Irrilevante la prescrizione con cui si sono conclusi i due procedimenti penali. Per i giudici è solida la posizione assunta dal Ministero dell’Istruzione e concretizzatasi nella cacciata del professore.
Plausibile la destituzione del professore che per ben due volte è finito sotto processo – e in entrambi i casi è stato salvato dalla prescrizione – per il possesso di un ingente quantitativo di materiale pedopornografico. A dieci anni fa risale il drastico provvedimento adottato dal Ministero dell'Istruzione, ossia «la sanzione disciplinare della destituzione nei confronti di un docente di scuola superiore », e ufficializzato dopo «due sospensioni cautelari dal servizio» decise alla luce di «corrispondenti azioni penali, nel 2002 e nel 2010» nei confronti del docente « per il possesso di materiale pornografico riguardante minorenni ». I due processi si sono conclusi entrambi con la prescrizione, ma il Ministero dell'Istruzione ha ritenuto doveroso applicare la sanzione disciplinare più drastica, avendo il professore «commesso atti in grave contrasto con i doveri scaturenti dalla funzione docente». Secondo il Ministero «la sanzione espulsiva è l'unica idonea a garantire il buon andamento dell'attività amministrativa». Questa posizione è ritenuta corretta dai giudici del Tribunale, mentre, a sorpresa, i giudici d'Appello accolgono le obiezioni del professore a rischio e condannano il Ministero non solo a reintegrarlo in servizio ma anche a risarcirlo per i danni da lui subiti a seguito del licenziamento in tronco. I giudici di secondo grado sostengono che a fronte dell'addebito mosso al docente ha rilievo il disposto normativo secondo cui «in caso di condanna irrevocabile per fatti di particolare gravità puniti con pena detentiva non inferiore a tre anni, si applica la sanzione della sospensione per sei mesi e la successiva utilizzazione in compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente o direttiva connessa alla funzione educativa», a condizione che «gli atti commessi risultino non conformi ai doveri specifici della funzione e denotino l'incompatibilità del soggetto a svolgere i compiti educativi del proprio ufficio». Inoltre, i giudici rilevano che « la destituzione è prevista solo rispetto ad atti in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione o attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie ». Alla luce di queste precisazioni, poi, i giudici annotano che nella vicenda in esame «risulta integrato» da un lato «il presupposto del reato con pena superiore a tre anni», ma, dall'altro lato, «la condotta tenuta del professore non si pone in contrasto con i doveri specifici riguardanti la funzione docente, poiché quanto contestatogli ha riguardato la sua sfera strettamente privata, senza alcun riflesso sulle specifiche funzioni di insegnamento». Tirando le somme, secondo i giudici d'Appello «manca la prova che solo con la rimozione del docente si potesse garantire la serenità dell'ambiente scolastico e l'immagine della scuola», e «non potendosi affermare che le condotte risultassero incompatibili con il pubblico impiego tout court, qualsivoglia fosse la mansione esercitata dal dipendente, la sanzione della destituzione va ritenuta illegittima, poiché la pubblica amministrazione non ha valutato un eventuale utilizzo del docente in compiti diversi dall'insegnamento». La linea seguita dai giudici d'Appello viene criticata fortemente dai magistrati della Cassazione, i quali ritengono poco logico sostenere che i fatti contestati al docente siano «attinenti alla sfera privata» e «senza alcun riflesso sulle funzioni istituzionali». Ed escludono, innanzitutto, che «lo spostamento del professore ad altro servizio possa azzerare il grave contrasto della condotta da lui tenuta con i doveri della funzione docente a lui affidata», ritenendo illogico sostenere che «con lo spostamento si possa determinare puramente e semplicemente il ripristino del rapporto fiduciario con la pubblica amministrazione datore di lavoro, rapporto che invece è da considerare irrimediabilmente compromesso», soprattutto tenuto conto delle condotte illecite del docente, «consistite nella volontaria e non occasionale ricerca e conservazione di materiale pedopornografico in misura quantitativamente rilevante – circa 15mila file – e talora raffigurante scene di sottoposizione a sofferenza anche di