Libertà di espressione al tempo dei Social Media. I casi Trump, Casapound, Russia Today

Quale soggetto dev’essere giudice della libertà di espressione sui social media? La piattaforma o il tribunale? Negli Stati Uniti la piattaforma secondo il modello-Free Speech. In Europa il tribunale secondo il modello-Regolamentazione e Co-Regolamentazione Codice Rafforzato di Buone Pratiche sulla Disinformazione 16.06.2022” . Il social media è solo un privato o anche un’utility di interesse pubblico? Oltre al modello americano e al modello europeo esistono altri validi modelli? Il tutto declinato nei casi più celebri del momento tra Free Speech ed Hate Speech.

Il convegno ha visto l'intervento di esperti di massimo livello cattedratici internazionali e nazionali, ingegneri, sociologi dei media. Presenti anche molti stakeholders Facebook, Google, Tik Tok e l'Ordine Nazionale Giornalisti con il Presidente Prof. Carlo Bartoli. Convegno, sapientemente orchestrato dalla Prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni Vice Presidente del Garante Privacy e Vice Presidente Fondazione CESIFIN organizzatore dell'evento, accompagnata dal Vice Presidente della Corte Costituzionale Prof. Nicolò Zanon, dall'Avv. Guido Scorza componente Garante Privacy, dal Dottor Riccardo Acciai Capo Dipartimento reti telematiche e marketing e Dipartimento libertà di manifestazione del pensiero e cyberbullismo Garante Privacy, dal Prof. Edoardo Raffiotta Università Milano Bicocca. Il caso Trump e il modello americano del Free Speech Facebook disattiva l'account di Trump Presidente USA uscente il pomeriggio del 6 gennaio 2021 dopo che aveva postato un video in cui invitava a tornare a casa in pace i suoi sostenitori che avevano assalito il Palazzo del Congresso a Washington mentre Camera e Senato stavano ratificando il nuovo Primo uomo americano Joe Biden. Nessun biasimo nel video postato dall'ex Presidente Trump per l'accaduto, molto più simile ad un'azione di forza che al dissenso aggressivo di una manifestazione di patrioti. Negli Stati Uniti vige il Primo Emendamento secondo cui il free speech è la regola. Allora perché Facebook, azienda americana, ha bannato Trump? Ha risposto il Prof. John Samples, componente dell'Oversight Board di Facebook Comitato di Vigilanza del social network . Il Primo Emendamento – sostiene l'illustre esperto – funziona in negativo” nel senso che lo Stato non censura, non deve ingerirsi delle faccende dei privati che negli ambiti di proprietà esclusiva sono liberi di operare come vogliono. Paradossalmente anche di censurare” il Presidente americano uscente. La piattaforma social di Meta Platforms viene governata dagli Standards della Community. L'account di Trump aveva violato gli Standards perché l'infrastruttura digitale veniva usata per incitare l'insurrezione violenta contro un governo eletto democraticamente. Dunque, come avviene per qualsiasi altro account disobbediente, l'account di Trump è stato sospeso. Il Professor Samples è un'autorità in materia. Si pensi che l'Oversight Board di Facebook traducibile in Comitato di Vigilanza di Facebook giudica i casi più complessi di sospensione o blocco dell'account per violazione degli Standards della Community. Significa che il Prof. Samples valuta più casi di quanti ne trattino tutte le Corti Supreme del mondo stante la miriade di utenti del social media disseminati in ogni continente. E' innegabile la funzione giudicante in prima istanza assunta dalla piattaforma a cui viene permesso il bilanciamento tra i diritti fondanti dei sistemi democratici libertà di espressione e sicurezza pubblica caso Trump, caso Russia Today libertà di espressione e salute pubblica fake news, pandemia e no-vax, dichiarazioni antiscientifiche libertà di espressione e pluralismo/antidiscriminazione/democrazia campagne di disinformazione-caso Russia Today, hate speech-casi Forza Nuova e Casa Pound . Per il Prof. Samples nello Stato di Facebook” il privato è il privato non sono ammesse ingerenze dei Governi. L'unica regola è il free speech. Diametralmente opposta la posizione dell'Unione Europea descritta dal Prof. Vincenzo Zeno Zencovich, altra autorità in materia di diritto dell'informazione. Il vecchio continente propende per la regolamentazione eurounitaria delle piattaforme per ogni caso specifico, rifuggendo però dall'impartizione di un obbligo