tuttavia anch'esse misurate in ragione della violazione del diritto di difesa, tenendosi conto che il pregiudizio rispetto a quest'ultimo è di regola più probabile quanto più ci si allontani nel tempo dal momento dei fatti Cass. civ., sez. lav., sent. 6 ottobre 2022, numero 29142 . Il caso. Un dipendente comunale è stato licenziato, con preavviso, per mancato controllo sull'uso di due carte-carburante da parte di addetti all'ufficio cui era preposto. La Corte d'Appello di Palermo, confermando la sentenza di primo grado con la quale il licenziamento era stato annullato, ha dichiarato l'invalidità del recesso per violazione da parte del responsabile della struttura del termine di 10 giorni per la comunicazione degli atti all'UPD ufficio per i procedimenti disciplinari e comunque per violazione del termine complessivo di 20 giorni e, soprattutto, del principio di tempestività. Il Comune ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, deducendo la violazione dell'articolo 55 d.lgs. numero 165/2001 per aver la Corte di merito affermato la perentorietà del termine di segnalazione all'ufficio per i procedimenti disciplinari, sostenendo che non fosse stata né dedotta né provata una lesione del diritto di difesa. La Corte territoriale, infatti, accertato che il nuovo responsabile dell'ufficio che aveva sostituito da poco il ricorrente aveva chiesto dati di dettaglio sull'uso delle schede carburante già dai primi di ottobre 2017, ritirando tali carte dopo circa una settimana, aveva ritenuto che da questa data il predetto responsabile dei servizi avesse elementi sufficienti per segnalare l'illecito e che, dunque, la trasmissione agli atti effettuata nel febbraio dell'anno successivo fosse tardiva. Rilevanza della concreta compromissione del diritto di difesa. La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Comune, ritenendo che il termine di cui sopra non abbia natura perentoria bensì ordinatoria e che la sua violazione – da sola – non sia sufficiente a determinare l'invalidità degli atti del procedimento disciplinare e della sanzione irrogata. Infatti, l'articolo 55-bis, comma 9-ter, d.lgs. numero 165/2001 dispone che la violazione del termine di cui sopra non determina la decadenza dall'azione disciplinare né l'invalidità degli atti e della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e le modalità di esercizio dell'azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestività. In tale quadro, si deve ritenere che il principio di tempestività, quale criterio di chiusura indicato dalla norma, non possa che essere inteso quale espressione coordinata con il criterio, parimenti enunciato, della irrimediabile compromissione del diritto di difesa. Se così non fosse, si finirebbe per far operare la decadenza sul piano solo temporale, introducendo di fatto una sostanziale perentorietà di quel termine, salvo prova di ragioni giustificative. Dunque, sono di sicuro rilevanti eventuali macroscopiche violazioni nella trasmissione degli atti, ma comunque anch'esse vanno misurate in ragione della violazione del diritto di difesa. Applicazione ratione temporis della Legge Madia. La sentenza in commento coglie l'occasione per precisare che ai sensi dell'articolo 22, comma 13, d.lgs. numero 75/2017, secondo cui le disposizioni di nuova introduzione si applicano agli illeciti commessi alla data di entrata in vigore della Legge Madia, nel caso in cui l'addebito riguardi comportamenti tenuti in parte prima e in parte dopo quella data deve farsi riferimento, qualora essi siano perseguiti in un unico procedimento disciplinare, alla disciplina della legge sopravvenuta.