bambini piccoli». Per maggiore chiarezza, poi, i Giudici pongono in rilievo il valore della funzione docente, intesa come «esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura e di impulso alla partecipazione dei giovani e alla formazione umana e critica della loro personalità». In questa ottica va tenuto presente che «il contributo alla formazione umana della persona altrui, specie dei giovani, se ovviamente si manifesta ampiamente con la trasmissione ad essi di nozioni, inevitabilmente transita anche attraverso l'esempio comportamentale, primariamente in ambito scolastico, ma inevitabilmente anche extrascolastico, nella misura in cui le condotte private possano risultare di conoscenza diffusa». Di conseguenza, « la commissione di un grave reato extralavorativo non può essere considerato coerente con la funzione docente , perché esso costituisce nei fatti la nitida negazione dei connotati di contributo alla formazione umana », sanciscono i giudici, aggiungendo poi che «proprio l'ampia portata del concetto di funzione docente giustifica la norma che consente la salvaguardia del posto, nonostante la gravità dei fatti, quando l'incompatibilità sia solo con la docenza e non con altre attività». Tirando le somme, riprende vigore la posizione assunta dal Ministero dell'Istruzione, e il docente è di nuovo a rischio licenziamento. Su questo punto dovranno nuovamente pronunciarsi i giudici d'Appello, tenendo però presenti le indicazioni fornite dai magistrati della Cassazione, i quali sanciscono innanzitutto che «costituisce dovere afferente alla funzione docente, intesa nella sua pienezza, anche quello di evitare comportamenti extralavorativi che si manifestino attraverso la commissione di reati e che, qualora diffusamente noti, si pongano in contrasto con il dovere di contribuire alla formazione umana della personalità dei giovani». I giudici di terzo grado concludono infine sancendo che « in tema di sanzioni disciplinari per i docenti della scuola pubblica , la sospensione per sei mesi con successivo spostamento a mansioni amministrative, nel caso della commissione di reati puniti con pena edittale non inferiore nel massimo a tre mesi e di condotte tali da denotare l'incompatibilità con la prosecuzione della funzione docente, costituisce fattispecie che consente al dipendente di evitare il licenziamento, a condizione tuttavia che i comportamenti accertati, per la loro concreta manifestazione, non siano tali da determinare un grave contrasto con i doveri della funzione docente, da apprezzare sulla base di una completa valutazione di tutti i connotati concreti delle condotte contestate in relazione alle caratteristiche proprie della funzione stessa e a condizione, altresì, che le medesime condotte non siano tali da risultare parimenti incompatibili con la persistenza del vincolo fiduciario e, con esso, del rapporto di lavoro anche in altro settore».
Presidente Manna – Relatore Bellè Fatti di causa 1. Il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca di seguito, MIUR ha irrogato, con provvedimento 1-16 febbraio 2012, la sanzione disciplinare della destituzione nei confronti di F.G. , docente di fisica presso l'Istituto omissis , scuola secondaria superiore. Il provvedimento ha fatto seguito a due sospensioni cautelari dal servizio applicate nei riguardi del predetto docente, in ragione dell'esercizio da parte della Procura della Repubblica di Belluno di corrispondenti azioni penali, nel 2002 e nel 2010, per il reato di cui all'articolo 600 quater c.p., ovverosia per il possesso di materiale pornografico riguardante minorenni. Anteriormente al procedimento disciplinare, si era svolto un primo processo penale che aveva portato alla condanna del F. da parte del Tribunale di Belluno, con sentenza poi riformata dalla Corte d'Appello di Venezia in ragione della sopravvenuta estinzione per prescrizione del reato. Per i fatti di cui all'azione penale del 2010, il processo penale di primo grado si era invece concluso successivamente alla destituzione del F. in particolare, dopo la sentenza del Tribunale di Belluno di condanna, con interdizione dai pubblici uffici, la pena era stata successivamente ridotta in sede di appello, con revoca della sanzione accessoria ed infine declaratoria di estinzione per prescrizione da parte della Corte di Cassazione, previo accertamento che la decisione di merito aveva riguardato, senza debita contestazione suppletiva, materiale cartaceo e non materiale informatico come risultante dall'originario addebito. Il MIUR, nell'applicare la sanzione disciplinare, motivava evidenziando la commissione di atti in grave contrasto con i doveri scaturenti dalla funzione docente, la reiterazione degli stessi ed affermando che la sanzione espulsiva era l'unica idonea a garantire il buon andamento dell'attività amministrativa, oltre che coerente con i canoni di imparzialità uguaglianza, proporzionalità e adeguatezza. 