di sorveglianza generale a carico della piattaforma. Tuttavia, con il Digital Services Act gli obblighi di verifica su segnalazione si fanno molto più stringenti rispetto alla Direttiva e-commerce e si contemplano interventi ex post ma anche interventi di notice & stay down. In particolare, per scongiurare le fake news, è stato adottato un regolamento di soft law ovvero il Codice Rafforzato di Buone Pratiche sulla Disinformazione 16.06.2022” che andrà ad integrarsi nel Digital Services Act unendo un'iniziativa di etero-regolamentazione con una di co-regolamentazione. Il nuovo assetto di tutele contro la disinformazione schiera l'impiego di filtraggio specifico tramite machine learning richiesto alle piattaforme con l'indispensabile apporto della valutazione umana dei centri di fact-checker e di tanti altri operatori umani che contribuiscono a sviluppare gli indicatori di affidabilità” basati sull'integrità della fonte e a demonetizzare il traffico proveniente da flussi di disinformazione. Una posizione intermedia quella del Prof. John Yoo, Università della California a Berkeley che – sebbene non abbandoni del tutto i principi del Primo Emendamento – osserva che in alcuni casi l'impresa privata assume la natura del vettore comune” ovvero di un'infrastruttura essenziale dal cui utilizzo nessuno può essere estromesso stanti le ricadute gravissime di natura discriminatoria. Nell'antico sistema giurisprudenziale britannico di common law si adottava il concetto di vettore comune” per l'unico ponte che congiungeva una zona con un'altra. Sebbene il ponte fosse privato, la caratteristica dell'unicità attribuiva ad esso una valenza di interesse pubblico. Il Social Media, per il Prof. Yoo, potrebbe essere inquadrato come questo ponte. Allora questo significa che lo Stato potrebbe imporre al social media di essere neutrale. Tuttavia se si sposasse questa tesi si dovrebbe ammettere l'inferenza dello Stato nei soggetti privati. E' vero però – conclude il Prof. Yoo - che non tutti i soggetti privati assumono la particolare posizione di vettore comune”. Il Caso Russia Today e il modello europeo della Regolamentazione Il caso Trump, al di là dell'auto-professata posizione privatistica di Facebook, fa un po' scricchiolare la tesi incentrata sul Primo Emendamento di netta divisione nella sociosfera tra pubblico e privato. Sono seguiti casi di non facile interpretazione in cui tuttavia non è stato possibile rifuggire dalla constatazione di un'applicazione orizzontale dei valori costituzionali fondanti Casa Pound e Forza Nuova e quindi di una contaminazione tra pubblico e privato. Poi è arrivato il Caso Russia Today . Lo zero che divide la storia in un prima” e un dopo”. Il Caso Russia Today separa e separerà sempre di più il modello americano del free speech dal modello eurounitario della regolamentazione etero, co, auto . Si tratta della disinformazione di guerra ” definita dal Tribunale europeo nella sentenza n . 132/2022, 27 luglio 2022, causa T-125/22 | RT Francia contro Consiglio, quale parte integrante dell'arsenale bellico moderno” 161. Inoltre, come già osservato al precedente paragrafo 56, poiché le campagne di propaganda e di disinformazione rischiano di rimettere in discussione i fondamenti delle società democratiche e costituiscono parte integrante dell'arsenale bellico moderno , le misure restrittive in questione fanno anche parte del perseguimento da parte dell'Unione degli obiettivi, in particolare pacifici, ad essa assegnati dall' articolo 3, paragrafi 1 e 5, TUE . In questo caso l'Unione deliberatamente entra nell'ambito della libertà di espressione nella sociosfera, nelle teletrasmissioni e oltre per censurare contenuti apologia della strategia russa e soggetti giornalisti russi o di matrice russa . Legittima l'obiezione dell'eventuale irrilevanza del caso perché assunto in un momento storico di straordinaria emergenza per la Sicurezza Comune UE ovvero di fronte all'evento guerra. Non c'è dubbio, comunque, che già l'atto in sé rivela la tendenza verso una sociosfera progressivamente sempre più disciplinata da norme, co-regolamenti, codici di condotta. Scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina, la sociosfera e le teletrasmissioni sono state invase da campagne di disinformazione tese a giustificare la strategia russa. Così l'Unione Europea il 1 marzo 2022 ha adottato