Presidente Manna – Relatore Bellè Fatti di causa 1. Il Comune di OMISSIS ha irrogato due consecutivi licenziamenti nei confronti di C.E Il primo licenziamento, con preavviso, aveva riguardato l'addebito di mancato controllo sull'uso di due carte-carburante da parte di addetti all'ufficio cui il C. era preposto ed il secondo, in tronco , la responsabilità per il crollo di un tetto presso un complesso monumentale, la cui gestione rientrava nella responsabilità dell'ufficio del C., nonché per comportamenti ostruzionistici nei confronti del Sindaco, manifestatisi sia attraverso esposti alla Procura della Repubblica, sia nel rifiuto di procedere all'affidamento in urgenza di un servizio di raccolta rifiuti, perché ritenuto di competenza del Sindaco stesso, nonché infine per comportamenti minacciosi ed ingiuriosi nei confronti dei colleghi. La Corte d'Appello di Palermo, confermando la sentenza di primo grado con la quale entrambi i licenziamenti sono stati annullati, ha ritenuto quanto al primo licenziamento, la sua invalidità per violazione da parte del responsabile della struttura del termine di 10 giorni per la comunicazione degli atti all'ufficio per i procedimenti disciplinari e comunque per violazione del termine complessivo per la conclusione del procedimento di 120 giorni e, soprattutto, del principio di tempestività quanto al secondo licenziamento, a parte l'imposssibilità di imputare il crollo al C., la sanzione era valutata come non proporzionata, mentre era apprezzato come giustificabile il rifiuto del lavoratore di dare corso all'affidamento urgente del servizio rifiuti, perché sorretto da una pronuncia del Tar Sicilia, ritenendosi infine non provati gli addebiti in merito ai comportamenti illeciti verso i colleghi e altri dipendenti. 2. Il Comune ha proposto ricorso per cassazione con otto motivi, cui il C. ha opposto difese sulla base di controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1. Il licenziamento del luglio 2018 è oggetto dei primi quattro motivi del ricorso per cassazione. Sul punto è opportuno iniziare dal secondo e terzo motivo, con i quali si assume la violazione del D.Lgs. numero 165 del 2001, articolo 55 bis, e degli articolo 152 e 156 c.p.c., affermandosi la non perentorietà del termine di segnalazione all'ufficio per i procedimenti disciplinari dei fatti ritenuti rilevanti secondo motivo e sostenendosi che non fosse stata né lamentata, né dimostrata una lesione del diritto di difesa terzo motivo . 2. In fatto, secondo quanto accertato dalla Corte di merito, il Comune fin dal 4.10.2017 aveva chiesto dati di dettaglio sull'uso delle schede carburante da parte di due dipendenti dell'area tecnica, di cui fino al settembre di quell'anno il C. era stato responsabile, disponendo poi, dal successivo 11.10.2017, il ritiro delle fuel card in uso ad essi. La Corte territoriale ha ritenuto quindi che fin da quest'ultima data il nuovo responsabile di quel servizio avesse elementi sufficienti per segnalare l'illecito anche del precedente responsabile, sotto il profilo dell'omissione di controllo sui propri sottoposti. La trasmissione degli atti si era invece avuta solo il 1.2.2018, cui è seguita in data 2.3.2018 la contestazione dell'addebito e, il successivo 27.4.2018, il licenziamento. La Corte d'Appello ha quindi ritenuto la violazione del termine di 10 giorni per la comunicazione degli atti all'ufficio per i procedimenti disciplinari e comunque per violazione del termine complessivo per la conclusione del procedimento di 120 giorni e, soprattutto, del principio di tempestività. 2.1 In diritto, il procedimento disciplinare ricade nella disciplina dell'articolo 55 bis, quale modificato dal D.Lgs. numero 75 del 2017 c.d. riforma Madia . Il D.Lgs. numero 75 del 2017, articolo 22, comma 13, prevede infatti che le nuove disposizioni si applicano agli illeciti disciplinari commessi successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto . La sentenza impugnata fa in effetti riferimento all'uso indebito delle schede carburante nell'agosto 2017 e quindi successivamente all'entrata in vigore della nuova legge. Nel ricorso per cassazione si fa riferimento al fatto che la contestazione avrebbe avuto riguardo anche a comportamenti precedenti. Il dato non è meglio specificato, ma non vi è dubbio che l'illecito si sia definito, anche nella sua eventuale complessiva gravità, non prima della commissione dell'ultimo fatto, collocatosi dopo l'entrata in vigore della nuova legge, la quale pertanto, essendo unico il procedimento disciplinare, è destinata comunque a regolare lo stesso. 