2. Il licenziamento è stato impugnato in sede giudiziale del F. e la sua domanda, dapprima respinta dal Tribunale di Belluno, è stata invece accolta dalla Corte d'Appello di Venezia, che ha condannato il MIUR alla reintegrazione del docente ed al risarcimento del danno. 3. La Corte territoriale ha ritenuto che, rispetto all'addebito oggetto di causa, avesse rilievo il disposto del D.Lgs. numero 297 del 1994, articolo 496, secondo cui, nel caso di condanna irrevocabile per fatti di particolare gravità punti con pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni, si applicava la sanzione della sospensione per sei mesi e la successiva utilizzazione in compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente o direttiva connessa alla funzione educativa, alla condizione peraltro che gli atti commessi risultassero non conformi ai doveri specifici della funzione e denotassero l'incompatibilità del soggetto a svolgere i compiti educativi del proprio ufficio. La Corte d'Appello ha altresì rilevato come la destituzione fosse prevista dal D.Lgs. numero 297 del 1994, articolo 498, solo, per quanto qui interessa, rispetto ad atti in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione o attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie. Su tali premesse, la sentenza impugnata ha preso atto, per un verso, che risultava integrato il presupposto del reato con pena superiore nel massimo a tre anni, ma ha ritenuto che la condotta non si ponesse in contrasto con i doveri specifici riguardanti la funzione docente, perché quanto contestato aveva riguardato la sfera strettamente privata del ricorrente, senza alcun riflesso sulle specifiche funzioni di insegnamento. In mancanza di prova che solo con la rimozione del ricorrente si potesse garantire la serenità dell'ambiente scolastico e l'immagine della scuola e non potendosi affermare che le condotte risultassero incompatibili con il pubblico impiego tout court, qualsivoglia fosse la mansione esercitata dal dipendente, la Corte d'Appello riteneva la sanzione della destituzione illegittima, per non avere la P.A. valutato un eventuale utilizzo del F. in compiti diversi dall'insegnamento. 4. Il MIUR ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, cui il F. ha opposto difese con controricorso. Motivi della decisione 1. Il primo motivo del ricorso per cassazione denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. numero 297 del 1994, articolo 496 e 498, articolo 360 c.p.c. , numero 3 ed esso è fondato, nei termini di cui si va a dire. 2. Certamente non può essere condiviso l'assunto, sostenuto dal Ministero, secondo cui la Corte territoriale, apprezzando la gravità delle condotte, si sia indebitamente sostituito alla P.A. nella valutazione del rilievo da attribuire ai comportamenti tenuti dal docente. È infatti pacifico che quello da svolgere in ambito di sanzioni disciplinari sia un pieno giudizio sul rapporto - e non certo sull'atto o su discrezionalità amministrative - rispetto al quale il controllo di proporzionalità da parte del giudice del merito è pieno v. già Cass. 16 gennaio 2006, numero 758 Cass. 16 maggio 2003, numero 7704 . 3. Il motivo coglie invece nel segno nella parte in cui, censurando la pronuncia per avere essa concluso che lo spostamento ad altro servizio potesse azzerare il grave contrasto della condotta tenuta con i doveri della funzione docente, critica altresì l'assunto secondo cui in tal modo si potesse determinare puramente e semplicemente il ripristino del rapporto fiduciario con la P.A. datore di lavoro, che invece era da considerare irrimediabilmente compromesso, anche tenuto conto delle circostanze degli illeciti, consistiti nella volontaria e non occasionale ricerca e conservazione di materiale pedopornografico in misura quantitativamente rilevante circa 15 mila file e talora raffigurante scene di sottoposizione a sofferenza anche di bambini piccoli. 