il Regolamento 2022/350 in materia di Politica Estera e Sicurezza Comune PESC in cui si vieta di consentire la distribuzione, la diffusione, la trasmissione di contenuti e segnali di Russia Today versioni inglese, tedesca, francese, spagnola e di Sputnik in quanto emittenti di campagne di disinformazione del Cremlino. Si legge che il Consiglio dell'Unione Europea vieta agli operatori la radiodiffusione, ovvero il conferimento della capacità di diffondere, l'agevolazione della radiodiffusione o altro concorso a tal fine, dei contenuti delle persone giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato XV, anche sotto forma di trasmissione o distribuzione tramite mezzi quali cavo, satellite, IP-TV, fornitori di servizi internet, piattaforma o applicazione di condivisione di video su internet, siano essi nuovi o preinstallati [Articolo 1]. [Articolo 2.] sono sospesi qualsiasi licenza o autorizzazione di radiodiffusione e qualsiasi accordo di trasmissione e distribuzione con le persone giuridiche, le entità o gli organismi elencati nell'allegato XV” ovvero Russia Today English, Russia Today UK, Russia Today Germany, Russia Today France, Russi a Today Spanish, Sputnik . Russia Today Francia non accetta il provvedimento UE e si rivolge al Tribunale Europeo. A sostegno del proprio ricorso, RT France deduce quattro motivi attinenti alla violazione, rispettivamente, dei diritti della difesa, della libertà di espressione e di informazione, del diritto d'impresa e del principio di non discriminazione. Nella Sentenza N. 132/2022, 27 luglio 2022, causa T-125/22 | RT Francia contro Consiglio, la Grande Camera del Tribunale respinge la domanda di annullamento degli atti del Consiglio presentata da RT France. Il Tribunale valuta la questione secondo il seguente ragionamento 145 Pertanto, per conformarsi al diritto dell'Unione, un' ingerenza nella libertà di espressione deve soddisfare quattro condizioni. In primo luogo, la limitazione di cui trattasi deve essere prescritta dalla legge , nel senso che l'istituzione dell'Unione che adotta misure idonee a restringere la libertà di espressione di una persona fisica o giuridica deve disporre di una base giuridica a tal fine. In secondo luogo, la limitazione in questione deve rispettare il contenuto essenziale della libertà di espressione. In terzo luogo, deve effettivamente soddisfare un obiettivo di interesse generale, riconosciuto come tale dall'Unione. In quarto luogo, la limitazione in questione deve essere proporzionata v., in tal senso, sentenze del 15 giugno 2017, Kiselev/Consiglio, T ‑ 262/15, EU T 2017 392, punti 69 e 84 e giurisprudenza ivi citata , e del 13 settembre 2018, VTB Bank/Conseil, T ‑ 734/14, non pubblicato, EU T 2018 542, punto 140 e giurisprudenza ivi citata . 146 Tali condizioni corrispondono, in sostanza, a quelle previste dalla giurisprudenza della Corte EDU, secondo la quale, per essere giustificata ai sensi dell'articolo 10, comma 2, della CEDU , un'ingerenza nell'esercizio del diritto della libertà di l'espressione deve essere prevista dalla legge , perseguire uno o più scopi legittimi ed essere necessaria in una società democratica per raggiungerli v., in tal senso, Corte EDU, 7 giugno 2012, Centro Europa 7 S.r.l. e Di Stefano c. Italia, CE ECHR 2012 0607JUD003843309, paragrafo 135 . 147 Ne consegue che il Consiglio potrebbe adottare misure restrittive idonee a limitare la libertà di espressione del ricorrente, purché tali limitazioni soddisfino le condizioni, sopra richiamate, che dovevano sussistere affinché tale libertà fosse legittimamente limitata v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2017, Kiselev/Consiglio, T ‑ 262/15, EU T 2017 392, punto 70 e giurisprudenza ivi citata . Quale modello? Quello americano o quello europeo? Esistono altri modelli? Il caso Russia Today segna un punto di non ritorno nei rapporti tra pubblico e privato nella sociosfera e oltre. La Professoressa Cerrina Feroni evidenzia i casi straordinari di limitazione della libertà di espressione. L'evento straordinario della pandemia aveva già giustificato la limitazione della libertà di espressione nella sociosfera riguardo alle dichiarazioni antiscientifiche e/o no-vax in quanto disinformazione contro la salute pubblica. Ora l'evento straordinario della guerra giustifica la limitazione della libertà di espressione nella