2.2 Ciò posto, la nuova norma prevede, al comma 9 ter, che la violazione dei termini e delle disposizioni sul procedimento disciplinare previste dagli articolo da 55 a 55-quater, fatta salva l'eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall'azione disciplinare né l'invalidità degli atti e della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente, e le modalità di esercizio dell'azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestività. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 55 quater, commi 3 bis e 3 ter, sono da considerarsi perentori il termine per la contestazione dell'addebito e il termine per la conclusione del procedimento . Nel caso di specie, è pacifico che l'ufficio per i procedimenti disciplinari di seguito, UPD abbia rispettato, dal momento della ricezione degli atti, sia il termine per la contestazione, sia quello successivo per l'irrogazione della sanzione, di cui all'ultima parte del comma 9 ter cit. ed ora regolato a decorrere dalla data della contestazione dell'addebito. Pertanto, non è fondato l'assunto della Corte territoriale censurato anch'esso nel corpo del secondo motivo - in ordine alla violazione del termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento. La questione riguarda invece il tempo trascorso tra il momento di percezione dell'illecito, collocato dalla Corte di merito, nel proprio accertamento fattuale, al 11.10.2017 e la data di trasmissione degli atti all'ufficio per i procedimenti disciplinari. L'articolo 55 bis, comma 4, stabilisce che il responsabile della struttura segnala immediatamente, e comunque entro dieci giorni, all'ufficio competente per i procedimenti disciplinari i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare di cui abbia avuto conoscenza . La violazione di tale termine ricade nella regola generale di cui al citato comma 9 ter, secondo cui essa non determina la decadenza dall'azione disciplinare né l'invalidità degli atti e della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente, e le modalità di esercizio dell'azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestività . 3. La Corte territoriale ha ritenuto che il lasso di poco meno di quattro mesi intercorso tra l'acquisizione della contezza dei fatti da parte del responsabile del servizio e la trasmissione degli atti all'UPD, oltre a violare il menzionato termine di dieci giorni, si ponesse in contrasto con il principio di tempestività, non avendo il Comune indicato con sufficiente specificità quale attività ulteriore fosse stata svolta dopo la data del 11.10.2017. 4. La norma regolativa delle conseguenze della violazione di quel termine non fa però riferimento soltanto al principio di tempestività, ma anche al fatto che risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente . Anche, la giurisprudenza di questa S.C., rispetto al testo che ha preceduto la formulazione qui rilevante, ha costantemente ritenuto che il termine per la trasmissione degli atti, allora di cinque giorni, fosse da considerare di portata ordinatoria e non comportasse decadenza, se non nel caso di comprovata violazione del diritto di difesa Cass. 26 agosto 2015, numero 17153 Cass. 17 maggio 2016, numero 16637 ed altre successive sempre conformi, fino a Cass. 9 marzo 2022, numero 7642 . 5. E' in questo quadro, in cui la norma sopravvenuta si pone chiaramente in continuità con quell'indirizzo giurisprudenziale pregresso, che va collocata l'interpretazione del menzionato comma 9 ter, prima parte. In proposito, si deve ritenere che il principio di tempestività, quale criterio di chiusura indicato dalla norma, non possa che essere inteso quale espressione coordinata con il criterio, ivi parimenti enunciato, della irrimediabile violazione del diritto di difesa , finendosi altrimenti per far operare la decadenza sul piano soltanto temporale, mentre è chiaro come la norma indirizzi verso una valutazione più complessa ed articolata. Valorizzando l'assenza di giustificazioni del ritardo tout court, senza un coordinamento con il pregiudizio al diritto di difesa, si finirebbe del resto per reintrodurre una sostanziale perentorietà di quel termine, salvo prova di ragioni giustificative, con sensibile alterazione dell'assetto normativo quale impostato dal legislatore. La portata della previsione è dunque un'altra e va colta attraverso una lettura congiunta