Alla cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto all’indennità per le ferie non godute

In tema di pubblico impiego le ferie, i riposi e i permessi non fruiti possono essere sostituiti, alla cessazione del rapporto, da un’indennità se la mancata fruizione non dipende dalla colpa del lavoratore. La parte datoriale può infatti dimostrare di aver invitato il lavoratore a godere delle ferie e di averlo nel contempo avvisato in modo accurato ed in tempo utile.

La Corte d'Appello di Bari confermava la pronuncia di primo grado di rigetto della domanda di una dirigente ospedaliera per la corresponsione dell'indennità sostitutiva dei giorni di ferie maturati ma non fruiti , nonostante le insistenze presentata all'ASL locale. Il Direttore dell'unità operativa respingeva infatti le richieste della dipendente motivando sulla base di necessità di servizio”. Secondo i giudici di merito, la lavoratrice non avrebbe dimostrato che il mancato godimento delle ferie fosse dovuto ad esigenze di servizio , né quali erano le specifiche motivazioni che avevano determinato l'accumulo delle giornate. La pronuncia è stata impugnata dalla soccombente in sede di legittimità dolendosi per essersi vista addossare oneri probatori che non le competevano. Il ricorso è fondato. Richiamando la giurisprudenza comunitaria Corte di Giustizia 6 novembre 2018, Max-Planck e costituzionale Corte Cost. n. 95/2016 , la S.C. ricorda che l'affermazione di cui all' art. 5, comma 8, d.l. n. 95/2012 conv. in l. n. 135/2012 secondo cui nell'ambito del lavoro pubblico, le ferie, i riposi e i permessi sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e che non si possano corrispondere in nessun caso trattamenti economici sostitutivi , deve essere interpretata nel senso che la perdita del diritto alla monetizzazione non può aversi allorquando il mancato godimento delle ferie sia incolpevole , non solo perché dovuto ad eventi imprevedibili non dovuti alla volontà del lavoratore, ma anche quando ad essere chiamata in causa sia la capacità organizzativa del datore di lavoro ” . Il datore di lavoro deve infatti organizzare l'attività in modo da assicurare il godimento effettivo delle ferie nel corso del rapporto, in caso di inadempimento a siffatto obbligo il lavoratore ha diritto, alla cessazione del rapporto, alla compensazione economica per le ferie non godute per cause ad esso non imputabili. Ragionando a contrario, il lavoratore perde il diritto alle ferie , ed alla conseguente indennità sostitutiva alla cessione del rapporto, laddove il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie - se necessario formalmente - e di averlo nel contempo avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato Cass. 21780/2022 . In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio.