sociosfera riguardo alle dichiarazioni sulla strategia russa in quanto disinformazione contro la sicurezza pubblica. Durante le campagne elettorali si giustifica la limitazione della libertà di espressione quando diventa disinformazione contro la par condicio” ovvero contro la parità di trattamento e l'imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici. Esistono nel sistema eurounitario ulteriori limitazioni della libertà di espressione giustificate dalla giurisprudenza” pensiamo per esempio alla tutela del prestigio dell'Ordine Giudiziario. Alla luce di queste riflessioni-provocazioni viene da chiedersi quale sia il modello giusto quello del free speech, quello della regolamentazione, o altri modelli ancora da collaudare? La disinformazione si contrasta con la moderazione indipendente e professionale Politica, Pandemia, Guerra sono attualmente i maggiori mercati della disinformazione. Il Prof. Carlo Bartoli, Presidente dell'Ordine Nazionale Giornalisti, descrive la realtà dall'osservatorio privilegiato” di chi la disinformazione la combatte tutti i giorni. Si stima che gran parte dei profitti della pubblicità della sociosfera derivino dal traffico generato dai flussi di disinformazione. La fabbrica delle fake news è un modello di business che non teme confronti perché quasi a costo zero. I modelli di business dell'informazione professionale non sono in grado di competere perché richiedono risorse qualificate con costi ben diversi. Abbandonando l'ottica dei profitti e puntando lo sguardo sulla promozione dei processi democratici cambia la prospettiva e si inverte il rapporto tra disinformazione e informazione. Quando l'obiettivo non è più il guadagno facile o fini peggiori ma la costruzione di una sociosfera di vero confronto, pluralismo e democrazia conviene investire nell'informazione seria e nella moderazione professionale indipendente. Quali garanzie di imparzialità può offrire la moderazione interna dei social media? Quali garanzie di serietà ed efficacia può offrire un moderatore interno al social della Malesia che decodifica il significato di un post di un italiano? Il moderatore dev'essere culturalmente adeguato ai contenuti da trattare. Neppure le macchine sono sempre adeguate pensiamo all'algoritmo di moderazione contro la diffusione di materiale pornografico che blocca la pagina ospitante il nudo” della Venere del Canova. La realtà vissuta dal giornalista che lavora nei social media consegna le storie dei casi concreti irrisolti la pagina Facebook di un giornale bloccata senza motivo l'account di un giornalista di inchiesta sospeso perché scambiato per un delinquente la pagina dell'ufficio stampa della galleria d'arte bloccata perché ha violato i diritti di autore del pittore di cui ha allestito la mostra. I blocchi preventivi di moderazione sono un problema ancora più serio perché la macchina impedisce l'accesso a tutte le categorie di contenuti in black list. Il bene della salute pubblica prevale sulla libertà di espressione e quindi non accedono alla pubblicazione i post no-vax. Il bene della sicurezza pubblica prevale sulla libertà di espressione e quindi non accedono alla pubblicazione gli account dei giornalisti russi. Così i social media riflettono una realtà manipolata in cui non esistono i no-vax né i giornalisti russi. Un ambiente siffatto è antidemocratico. In Democrazia non ci sono discriminazioni all'entrata si esprime il no-vax e il vax si esprime Trump e si esprime Biden si esprime il giornalista russo e quello ucraino. Il bilanciamento tra diritti fondanti dei nostri sistemi giuridici non può essere abbandonato nelle mani dei social media. Solo nel Parlamento si colloca la sede del bilanciamento tra diritti pari rango a livello generale ovvero riguardante gruppi di casi sussumibili nella stessa questione. Tuttavia i fatti consegnano anche un'altra sede in cui avviene a priori il bilanciamento dei diritti fondamentali della persona gli Standards della Community del social media. Di fatto l'Oversight Board di Facebook è il tribunale di prima istanza per milioni di persone. Le piattaforme sono soggetti privati che si sono arrogati funzioni pubbliche” come il giudizio sulle controversie. Allora queste entità rivestono anche profili pubblici? Il Caso Casapound e l'Hate Speech In Italia, le Corti di merito – a differenza dalla tesi americana sul