dei due parametri indicati dalla norma, la quale va intesa, con riferimento al termine qui in esame, nel senso che sono certamente rilevanti eventuali violazioni macroscopiche nella trasmissione degli atti, ma che comunque anch'esse vanno misurate in ragione della violazione del diritto di difesa, il cui pregiudizio è di regola più probabile quanto più ci si allontani nel tempo dal momento dei fatti e di qui il richiamo al principio di tempestività Il ragionamento logico-giuridico rispetto al diritto di difesa non può dunque essere pretermesso, come ha fatto la Corte territoriale, finendosi altrimenti per racchiudere tutto in un'impalpabile valutazione di mera tardività, che non trova conforto in una previsione legislativa destinata viceversa ad escludere, se non per il termine di contestazione e quello di conclusione del procedimento, una valutazione di rango soltanto temporale. 6. I motivi di cui sopra vanno dunque accolti e ciò manda assorbiti il primo ed il quarto motivo, riguardanti sempre il primo licenziamento e le questioni sui tempi del procedimento di irrogazione. 7. Venendo ora al secondo licenziamento, cui sono destinati i motivi dal quinto al settimo, si rileva che il Comune afferma la violazione del D.Lgs. numero 165 del 2001, articolo 55 quater, nonché degli articolo 2104,2105,2106 e 2119 c.c., oltre a carenza e contraddittorietà della motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo, sostenendo quinto motivo che sarebbe stata mai valutata l'asserita assenza di responsabilità del lavoratore rispetto al crollo del complesso monumentale OMISSIS e che illegittimo sarebbe da ritenere il fatto che la sentenza impugnata non avesse valutato quell'illecito nel contesto anche degli altri fatti oggetto della unitaria contestazione ed affermando altresì, sotto una identica rubricazione, che era mancata sesto motivo una presa di posizione sui numerosi esposti ai Carabinieri inviati dal C., anche con espressioni calunniose e diffamatorie, nei riguardi dell'amministrazione comunale e che non era stato considerato settimo motivo come il rifiuto di procedere all'affidamento d'urgenza del servizio di smaltimento rifiuti fosse infondato e fosse stato formulato con modalità tali da manifestare l'intento di indurre in errore il Sindaco. 8. I predetti motivi, stante la loro connessione logica, possono essere esaminati congiuntamente. 8.1 Per quanto riguarda gli esposti nei confronti dell'amministrazione comunale, di cui al sesto motivo, di cui si lamenta l'omessa valorizzazione a fini disciplinari, il loro contenuto è riepilogato nel ricorso per cassazione in modo del tutto generico. L'unico passaggio di alcuni di essi esplicitamente riportato è quello in cui si sarebbe parlato da parte del C. di un sistema politico-mafioso . Esso, tuttavia, essendo rimasto privo di una migliore contestualizzazione, non consente di apprezzare tale aspetto, nella sua necessaria decisività al fine di realmente sovvertire, se valutato, il giudizio di carenza di proporzionalità della sanzione che sorregge il pronunciato annullamento. 8.2 Vi è poi la questione sul rifiuto del C. di aderire alle disposizioni di servizio con cui il Sindaco aveva richiesto al medesimo di disporre la proroga - se sussistano le condizioni , si legge nel ricorso per cassazione - dell'affidamento del servizio di raccolta rifiuti alla ditta che già lo gestiva e nelle more della definizione della relativa gara. La Corte d'Appello, sul punto, ha ritenuto che il rifiuto frapposto dal C. potesse dirsi giustificato, essendosi fondato sull'avallo giudiziario di una pronuncia del Tar Sicilia, secondo cui, in un caso analogo, per i provvedimenti urgenti era stata ritenuta la competenza del Sindaco. Il motivo di ricorso ribadisce la portata ostruzionistica del comportamento tenuto, ma sostanzialmente non replica neppure sul perché quanto addotto giuridicamente dal funzionario e valorizzato dalla Corte territoriale sarebbe stato infondato, né si precisa se alla risposta in diritto si fosse replicato da parte dell'ente datore di lavoro con spiegazioni sullo stesso piano. Oltre a ciò, il motivo adduce un tentativo doloso di far cadere in errore il Sindaco, che neppure