Presidente Esposito – Relatore Bellè Rilevato in fatto che 1. La Corte d'Appello di Bari, confermando la pronuncia del Tribunale di Trani, ha rigettato la domanda con la quale C.V. , dirigente di primo livello addetta all'Unità Operativa di Medicina Interna del Presidio Ospedaliero di omissis , aveva domandato, nei riguardi della Azienda Sanitaria Locale omissis di seguito ASL , la corresponsione dell'indennità sostitutiva per i 38 giorni di ferie maturati negli ultimi quindici mesi del rapporto, non fruiti nonostante le istanze da essa presentate fossero state respinte dal Direttore della sua Unità Operativa con la motivazione per necessità di servizio 2. la Corte di merito riteneva che la lavoratrice non avesse provato che il mancato godimento delle ferie fosse dovuto ad esigenze di servizio, nè quali fossero state le specifiche motivazioni che avevano determinato l'accumulo delle giornate, dovendosi anche considerare l'esiguità del tempo a disposizione dell'Azienda tra la richiesta e la fine del rapporto 3. la C. ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo, cui la ASL ha opposto difese mediante controricorso 4. la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata. Considerato in diritto che 1. l'unico motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell' art. 36 Cost. , degli artt. 2109 e 2697 c.c., del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, del D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 8, conv. in L. n. 135 del 2012 , dell'art. 7 della Direttiva 2003/88/CE art. 360 c.p.c. , n. 3 e con esso si sostiene che la Corte territoriale avrebbe deciso addossando alla lavoratrice oneri probatori che non le erano propri, una volta pacifico che il periodo di ferie di cui si rivendicava la monetizzazione non era stato fruito ed il rapporto era cessato 2. il motivo è palesemente fondato, alla luce dell'assetto degli oneri probatori in subiecta materia quale consolidatosi presso questa S.C. anche in esito agli indirizzi della Corte di Giustizia UE 3. sul tema dispiega decisiva influenza la normativa Eurounitaria 4. secondo Corte di Giustizia 6 novembre 2018 , Max-Planck, infatti, l'art. 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, e l' art. 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, in applicazione della quale, se il lavoratore non ha chiesto, nel corso del periodo di riferimento, di poter esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite, detto lavoratore perde, al termine di tale periodo automaticamente e senza previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro, segnatamente con un'informazione adeguata da parte di quest'ultimo, in condizione di esercitare questo diritto 5. la lettura della Corte di Giustizia si coordina del resto e non contrasta con l'orientamento interpretativo della Corte Costituzionale, quale manifestato quando fu ad essa sottoposta questione di legittimità rispetto alla previsione del D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 8, conv., con mod. in L. n. 135 del 2012 , secondo cui, nell'ambito del lavoro pubblico, le ferie, i riposi e i permessi sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e che non si possano corrispondere in nessun caso trattamenti economici sostitutivi 6. Corte Costituzionale 6 maggio 2016 , n. 95 , ha infatti ritenuto che la legge non fosse costituzionalmente illegittima, in quanto da interpretare nel senso che la perdita del diritto alla monetizzazione non può aversi allorquando il mancato godimento delle ferie sia incolpevole, non solo perché dovuto ad eventi imprevedibili non dovuti alla volontà del lavoratore, ma anche quando ad essere chiamata in causa sia la capacità organizzativa del datore di lavoro , nel senso che quest'ultima va esercitata in modo da assicurare che le ferie siano effettivamente godute nel corso del rapporto, quale diritto garantito dalla Carta fondamentale art. 36, comma 3 , dalle fonti internazionali Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 132 del 1970, concernente i congedi annuali pagati, ratificata e resa esecutiva con L. 10 aprile 1981, n. 157 e da quelle Europee art. 31, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea , proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 direttiva 23 novembre 1993, n. 93/104/CE del Consiglio , sicché non potrebbe vanificarsi senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso da . causa non imputabile al lavoratore , tra cui rientra quanto deriva dall'inadempimento del datore di lavoro ai propri obblighi organizzativi in materia, i quali non possono che essere ravvisati, per coerenza complessiva dell'ordinamento, nell'assetto sostanziale e processuale quale compiutamente delineato dalla Corte di Giustizia nei termini già sopra evidenziati 7. sono dunque infondate le difese della ASL sviluppate sul richiamo del D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 8, conv., con mod. in L. n. 135 del 2012 , la cui interpretazione, nel quadro di cui sopra, non osta al diritto alla monetizzazione alle ferie, qualora il datore di lavoro non adempia ai propri oneri probatori 8. nel medesimo senso, questa S.C. ha già ritenuto che il diritto alle ferie annuali retribuite dei dirigenti pubblici, in quanto finalizzato all'effettivo godimento di un periodo di riposo e di svago dall'attività lavorativa nel quadro dei principi di cui all' art. 36 Cost. , e art. 7, par. 2, della direttiva 2003/88/CE , è irrinunciabile ne consegue che il dirigente il quale, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non ne abbia fruito, ha diritto a un'indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo messo nelle condizioni di esercitare il diritto in questione prima di tale cessazione, mediante un'adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo Euro 13613/2020 ed ha ora ulteriormente precisato che anche il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie, pur se accompagnato da obblighi previsti dalla contrattazione collettiva di comunicazione al datore di lavoro della pianificazione delle attività e dei riposi, non comporta la perdita del diritto, alla cessazione del rapporto, all'indennità sostitutiva delle ferie se il datore di lavoro non dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di avere assicurato altresì che l'organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento Euro 18140/2022 9. neppure possono rinvenirsi profili ostativi alla monetizzazione nel disposto del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, comma 1, richiamato nelle difese della ASL, secondo cui il periodo feriale minimo di quattro settimane va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione 10. la norma va intesa infatti, in ragione del quadro interpretativo di cui sopra, come regola di disciplina delle modalità ordinarie di fruizione minima delle ferie maturate in un certo anno, senza interferenze con il diritto alla monetizzazione, alla fine del rapporto, delle ferie non godute, qualora il datore di lavoro non adempia agli oneri probatori a suo carico quali sopra delineati 11. la perdita del diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, può dunque verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie - se necessario formalmente - e di averlo nel contempo avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato Euro 21780/2022 12. tutto ciò rende manifesta l'erroneità dell'argomentare giuridico della Corte territoriale, la quale ha valorizzato soltanto comportamenti asseritamente inerti del lavoratore, senza esaminare i comportamenti datoriali e chiudendo la causa in applicazione erronea della regola sull'onere della prova 13. la sentenza va quindi cassata con rinvio alla medesima Corte d'Appello affinché essa decida la controversia facendo applicazione dei principi sopra esposti. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'Appello di Bari in diversa composizione.