free speech - paiono aver superato una distinzione netta tra privato e pubblico. Anzi le loro pronunzie denotano l'esistenza di una contaminazione. Infatti i casi di sospensione o blocco dell'account sono affrontati sotto due profili quello privatistico dell'inadempimento contrattuale e quello pubblicistico della lesione di valori costituzionali secondo un'applicazione orizzontale della Carta fondante. Sotto l' aspetto privatistico, l'inadempimento contrattuale del social media consiste nella sospensione dell'account e della pagina senza una giusta causa perché i contenuti postati dall'utente non costituiscono violazione degli Standards della Community bensì mere manifestazioni della libertà di espressione. Nel Caso Casapound la violazione degli Standards consisterebbe nella divulgazione di contenuti di incitazione all'odio e alla violenza attraverso la promozione, nella pagine di Casapound, degli scopi e delle finalità dell'Associazione stessa ”. Il giudice però osserva che non è possibile affermare la violazione delle regole contrattuali da parte dell'Associazione ricorrente solo perché dalla propria pagina sono stati promossi gli scopi dell'Associazione stessa, che opera legittimamente nel panorama politico italiano dal 2009 . Sotto l' aspetto pubblicistico , sia nel Caso Casapound che in quello di Forza Nuova, si riconosce al social media una particolare posizione nell'ambito pubblico. A tal riguardo il Trib. Roma, Sez. Specializzata Impresa, 12/12/2019 inquadra la natura giuridica di Facebook così è infatti evidente il rilievo preminente assunto dal servizio di Facebook o di altri social network ad esso collegati con riferimento all'attuazione di principi cardine essenziali dell'ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici 49 Cost. , al punto che il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso o fortemente limitato dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalità degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento. Ne deriva che il rapporto tra FACEBOOK e l'utente che intenda registrarsi al servizio o con l'utente già abilitato al servizio come nel caso in esame non è assimilabile al rapporto tra due soggetti privati qualsiasi in quanto una delle parti, appunto FACEBOOK, ricopre una speciale posizione tale speciale posizione comporta che FACEBOOK, nella contrattazione con gli utenti, debba strettamente attenersi al rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali finchè non si dimostri con accertamento da compiere attraverso una fase a cognizione piena la loro violazione da parte dell'utente. Il rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali costituisce per il soggetto FACEBOOK ad un tempo condizione e limite nel rapporto con gli utenti che chiedano l'accesso al proprio servizio. Conseguentemente ai principi sopra esposti, l'esclusione dei ricorrenti da FACEBOOK si pone in contrasto con il diritto al pluralismo di cui si è detto, eliminando o fortemente comprimendo la possibilità per l'Associazione ricorrente, attiva nel panorama politico italiano dal 2009, di esprimere i propri messaggi politici . Il Professor Vigevani Università Milano Bicocca non condivide l'inquadramento pubblicistico del social media evinto dalle Corti di merito sia nel Caso Casapound Trib. Roma, sez. specializzate impresa, 12.12.19 sia in quello di Forza Nuova Trib. Roma, sez. civ. persona e immigrazione, 23.02.20 . Secondo l'autorevole esperto i social media non sono fori pubblici” e non hanno obblighi di servizio pubblico ma dei soggetti privati da inquadrarsi unicamente nell'ambito privatistico. Del resto, la posizione del Prof. Vigevani trova sponda in quella del Prof. Mazzarolli Università di Udine che nega il riconoscimento di un ruolo para pubblico ai social media. L'esperto si smarca dalle pronunzie di merito premettendo che il nostro è un ordinamento di civil law, non esiste la regola del precedente. Esiste la legge. Pertanto i social media sono dei fornitori di un servizio privato regolato da un contratto Condizioni di uso . Quando l'utente viola le clausole negoziali e in particolare quelle inerenti agli Standards della Community deve aspettarsi la risoluzione del rapporto. Allora, chi è il giudice della libertà di espressione sui social media? La piattaforma o il tribunale? Guido Scorza non ha dubbi sempre e solo il tribunale .