è chiaro nei suoi esatti connotati, facendosi riferimento nelle difese alla mancata citazione da parte del C. delle modifiche alla normativa apportate in esito ad una sentenza della Corte Costituzionale, nonostante esse fossero citate nel medesimo manuale da cui si assumono tratte le spiegazioni del diniego, e che non si vede - e soprattutto non è chiaramente spiegato - quale portata decisiva avessero nell'individuare un comportamento doloso nel rifiuto di compiere certi atti, propri appunto di una situazione di urgenza, in quanto ritenuti di competenza del Sindaco. Si tratta palesemente della deduzione di profili di merito, di cui è insondabile la decisività e che neppure si precisa se, come e quando, nella loro specificità, vi fosse stata trattazione nelle precedenti fasi del giudizio. 8.3 Tutto ciò esclude che la Corte territoriale, apprezzando la proporzionalità solo con riferimento alla vicenda del crollo presso il complesso monumentale, abbia trascurato di inserire la stessa nel contesto degli altri fatti addebitati, in quanto non vi sono elementi per affermare che effettivamente vi fossero altri fondati addebiti idonei a rendere più grave l'accaduto. 8.4 Quanto poi al crollo in sé considerato, la Corte d'Appello non ha escluso una responsabilità omissiva del C., ma ha sottolineato come, prima dell'evento, la situazione fosse stata già da diversi mesi segnalata anche al funzionario succeduto nella responsabilità per l'area tecnica, fondando su ciò il giudizio di sproporzione rispetto al licenziamento senza preavviso irrogato. Il quinto motivo, rispetto a tale crollo, contiene infine la reiterazione di difese di merito, inappropriate, sotto il profilo impugnatorio ad individuare un vizio di legittimità della motivazione addotta dalla Corte territoriale. 9. Del tutto inammissibile è poi l'ottavo motivo, in quanto con esso si assume che l'accoglimento del ricorso per cassazione comporta la riforma del capo sulle spese di giudizio, il che è vero, ma ciò quale effetto previsto dall'articolo 336 c.p.c., e non perché la sentenza impugnata contenga, sotto questo profilo, un vizio di legittimità strettamente inteso. 10. In definitiva, l'annullamento del secondo licenziamento è definitivo, stante il rigetto del ricorso per cassazione sul punto, mentre restano da esaminare, in sede di rinvio, in ragione della cassazione qui disposta e di quanto eventualmente consequenziale, le questioni riguardanti il primo licenziamento, sulla base dei principi sopra esplicitati e che così si enunciano in via di sintesi in tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego, ai sensi del D.Lgs. numero 75 del 2017, articolo 22, comma 13, secondo cui le disposizioni di nuova introduzione si applicano agli illeciti commessi successivamente alla data di entrata in vigore del d. lgs. 75/2017 c.d. Legge Madia , nel caso in cui l'addebito riguardi comportamenti tenuti in parte prima e in parte dopo quella data deve farsi riferimento, qualora essi siano perseguiti in un unico procedimento sanzionatorio, alla disciplina della legge sopravvenuta - anche dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. numero 75 del 2017 c.d. Legge Madia al D.Lgs. numero 75 del 2017, articolo 55 bis, la violazione del termine ora di dieci giorni per la trasmissione degli atti dal responsabile del servizio all'ufficio per i procedimenti disciplinari non comporta la decadenza dall'azione disciplinare né l'invalidità degli atti e della sanzione irrogata, a meno che ne risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente ed il richiamo della norma al principio di tempestività va inteso nel senso che sono certamente rilevanti eventuali violazioni del termine per la trasmissione degli atti, le quali vanno tuttavia anch'esse misurate in ragione della violazione del diritto di difesa, tenendosi conto che il pregiudizio rispetto a quest'ultimo è di regola più probabile quanto più ci si allontani nel tempo dal momento dei fatti . P.Q.M. La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il primo ed il quarto e rigettati i restanti motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'Appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.