4. Le ragioni della fondatezza del motivo derivano da un articolato ragionamento giuridico. 4.1 La prima questione da affrontare riguarda la rilevanza delle condotte extralavorative rispetto alle quali è stato promosso il procedimento disciplinare. Secondo la Corte territoriale, l'accaduto atterrebbe alla sfera strettamente privata e non avrebbe alcun riflesso sulle funzioni istituzionali. L'assunto non può essere condiviso. L'assetto disciplinare, rispetto ai docenti, si basa sulle disposizioni del D.Lgs. numero 297 del 1994, articolo 492 e ss., la cui disciplina è stata meramente richiamata dalla successiva contrattazione collettiva articolo 56 CCNL 1994-1996 articolo 88 CCNL 2002-2005 articolo 91 CCNL 2006-2009 ed ora articolo 29 CCNL 2016-2018 . Le norme di cui sopra, nel disciplinare le fattispecie sanzionatorie, operano attraverso un ripetuto richiamo alla funzione docente ed alla violazione dei doveri ad essa attinenti. Il D.Lgs. numero 297 del 1994, articolo 395, definendo il contenuto della funzione docente, fa riferimento ad essa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione del giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità . In proposito, sembra non potersi dubitare che il contributo alla formazione umana della persona altrui, specie dei giovani, se ovviamente si manifesta ampiamente con la trasmissione ad essi di nozioni, inevitabilmente transita anche attraverso l'esempio comportamentale, primariamente in ambito scolastico, ma inevitabilmente anche extrascolastico, nella misura in cui le condotte private possano risultare di conoscenza diffusa. Non sembra neppure necessario argomentare più di tanto sul fatto che la commissione di un grave reato extralavorativo non possa essere considerato coerente con la funzione docente, perché essa costituisce nei fatti la nitida negazione dei menzionati connotati di contributo alla formazione umana . Anzi, a ben vedere, proprio l'ampia portata del concetto di funzione docente giustifica la norma - come si vedrà di favore - dell'articolo 496, che consente la salvaguardia del posto, nonostante la gravità dei fatti, quando l'incompatibilità sia solo con la docenza e non con altre attività. 4.2 Ciò posto, le norme disciplinari che regolano la fattispecie della violazione dei doveri riguardanti la funzione docente si articolano in una prima fattispecie, distinta solo per gravità, consistente nella sospensione fino a un mese articolo 494 o fino a sei mesi articolo 495 per atti non conformi ai doveri ed alla correttezza. Una seconda fattispecie è invece quella dell'articolo 496, delineata sia attraverso una soglia di gravità commissione di reati rispetto ai quali sia previsto la pena edittale non inferiore nel massimo tre anni ed una connotazione specifica, data dal fatto che le condotte, parimenti definite come non conformi , siano tali da denotare l'incompatibilità con l'esplicazione del rapporto educativo. In tale ipotesi - e su ciò si tornerà - la norma prevede che dopo il semestre di sospensione vi sia l'utilizzazione nello svolgimento di compiti diversi da quelli della funzione docente, presso l'Amministrazione centrale o gli uffici scolastici regionali e provinciali. Infine, vi è la menzionata ipotesi della destituzione articolo 498 propria sia di atti in grave contrasto rispetto ai doveri inerenti alla funzione , sia del caso più generico di attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla P.A. o agli utenti del servizio. 4.3 Risultando integrato uno degli elementi reato punito con la sanzione edittale nel massimo in misura non inferiore a tre anni propri di cui all'ipotesi regolata dall'articolo 496 non vi è poi dubbio che il caso di specie ruoti attorno al rapporto esistente tra quest'ultima e la sospensione con utilizzo in altra funzione da essa prevista e l'articolo 498 sulla destituzione. Va altresì considerato come, stante la potenzialmente notevole gravità dei fatti considerati dall'articolo 496, insita nella previsione quale parametro di un massimo edittale non inferiore a tre anni e pertanto destinata a coinvolgere reati anche con pene e disvalori altissimi, quella ivi regolata è eccezione rispetto all'ipotesi della destituzione e non una fattispecie aggravata di sospensione, la cui durata oltre i sei mesi di cui all'articolo 495 sarebbe del resto improponibile. Vale a dire che l'articolo 496, per le ipotesi da essa considerate, sancisce un minimo sanzionatorio, giustificato dalla intrinseca gravità dei fatti da essa considerati, ma modula la sanzione nonostante tale gravità - evitando il licenziamento, attraverso la contestuale ricollocazione del docente nelle strutture amministrative scolastiche e ciò a complemento necessario della fattispecie punitiva della sospensione per sei mesi ed in ragione del fatto che le condotte accertate sono tali da non consentire la ripresa del rapporto educativo. Il trattarsi di norma di favore, rispetto ad una gravità che comporterebbe altrimenti il licenziamento, consente di meglio focalizzare anche i presupposti per la sua applicazione. È infatti vero che l'articolo 496, fa riferimento alla pronuncia, sui fatti di interesse, di sentenza irrevocabile di condanna ovvero di sentenza di condanna confermata in appello o con applicazione della interdizione dai pubblici uffici o della sospensione dalla potestà genitoriale. Ciò non significa tuttavia che la norma non si applichi se il processo penale si chiuda per qualsiasi ragione diversa dall'assoluzione dell'imputato. Infatti, già nel sistema della c.d. pregiudizialità il D.Lgs. numero 3 del 1957, articolo 117, impediva di dare corso al procedimento disciplinare, ma ciò solo fino al termine di quello penale, sicché per i fatti rientranti nelle ipotesi edittali di cui all'articolo 496, esso ben poteva essere attivato o ripreso dopo la chiusura di quello penale, se non vi era stata assoluzione. A maggiore ragione nell'attuale sistema, susseguente al D.Lgs. numero 150 del 2009 , in cui la pregiudizialità penale è venuta meno, quei medesimi fatti possono essere perseguiti anche prima ed a prescindere dal processo penale. È tuttavia evidente che non applicare la salvaguardia del lavoratore quale regolata dall'articolo 496, sarebbe del tutto irragionevole se, pur accertata la ricorrenza di fatti destinati a rientrare nella fattispecie, si escludesse l'operatività di essa per il solo accidente della mancanza dei dati formali rivenienti dal giudizio penale contemplati dalla stessa norma, rendendo pertanto pressoché inevitabile l'estromissione dal posto di lavoro. 5. Tutto ciò posto, va ulteriormente enucleata la fattispecie di salvaguardia del posto quale prevista dall'articolo 496. 5.1 Da un primo punto di vista, raffrontando la fattispecie dell'articolo 496, con quella dell'articolo 498, si deve evidenziare come, nella prima, la particolare gravità sia riferita al reato e che rispetto ai doveri della funzione sia richiesta una mera non conformità , mentre l'articolo 498 fa riferimento al verificarsi di un grave contrasto con tali doveri. Vale a dire che il grave contrasto con i doveri della funzione docente, se realizzato, non ha margini per essere riportato all'ipotesi di salvaguardia di cui all'articolo 496, la quale riguarda comunque ipotesi in cui, nonostante la gravità del reato, si possa ravvisare soltanto il meno intenso coefficiente di non conformità . Tale distinzione non può del resto essere risolta - come ha fatto la Corte territoriale - facendo leva solo sul fatto che in passato non vi siano state concrete interferenze con le attività di insegnamento del professore di scuola superiore, ma impone di apprezzare il diverso coefficiente di gravità sulla base anche della tipologia della condotta, sotto il profilo della natura delle persone indebitamente coinvolte da essa qui, minorenni , delle modalità oggettive del suo manifestarsi quantità del materiale, perdurare del comportamento etc. e del rapporto dell'una e delle altre con la funzione docente pienamente intesa nel senso precedentemente precisato. 5.2 Da altro punto di vista, si deve ritenere che la salvaguardia di cui all'articolo 496, non sia automatica ed incondizionata, ma transiti necessariamente attraverso una valutazione di compatibilità tra i fatti accertati e il mantenimento dell'impiego, pur nelle diverse mansioni. Proprio per l'ampio spettro di gravità che caratterizza la fattispecie, non si può ritenere che la sola incompatibilità con la funzione docente permetta in ogni caso la salvaguardia su altre mansioni, in quanto non si può negare alla P.A. una valutazione più ampia e tale da consentire di ritenere che le gravi condotte poste in essere siano in assoluto in contrasto con il mantenimento del posto di lavoro, anche sotto il profilo della irrimediabile lesione del vincolo fiduciario. D'altra parte, al di là del pur possibile riferimento – anche e soprattutto nei rapporti con la P.A. - a profili di c.d. minimo etico Cass. 21 novembre 2014, numero 24881 Cass. 28 settembre 201, numero 19183 Cass. 18 ottobre 2016, numero 21032 Cass. 7 novembre 2019, numero 19183 sia la normativa riguardante il personale amministrativo della scuola ATA , sia quella del personale dei Ministeri prevedono varie ipotesi di fatti intenzionali destinati, sulla base di apprezzamenti concreti di gravità, a poter comportare il licenziamento v. articolo 25, comma 5, lett. a CCNL 1994-1997 articolo 13, comma 6, lett. d CCNL 2002-2005 e ora articolo 62, comma 9 punto 2 lett. d, CCNL 2016-2018 e articolo 43, comma 9, punto 2 lett. b e d CCCNL 20192021 . Ed è impensabile che, se analoghi fatti siano stati commessi da un docente, quest'ultimo possa essere utilmente ricollocato in funzioni amministrative presso il medesimo Ministero. La valutazione di compatibilità dei fatti commessi rispetto alle posizioni rispetto alle quali si ipotizza la ricollocazione fa dunque parte di quanto deve essere apprezzato nell'applicazione dell'articolo 496. Nel caso di specie la Corte territoriale, sul tema, si è limitata a ritenere che non si potesse affermare che le condotte contestate risultino incompatibili con il pubblico impiego tout court, qualsivoglia sia la mansione esercitata dal soggetto agente . Si tratta tuttavia di apprezzamento generico che omette la valutazione e la gradazione di gravità, nei termini appena evidenziati, necessaria al fine di verificare, con concretezza, se la lesione del vincolo fiduciario fosse o meno tale da impedire la prosecuzione, comunque, del rapporto di lavoro, anche in altro settore. 6. L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento degli altri due, riguardanti aspetti diversi, ovverosia secondo motivo l'irrilevanza della chiusura del processo penale per prescrizione - profilo peraltro sostanzialmente non valorizzato dalla Corte di merito - e terzo motivo la rilevanza invece della revoca solo in secondo grado dell'interdizione dai pubblici uffici pronunciata nel primo processo davanti al Tribunale di Belluno - profilo peraltro anch'esso estraneo all'asse argomentativo della sentenza impugnata. Con la cassazione va dunque disposto il rinvio alla Corte d'Appello di Venezia la quale, in diversa composizione, svolgerà ogni accertamento in conformità a quanto sopra precisato. 7. Possono anche fissarsi i seguenti principi - costituisce dovere afferente alla funzione docente, intesa nella sua pienezza, anche quello di evitare comportamenti extralavorativi che si manifestino attraverso la commissione di reati e che, qualora diffusamente noti, si pongano in contrasto con il dovere, sancito dal D.Lgs. numero 294 del 1994, articolo 395, di contribuire alla formazione umana della personalità dei giovani - in tema di sanzioni disciplinari per i docenti della scuola pubblica, in base alle norme di cui al D.Lgs. numero 297 del 1004, articolo 494 e ss., la cui persistente applicazione è stata prevista dalla successiva contrattazione collettiva, l'ipotesi di cui all'articolo 496 del citato d. lgs. sospensione per sei mesi con successivo spostamento a mansioni amministrative, nel caso della commissione di reati puniti con pena edittale non inferiore nel massimo a tre mesi e di condotte tale da denotare l'incompatibilità con la prosecuzione della funzione docente costituisce fattispecie che consente al dipendente di evitare il licenziamento, a condizione tuttavia che i comportamenti accertati, per la loro concreta manifestazione, non siano tali da determinare, secondo il disposto del successivo articolo 498, un grave contrasto con i doveri della funzione docente, da apprezzare sulla base di una completa valutazione di tutti i connotati concreti delle condotte contestate in relazione alle caratteristiche proprie della funzione stessa e a condizione, altresì, che le medesime condotte non siano tali da risultare parimenti incompatibili con la persistenza del vincolo fiduciario e, con esso, del rapporto di lavoro anche in altro settore . P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'Appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.